venerdì 15 marzo 2013

‎15 marzo 2013: VENERDÌ DELLA QUARTA SETTIMANA DI QUARESIMA


La Stazione è a S. Eusebio, presbitero romano. Egli visse nel IV secolo e soffrì per la fede durante la persecuzione degli Ariani, sotto l'imperatore Costanzo. 

LEZIONE (3Re 17,17-24). - In quei giorni: Il figlio di una madre di famiglia si ammalò d'una malattia gravissima, che lo fece restare senza respiro. Essa allora disse ad Elia: Che relazione ho io con te, o uomo di Dio? Sei venuto da me per rinnovare la memoria delle mie iniquità e per fare morire il mio figlio? Elia le disse: Dammi il tuo figlio. Presolo dal seno di lei, lo portò nella camera dov'egli stava, e lo pose sul suo letto. Poi gridò al Signore, dicendo: Signore Dio mio, avresti dunque afflitto anche questa vedova, presso la quale io sono nutrito, fino a farle morire il suo figlio? Si distese tutto per tre volte sopra il fanciullo, e gridò al Signore, dicendo: Signore Dio mio, ti scongiuro a far tornare nelle sue viscere l'anima di questo fanciullo. Il Signore ascoltò la voce di Elia; essendo ritornato dentro il fanciullo l'anima di lui, egli tornò alla vita. Elia, preso il fanciullo, dalla sua camera lo portò al piano inferiore della casa, e lo consegnò alla madre dicendole: Ecco, il tuo figlio vive. La donna disse ad Elia: Ora sì che riconosco in te l'uomo di Dio, e che la parola di Dio nella tua bocca è verità.

La Risurrezione spirituale.

Un'altra madre oggi viene piangendo a sollecitare la risurrezione del figlio. Questa madre è la vedova di Sarepta, che già conosciamo come la figura della Chiesa dei Gentili. Un tempo aveva peccato come idolatra, ed il ricordo del suo passato la inquieta; ma il Signore, dopo averla purificata ed averla chiamata all'onore d'essere sua Sposa, la consola risuscitandone il figlio. La carità di Elia è l'immagine della bontà del Figlio di Dio. Guardate come questo grande Profeta si distende sul corpo del fanciullo, facendosi piccolo come lui, come vedemmo fare Eliseo. Ravvisiamo qui ancora una volta il mistero dell'Incarnazione. Per tre volte il profeta tocca il cadavere; e per tre volte i Catecumeni saranno immersi nella piscina battesimale con l'invocazione delle tre persone dell'adorabile Trinità. Nella solenne notte di Pasqua anche Gesù dirà alla Chiesa sua sposa: "Ecco, i tuoi figli ora vivono"; e la Chiesa, in un trasporto di gioia, sentirà sempre più la verità delle promesse del Signore. Anche i pagani lo compresero alla loro maniera. Vedendo i costumi di questo nuovo popolo rigenerato con le acque del Battesimo, riconobbero che solo la divinità poteva essere principio d'una sì alta virtù negli uomini. Nel seno dell'impero romano, preda d'ogni dissolutezza, apparve una progenie tutta pura e celeste, e i figli di questa progenie così santa ai suoi albori si trovavano in mezzo a tutte le depravazioni pagane. Dove avevano attinta una tale virtù? Nella dottrina di Gesù, e nei rimedi soprannaturali ch'egli applica alla depravazione degli uomini. Si videro allora gl'infedeli accorrere in folla ad affrontare la prova del martirio, e la Chiesa dilatarsi ed aprire le braccia ad accogliere le generazioni che le dicevano con amore: "Riconosciamo che sei di Dio, e la parola del Signore è nella tua bocca".

VANGELO (Gv 11,1-45). - In quel tempo: Era malato un certo Lazzaro di Betania, il villaggio di Maria, e di Marta sua sorella. Maria era quella che unse d'unguento il Signore e gli asciugò i piedi coi suoi capelli, ed era infermo il di lei fratello, Lazzaro. Le sorelle mandarono dunque a dirgli: Signore, ecco, colui che tu ami è ammalato. Ciò udito, Gesù disse loro: Questa non è infermità da morirne, ma è a gloria di Dio, affinché per essa il Figlio di Dio sia glorificato. Or Gesù voleva bene a Marta e a Maria sua sorella e a Lazzaro. E, come ebbe sentito che era infermo, si trattenne ancora due giorni nel luogo dov'era. Dopo di che disse ai discepoli: Torniamo in Giudea. Maestro, gli fecero osservare i discepoli, or ora i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci torni? E Gesù rispose: Non è forse di dodici ore la giornata? Se uno cammina di giorno non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; ma se uno cammina di notte inciampa, perché non ha lume. Così parlò, e dopo soggiunse: Lazzaro, il nostro amico, dorme, ma vado a svegliarlo dal sonno. Dissero perciò i discepoli: Signore, se dorme sarà salvo. Or Gesù aveva parlato della morte di lui, ed essi credevano che avesse parlato del sonno ordinario. Allora Gesù disse loro apertamente: Lazzaro è morto. E di non essere stato là ho piacere per voi, affinché crediate; ma ora andiamo da lui. Disse allora Tommaso, chiamato Didimo, agli altri discepoli: Andiamo anche noi a morire con lui. Gesù dunque andò e trovò Lazzaro nella tomba, già da quattro giorni. Distava Betania circa quindici stadi da Gerusalemme. E molti Giudei eran venuti da Marta e da Maria a consolarle del loro fratello. Or Marta, sentendo che Gesù veniva, gli andò incontro e Maria stava seduta in casa. E Marta disse a Gesù: Signore, se tu eri qui, mio fratello non sarebbe morto. Ma anche ora so che qualunque cosa chiederai a Dio, Dio te la darà. Gesù le disse: Tuo fratello risorgerà. Gli rispose Marta: Lo so che risorgerà nella risurrezione dell'ultimo giorno. E Gesù: Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se morto, vivrà; e chi vive e crede in me, non morrà in eterno. Credi tu questo? Sì, o Signore, essa rispose, io credo che tu se il Cristo, il Figlio di Dio vivo, che sei venuto in questo mondo. E, detto questo, andò a chiamare la sua sorella Maria, dicendole sottovoce: Il Maestro è qui e ti chiama. Essa, ciò udito, si alzò in fretta e andò da lui. Or Gesù non era ancora entrato nel villaggio, ma stava sempre nel luogo dove Marta lo aveva incontrato. Ed i Giudei che stavano con Maria in casa a consolarla, avendola veduta alzarsi in fretta ed. uscire, le tennero dietro, dicendo: Va certo al sepolcro a piangere. Maria, invece, arrivata dov'era Gesù, come lo ebbe veduto, si gettò ai suoi piedi e disse: Signore, se tu eri qui, non sarebbe morto mio fratello; Gesù allora, vedendola piangere, e piangere anche i Giudei che le eran venuti dietro, fremé nello spirito, e, turbatosi in se stesso, disse: Dove l'avete posto? Gli risposero: Signore, vieni e vedi. E Gesù pianse. Onde i Giudei dicevansi: Guarda come l'amava! Ma taluni di essi dissero: E non poteva lui, che aprì gli occhi al cieco nato, fare che questi non morisse? Allora Gesù, di nuovo fremendo in se stesso, giunse al sepolcro: era questo una grotta sopra la quale era posta una pietra. Gesù disse: Togliete la pietra. Gli disse Marta, la sorella, del morto: Signore, già puzza; perché è di quattro giorni. E Gesù a lei: Non t'ho detto che, se credi, vedrai le glorie di Dio? Levarono dunque la pietra. Gesù, allora, alzati gli occhi al cielo, disse: Padre, ti ringrazio di avermi esaudito. Sapevo bene che mi esaudisci sempre; ma l'ho detto per il popolo che mi circondava; affinché credano che tu mi hai mandato. E, detto questo, con gran voce gridò: Lazzaro, vieni fuori. E il morto uscì subito legato piedi e mani con fasce e col viso coperto da un sudario. E Gesù disse loro: Scioglietelo e lasciatelo andare. Molti Giudei, che erano venuti da Maria e da Marta, allorché mirarono quel che aveva fatto Gesù, credettero in lui.

Lazzaro immagine del peccatore.

Rileggiamo pieni di speranza questo fatto meraviglioso che descrive ciò che Gesù opera nelle anime. Ricordiamo quello che fece per la nostra anima, e scongiuriamolo che abbia finalmente compassione dei Penitenti, che, così numerosi su tutta la terra, si preparano a ricevere il perdono che li restituirà alla vita. Oggi non è più una madre che invoca la risurrezione del figlio; ma sono due sorelle che implorano questa grazia per il loro amato fratello: con questo esempio la Chiesa ci spinge a pregare per i nostri fratelli. Ma seguiamo la narrazione evangelica.

Lazzaro prima è malato e languente; poi muore. Il peccatore comincia a lasciarsi andare alla tiepidezza, all'indifferenza, e presto finisce con l'essere ferito mortalmente. Gesù non guarisce l'infermità di Lazzaro: per rendere inescusabili i suoi nemici, vuole operare un sorprendente prodigio proprio alle porte di Gerusalemme; a quegli stessi che fra pochi giorni rimarranno scandalizzati della sua morte vuol mostrare ch'egli è il padrone della vita. In senso morale, Dio qualche volta crede bene, nella sua sapienza, abbandonare a se stessa l'anima ingrata, anche prevedendo la sua caduta nel peccato. La rialzerà più tardi; e la sua confusione servirà a mantenerla nell'umiltà che l'avrebbe preservata.

Le due sorelle Marta e Maria ci appaiono nei loro spiccati caratteri: piangono l'una e l'altra, e tutte e due sono unanimi nella confidenza. A Marta Gesù proclama ch'egli è la Risurrezione e la Vita; chi crede in lui non morrà della morte eterna, la sola da temere. La morte, castigo del peccato e causa di tante lacrime per l'uomo, intenerisce il suo cuore divino. Giunto presso la tomba che racchiude il corpo di Lazzaro suo amico, piange di dolore, e così santifica le lacrime che a noi cristiani strappa l'affetto sulla tomba dei nostri cari. Ma è giunto il momento di sollevare la pietra e di mostrare alla luce del sole il trionfo della morte. Lazzaro giace lì da quattro giorni: è il peccatore inveterato nel suo peccato. Non importa: Gesù non allontana un tale spettacolo. Con quella voce che comanda ad ogni creatura e fa tremare l'inferno, grida: Lazzaro, vieni fuori! e il cadavere balza fuori dal sepolcro. Il morto ha sentito la voce di Gesù; ma le sue membra sono ancora legate, e la sua faccia bendata; non può agire; i suoi occhi ancora non vedono la luce. Gesù comanda che sia sciolto, e, dietro quell'ordine, mani umane rendono alle membra di Lazzaro la libertà ed ai suoi occhi la vista del sole. È letteralmente la storia del peccatore riconciliato. Soltanto la voce di Gesù può chiamarlo alla conversione, commuovere il suo cuore e indurlo a confessare i suoi peccati; ma poi Gesù lascia alla mano dei suoi ministri di slegarlo, d'illuminarlo e restituirgli i movimenti. Grazie al Salvatore, con un simile prodigio operato proprio in questi giorni, fa giungere al colmo il furore dei suoi nemici. L'ultimo suo beneficio lo consegnò in preda alla loro rabbia. Ora non si allontanerà più da Gerusalemme; Betania, dove ha compiuto il miracolo, non è lungi di qui. Fra nove giorni l'infedele città assisterà al pacifico trionfo del Messia; quindi egli ritornerà a Betania, presso i suoi amici; ma presto rientrerà in città, dove consumerà il sacrificio, i cui meriti infiniti saranno il principio della risurrezione dei peccatori.

Reminiscenze storiche.

Tale consolante attesa portò i primi cristiani a moltiplicare sui dipinti delle Catacombe l'immagine di Lazzaro risuscitato; e questo esempio di riconciliazione dell'anima peccatrice, pure scolpito sui marmi dei sarcofaghi del IV e V secolo, venne anche riprodotto sulle vetrate delle nostre cattedrali. L'antica Francia onorava questo simbolo di risurrezione spirituale con un pio costume, mantenuto nell'insigne abbazia della Trinità di Venderne fino al capovolgimento delle cattoliche istituzioni. Ogni anno, in questo giorno, veniva condotto alla Chiesa Abbaziale un criminale condannato dalla giustizia umana. Egli portava una corda al collo e teneva in mano una torcia del peso di trentatre libbre, in memoria degli anni del divino Liberatore. I monaci uscivano in processione, e il criminale vi assisteva, come anche al sermone che seguiva. Quindi veniva condotto ai piedi dell'altare dove l'Abate, fatta un'esortazione, gl'ingiungeva per penitenza di fare un pellegrinaggio a S. Martino di Tours. Poi gli toglieva la corda dal collo e lo dichiarava libero. Questa liturgica usanza, così cristiana e commovente, risaliva a Luigi di Borbone, conte di Venderne, il quale durante la prigionia in Inghilterra, nel 1426, aveva fatto voto a Dio, se gli restituiva la libertà, di fondare nella chiesa della Trinità, a monumento della sua riconoscenza, un tale annuale omaggio a Cristo che liberò Lazzaro dalla tomba. Il cielo gradì la pietà del principe, che non tardò a ricevere la grazia implorata con tanta fede. 

PREGHIAMO

A noi che consapevoli della nostra infermità, confidiamo nella tua virtù, concedi, o Dio onnipotente, di rallegrarci sempre della tua bontà.


da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 611-615


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