"DOMENICA DELLE PALME"
Diamo inizio con questa celebrazione a quella che per noi discepoli di Gesù, è
la settimana più importante dell’anno… talmente importante da essere definita
"santa".
Sincronizzeremo minuto dopo minuto gli orologi della fede
alle ultime ore di vita del maestro.
In ogni luogo… al lavoro, a casa, in
famiglia, tutto procederà come sempre, ma col pensiero saremo lì a quegli ultimi istanti, alle Sue ultime parole.
Tutto intorno a noi
corre velocemente, come sempre, ma noi sappiamo cosa sta per succedere al
Signore. Lo abbiamo seguito nel deserto, abbiamo cercato di innalzare il nostro
sguardo verso il Tabor, verso la bellezza di Dio, abbiamo assistito, anche noi
turbati, alla cacciata dei mercanti dal tempio eravamo lì quando a Nicodemo, in
quel colloquio notturno, parlava della necessità di rinascere dall'alto
guardando all'appeso!
La conosciamo bene la storia di quegli ultimi
giorni, ma abbiamo bisogno che incroci la nostra storia, che scardini le nostre
presunte certezze, che rianimi e ravvivi la nostra piccola fede. Abbiamo
bisogno urgente di conversione, ancora e ancora. Ora è il tempo di fermarsi.
Ora è il momento di sedersi per contemplare il mistero della morte di Dio.
Inizia come una festa questa domenica, con quei rami di ulivi e di palme
strappati dagli alberi e agitati davanti al Nazareno che entra in città
cavalcando un asinello da soma. E la gente che canta e grida, inebriata,
entusiasta, come se tutto fosse vero e semplice. Stendono i mantelli al
passaggio, i bambini, come tutti i bambini, fanno a gara a chi urla più forte.
Sorride, divertito, il Signore. Non entra cavalcando un puledro bianco, nessun
esercito a scortarlo, né bandiere a sventolare in alto. Non i notabili e i
sacerdoti lo aspettano alle porte della città, ma povera gente che interrompe il
lavoro del campi. Osanna, Dio inatteso. Osanna, speranza nelle tenebre. Osanna,
consolazione dei perduti e dei perdenti. Osanna. Nelle nostre chiese si ripete
quel gesto. Bambini divertiti portano i loro piccoli rami d'ulivo a benedire.
Poi la liturgia si fa seria. Anticipando il grande
venerdì, già legge il racconto della passione. Tocca a Marco, quest'anno, il
primo vangelo ad essere scritto. È un racconto asciutto, sconcertante. Gesù non
reagisce, non parla, non dice nulla. Sa che sarebbe inutile… sa che non serve!
L'uomo ha deciso di farlo fuori, cosa cambierebbe? Non è un Gesù rassegnato ma
consegnato. Umano… umanissimo. Marco è l'unico che descrive il grido straziante
del morente e la citazione del salmo 22 con quella percezione stupita
dell'abbandono come se Dio, per un attimo, si dimostrasse incredulo… assente.
Non muore per finta, il Signore… non ha vantaggi, non scherza. Va fino in
fondo, osa, si consegna, è osteso, appeso.
Ecco, Dio ha dato tutto! Ci
ritrovate in questo racconto? Ci siamo? Dove?
Forse quest'anno ci sentiamo un
po' come gli apostoli paurosi e sconcertati, o come Pilato, ossessionato dal
potere. Forse ci ritroviamo nella trama intrigante e sconclusionata di Giuda, o
nella sofferenza cruenta del Cireneo che porta la Croce, o nel desiderio di
salvezza del ladro o, Dio non voglia, ci ritroviamo nell'indifferenza di quei
pii ebrei che, entrando in città, affrettando il passo per l'imminente
temporale, gettarono uno sguardo di disprezzo verso gli ennesimi condannati a
morte, vergogna della società, che venivano esemplarmente puniti. Tra questi
condannati, Dio moriva. Ma fra tutti i personaggi, due mi sono particolarmente
cari, due che solo Marco descrive.
Il primo è quel ragazzo presente
all'arresto, forse svegliato dal trambusto, sceso per curiosare vestito solo di
un lenzuolo e che, preso dal trambusto, fugge inorridito, nudo. Chi è quel
ragazzo? Piccolo enigma fra i tanti, molti hanno cercato di identificarlo,
forse è lo stesso giovane Marco. Ma, certamente, Marco, e con lui Pietro, sta dicendo
che quel giovane assomiglia al neofita che si avvicina a Cristo. Fino a quando
non ha accettato la durezza della croce, lo scandalo della passione, lo
sconcerto del fallimento, non può dirsi discepolo. È facile seguire Gesù nella
gloria. Meno evidente farlo nella croce.
Fugge, il ragazzo, ma sarà di nuovo
presente alla resurrezione. È una nudità necessaria, la sua. Come quella del
discepolo. Pietro, che l'ha drammaticamente vissuta sulla sua pelle, lo sa! Chi
è Gesù? La domanda accompagna tutto il vangelo. Qui, alla fine, troviamo la
risposta. Risposta che viene data, clamorosamente, da un non credente, un
ufficiale romano che si fa voce di tutti i cercatori di Dio. Veramente costui è
il figlio di Dio, afferma, vedendolo morire in quel modo. Senza maledire, senza
disperazione, senza fuggire. E noi… meditando la passione, guardando verso
l'appeso, possiamo arrivare alla stessa, sconcertante conclusione? Buon cammino
a tutti... Lasciamoci trascinare dalla narrazione, riviviamo in noi gli odori,
i suoni, le luci e i colori di quei tre giorni in cui Dio morì donando se
stesso.