giovedì 14 giugno 2012

Il Signore ci offre il suo corpo e il suo sangue, attraverso elementi dove la molteplicità confluisce nell'unità - Sant'Agostino

La disputa del Sacramento
Raffaello, Roma, Musei Vaticani

 [Poiché la mia carne è un vero cibo e il mio sangue vera bevanda (Gv. 6,56)].

Quello che gli uomini bramano mediante il cibo e la bevanda, il saziare la fame e la sete, non lo trovano pienamente se non in questo cibo e in questa bevanda, che rendono immortali e incorruttibili coloro che se ne nutrono, facendone la società dei santi, dove sarà la pace e l'unità piena e perfetta. E' per questo che, come prima di noi hanno capito gli uomini di Dio, il Signore nostro Gesù Cristo ci offre il suo corpo e il suo sangue, attraverso elementi dove la molteplicità confluisce nell'unità. Il pane, infatti, si fa con molti chicchi di frumento macinati insieme, e il vino con molti acini d'uva spremuti insieme. Finalmente il Signore spiega come avvenga ciò di cui parla, e in che consista mangiare il suo corpo e bere il suo sangue.

Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue, dimora in me ed io in lui (Gv 6, 57). Mangiare questo cibo e bere questa bevanda, vuol dire dimorare in Cristo e avere Cristo sempre in noi. Colui invece che non dimora in Cristo, e nel quale Cristo non dimora, né mangia la sua carne né beve il suo sangue, ma mangia e beve a propria condanna un così sublime sacramento, essendosi accostato col cuore immondo ai misteri di Cristo, che sono ricevuti degnamente solo da chi è puro; come quelli di cui è detto: Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio (Mt 5, 8).

Se intendiamo bene le sue parole, Gesù disse: Come il Padre, il Vivente, ha mandato me ed io vivo per il Padre, così chi mangia di me vivrà per me (Gv 6,58) volendo farci intendere questo: affinché io potessi vivere per il Padre, orientando verso di lui, che è più grande di me, tutta la mia esistenza, fu necessario il mio annientamento, per il quale egli mi ha mandato; a sua volta se uno vuol vivere per me, è necessario che entri in comunione con me mangiando di me; e come io, umiliato, vivo per il Padre, così egli, elevato, vive per me. Se dice Io vivo per il Padre, nel senso che il Figlio viene dal Padre e non il Padre da lui, lo può dire senza compromettere in alcun modo l'uguaglianza sua col Padre. Tuttavia, dicendo così anche chi mangia di me vivrà per me, non vuole indicare una sua uguaglianza con noi, ma vuole mostrare la sua grazia di mediatore.

(Sant'Agostino)

Gv.6,56-59,Tractatus 26 in Joannem, sub finem

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