Benedetto XVI incontra le autorità politiche, indica loro l’esempio di Ambrogio, chiede che le istituzioni siano al servizio della famiglia
Alle autorità politiche, amministrative, sindacali e militari di Milano e della Lombardia Benedetto XVI propone come modello sant’Ambrogio, «governatore delle province della Liguria e dell’Aemilia, con sede nella città imperiale di Milano», che prima di essere eletto inaspettatamente e contro il suo volere, vescovo della città, ne era già stato il responsabile dell’ordine pubblico e vi aveva amministrato la giustizia. Il presidente della Regione Roberto Formigoni, il sindaco Giuliano Pisapia, il presidente della Provincia Podestà e il vicepresidente della Camera Maurizio Lupi sono in prima fila nell’angusta e afosissima sala delle udienze nell’arcivescovado di Milano, blindato come non mai nei giorni in cui ospita Ratzinger.
Il Papa entra, viene brevemente salutato da Scola, quindi legge il suo discorso, ricordando le parole con cui il prefetto Probo invitò il governatore Ambrogio ad amministrare «non come un giudice, ma come un vescovo». Questi i principi che il Papa indica alle autorità presenti: innanzitutto, «nessun potere dell’uomo può considerarsi divino, quindi nessun uomo è padrone di un altro uomo». Quindi Ratzinger ha descritto «la prima qualità di chi governa», che «è la giustizia, virtù pubblica per eccellenza, perché riguarda il bene della comunità intera». Ma essa, ha aggiunto, «non basta» e Ambrogio vi aggiunge «l’amore per la libertà, che egli considera elemento discriminante tra i governanti buoni e quelli cattivi, poiché, come si legge in un’altra sua lettera, “i buoni amano la libertà, i reprobi amano la servitù”».
«La libertà – spiega il Papa – non è un privilegio per alcuni, ma un diritto per tutti, un diritto prezioso che il potere civile deve garantire. Tuttavia, libertà non significa arbitrio del singolo, ma implica piuttosto la responsabilità di ciascuno. Si trova qui uno dei principali elementi della laicità dello Stato: assicurare la libertà affinché tutti possano proporre la loro visione della vita comune, sempre, però, nel rispetto dell’altro e nel contesto delle leggi che mirano al bene di tutti».
«D’altra parte – detto ancora il Pontefice – nella misura in cui viene superata la concezione di uno Stato confessionale, appare chiaro, in ogni caso, che le sue leggi debbono trovare giustificazione e forza nella legge naturale, che è fondamento di un ordine adeguato alla dignità della persona umana, superando una concezione meramente positivista dalla quale non possono derivare indicazioni che siano, in qualche modo, di carattere etico».
«Lo Stato – ha spiegato Benedetto XVI – è a servizio e a tutela della persona e del suo “ben essere” nei suoi molteplici aspetti, a cominciare dal diritto alla vita, di cui non può mai essere consentita la deliberata soppressione». Il Papa ha quindi ricordato l’importanza della famiglia e il diritto alla libertà di educazione. «Ognuno può allora vedere come la legislazione e l’opera delle istituzioni statuali debbano essere in particolare a servizio della famiglia. Lo Stato è chiamato a riconoscere l’identità propria della famiglia, fondata sul matrimonio e aperta alla vita», e «il diritto primario dei genitori alla libera educazione e formazione dei figli, secondo il progetto educativo da loro giudicato valido e pertinente. Non si rende giustizia alla famiglia, se lo Stato non sostiene la libertà di educazione per il bene comune dell’intera società».
Benedetto XVI ha concluso il suo discorso, definendo «preziosa» una «costruttiva collaborazione» tra lo Stato e la Chiesa, «non per una confusione delle finalità e dei ruoli diversi e distinti del potere civile e della stessa Chiesa, ma per l’apporto che questa ha offerto e tuttora può offrire alla società con la sua esperienza, la sua dottrina, la sua tradizione, le sue istituzioni e le sue opere con cui si è posta al servizio del popolo». Citando il contributo delle comunità cristiane lombarde, ha precisato che esse si adoperano «non tanto per supplenza, ma piuttosto come gratuita sovrabbondanza della carità di Cristo e dell’esperienza totalizzante della loro fede». Il tempo di crisi che stiamo attraversando «ha bisogno, oltre che di coraggiose scelte tecnico-politiche», anche di «gratuità».
Il breve incontro è terminato senza baciamano da parte dei politici e Benedetto XVI si è subito ritirato.
Vatican Insider, 2 giugno 2012
domenica 3 giugno 2012
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