«Se si considera la poliedrica personalità di Ildegarda (…) ci dobbiamo
chiedere se l’uomo d’oggi sia ancora capace di accostarsi ed imitare quello di
ieri, avvalendosi del misticismo per ritrovare profondità di spirito, coerenza
di comportamento, speranza di futuro, e non soltanto di atteggiarsi a un
cembalo che suona perché scosso da altri», così scriveva nella sua prefazione
Michelangelo Navire (scomparso di recente) nel suo libro La sinfonia Mistica di
Ildegarda di Bingen (pp. 8-9, Edizioni Segno, Udine 2011), libro che, oltre a
dare un profilo della vita e delle opere di questa mistica e scienziata, ancora
troppo sconosciuta fuori dai confini tedeschi, offre alla lettura i settanta
Carmina di Ildegarda ‒ che compongono la Symphonia harmoniae coelestium
revelationum ‒ nel loro testo latino e qui, per la prima volta, presentati
anche nella traduzione italiana, unitamente alla composizione drammatica Ordo
virtutum.
Gli insegnamenti teologici, filosofici e scientifici di Ildegarda di Bingen, dove Fede e ragione coincidono mirabilmente, sono di un’attualità sconcertante e irrompono nella nostra contemporaneità desolata, deturpata, alluvionata dai peccati. Provvidenziale il suo recupero da parte di Benedetto XVI, che ha riproposto, con alcune catechesi dedicate alla santa teutonica e con la sua proclamazione a Dottore della Chiesa (7 ottobre 2012), insegnamenti, visioni (che ella compiva in stato di coscienza e non di estasi) e profezie; quest’ultime concernenti anche la crisi della Chiesa. Il 16 maggio 2012, quando Ildegarda (già venerata come santa) venne canonizzata per equipollenza, il Papa sottolineò, davanti alla Curia romana, la lotta e la difesa di questa santa monaca benedettina per la Chiesa, affermando: «Nella visione di sant’Ildegarda il volto della Chiesa è coperto di polvere ed è così che noi l’abbiamo visto».
Lascia scritto, infatti, la «Sibilla del Reno», come veniva chiamata già in vita: «Nell’anno 1170 dopo la nascita di Cristo ero per un lungo tempo malata a letto.
Allora, fisicamente e mentalmente sveglia, vidi una donna
di una bellezza tale che la mente umana non è in grado di comprendere.
La sua figura si ergeva dalla terra fino al cielo. Il suo
volto brillava di uno splendore sublime. Il suo occhio era rivolto al cielo.
Era vestita di una veste luminosa e raggiante di seta
bianca e di un mantello guarnito di pietre preziose. Ai piedi calzava scarpe di
onice. Ma il suo volto era cosparso di polvere, il suo vestito, dal lato
destro, era strappato.
Anche il mantello aveva perso la sua bellezza singolare e
le sue scarpe erano insudiciate dal di sopra.
Con voce alta e lamentosa, la donna gridò verso il cielo:
“Ascolta, o cielo: il mio volto è imbrattato!
Affliggiti, o terra: il mio vestito è strappato!
Trema, o abisso: le mie scarpe sono insudiciate!”
E proseguì: “Ero nascosta nel cuore del Padre, finché il
Figlio dell’uomo, concepito e partorito nella verginità, sparse il suo sangue.
Con questo sangue, quale sua dote, mi ha preso come sua sposa. Le stimmate del
mio sposo rimangono fresche e aperte, finché sono aperte le ferite dei peccati
degli uomini.
Proprio questo restare aperte delle ferite di Cristo è la
colpa dei sacerdoti. Essi stracciano la mia veste poiché sono trasgressori
della Legge, del Vangelo e del loro dovere sacerdotale.
Tolgono lo splendore al mio mantello, perché trascurano
totalmente i precetti loro imposti. Insudiciano le mie scarpe, perché non
camminano sulle vie dritte, cioè su quelle dure e severe della giustizia, e
anche non danno un buon esempio ai loro sudditi. Tuttavia trovo in alcuni lo
splendore della verità”. E sentii una voce dal cielo che diceva: “Questa
immagine rappresenta la Chiesa. Per questo, o essere umano che vedi tutto ciò e
che ascolti le parole di lamento, annuncialo ai sacerdoti che sono destinati
alla guida e all’istruzione del popolo di Dio e ai quali, come agli apostoli, è
stato detto: ‘Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura’
(Mc. 16,15)”»
(Lettera a Werner von Kirchheim e alla sua comunità
sacerdotale).
Le rivelazioni private, riconosciute dalla Chiesa, sono strumenti preziosi per tutti i suoi membri, dalle più alte gerarchie ai più umili fedeli; sono manifestazioni divine dentro la storia dell’uomo, il quale, troppo spesso, si lascia distrarre e sedurre dalle dinamiche perverse del mondo; sono segnali che cercano di avvertire, ammonire, svegliare le intorpidite, o a volte annientate, coscienze.
di Cristina SiccardiLe rivelazioni private, riconosciute dalla Chiesa, sono strumenti preziosi per tutti i suoi membri, dalle più alte gerarchie ai più umili fedeli; sono manifestazioni divine dentro la storia dell’uomo, il quale, troppo spesso, si lascia distrarre e sedurre dalle dinamiche perverse del mondo; sono segnali che cercano di avvertire, ammonire, svegliare le intorpidite, o a volte annientate, coscienze.
Fonte: Corrispondenza Romana
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