Un accalorato appello perché la Nigeria rinunci a percorrere la “via della vendetta” e nel Paese ritorni la pace assieme alla libertà di “professare liberamente la propria fede”. Così Benedetto XVI ha scelto di concludere l’udienza generale di questa mattina in Aula Paolo VI. In precedenza, il Papa aveva tratto ancora spunto dalle Lettere di San Paolo – in particolare dalla prima dell’Apostolo alla comunità di Efeso – le sue riflessioni per la catechesi. In particolare, riferendosi all’importanza della preghiera, Benedetto XVI affermato che essa non debe limitarsi a una “richiesta di aiuto” Rivolta a Dio, ma soprattutto a esprimere ringraziamento per la sua bontà. La preghiera – ha affermato fra l’altro Benedetto XVI – “genera uomini e donne non animati dall’egoismo”, ma “dalla gratuità” e dalla “sete di servire”.
Di seguito, l'appello del Papa alla Nigeria:
"Seguo con profonda preoccupazione le notizie che provengono dalla Nigeria, dove continuano gli attentati terroristici diretti soprattutto contro i fedeli cristiani. Mentre elevo la preghiera per le vittime e per quanti soffrono, faccio appello ai responsabili delle violenze, affinché cessi immediatamente lo spargimento di sangue di tanti innocenti. Auspico, inoltre, la piena collaborazione di tutte le componenti sociali della Nigeria, perché non si persegua la via della vendetta, ma tutti i cittadini cooperino all’edificazione di una società pacifica e riconciliata, in cui sia pienamente tutelato il diritto di professare liberamente la propria fede".
Di seguito, alcuni stralci della catechesi pronunciata dal Papa:
“Oggi vorrei soffermarmi sul primo capitolo della Lettera agli Efesini, che inizia proprio con una preghiera, un inno di benedizione (...) L’Apostolo riflette sui motivi che spingono a questa lode, a questo ringraziamento, presentando gli elementi fondamentali del piano divino e le sue tappe. Anzitutto dobbiamo benedire Dio Padre perché Egli «ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità» (v. 4). Dio ci ha chiamati all’esistenza, alla santità nella vita cristiana e a servirlo nella Chiesa. E questa scelta precede persino la creazione del mondo (…) Al centro della preghiera di benedizione, l’Apostolo illustra il modo in cui si realizza il piano di salvezza del Padre in Cristo, nel suo Figlio amato: «mediante il suo sangue, abbiamo la redenzione, il perdono delle colpe, secondo la ricchezza della sua grazia» (Ef 1,7). Il sacrificio della croce di Cristo è l’evento unico e irripetibile con cui il Padre ha mostrato in modo luminoso il suo amore per noi, non soltanto a parole, ma in modo concreto, entrando nella nostra umanità, percorrendo il cammino di sofferenza della passione e subendo la morte più crudele (…)
San Paolo invita a considerare quanto è profondo l’amore di Dio che trasforma la storia, che ha trasformato la sua stessa vita da persecutore dei cristiani ad Apostolo instancabile del Vangelo. Riecheggiano ancora una volta le parole rassicuranti della Lettera ai Romani: «Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Egli, che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi, non ci donerà forse ogni cosa insieme a lui?... Io sono infatti persuaso che né morte, né vita, né angeli né principati, né presente, né avvenire, né potenze, né altezza, né profondità, né alcun’altra creatura, potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore (…)
Infine, la benedizione divina si chiude con l’accenno allo Spirito Santo che è stato effuso nei nostri cuori (…) La redenzione attuata una volta per sempre e in modo perfetto mediante il sangue di Cristo non è ancora conclusa (…) siamo in cammino verso la redenzione definitiva del nostro corpo, verso la piena liberazione dei figli di Dio. (…)
La visione che ci presenta san Paolo in questa grande preghiera di benedizione ci ha condotto a contemplare l’azione delle tre Persone della Santissima Trinità: il Padre, che ci ha scelti prima della creazione del mondo, il Figlio che ci ha redenti mediante il suo sangue e lo Spirito Santo caparra della nostra redenzione e della gloria futura. Nella preghiera noi ci apriamo alla contemplazione di questo grande mistero che è il disegno divino di amore nella storia dell’uomo, nella nostra storia personale. Anzi, nella preghiera costante, nel rapporto quotidiano con Dio, impariamo anche noi, come san Paolo, a scorgere in modo sempre più chiaro i segni di questo disegno e di questa azione: nella bellezza del Creatore che emerge dalle sue creature (cfr Ef 3,9), come canta san Francesco d’Assisi: «Laudato sie mi’ Signore, cum tutte le Tue creature» (…) Nella loro vita i Santi mostrano in modo luminoso che cosa può fare la potenza di Dio nella debolezza dell’uomo. In tutta la storia della salvezza, in cui Dio si è fatto vicino a noi e attende con pazienza i nostri tempi, comprende le nostre infedeltà, incoraggia il nostro impegno e ci guida.
Nella preghiera impariamo a vedere i segni di questo disegno misericordioso nel cammino della Chiesa. Così cresciamo nell’amore di Dio, aprendo la porta affinché la Santissima Trinità venga ad abitare in noi, illumini, riscaldi, guidi la nostra esistenza. «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui» (Gv 14,23), dice Gesù promettendo ai discepoli il dono dello Spirito Santo, che insegnerà ogni cosa (…)
Cari amici, quando la preghiera alimenta la nostra vita spirituale noi diventiamo capaci di conservare quello che san Paolo chiama «il mistero della fede» in una coscienza pura (cfr 1 Tm 3,9). La preghiera (…) genera uomini e donne animati non dall’egoismo, dal desiderio di possedere, dalla sete di potere, ma dalla gratuità, dal desiderio di amare, dalla sete di servire, animati cioè da Dio; e solo così si può portare luce nel buio del mondo”.
Radio Vaticana, 20 giugno 2012
mercoledì 20 giugno 2012
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