martedì 30 aprile 2013

Il peccato contro lo Spirito Santo - Padre Giulio Maria Scozzaro


“Chiunque parlerà contro il Figlio dell’Uomo, gli sarà perdonato; ma a chi bestemmierà lo Spirito Santo, non sarà perdonato”.

Rappresenta una delle frasi più misteriose dette da Gesù, ma non voleva lasciarla nel mistero, come sempre era perfetta la definizione che dava ad ogni cosa, e l’atteggiamento di quanti rifiutano il perdono da Dio, è una bestemmia che non potrà ricevere alcuna Grazia.

Trascrivo quanto ho già scritto nel mio libro “La corruzione nella Chiesa” riguardo la bestemmia contro lo Spirito Santo.

«Dopo avere chiarito cosa avverrà a chi Lo riconoscerà e a chi Lo rifiuterà, Gesù afferma che “chi bestemmierà lo Spirito Santo, non sarà perdonato”.

La confusione su questa frase è immensa, ognuno dà una spiegazione personale, secondo la maturità della vita spirituale. In effetti, sembrerebbe delimitare la misericordia infinita di Gesù, il suo desiderio di salvare tutti i peccatori.

Bisogna chiarire due cose:

il peccato della bestemmia può essere perdonato nella Confessione, ma la bestemmia contro lo Spirito Santo non può essere perdonata.

Separiamo la bestemmia come tale e l’atteggiamento peccaminoso che è un oltraggio allo Spirito Santo.

“La bestemmia contro lo Spirito Santo non sarà perdonata”, si spiega che con molta difficoltà si otterrà il perdono, non per mancanza di amore o di potenza di Dio (è dogma di Fede che la Chiesa può rimettere tutti i peccati senza alcuna eccezione) ma per la chiusura all’azione della Grazia da parte di chi commette quel peccato.

Non è Gesù a rifiutare il perdono, è il peccatore a rifiutare il perdono.

La maggior parte non se ne rende conto, tanto è ottenebrato l’intelletto, non ha alcun desiderio di chiedere perdono a Gesù.

E questo succede anche a tutti coloro che pur pregando (!?), hanno una condotta di vita spregiudicata e insensibile alle cose di Dio. Non si tratta del classico peccatore come lo intendiamo, che può, senza limiti e alcun problema, convertirsi e cominciare una vita santa.

Riguarda chi riconosce che determinate opere sono di Gesù e nella sua follia le attribuisce al diavolo.

Perché non è interessato a Gesù né alla vita di Grazia.

Succede soprattutto a Sacerdoti e Prelati. Nessuno è escluso.

Quindi, la bestemmia contro lo Spirito Santo è quella di coloro, che chiudono gli occhi davanti alle opere di Dio, e respingono ostinatamente le sue opere, addirittura attribuendole al diavolo, identificando così lo Spirito Santo con lo spirito maligno, come facevano i farisei.

Vediamo innanzitutto i sei peccati contro lo Spirito Santo indicati dal Catechismo:
1) l’impugnazione della verità conosciuta;
2) l’invidia della Grazia altrui;
3) la disperazione della salvezza;
4) la presunzione di salvarsi senza merito;
5) l’ostinazione nel peccato;
6) l’impenitenza finale.

Si tratta di ostinazione nel peccato, e viene commessa sapendo di andare contro Dio, è un’irriverenza ribelle, arrecando umiliazione intenzionale alle cose legate a Dio, sapendo con precisione a chi dichiara guerra.

E un Prelato iscritto alla Massoneria commette il peccato contro lo Spirito Santo.

Una malattia viene dichiarata insanabile quando l’ammalato rifiuta la medicina, allo stesso modo c’è una specie di peccato che non si rimette né si perdona, perché il peccatore rifugge dalla Grazia di Dio, che è il rimedio suo proprio.

Rifugge perché rifiuta la Grazia.

Addirittura avversa la Grazia di Dio, la combatte nelle persone oneste, la vuole sradicare dal mondo. Questa è la bestemmia contro lo Spirito Santo e non può essere perdonata, perché il peccatore non riuscirà più a tornare indietro.

Gode addirittura di rimanere nella disperazione perché l’odio verso Dio lo rende folle, lo acceca, lo fa diventare come un demonio.

Lo afferma il Catechismo della Chiesa Cattolica:
“La misericordia di Dio non conosce limiti, ma chi deliberatamente rifiuta di accoglierla attraverso il pentimento, respinge il perdono dei propri peccati e la salvezza offerta dallo Spirito Santo” (CCC 1864).

Il peccatore dovrebbe rivolgersi a Gesù con un atteggiamento di riconoscenza, non di bestemmia.

Dio può aprirsi la strada nonostante tutti gli ostacoli frapposti dagli uomini, ma può anche talvolta abbandonare certi progetti di misericordia per la durezza di cuore di questi stessi uomini.

In ogni caso, guai a coloro che, chiamati a collaborare a questi progetti divini con la migliore disposizione di mente e spirito, si oppongono di fatto ai suoi disegni, troppo legati come sono a vedute, istituzioni e criteri puramente umani.

Chi tradisce Gesù non desidera più la sua Misericordia, rimane indifferente alla sua Grazia.

I Prelati massoni sono ancora più responsabili, non solo Lo tradiscono, ma si adoperano per distruggere la sana dottrina tradizionale dell’unica Chiesa fondata dalla Santissima Trinità».

È una spiegazione molto chiara sulla bestemmia contro lo Spirito Santo, era l’atteggiamento utilizzato dai farisei contro Gesù: essi si chiudevano alla Grazia di Dio perché negavano l’evidenza ed attribuivano al demonio quanto compiva il Figlio di Dio.

I farisei dinanzi all’evidenza di molti miracoli compiuti da Gesù, avevano la sfacciataggine di negare l’evidenza tanto era ottenebrato e indurito il loro cuore.

I farisei di allora e quelli di oggi non vogliono piegare l’intelligenza alla verità provata e non trovano altra soluzione se non quella di attribuire al demonio le opere compiute da Gesù e dai suoi seguaci autentici.

Peccano contro lo Spirito Santo quanti chiudono occhi e mente dinanzi alle opere sante di Dio. Essi si chiudono alla Grazia e non se ne rendono conto, negano così implicitamente la stessa esistenza di Dio.

Gesù perdona tutti i peccati nell’infinita misericordia contenuta nel suo Cuore, ma per ottenere il perdono bisogna riconoscere il peccato, disposizione interiore assente in coloro che chiudono la porta al pentimento perché si considerano nella verità e non comprendono la gravità delle loro parole e delle loro opere.

Chi non cambia certe disposizioni interiori ostinate e piene di cattiveria, si sottrae da sé al perdono di Dio.

Moltissime coscienze sono deformate perché questi cristiani presumono di avere il diritto di perseverare nel male, di agire seguendo i loro pensieri senza più confrontarsi con la parola di Dio.

Occorre pregare molto per quei familiari ridotti in queste condizioni, ogni giorno bisogna chiedere alla Madonna il cambiamento del cuore e di renderli umili e sinceri. Cominciamo da noi stessi, verifichiamo se c’è qualche aspetto indurito e proponiamoci un radicale cambiamento.

Il danno più grave per un cristiano è la perdita del senso del peccato. Quando non si ha più un limite da rispettare, si pecca di continuo e si cade nel peccato contro lo Spirito Santo, in quanto poi non si avrà più la forza spirituale di confessarsi con un pentimento sincero ed umile.

Il cuore indurito conduce il cristiano verso il paganesimo, pur frequentando la Messa e pregando ogni giorno, ma la sua mentalità è più mondana che spirituale. Cerca i piaceri del mondo invece di piacere a Gesù con una vita onesta ed autentica. Arriva a giudicare con criteri molto lontani dalla Legge di Dio, come se Egli non esistesse o non avesse nulla da dividere.

Questa coscienza rilassata e confusa deve cambiare orientamento, principalmente deve rientrare in sé e scoprire questa penosa condizione, poi deve purificarsi iniziando con il rinnegamento verso tutto ciò che si oppone al Vangelo, quindi all’amore, alla verità, alla bontà.

Se non si avverte il peso dei peccati, nel cuore c’è ancora la presenza dell’insensibilità spirituale, perché solo una condizione ci dice che amiamo Gesù: quando si sentono le mancanze come offese commesse contro Gesù.

Così avviene in una buona famiglia: le mancanze di un figlio o di un genitore fanno soffrire tutti gli altri familiari.

Per resistere alle tentazioni ed evitare di peccare facilmente, occorre avere un punto di riferimento, bisogna indirizzare cuore e mente alla santità di Gesù.

Guardando Lui e ricordando la sua Vita, sarà più facile resistere alle inclinazioni verso i peccati, si avrà una forza maggiore per dire no a quanto si riconosce come peccato e offesa contro Gesù.

Ogni volta che si pecca, si tradisce l’Amore di Gesù.

È vero che Lui non fa mancare il suo perdono, ma la ripetizione dei peccati gravi indebolisce la vita spirituale e si rimane sempre stabili ad un livello basso.

Il cristiano che non controlla la sua vita spirituale e commette con facilità peccati gravi con le cattive opere e con giudizi temerari, non riconosce più Gesù come Dio, ne diventa un avversario perché le sue opere non sono più buone.

“Chi mi rinnegherà davanti agli uomini, sarà rinnegato davanti agli Angeli di Dio”.

A meno che quel cristiano non cambi comportamento, pentendosi con sincerità di tutti i peccati e proponendosi una nuova vita.

Diversa è la condizione di quanti seguono Gesù con umile abbandono, anche se commettono errori per debolezza e fragilità.

È diverso cadere nel peccato per debolezza, dall’amare i peccati gravi e cercarli con facilità.

Questi credenti lottano i peccati e non commettono scandali davanti agli uomini con opere disoneste e un linguaggio malizioso.

A questi Gesù dice: “Chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anche il Figlio
dell’Uomo Lo riconoscerà davanti agli Angeli di Dio”.


Padre Giulio Maria Scozzaro 


lunedì 29 aprile 2013

Lettera apostolica in Eminenti Apostolatus Sercula - papa Clemente P.P. XII

A tutti i fedeli, salute e Apostolica Benedizione.
...


Posti per volere della Clemenza Divina, benché indegni, nell’eminente Sede dell’Apostolato, onde adempiere al debito della Pastorale provvidenza affidato a Noi, con assidua diligenza e con premura, per quanto Ci è concesso dal Cielo, abbiamo rivolto il pensiero a quelle cose per mezzo delle quali — chiuso l’adito agli errori ed ai vizi — si conservi principalmente l’integrità della Religione Ortodossa, e in questi tempi difficilissimi vengano allontanati da tutto il mondo Cattolico i pericoli dei disordini.

Già per la stessa pubblica fama Ci è noto che si estendono in ogni direzione, e di giorno in giorno si avvalorano, alcune Società, Unioni, Riunioni, Adunanze, Conventicole o Aggregazioni comunemente chiamate dei Liberi muratori o des Francs Maçons, o con altre denominazioni chiamate a seconda della varietà delle lingue, nelle quali con stretta e segreta alleanza, secondo loro Leggi e Statuti, si uniscono tra di loro uomini di qualunque religione e setta, contenti di una certa affettata apparenza di naturale onestà. Tali Società, con stretto giuramento preso sulle Sacre Scritture, e con esagerazione di gravi pene, sono obbligate a mantenere un inviolabile silenzio intorno alle cose che esse compiono segretamente.

Ma essendo natura del delitto manifestarsi da se stesso e generare il rumore che lo denuncia, ne deriva che le predette Società o Conventicole hanno prodotto tale sospetto nelle menti dei fedeli, secondo il quale per gli uomini onesti e prudenti l’iscriversi a quelle Aggregazioni è lo stesso che macchiarsi dell’infamia di malvagità e di perversione: se non operassero iniquamente, non odierebbero tanto decisamente la luce. Tale fama è cresciuta in modo così considerevole, che dette Società sono già state proscritte dai Prìncipi secolari in molti Paesi come nemiche dei Regni, e sono state provvidamente eliminate.

Noi pertanto, meditando sui gravissimi danni che per lo più tali Società o Conventicole recano non solo alla tranquillità della temporale Repubblica, ma anche alla salute spirituale delle anime, in quanto non si accordano in alcun modo né con le Leggi Civili né con quelle Canoniche; ammaestrati dalle Divine parole di vigilare giorno e notte, come servo fedele e prudente preposto alla famiglia del Signore, affinché questa razza di uomini non saccheggi la casa come ladri, né come le volpi rovini la Vigna; affinché, cioè, non corrompa i cuori dei semplici né ferisca occultamente gl’innocenti; allo scopo di chiudere la strada che, se aperta, potrebbe impunemente consentire dei delitti; per altri giusti e razionali motivi a Noi noti, con il consiglio di alcuni Venerabili Nostri Fratelli Cardinali della Santa Romana Chiesa, a ancora motu proprio, con sicura scienza, matura deliberazione e con la pienezza della Nostra Apostolica potestà, decretiamo doversi condannare e proibire, come con la presente Nostra Costituzione, da valere in perpetuo, condanniamo e proibiamo le predette Società, Unioni, Riunioni, Adunanze, Aggregazioni o Conventicole dei Liberi Muratori o des Francs Maçons, o con qualunque altro nome chiamate. Pertanto, severamente, ed in virtù di santa obbedienza, comandiamo a tutti ed ai singoli fedeli di qualunque stato, grado, condizione, ordine, dignità o preminenza, sia Laici, sia Chierici, tanto Secolari quanto Regolari, ancorché degni di speciale ed individuale menzione e citazione, che nessuno ardisca o presuma sotto qualunque pretesto o apparenza di istituire, propagare o favorire le predette Società dei Liberi Muratori o Francs Maçons o altrimenti denominate; di ospitarle o nasconderle nelle proprie case o altrove; di iscriversi ed aggregarsi ad esse; di procurare loro mezzi, facoltà o possibilità di convocarsi in qualche luogo; di somministrare loro qualche cosa od anche di prestare in qualunque modo consiglio, aiuto o favore, palesemente o in segreto, direttamente o indirettamente, in proprio o per altri, nonché di esortare, indurre, provocare o persuadere altri ad iscriversi o ad intervenire a simili Società, Unioni, Riunioni, Adunanze, Aggregazioni o Conventicole, sotto pena di scomunica per tutti i contravventori, come sopra, da incorrersi ipso facto, e senza alcuna dichiarazione, dalla quale nessuno possa essere assolto, se non in punto di morte, da altri all’infuori del Romano Pontefice pro tempore.

Vogliamo inoltre e comandiamo che tanto i Vescovi, i Prelati Superiori e gli altri Ordinari dei luoghi, quanto gl’Inquisitori dell’eretica malvagità deputati in qualsiasi luogo, procedano e facciano inquisizione contro i trasgressori di qualunque stato, grado, condizione, ordine dignità o preminenza, e che reprimano e puniscano i medesimi con le stesse pene con le quali colpiscono i sospetti di eresia. Pertanto concediamo e attribuiamo libera facoltà ad essi, e a ciascuno di essi, di procedere e di inquisire contro i suddetti trasgressori, e di imprigionarli e punirli con le debite pene, invocando anche, se sarà necessario, l’aiuto del braccio secolare.

Vogliamo poi che alle copie della presente, ancorché stampate, sottoscritte di mano di qualche pubblico Notaio e munite di sigillo di persona costituita in dignità Ecclesiastica, sia prestata la stessa fede che si presterebbe alla Lettera se fosse esibita o mostrata nell’originale.

A nessuno dunque, assolutamente, sia permesso violare, o con temerario ardimento contraddire questa pagina della Nostra dichiarazione, condanna, comandamento, proibizione ed interdizione. Se qualcuno osasse tanto, sappia che incorrerà nello sdegno di Dio Onnipotente e dei Santi Apostoli Pietro e Paolo.

papa Clemente P.P. XII

***

Traduzione del testo integralmente trascritto da Papa Benedetto XIV nella bolla Providas Romanorum, del 18-3-1751, in Tutte le encicliche e i principali documenti pontifici emanati dal 1740. 250 anni di storia visti dalla Santa Sede, vol. I, Benedetto XIV (1740-1758), a cura di Ugo Bellocchi, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1993, pp. 289-291.


domenica 28 aprile 2013

Dalla «Lettera ai Corinzi» di san Clemente I, papa


"Molte sono le membra, uno il corpo".

Carissimi, la via, in cui trovare la salvezza, è Gesù Cristo, sacerdote del nostro sacrificio, difensore e sostegno della nostra debolezza.
Per mezzo di lui possiamo guardare l’altezza dei cieli, per lui noi contempliamo il volto purissimo e sublime di Dio, per lui sono stati aperti gli occhi del nostro cuore, per lui la nostra mente insensata e ottenebrata rifiorisce nella luce, per lui il Signore ha voluto che gustassimo la scienza immortale. Egli, che è l’irradiazione della gloria di Dio, è tanto superiore agli angeli, quanto più eccellente del loro è il nome che ha ereditato (cfr. Eb 1, 3-4).
Prestiamo servizio, dunque, o fratelli, con ogni alacrità sotto i suoi comandi, santi e perfetti.
Guardiamo i soldati che militano sotto i nostri capi, con quanta disciplina, docilità e sottomissione eseguiscono gli ordini ricevuti. Non tutti sono capi supremi, o comandanti di mille, di cento, o di cinquanta soldati e così via. Ciascuno però nel suo rango compie quanto è ordinato dal re e dai capi superiori. I grandi non possono stare senza i piccoli, né i piccoli senza i grandi. Gli uni si trovano frammisti agli altri, di qui l’utilità reciproca.
Ci serva di esempio il nostro corpo. La testa senza i piedi non è niente, come pure i piedi senza la testa. Anche le membra più piccole del nostro corpo sono necessarie e utili a tutto l’organismo. Anzi tutte si accordano e si sottomettono al medesimo fine che è la salvezza di tutto il corpo.
Tutto ciò che noi siamo nella totalità del nostro corpo, rimaniamo in Gesù Cristo. Ciascuno sia sottomesso al suo prossimo, secondo il dono di grazia a lui concesso.
Il forte si prenda cura del debole, il debole rispetti il forte. Il ricco soccorra il povero, il povero lodi Dio perché gli ha concesso che vi sia chi viene in aiuto alla sua indigenza. Il sapiente mostri la sua sapienza non con le parole, ma con le opere buone. L’umile non dia testimonianza a se stesso, ma lasci che altri testimonino per lui. Chi è casto di corpo non se ne vanti, ma riconosca il merito a colui che gli concede il dono della continenza.
Consideriamo dunque, o fratelli, di quale materia siamo fatti, chi siamo e con quale natura siamo entrati nel mondo. Colui che ci ha creati e plasmati fu lui a introdurci nel suo mondo, facendoci uscire da una notte funerea. Fu lui a dotarci di grandi beni ancor prima che nascessimo.
Pertanto, avendo ricevuto ogni cosa da lui, dobbiamo ringraziarlo di tutto. A lui la gloria nei secoli dei secoli. Amen.

Dalla «Lettera ai Corinzi» di san Clemente I, papa
(Capp. 36, 1-2; 37-38; Funk, 1, 145-149)


sabato 27 aprile 2013

Esortazione a' zelanti della fede di Gesù Cristo - Sant' Alfonso Maria de' Liguori


O fedeli, voi che amate Gesù Cristo, guardate la persecuzione che sta soffrendo la sua chiesa da tanti increduli, che, non contenti di esser soli a perdersi, cercano colla penna e colla voce di pervertire anche gli altri, per aver compagni nella lor perdizione; e perciò si affaticano a spargere dappertutto, fin nella nostra Italia, i loro pestiferi libri, che letti da' poveri giovani o per curiosità d'intendere cose nuove, o per desiderio di maggior libertà ne' loro disordini s'imbeono del lor veleno, e così poi si abbandonano senza ritegno ad ogni sorta di vizj. Deh voi che zelate il bene della fede, cooperatevi con tutte le vostre forze, predicando, ammonendo, istruendo e gridando, affin di estirpare questa gran peste dal mondo. Voi mi direte che a ciò non bastano le forze umane. Avete ragione, così è; vi bisogna il braccio divino. Ma perciò avremo a restarcene così oziosi, intenti solamente ad osservare e piangere i danni sì deplorabili della chiesa, senza far altro? Se non siamo noi valevoli a porvi riparo, ben può farci tali Iddio, ch'è onnipotente. Ma Dio vuol esser pregato. Egli ha promesso di esaudir chi lo prega. Ecco dunque ciò che noi possiamo e dobbiamo fare: alle prediche, alle ammonizioni, alle istruzioni ed alle grida aggiungiamo le preghiere a Dio, supplicandolo continuamente, e per così dire importunandolo colle nostre lagrime, acciocché egli per sua misericordia ponga rimedio alla strage di anime, che per tal via ne' tempi presenti sta facendo l'inferno. Preghiamolo dunque, e diciamogli con Davide (Psalm. 79):

Preghiera per il bene della santa chiesa.

Deus virtutum, ostende faciem tuam, et salvi erimus: O Signore e Dio delle virtù, deh volgete sopra di noi il vostro volto benigno, e salvateci: Vineam de Aegypto transtulisti, reiecisti gentes, et plantasti eam: Voi avete dal mondo discacciata l'idolatria, e vi avete piantata la vigna della vostra santa chiesa. Plantasti radices eius, et implevit terram, e l'avete così ben piantata, che la fede da lei insegnata fu abbracciata un tempo da tutte le parti del mondo, in modo che ben si vede adorata la croce di Gesù Cristo ed avverata questa predizione, che la vostra santa fede avrebbe riempiuta tutta la terra. Ma poi exterminavit eam aper de sylva, et singularis ferus depastus est eam: l'eresia, bestia feroce uscita dalla selva dell'inferno, l'ha devastata; e crescendo poi lo sterminio ne' secoli vegnenti, ecco che al presente, eccettuati pochi dominj in Europa, in tutti gli altri non può dirsi che regni più la fede, ma vi regna o l'infedeltà o l'eresia. E quel che ora è peggio, e per cui piange più amaramente la chiesa, è il vedere che ancora in alcuni regni, ove la fede era rimasta illesa, si è veduta quivi ancora perseguitata dagli increduli. Deus virtutum, convertere, respice de coelo, et vide, et visita vineam istam: Deh per pietà rivolgetevi, e mirate dal cielo come sta deformata la vostra vigna! Vide, et visita vineam istam, et perfice eam, quam plantavit dextera tua: Guardatela, visitatela e ristoratela voi dai danni che ha ricevuti, e tuttavia riceve da' suoi nemici, che disprezzano e mettono in deriso ogni cosa, la vostra chiesa, le vostre scritture, i vostri precetti, le vostre massime e tutte insomma le vostre verità. Ricordatevi ch'ella è stata piantata dalle vostre mani. Et super filium hominis, quem confirmasti tibi. Ricordatevi, o eterno Padre, che il vostro diletto Figlio per ubbidirvi, e formar questa vigna secondo il vostro volere, si è fatto figliuol dell'uomo, e l'ha piantata coi sudori e stenti di tutta la sua vita. Per amore dunque di Gesù vostro Figlio vi preghiamo ad esaudirci, ut ecclesiam tuam sanctam regere et conservare; utque inimicos sanctae ecclesiae humiliare digneris, te rogamus, audi nos.
E voi, Verbo incarnato, Salvatore del mondo, che colla vostra morte avete procurata agli uomini la salute, come presso di questi uomini stessi potete ritrovar tanta ingratitudine, che non solo ricusano di ubbidirvi e di amarvi, ma giungono anche a negare la morte ed i patimenti che per essi voi avete sofferti? Voi attendete sempre al loro bene; ed essi dicono che voi non vi prendete di loro alcun pensiero! Voi gli avete creati immortali per rendersi eternamente felici; ed essi studiano affin di persuadersi che son mortali, per vivere ne' vizj senza freno, e così rendersi eternamente infelici! Deh per li meriti della vostra vita e morte tuis famulis subveni, quos pretioso sanguine redemisti, soccorrete a' vostri servi, e non permettete che l'empietà de' vostri nemici abbia a trionfare della perdita di tante anime redente col vostro sangue: Dominare in medio inimicorum tuorum.



venerdì 26 aprile 2013

La croce di Cristo, salvezza del mondo. Dai «Discorsi» di sant'Efrem

Il nostro Signore fu schiacciato dalla morte, ma a sua volta egli la calpestò come una strada battuta. 
Si sottomise spontaneamente alla morte, accettò volontariamente la morte, per distruggere quella morte, che non voleva morire. Nostro Signore infatti uscì reggendo la croce perché così volle la morte. 
Ma sulla croce col suo grido trasse i morti fuori dagli inferi, nonostante che la morte cercasse di opporsi. 
La morte lo ha ucciso nel corpo, che egli aveva assunto. Ma con le stesse armi egli trionfò sulla morte. 
La divinità si nascose sotto l'umanità e si avvicinò alla morte, la quale uccise e a sua volta fu uccisa. 
La morte uccise la vita naturale, ma venne uccisa dalla vita soprannaturale. Siccome la morte non poteva inghiottire il Verbo senza il corpo, né gli inferi accoglierlo senza la carne, egli nacque dalla Vergine, per poter scendere mediante il corpo al regno dei morti. Ma una volta giunto colà col corpo che aveva assunto, distrusse e disperse tutte le ricchezze e tutti i tesori infernali.
Cristo venne da Eva, genitrice di tutti i viventi. Ella è la vigna, la cui siepe fu aperta proprio dalla morte per le mani di quella stessa Eva che doveva, per questo, gustare i frutti della morte.
Eva, madre di tutti i viventi, divenne anche causa di morte per tutti i viventi.
Fiorì poi Maria, nuova vite rispetto all'antica Eva, ed in lei prese dimora la nuova vita, Cristo. 

Avvenne allora che la morte si avvicinasse a lui per divorarlo con la sua abituale sicurezza e ineluttabilità. Non si accorse, però, che nel frutto mortale, che mangiava, era nascosta la Vita. Fu questa che causò la fine della inconsapevole e incauta divoratrice. La morte lo inghiottì senza alcun timore ed egli liberò la vita e con essa la moltitudine degli uomini.
Fu ben potente il figlio del falegname, che portò la sua croce sopra gli inferi che ingoiavano tutto e trasferì il genere umano nella casa della vita. Siccome poi a causa del legno il genere umano era sprofondato in questi luoghi sotterranei, sopra un legno entrò nell'abitazione della vita. Perciò in quel legno in cui era stato innestato il ramoscello amaro, venne innestato un ramoscello dolce, perché riconosciamo colui al quale nessuna creatura è in grado di resistere.
Gloria a te che della tua croce hai fatto un ponte sulla morte. Attraverso questo ponte le anime si possono trasferire dalla regione della morte a quella della vita. Gloria a te che ti sei rivestito del corpo dell'uomo mortale e lo hai trasformato in sorgente di vita per tutti i mortali.
Tu ora certo vivi. Coloro che ti hanno ucciso hanno agito verso la tua vita come gli agricoltori. La seminarono come frumento nel solco profondo.
Ma di là rifiorì e fece risorgere con sé tutti.
Venite, offriamo il nostro amore come sacrificio grande e universale, eleviamo cantici solenni e rivolgiamo preghiere a colui che offrì la sua croce in sacrificio a Dio, per rendere ricchi tutti noi del suo inestimabile tesoro.


giovedì 25 aprile 2013

Silenziosamente procedi lungo la tua strada.....


Silenziosamente procedi lungo la tua strada.
Guardi le persone
sei attento alle loro espressioni,
i loro occhi
esprimono quanto la loro anima stia vivendo.
Ti sembra intuire i loro pensieri
i loro stati d’animo.
Non sei sgomento del vociare dei loro messaggi silenziosi.
Ciascuno ha una storia,
ciascuno un pensiero,
ciascuno tumulti interni.
Non giudichi più
ma ti stupisci dell’originalità
di ogni essere che incontri
e di cui ti viene data l’opportunità di intuire intima essenza.
Non vuoi più stupire,
capisci che le tue nuove capacità non provengono da te
ma sono donate a te da Dio
perché tu possa aiutare l’uomo
lenire il suo dolore
creare in lui pace e speranza
ridurre o guarire la malattia che devasta il suo corpo martoriato.
Ma soprattutto puoi aiutare a stabilizzare
la loro anima ricreando il baricentro
.. baricentro o centro che stabilizza il fulcro dell’energia che li anima.
Puoi rianimarli
riportandoli a Dio
Puoi aiutarli a rialzarsi
ritrovando dignità smarrita
Questo e solo questo è il tuo destino amare ed aiutare il prossimo tuo
con tutto te stesso e senza alcuna mira personale
senza mai richiedere obolo con titolo remunerativo.
Poiché amare è capacità del donare e donarsi
senza alcun limite
ad onore e gloria di Gesù.
Quel che ti sarà donato, se persevererai,
non appartiene solo a te ma all’umanità intera.
Guarda quell’uomo .. è Dio
che pende da quel pezzo di legno
Lui vive in te, per te e con te per sempre
ed è Lui che ha permesso tutto questo.
Sii quindi felice di essere stato ammesso al Suo cospetto
e fai ad imitazione Sua......

mercoledì 24 aprile 2013

La santificazione personale - Enciclica Haerent animo di San Pio X, (14 agosto 1908)


Questa esortazione è un forte richiamo perché la prima preoccupazione dei Sacer­doti sia rivolta a diventare Santi. La santi­ficazione personale é vista come la premes­sa indispensabile per l'azione apostolica. Da qui una particolare insistenza sulle pratiche di pietà, la meditazione e i ritiri spirituali: le virtù «passive» sono più im­portanti di quelle «attive».

I. MOTIVI E INTENTI

1. Scopo dell'esortazione. L'avve­nire della Chiesa dipende dalla qualità degli Ecclesiastici

Abbiamo scolpite nella mente e ci riempiono di salutare timore le parole dell'Apostolo agli Ebrei (13,17), che, inculcando loro il dovere dell'ubbidi­enza verso i superiori, affermava con tutta la sua autorità: "Essi vegliano co­me responsabili che dovranno render conto delle anime vostre". Se questa sentenza riguarda tutti quelli che hanno nella Chiesa una qualunque preminen­za, principalmente riguarda noi, che, benché impari a tanto officio, abbiamo nella Chiesa la suprema autorità.

Quindi notte e giorno senza posa non ci stanchiamo di meditare e di ten­tare tutto quanto interessa l'incolumità e la prosperità del gregge affidatoci da Dio. Fra queste preoccupazioni una più delle altre ci sta a cuore, ed è che i Sa­cerdoti siano tali, quali li esige la digni­tà del loro ministero, poiché a nostro av­viso, per questa via principalmente, possiamo nutrire liete speranze dell'avve­nire della religione. Così, non appena saliti al soglio pontificio, benché, volgendo uno sguardo all'universalità del clero, scorges­simo in esso molteplici titoli di lode, tutta­via non potremmo non esortare con ogni studio i nostri venerandi fratelli, i Vesco­vi dell'orbe cattolico, che in nulla ponesse­ro tanta perseveranza e tanta cura, quanto nel formar Cristo in quelli che a formar Cristo negli altri sono destinati.

Né ci sfugge lo zelo e l'attività, che dis­piegano nell'educare il clero alla virtù, del che ci torna dolce non tanto di render loro una pubblica lode, quanto di esprimere i sensi della più viva riconoscenza.

2. Stimolo ai ferventi e ai meno ferventi

Se non che, mentre per una parte ci al­lieta il vedere che, per tali cure dei Vesco­vi, già molti ecclesiastici si mostrano acce­si di un sacro fuoco, che risuscita o ravviva in essi la Grazia di Dio ricevuta nell'impo­sizione delle mani nella sacra ordinazione, per l'altra ci resta ancora a lamentare che alcuni altri, in diverse regioni, non sono così esemplari, che i fedeli cristiani, vol­gendo gli occhi in loro, quasi in uno spec­chio, come una guida, possono conforma­re se stessi al loro esempio. A questi vo­gliamo aprire il nostro cuore con questa lettera, come il cuore di un padre palpitan­te di ansiosa carità nel cospetto del figlio infermo. Per un tale veemente amore, ag­giungiamo a quelli dei Vescovi i nostri ammonimenti; i quali, benché indirizzati specialmente a ridurre a miglior consiglio i fuorviati e giacenti in letargo, tuttavia possono, come è nostro vivo desiderio, es­sere anche agli altri di stimolo.

Noi additiamo la via, seguendo la qua­le, ciascuno deve sforzarsi ogni giorno più di riuscire, secondo la chiara espressione dell'Apostolo, "uomo di Dio" (1 Tm 6,11), e di corrispondere alla giusta aspettazione della Chiesa. Nulla diremo di non mai udi­to da Voi, o di nuovo per chicchessia, ma cose, le quali conviene che ognuno si ram­menti: e Dio ci infonde la speranza che la nostra voce sia per produrre notevole buon frutto. Questo è il nostro desiderio: "Che vi rinnoviate nello spirito della vostra men­te, e vi rivestiate dell'uomo nuovo creato secondo Dio nella giustizia e nella vera santità" (Ef 4,23-24): e sarà questo il più bello e il più gradito dono, che Ci possiate offrire nel cinquantesimo del nostro sacer­dozio. E mentre Noi, "contriti di anima e umiliati di spirito" (Dn 3,39), ripensere­mo in Dio i passati anni del nostro sacer­dozio; espieremo in certo qual modo i no­stri umani mancamenti, dei quali ci abbia­mo a pentire, ammonendovi con paterna cura, "onde camminiate in maniera degna di Dio, piacendo a Lui in tutte le cose" (Col 1,10).

Ed in una simile esortazione non miria­mo semplicemente alla vostra utilità, ma al vantaggio generale dei fedeli cattolici, che da quella non si può separare. Poiché tale non è il Sacerdote che possa essere buono o cattivo semplicemente per sé, ma l'e­sempio della sua vita non è a dire di qua! li conseguenze sia fecondo sull'indiriz­zo della vita dei fedeli. Ove è un Sacer­dote veramente buono, qual tesoro è ve­ramente largito dal cielo

II. LA SANTITA DEL SACERDOTE

3. La santità, dote prima della vita sacerdotale. L'esempio deve precedere la parola

Diamo principio, diletti figli, alla nostra esortazione, con l'incitarvi a quella santità, che è richiesta dalla di­gnità del vostro grado. Poiché chi è insi­gnito del sacerdozio, non per sé soltan­to, ma per gli altri ancora ne è insignito: "Ogni pontefice scelto tra gli uomini, è preposto a pro degli uomini a tutte quel­le cose che riguardano Dio" (Eb 5,1).

Il medesimo pensiero volle esprime­re Cristo, quando, a significare quale sia il fine dell'azione sacerdotale, li parago­nò al sole ed alla luce del mondo, sale della terra. Ognuno sa che sale e luce Egli è principalmente per l'ufficio che ha di distribuire il pane della verità cri­stiana; ma chi è che ignori che un tale ammaestramento non approda a nulla, se il Sacerdote non consacri con l'esempio le cose insegnate con la parola.

Gli uditori con irriverenza sì, ma non a torto obietteranno: "Professano di cono­scere Dio e lo rinnegano coi fatti" (Tt 1,16); e respingeranno la dottrina, né frui­ranno della luce del sacerdozio.

Ond'è che Cristo, forma viva del Sacer­dote, insegnò prima con l'esempio e poi con le parole: "Principiò Gesù a fare, e poi ad insegnare " (At 1,1). Parimenti se gli si levi la santità a nessun titolo il Sacerdote sarà più sale della terra: poiché ciò che è corrotto e contaminato non può servire a conferire la purezza; e, donde esula la san­tità, conviene che abiti la contaminazione. Perciò Gesù, continuando la medesima fi­gura, chiama tali Sacerdoti sale insipido, "che non è più buono a nulla se non ad esser gettato via e calpestato" (Mt 5,13).

III. LA SANTITÀ DEI SACRI UFFICI

4. L'altezza della vocazione e i Sacri Uffici per sè medesimi esigono la santità

Quanto si è fin qui detto riceve nuova luce, quando si pensa che noi esercitiamo l'ufficio sacerdotale non già a nostro nome ma nel nome di Gesù. "Così", dice l'Apo­stolo, "ognuno consideri noi come mini­stri di Cristo e dispensatori dei misteri di Dio" (1 Cor 4,1); "siamo davvero adunque ambasciatori di Cristo" (2 Cor 5,20).

Proprio per questo motivo Cristo ci as­crisse non al numero dei suoi servi, ma de­gli amici: "Non vi chiamerò più servi, ma amici, perché tutto quello che intesi dal Padre mio, l'ho fatto sapere a voi... Io ho eletto voi, e vi ho destinati, che andiate e facciate frutto"(Gv 15,16).

È quindi nostro ufficio di rappresentare la persona di Cristo e di condurre la mis­sione da lui affidataci in maniera che ci sia dato di raggiungere il fine, che Egli ha di mira. E poiché "il bramare e schivare le cose medesime, questo è il pegno più fer­mo d'amicizia", siamo tenuti, come amici, a nutrire i medesimi sentimenti, che sono in Cristo Gesù, che è "santo, innocente, immaco­lato" (Eb 7,26): come suoi ambasciatori, dobbiamo conciliare gli uomini alla sua dottrina ed alla sua leg­ge, non senza osservarle prima noi stessi: come par­tecipi della sua autorità nel­l'alleggerire le anime dalle catene della colpa, conviene che poniamo ogni studio nel­l'evitare di caricarci noi di tali catene.

Ma più come suoi ministri nell'augusto sacrificio che, con perenne prodigio, si rinnova per la vita del mondo, dobbiamo avere la medesima disposizione di animo, con la quale Egli sull'altare della Croce si offrì Ostia immacolata a Dio.

Poiché, se in antico, quando non esiste­va che un'ombra e figura del vero sacrifi­zio, si esigeva nei sacri ministri tanta san­tità, quale non è giusto che si esiga, ora che la vittima è Cristo?

5. Due splendidi moniti di San Giovan­ni Crisostomo e di San Carlo Borromeo

"Quanto dunque non conviene che sia più puro chi fruisce di un tal sacrificio? Di quale raggio solare non deve essere più splendida la mano, che divide questa car­ne, la bocca che è saziata dal fuoco spiri­tuale, la lingua che rosseggia di questo sa­cramentissimo Sangue?".

Assai opportunamente San Carlo Bor­romeo nei discorsi al Clero così inculcava: "Se ci ricordassimo, dilettissimi fratelli, quante e quanto preziose cose abbia poste Dio nelle nostre mani, quale stimolo non sarebbe per noi questa considerazione a farci condurre una vita degna di ecclesia­stici! Che cosa non pose Iddio nelle mani, quando vi pose il proprio suo Figlio unige­nito, come Lui eterno ed a Lui eguale?

Nella mano mia pose i tesori suoi, tutti i Sacramenti e le Grazie: pose le anime che gli sono care come la pupilla e che nell'a­more preferì a se stesso, che redense con il suo Sangue; nelle mie mani pose il cielo che io posso aprire e chiudere agli altri...

Come mai dunque potrò io essere così ingrato a tanta degnazione ed amore da peccare contro di Lui, da offenderlo nel­l'onore, da inquinare questo Corpo che è suo, da macchiare questa dignità e questa vita al suo ossequio consacrata?".

IV AVVERTIMENTI DELLA CHIESA

6. Avvertimenti della Chiesa nel con­feriregli Ordini ai suoi Chierici

Ad ottenere nei suoi Sacerdoti questa santità di vita, la Chiesa mira con assidue e non mai interrotte cure. A tal fine furono istituiti i Seminari: dove, se coloro che co­stituiscono le speranze della Chiesa devono essere educati nelle lettere e nelle scien­ze, nello stesso tempo, tuttavia, e più an­cora lo devono essere sino dai più teneri anni ad una sincera pietà verso Dio.

Inoltre, nel mentre promuove i candi­dati ai gradi sacri con non brevi intervalli, non pone fine mai, come madre amorosa, alle esortazioni, che impartisce intorno al conseguimento della santità. Richiamia­moci queste tappe gioconde.

Non appena ci ascrisse nella sacra mili­zia, volle che dichiarassimo secondo il ri­to: "Il Signore è la porzione della mia ere­dità e del mio calice; tu sei quegli che a me restituirà la mia eredità" (Sal 16,5).

Con le quali parole, commenta san Gi­rolamo, si ammonisce "il chierico, affin­ché egli, che è parte del Signore o ha per sua parte il Signore, si diporti così che egli possegga il Signore e sia dal Signore pos­seduto".

Quanto gravi parole rivolge poi la Chie­sa ai novelli diaconi! Dovete considerare attentamente quale obbligo oggi di vostra spontanea volontà assumete; quando avre­te ricevuto quest'Ordine, non vi sarà più possibile di volgere indietro i passi; ma dovrete servire in perpetuo a Dio, e mante­nere, con la sua Grazia, la castità. E infine: se finora foste lontani alla Chiesa, d'ora in­nanzi dovete essere assidui; se finora foste sonnolenti, d'ora innanzi vigilanti...; Se fi­nora disonesti, d'ora innanzi casti... Riflet­tete di chi vi si affida il servizio!

Per i futuri consacrati così prega la Chiesa per mezzo del Vescovo: "Abbondi in essi la bellezza di ogni virtù, l'autorità modesta, la pudicizia costante, la ferma purità dell'innocenza e l'osservanza della spirituale disciplina. I suoi precetti ris­plendano nella loro vita, affinché dall'e­sempio della loro castità il popolo si ecciti a imitarli santamente".

Più commovente ancora è l'ammoni­zione rivolta a coloro che devono essere iniziati al sacerdozio: "Con grande timore a così alto grado si deve salire, ed allora bisogna accertar­si che una celeste sapienza, illibati costumi e lunga os­servanza della legge di Dio distinguano gli eletti a tale dignità... Sia il profumo della vostra vita diletto del­la Chiesa di Cristo, affinché con la parola e con l'esempio edifichiate la casa della fami­glia di Dio".

E più di ogni cosa ci sti­mola la grave sentenza, che si aggiunge: "Siate all'al­tezza di ciò che ammini­strate "; il che concorda col precetto di San Paolo: "Af­fine di rendere perfetto ogni uomo in Cristo Gesù" (Col 1,28).

7. Padri e Dottori confermano che il Sacerdote deve essere un cielo tersissimo

Poiché questa dunque è la mente della Chiesa riguardo alla vita sacerdotale, non potrebbe riuscire ad alcuno di meraviglia, che tale sia la consonanza delle voci dei Padri e dei Dottori intorno a questo punto così che sembrino peccare di ridondanza.

Ma, se con retto giudizio li osserviamo, ci apparirà evidente come altro non dicano che il vero e il giusto.

Il loro giudizio si può brevemente es­porre così: tanta differenza è tra il cielo e la terra; e quindi guardi bene il Sacerdote che la sua virtù non solo non sia tocca neppure dall'ombra delle più gravi colpe, ma nep­pure delle più lievi.

A tal riguardo il Concilio di Trento fece suo il pensiero, quando ammonì i chierici di fuggire anche i leggeri mancamenti, che in loro sarebbero massimi: massimi non già in sé, ma per ragione di chi li commet­te, al quale più ancora che all'edifizio sacro conviene quel detto: "Alla casa tua (o Si­gnore), si conviene la santità " (Sal 93,5).

San Pio X, 14 agosto 1908




martedì 23 aprile 2013

Dignità del cristiano



1. Il cristiano figlio di Dio Padre.

Ogni persona, creata da Dio, e da Lui dotata di ragione, da Lui conservata, è figlia di Dio. Per tutti gli uomini sorge il sole, la terra germoglia, la Provvidenza provvede; Dio è il Padre universale, e il cristiano, in particolare, per adozione diviene figlio di Dio, cui concede quanto ha di più caro; è partecipe delle carezze di Dio, ed erede dei beni, dei godimenti di Dio. Tu, cristiano, come il prodigo, non sperperi tante grazie col peccato?

2. Il cristiano membro di Dio Figlio.

In virtù del Battesimo, ogni cristiano si unisce così intimamente a Gesù mediante la fede, la carità e la grazia, che San Paolo ci dice: Voi siete il corpo di Cristo e membra delle membra di Lui. Come due amici, per l'amore che li lega, non sono più due volontà, due cuori, ma quasi un cuor solo; così il cristiano con Gesù. Ma come osi gettare nel fango della impurità un membro di Cristo? Getta, dunque, il Crocifisso nel fango... Tu non osi... Ed osi degradare il tuo corpo nelle bruttezze del vizio impuro?

3. Il cristiano tempio dello Spirito Santo.

Lo spirito, la grazia di Dio entra nel cuore del battezzato, e ne santifica ogni pensiero, ogni parola, ogni opera. Lo Spirito Santo in noi prega, ci stimola al bene, ci muove ad atti di fede, di carità e rende meritoria per il Cielo ogni azione, fatta in grazia di Dio. Iddio, dunque, abita in me; Egli è il Dio del mio cuore; come, dunque, standomi così vicino, ardisco offenderlo?

PRATICA: Recita gli atti di fede, speranza e carità.

laParola.it



ATTO DI FEDE
Mio Dio, perché sei verità infallibile, credo fermamente tutto quello che tu hai rivelato e la santa Chiesa ci propone a credere. Ed espressamente credo in te, unico vero Dio in tre Persone uguali e distinte, Padre, Figlio e Spirito Santo. E credo in Gesù Cristo, Figlio di Dio, incarnato e morto per noi, il quale darà a ciascuno, secondo i meriti, il premio o la pena eterna. Conforme a questa fede voglio sempre vivere. Signore, accresci la mia fede.

ATTO DI SPERANZA
Mio Dio, spero dalla tua bontà, per le tue promesse e per i meriti di Gesù Cristo, nostro Salvatore, la vita eterna e le grazie necessarie per meritarla con le buone opere, che io debbo e voglio fare. Signore, che io possa goderti in eterno. 

ATTO DI CARITA'
Mio Dio, ti amo con tutto il cuore sopra ogni cosa, perché sei bene infinito e nostra eterna felicità; e per amore tuo amo il prossimo come me stesso, e perdono le offese ricevute. Signore, che io ti ami sempre più.




lunedì 22 aprile 2013

Papa Francesco ordina 10 nuovi sacerdoti: non vi stancate di essere misericordiosi, siete pastori non funzionari

Siate misericordiosi, siate pastori e non funzionari. E’ l’esortazione che Papa Francesco ha rivolto, stamani, a 10 nuovi sacerdoti della diocesi di Roma, ordinati dal Pontefice nella Basilica di San Pietro, nella 50.ma Giornata Mondiale di preghiera per le vocazioni. E’ la prima volta che il nuovo vescovo di Roma celebra il rito di ordinazione presbiteriale. Prima della Messa, il Santo Padre si è recato in sacrestia per pregare insieme agli ordinandi raccomandandoli alla Madonna. Così usava fare, a Buenos Aires, in occasione delle ordinazioni. Hanno concelebrato con il Papa il cardinale vicario, Agostino Vallini e, tra gli altri, i vescovi ausiliari della diocesi di Roma. L’omelia pronunciata dal Santo Padre è stata nella sostanza l’“Omelia rituale” prevista nell’edizione italiana del Pontificale Romano per l’ordinazione dei presbiteri. Testo che il Papa ha integrato con diverse aggiunte personali a braccio. Il servizio di Alessandro Gisotti:



L’imposizione delle mani sul capo, il rivestirsi con la stola e la casula, l’abbraccio di pace. Gesti semplici eppure straordinari, perché sono il segno che il Signore ama il suo Popolo e, ancora una volta, ha scelto degli uomini per continuare la sua missione di Maestro, Sacerdote e Pastore. E’ una celebrazione piena di gioia e sincera emozione quella che si svolge nella Basilica Petrina nella Giornata delle Vocazioni. C’è l’emozione dei dieci nuovi presbiteri, dei loro familiari, degli amici che li hanno accompagnati nel cammino verso l’ordinazione. E c’è l’emozione del Pastore, di Papa Francesco che, per la prima volta, ordina dei sacerdoti per la sua diocesi di Roma:

“Prometti a me e ai miei successori filiale rispetto e obbedienza?”. “Sì lo prometto”. “Dio che ha iniziato in te la sua opera da bambino, la porti a compimento”…

Servire il Signore e il Popolo Santo di Dio, per sempre. Nell'omelia, in parte a braccio, Papa Francesco indica ai nuovi sacerdoti qual è il cuore della loro missione. E’ il Signore Gesù, sottolinea, ad averli scelti perché cooperino ad edificare il Corpo di Cristo:

“Dispensate a tutti quella Parola di Dio, che voi stessi avete ricevuto con gioia. Ricordate le vostre mamme, le vostre nonne, i vostri catechisti, che vi hanno dato la Parola di Dio, la fede… il dono della fede! Vi hanno trasmesso questo dono della fede”.

Di qui l’invito a leggere e meditare assiduamente la Parola del Signore, per credere ciò che è stato letto, insegnarlo e vivere davvero ciò che si insegna:

“Ricordate anche che la Parola di Dio non è proprietà vostra: è Parola di Dio. E la Chiesa è la custode della Parola di Dio”.

“Riconoscete, dunque, ciò che fate”, è l’esortazione del Papa che aggiunge: “Imitate ciò che celebrate” partecipando al “ministero della morte e della Resurrezione del Signore”. Il Santo Padre ribadisce così l’importanza dei Sacramenti e in particolare della Penitenza, della Riconciliazione:

“Oggi vi chiedo in nome di Cristo e della Chiesa: per favore, non vi stancate di essere misericordiosi. Con l’olio santo darete sollievo agli infermi e anche agli anziani: non abbiate vergogna di avere tenerezza con gli anziani”.

Infine, l’esortazione di Papa Francesco ai nuovi presbiteri ad esercitare l’opera sacerdotale in letizia e carità, piacendo a Dio e non a se stessi:

“Siete pastori, non funzionari. Siete mediatori, non intermediari (…) Abbiate sempre davanti agli occhi l’esempio del Buon Pastore, che non è venuto per essere servito, ma per servire, e per cercare di salvare ciò che era perduto”.


Fonte : Radio Vaticana




domenica 21 aprile 2013

XVII Giornata Bambini Vittime della violenza


Non c'è Papa che non ama con tenerezza i bambini. Solo per chi ha la memoria corta.... Conquistati da papa Francesco, fummo conquistati da Benedetto XVI, fummo rapiti dal Beato Giovanni Paolo II, restiamo stupiti di Giovanni XXIII (il discorso della luna, accarezzate i bambini), rimaniamo attratti dal sorriso e abbraccio di Giovanni Paolo I, Paolo VI: amare i bambini, per la Chiesa non è una moda, ma un impegno permanente. Ho solo messo una serie di foto di Benedetto XVI .... così solo per ricordare, così solo per richiamare. Per la XVII Giornata Bambini Vittime della violenza, dello sfruttamento e della indifferenza, contro la pedofilia.


Lettera Enciclica “Ad Caeli Reginam” - Papa Pio XII


Il popolo cristiano ha sempre creduto a ragione, anche nei secoli passati, che colei, dalla quale nacque il Figlio dell'Altissimo, che «regnerà eternamente nella casa di Giacobbe» (Lc 1, 32), (sarà) «Principe della pace» (Is 9, 6), «Re dei re e Signore dei signori» (Ap 19, 16), al di sopra di tutte le altre creature di Dio ricevette singolarissimi privilegi di grazia. Considerando poi gli intimi legami che uniscono la madre al figlio, attribuì facilmente alla Madre di Dio una regale preminenza su tutte le cose. 

Si comprende quindi facilmente come già gli antichi scrittori della chiesa, avvalendosi delle parole dell'arcangelo san Gabriele, che predisse il regno eterno del Figlio di Maria (cf. Lc 1, 32-33), e di quelle di Elisabetta, che s'inchinò davanti a lei, chiamandola «madre del mio Signore» (Lc 1, 43), abbiano, denominando Maria «madre del Re» e «madre del Signore», voluto significare che dalla regalità del Figlio dovesse derivare alla Madre una certa elevatezza e preminenza.

Pertanto sant'Efrem, con fervida ispirazione poetica, così fa parlare Maria: «Il cielo mi sorregga con il suo braccio, perché io sono più onorata di esso. Il cielo, infatti, fu soltanto tuo trono, non tua madre. Ora quanto è più da onorarsi e da venerarsi la madre del Re del suo trono!». E altrove così egli prega Maria: «... vergine augusta e padrona, regina, signora, proteggimi sotto le tue ali, custodiscimi, affinché non esulti contro di me satana, che semina rovine, né trionfi contro di me l'iniquo avversario».

San Gregorio di Nazianzo chiama Maria madre del Re di tutto l'universo», «madre vergine, [che] ha partorito il Re di tutto il mondo», mentre Prudenzio ci parla della Madre, che si meraviglia «di aver generato Dio come uomo sì, ma anche come sommo re».

La dignità regale di Maria è poi chiaramente asserita da coloro che la chiamano «signora», «dominatrice», «regina». Secondo un'omelia attribuita a Origene, Elisabetta apostrofa Maria «madre del mio Signore», e anche: «Tu sei la mia signora».

Lo stesso concetto si può dedurre da un testo di san Girolamo, nel quale espone il suo pensiero circa le varie interpretazioni del nome di Maria: «Si deve sapere che Maria, nella lingua siriaca, significa Signora». Ugualmente si esprime, dopo di lui, san Pietro Crisologo: «Il nome ebraico Maria si traduce "Domina" in latino: l'angelo dunque la saluta "Signora" perché sia esente da timore servile la madre del Dominatore; che per volontà del Figlio nasce e si chiama Signora».

Sant'Epifanio, vescovo di Costantinopoli, scrive al sommo pontefice Ormisda, che si deve implorare l'unità della chiesa «per la grazia della santa e consostanziale Trinità e per l'intercessione della nostra santa signora, gloriosa vergine e Madre di Dio, Maria».

Un autore di questo stesso tempo si rivolge con solennità alla beata Vergine seduta alla destra di Dio, invocandone il patrocinio, con queste parole: «Signora dei mortali, santissima Madre di Dio».

Sant'Andrea di Creta attribuisce spesso la dignità regale alla Vergine; ne sono prova i seguenti passi: «(Gesù Cristo) portà in questo giorno come regina del genere umano dalla dimora terrena (ai cieli) la sua Madre sempre vergine, nel cui seno, pur rimanendo Dio, prese l'umana carne». E altrove: «Regina di tutti gli uomini, perché fedele di fatto al significato del suo nome, eccettuato soltanto Dio, si trova al di sopra di tutte le cose».

San Germano poi così si rivolge all'umile Vergine: «Siedi, o signora: essendo tu regina e più eminente di tutti i re ti spetta sedere nel posto più alto»; e la chiama. «Signora di tutti coloro che abitano la terra».

San Giovanni Damasceno la proclama «regina, padrona, signora» e anche «signora di tutte le creature»; e un antico scrittore della chiesa occidentale la chiama «regina felice», «regina eterna, presso il Figlio Re», della quale «il bianco capo è ornato di aurea corona».

Sant'Ildefonso di Toledo riassume tutti i titoli di onore in questo saluto: «O mia signora, o mia dominatrice: tu sei mia signora, o madre del mio Signore... Signora tra le ancelle, regina tra le sorelle».

I teologi della chiesa, raccogliendo l'insegnamento di queste e di molte altre testimonianze antiche, hanno chiamato la beatissima Vergine regina di tutte le cose create, regina del mondo; signora dell'universo.

I sommi pastori della chiesa non mancarono di approvare e incoraggiare la devozione del popolo cristiano verso la celeste Madre e Regina con esortazioni e lodi. Lasciando da parte i documenti dei papi recenti, ricorderemo che già nel secolo settimo il Nostro predecessore san Martino I, chiamò Maria «Nostra Signora gloriosa, sempre vergine»; sant'Agatone, nella lettera sinodale, inviata ai padri del sesto concilio ecumenico, la chiamò «Nostra Signora, veramente e propriamente Madre di Dio»; e nel secolo VIII, Gregorio II, in una lettera inviata al patriarca san Germano, letta tra le acclamazioni dei padri del settimo concilio ecumenico, proclamava Maria «signora di tutti e vera Madre di Dio» e «signora di tutti i cristiani».

Ricorderemo parimenti che il Nostro predecessore di immortale memoria Sisto IV, nella lettera apostolica Cum praeexcelsa, in cui accenna con favore alla dottrina dell'immacolata concezione della beata Vergine, comincia proprio con le parole che dicono Maria «regina, che sempre vigile intercede presso il Re, che ha generato». Parimenti Benedetto XIV, nella lettera apostolica Gloriosae Dominae, chiama Maria «regina del cielo e della terra», affermando che il sommo Re ha, in qualche modo, affidato a lei il suo proprio impero.

Onde sant'Alfonso, tenendo presente tutta la tradizione dei secoli che lo hanno preceduto, poté scrivere con somma devozione: «Poiché la vergine Maria fu esaltata ad essere la Madre del Re dei re, con giusta ragione la chiesa l'onora col titolo di Regina».


"Gli occhi da Dio diletti e venerati
fissi ne l' orator ne dimostraro
quanti i devoti prieghi le son grati.

Indi all' etterno lume s' addrizaro
nel qual non si dee creder che s' invii
per creatura l' occhio tanto chiaro" ( Par. XXXIII)


sabato 20 aprile 2013

In ricordo di don Tonino Bello

Il 20 aprile 1993 moriva don Tonino Bello, vescovo di Molfetta, presidente nazionale di Pax Christi, ma sempre e prima di tutto instancabile testimone di carità... e profeta di pace.
La forza delle sue parole continua ancora oggi, a molti anni dalla sua scomparsa, a richiamarci alla nostra responsabilità di "cristiani fino in fondo, anzi fino in cima".


La vita giocatevela bene, non bruciate
Trascrizione di un’omelia ai ragazzi delle medie ed elementari


 Il rischio che potete correre è che invece di raggiungere gli orizzonti larghi vi incastriate poi in un labirinto, in una prigione, da cui poi si fa fatica a uscire...
Andiamo alla ricerca di obiettivi, che pensiamo ci debbano liberare e invece ci mettono proprio loro in prigione...
Se la vostra vita la spenderete per gli altri, voi non la perderete; perderete il sonno, ma non la vita, la vita è diversa dal sonno; perderete il denaro, ma non la vita, la vita è diversa dal denaro; perderete la quiete, ma non la vita, la vita travalica la quiete; perderete tantissime cose, perderete la salute, ma non la vita...
Vi auguro che possiate veramente amare la vita, amare la gente, amare la geografia, amare la terra... a tal punto che il cuore vi faccia male, e vi auguro che vi faccia veramente male ogni volta che vedrete nuove oppressioni, nuove ingiustizie, nuovi stermini della natura, ogni volta che sentirete il grido violento che si sprigiona dalle turbe dei poveri...
La bellezza di Dio e la bellezza dell'altro salveranno il mondo Sia pure nel vostro piccolo abbiate sempre rispetto dei volti, abbiate sempre il rispetto delle persone, abbiate sempre il rispetto dell'altro, il rispetto dei luoghi, abbiate sempre la cura della bellezza che non è qualcosa di effimero...
Dio è la bellezza... La bellezza di Dio e la bellezza dell'altro salveranno il mondo...
Coltivate la bellezza del vostro volto, anche quando avrete 80 anni!
Coltivate la bellezza del vostro corpo, la bellezza del vostro vestire, cioè l'eleganza non fatta di abiti firmati, ma quella della semplicità, coltivate la bellezza del vostro sguardo, non potete immaginare quanta luce questa bellezza dà a chi è triste, quanta voglia di vivere produce uno sguardo generoso che voi date su di una persona che è triste...
Non c'è ricchezza, nè denaro al mondo che ti ripaghi di questo...
Vi auguro la scoperta di Dio nelle cose più belle che Lui ci dona, nella natura, l'intuire la Sua presenza che fa miracoli ogni giorno e che noi non sappiamo cogliere...la scoperta non della sacralità, ma della santità di tutte le cose...
Perchè voi siete molto consumatori di sacralità, di sacro, ma poco protagonisti di santità e la santità la possono raggiungere anche i laici...
Gesù Cristo vi dia tanta voglia di scoprire la santità delle cose, la santità del mare, la bellezza della terra, dei vostri giardini, dei prati, delle pareti delle scuole..."
Tanti auguri ragazzi!!!!
 
 

Dal Trattato «Contro le eresie» di sant’Ireneo, vescovo


L’Eucaristia pegno di risurrezione

Se la carne non viene salvata, allora né il Signore ci ha redenti col suo sangue, né il calice dell’Eucaristia è la comunione del suo sangue, né il pane che spezziamo è la comunione del suo corpo. Il sangue infatti non viene se non dalle vene e dalla carne e da tutta la sostanza dell’uomo nella quale veramente si è incarnato il Verbo di Dio.
Ci ha redenti con il suo sangue, come dice anche il suo Apostolo: in lui abbiamo la redenzione e la remissione dei peccati per mezzo del suo sangue (cfr. Ef 1, 7). Noi siamo sue membra, ma siamo nutriti dalle cose create, che egli stesso mette a nostra disposizione, facendo sorgere il suo sole e cadere la pioggia come vuole. Questo calice, che viene dalla creazione, egli ha dichiarato che è il suo sangue, con cui alimenta il nostro sangue. Così pure questo pane, che viene dalla creazione, egli ha assicurato che è il suo corpo con cui nutre i nostri corpi.
Il vino mescolato nel calice e il pane confezionato ricevono la parola di Dio e diventano Eucaristia, cioè corpo e sangue di Cristo. Da essi è alimentata e prende consistenza la sostanza della nostra carne. E allora come possono alcuni affermare che la carne non è capace di ricevere il dono di Dio, cioè la vita eterna, quando viene nutrita dal sangue e dal corpo di Cristo, al quale appartiene come parte delle sue membra? 
Lo dice l’Apostolo nella lettera agli Efesini: Siamo membra del suo corpo, della sua carne e delle sue ossa (cfr. Ef 5, 30), e queste cose non le dice di un uomo spirituale e invisibile – uno spirito infatti non ha né ossa né carne (cfr. Lc 24, 39) – ma di un uomo vero, che consta di carne, nervi e ossa, e che viene alimentato dal calice che è il sangue di Cristo e sostenuto dal pane, che è il corpo di Cristo.
Il tralcio della vite, piantato in terra, porta frutto a suo tempo, e il grano di frumento caduto nella terra, e in essa dissolto, risorge moltiplicato per virtù dello Spirito di Dio, che abbraccia ogni cosa. Tutto questo poi dalla sapienza è messo a disposizione dell’uomo, e, ricevendo la parola di Dio, diventa Eucaristia, cioè corpo e sangue di Cristo. Così anche i nostri corpi, nutriti dall’Eucaristia, deposti nella terra e andati in dissoluzione, risorgeranno a suo tempo, perché il Verbo dona loro la risurrezione, a gloria di Dio Padre. Egli circonda di immortalità questo corpo mortale, e largisce gratuitamente l’incorruzione alla carne corruttibile. In questa maniera la forza di Dio si manifesta pienamente nella debolezza degli uomini.

Dal Trattato «Contro le eresie» di sant’Ireneo, vescovo
(Lib. 5, 2, 2-3; SC 153, 30-38)


venerdì 19 aprile 2013

Auguri Papa emerito per l'anniversario di elezione


Martedì 19 aprile 2005, 

il cardinale Joseph Alois Ratzinger è eletto 265° papa della Chiesa con il nome di Benedetto XVI.

Auguri Papa emerito per l'anniversario di elezione.


Il primo martire della Chiesa, è una vittima della calunnia... - Papa Francesco


Il primo martire della Chiesa, è una vittima della calunnia...
E la calunnia è peggio di un peccato: la calunnia è un’espressione diretta di Satana. La lettura degli Atti degli Apostoli presenta Stefano, uno dei diaconi nominati, dai Discepoli, che viene trascinato davanti al Sinedrio per via della sua testimonianza al Vangelo, accompagnata da segni straordinari. E davanti al Sinedrio compaiono ad accusare Stefano dei “falsi testimoni.. “non andava bene la lotta pulita, la lotta tra uomini buoni”, i nemici di Stefano hanno imboccato “la strada della lotta sporca: la calunnia”:
“Noi tutti siamo peccatori: tutti. Abbiamo peccati. Ma la calunnia è un’altra cosa.... E’ un peccato, sicuro, ma è un’altra cosa. La calunnia vuole distruggere l’opera di Dio; la calunnia nasce da una cosa molto cattiva: nasce dall’odio. E chi fa l’odio è Satana.
La calunnia distrugge l’opera di Dio nelle persone, nelle anime.
La calunnia utilizza la menzogna per andare avanti. E non dubitiamo, eh?: dove c’è calunnia c’è Satana, proprio lui”.
Stefano, osserva, non ricambia menzogna con menzogna, “non vuole andare per quella strada per salvarsi. Lui guarda il Signore e obbedisce alla legge”, rimanendo nella pace e nella verità di Cristo. Ed è quanto, ribadisce, “succede nella storia della Chiesa”, perché dal primo martire a oggi numerosissimi sono gli esempi di chi ha testimoniato il Vangelo con estremo coraggio:
“Ma il tempo dei martiri non è finito: anche oggi possiamo dire, in verità, che la Chiesa ha più martiri che nel tempo dei primi secoli. La Chiesa ha tanti uomini e donne che sono calunniati, che sono perseguitati, che sono ammazzati in odio a Gesù, in odio alla fede: questo è ammazzato perché insegna catechismo, questo viene ammazzato perché porta la croce…
Oggi, in tanti Paesi, li calunniano, li perseguono… sono fratelli e sorelle nostri che oggi soffrono, in questo tempo dei martiri”.

La nostra, “è un’epoca con più martiri che non quella dei primi secoli”. È un’epoca di così “tante turbolenze spirituali” ha richiamato alla mente del Pontefice l’immagine di un’icona russa antica di secoli, quella della Madonna che copre con il suo manto il popolo di Dio:
“Noi preghiamo la Madonna che ci protegga, e nei tempi di turbolenza spirituale il posto più sicuro è sotto il manto della Madonna.
E’ la mamma che cura la Chiesa. E in questo tempo di martiri, è lei un po’ – non so se si dice così, in italiano – la protagonista, la protagonista della protezione: è la mamma. (…) Diciamole con fede: ‘Sotto la tua protezione, Madre, è la Chiesa. Cura la Chiesa’”.

(papa Francesco)

giovedì 18 aprile 2013

Una preghiera sulle dita della mano – Cardinale Jorge Mario Bergoglio



1. Il pollice è il dito più vicino a te. Così inizia a pregare per chi ti è più vicino. Sono le persone che più facilmente tornano nei nostri ricordi. Pregare per le persone a noi care è "un dolce obbligo".
2.Il dito seguente è l'indice. Prega per chi insegna, educa e medica, quindi per maestri, professori, medici e sacerdoti. Questi hanno bisogno di sostegno e saggezza affinchè possano indicare la via giusta agli altri. Non dimenticarli mai nelle tue preghiere.
3.Il dito seguente è il più alto. Ci fa ricordare i nostri governatori. Prega per il presidente, per i parlamentari, per gli imprenditori e per gli amministratori. Sono loro che dirigono il destino della nostra patria e che guidano l'opinione pubblica. Hanno bisogno della guida di Dio.
4.Il quarto dito è il dito anulare. Nonostante possa sorprendere i più, è questo il nostro dito più debole, e qualunque insegnante di pianoforte lo può confermare. Bisogna ricordarsi di pregare per i più deboli, per coloro che hanno tanti problemi da affrontare o che sono affaticati dalle malattie. Hanno bisogno delle tue preghiere di giorno e di notte. Non saranno mai troppe le preghiere per queste persone. Inoltre ci invita a pregare per i matrimoni.
5.E per ultimo c'è il nostro dito mignolo, il più piccolo tra tutte le dita, piccolo come bisogna sentirsi di fronte a Dio e agli altri. Come dice la Bibbia "gli ultimi saranno i primi". Il mignolo ti ricorda che devi pregare per te stesso. Solo quando avrai pregato per gli altri quattro gruppi, potrai vedere nella giusta ottica i tuoi bisogni e pregare meglio per te.

(papa Francesco)


Una oración en cada dedo 
1. El pulgar es el más cercano a ti. Asi que empieza orando por quienes estan más cerca de ti. Son las personas más fáciles de recordar. Orar por nuestros seres queridos es "una dulce obligación"
2. El siguiente dedo es el indice. Ora por quienes enseñan, instruyen y sanan. Esto incluye a los maestros, profesores, médicos y sacerdotes. Ellos necesitan apoyo y sabiduria para indicar la dirección correcta a los demás. 
Tenlos siempre presentes en tus oraciones.
3. El siguiente dedo es el más alto. Nos recuerda a nuestros líderes. Ora por el presidente, los congresistas, los empresarios, y los gerentes. Estas personas dirigen los destinos de nuestra patria y guian a la opinión pública.. Necesitan la guia de Dios.
4. El cuarto dedo es nuestro dedo anular. Aunque a muchos les sorprenda, es nuestro dedo más debil, como te lo puede decir cualquier profesor de piano. 
Debe recordarnos orar por los más debiles, con muchos problemas o postrados por las enfermedades. Necesitan tus oraciones de día y de noche. Nunca será demasiado lo que ores por ellos. También debe invitarnos a orar por los matrimonios.
5. Y por último está nuestro dedo meñique, el más pequeño de todos los dedos, que es como debemos vernos ante Dios y los demás. Como dice la Biblia "los últimos serán los primeros". Tu meñique debe recordarte orar por tí.. Cuando ya hayas orado por los otros cuatro grupos verás tus propias necesidades en la perspectiva correcta, y podrás orar mejor por las tuyas.

Circa vent'anni fa, Jorge Mario Bergoglio, scrisse questa orazione "sulla punta delle dita", popolarissima in Argentina

mercoledì 17 aprile 2013

La celebrazione dell'Eucaristia. Dalla «Prima Apologia e favore dei cristiani» di san Giustino, martire

A nessun altro è lecito partecipare all'Eucaristia, se non a colui che crede essere vere le cose che insegniamo, e che sia stato purificato da quel lavacro istituito per la remissione dei peccati e la rigenerazione, e poi viva così come Cristo ha insegnato.
Noi infatti crediamo che Gesù Cristo, nostro Salvatore, si è fatto uomo per l'intervento del Verbo di Dio. Si è fatto uomo di carne e sangue per la nostra salvezza. Così crediamo pure che quel cibo sul quale sono state rese grazie con le stesse parole pronunciate da lui, quel cibo che, trasformato, alimenta i nostri corpi e il nostro sangue, è la carne e il sangue di Gesù fatto uomo.
Gli apostoli nelle memorie da loro lasciate e chiamate vangeli, ci hanno tramandato che Gesù ha comandato così: Preso il pane e rese grazie, egli disse: «Fate questo in memoria di me. Questo è il mio corpo». E allo stesso modo, preso il calice e rese grazie, disse: «Questo è il mio sangue» e lo diede solamente a loro.
Da allora noi facciamo sempre memoria di questo fatto nelle nostre assemblee e chi di noi ha qualcosa, soccorre tutti quelli che sono nel bisogno, e stiamo sempre insieme. Per tutto ciò di cui ci nutriamo benediciamo il creatore dell'universo per mezzo del suo Figlio Gesù e dello Spirito Santo.
E nel giorno, detto del Sole, si fà l'adunanza. Tutti coloro che abitano in città o in campagna convengono nello stesso luogo, e si leggono le memorie degli apostoli o gli scritti dei profeti per quanto il tempo lo permette.
Poi, quando il lettore ha finito, colui che presiede rivolge parole di ammonimento e di esortazione che incitano a imitare gesta così belle.
Quindi tutti insieme ci alziamo ed eleviamo preghiere e, finito di pregare, viene recato pane, vino e acqua. Allora colui che presiede formula la preghiera di lode e di ringraziamento con tutto il fervore e il popolo acclama: Amen! Infine a ciascuno dei presenti si distribuiscono e si partecipano gli elementi sui quali furono rese grazie, mentre i medesimi sono mandati agli assenti per mano dei diaconi.
Alla fine coloro che hanno in abbondanza e lo vogliono, danno a loro piacimento quanto credono. Ciò che viene raccolto, è deposto presso colui che presiede ed egli soccorre gli orfani e le vedove e coloro che per malattia o per altra ragione sono nel bisogno, quindi anche coloro che sono in carcere e i pellegrini che arrivano da fuori. In una parola, si prende cura di tutti i bisognosi.
Ci raduniamo tutti insieme nel giorno del Sole, sia perché questo è il primo giorno in cui Dio, volgendo in fuga le tenebre e il caos, creò il mondo, sia perché Gesù Cristo nostro Salvatore risuscitò dai morti nel medesimo giorno. Lo crocifissero infatti nel giorno precedente quello di Saturno e l'indomani di quel medesimo giorno, cioè nel giorno del Sole, essendo apparso ai suoi apostoli e ai discepoli, insegnò quelle cose che vi abbiamo trasmesso perché le prendiate in seria considerazione.