La religione? La religione deve essere rinnovata. Questa è la persuasione
di tutti coloro che oggi ancora si occupano di religione, siano essi fuori
della sua espressione concreta: una fede, un’osservanza, una comunità; o siano
invece all’interno d’una professione, o di una discussione religiosa. Tutto sta
a vedere che cosa s’intenda per rinnovamento. Bisogna rinnovare la propria
coscienza religiosa. Questa è piuttosto una questione, che un’obiezione: ma è
questione polimorfa, polivalente; cioè si presenta sotto aspetti molto diversi,
con principi, metodi di studio, conclusioni differenti e facilmente opposti fra
loro. Il rinnovamento religioso può essere concepito come un processo continuo
di perfezionamento, ovvero come un processo sbrigativo di dissoluzione, oppure
come un tentativo di interpretazione nuova, secondo dati criteri.
TEMA DI SPECIALE ATTUALITÀ
Il tema è attuale. Tutti abbiamo accolto la parola prestigiosa di
«aggiornamento», come un programma; programma del Concilio e del Post-Concilio;
programma personale e comunitario. Segno evidente che proprio nel cuore della
ortodossia deve agire, come un fermento vitale (Cfr.Matth. 13, 33),
l’impulso della vita nuova, il respiro animatore della coscienza, la tensione
morale, l’espressione attuale e, come l’amore, sempre originale. La
religione è vita, e, come la nostra vita biologica, dev’essere soggettivamente
in un continuo ricambio, in una continua purificazione, in un continuo
accrescimento. Tutta la disciplina dello spirito ce lo ricorda; S. Paolo non
cessa di ripeterlo: «l’uomo interiore si rinnovella di giorno in giorno» (2
Cor. 4, 16); «spogliatevi dell’uomo vecchio, il quale per le passioni
ingannatrici si corrompe; e rinnovatevi nello spirito della vostra mentalità; e
rivestitevi dell’uomo nuovo» (Eph. 4, 22-23); anzi «procuriamo di
crescere per ogni verso in Lui (Cristo)» (Eph. 4, 15), sempre
«progredendo nella scienza di Dio» (Col. 1, 10), eccetera.
RINNOVAMENTO INTERIORE
Questa incessante esortazione significa molte cose, che ci offrono la
visione genuina del fatto religioso: significa che esso nasce da piccoli inizi
e che deve svilupparsi (ricordate le parabole del seme?) (Luc. 8, 5, 11;
ecc.); significa che anch’esso è soggetto a decadenza e perversione (ricordate
la polemica di Cristo con i Farisei?) (Matth. 23, 14 ss.); significa che
è spesso bisognoso di riforma, e sempre di perfezionamento, e che solo nella
vita futura raggiungerà la sua pienezza. Tutto questo è noto ai discepoli della
Parola divina, e della scuola della liturgia e della vita ecclesiale. Perciò volentieri
accettiamo «l’aggiornamento», e cerchiamo d’interpretarne il significato e di
accoglierne le conseguenze rinnovatrici. Prima nell’interno delle anime (Eph.
4, 23); e poi, se occorre, nelle leggi esteriori.
Ma questo rinnovamento non è senza pericolo. Anzi non è senza pericoli. Il
primo pericolo è quello del cambiamento, voluto per se stesso, o in ossequio al
trasformismo del mondo moderno. Del cambiamento incoerente con la tradizione
irrinunciabile della Chiesa. La Chiesa è la continuità di Cristo nel tempo. Noi
non possiamo staccarci da essa, come un ramo, che vuole esplodere nei nuovi
fiori della primavera, non può staccarsi dalla pianta, dalla radice, donde trae
la sua vitalità. Questo è uno dei punti capitali della storia contemporanea del
cristianesimo: è un punto decisivo: o dell’adesione fedele e feconda con la
tradizione autentica e autorevole della Chiesa, ovvero del taglio mortale da
esso. Il contatto normale con Cristo non può avvenire per chi voglia rifarsi a
lui secondo vie di propria elezione, creando un vuoto dottrinale e storico fra
la Chiesa presente e l’annuncio primitivo del Vangelo. «Lo Spirito soffia
dove vuole» (Io. 3, 8); sì l’ha detto il Signore; ma il Signore ne ha
lui stesso istituito un veicolo conduttore: « ricevete lo Spirito Santo », ha
pur detto il Signore risorto ai suoi discepoli, «i peccati di coloro a cui li
avrete rimessi, saranno perdonati, e quelli di coloro a cui li avrete ritenuti,
saranno ritenuti» (Io. 20, 23). Cristo, certamente, rimane l’unica sorgente,
l’unica «vera vite»; ma la sua linfa giunge a noi attraverso i tralci vitali
germinati da quella (Cfr. Io. 15, 1 ss.; Luc. 10, 16).
CONTINUITÀ DI SVILUPPO
La Chiesa non è un diaframma divisorio, che interpone una distanza, un
impedimento dogmatico e legale fra Cristo e il suo seguace del secolo
ventesimo; è il canale, è il tramite, è lo sviluppo normale che unisce; è la
garanzia dell’autenticità, dell’immediatezza della presenza di Cristo fra noi. «Sono
con voi . . .», ha detto Cristo congedandosi dagli Undici e aprendo davanti ad
essi la successione dei tempi, «fino alla consumazione del secolo» (Matth.
28, 20). Non si può ideare un cristianesimo nuovo per rinnovare il
cristianesimo; bisogna essergli tenacemente fedeli. E questa stabilità
nell’essere, con questa sua continuità nel movimento e nello sviluppo, questa
coerenza esistenziale, propria d’ogni essere vivente, non si può qualificare
reazionaria, oscurantista, arcaica, sclerotica, borghese, clericale, o con
altro titolo dispregiativo, come pur troppo certa moderna letteratura la
definisce, per la fobia di tutto ciò che è del passato, o per la diffidenza di
tutto ciò che il magistero della Chiesa fa oggetto di fede; la verità è così:
rimane; la Realtà divina, che in essa si contiene, non si può modellare a
piacimento, s’impone. Questo è il mistero: chi ha la fortuna di entrarvi
mediante la fede e la carità, ne gode indicibilmente; ha qualche ineffabile
esperienza della effusione dello Spirito Santo. Chiederà qualcuno: ma
allora non v’è più nulla da rinnovare? L’immobilismo diventa legge. No: la
verità rimane, ma esigente: bisogna conoscerla, bisogna studiarla, bisogna
purificarla nelle sue espressioni umane: quale rinnovamento tutto questo
comporta!
La verità rimane, ma è feconda: nessuno può mai dire d’averla tutta
compresa e definita nelle formule che pure nel loro significato restano
intangibili; essa può presentare aspetti ancora meritevoli di ricerca; essa
proietta luce su campi diversi, che interessano il progresso della nostra
dottrina; la verità rimane, ma ha bisogno di divulgazione, di traduzione, di
formulazione relativa alla capacità comprensiva dei suoi alunni, e questi sono
gli uomini di diversa età, di diversa cultura, di diversa civiltà. La
religione ammette perciò perfezionamento, incremento, approfondimento, una
scienza sempre tesa nella sublime fatica d’una qualche migliore comprensione, o
d’una qualche più felice formulazione. Un pluralismo, allora? Sì, un
pluralismo, che tenga conto delle raccomandazioni del Concilio (Cfr.A.A.S. 54
(1962), pp. 790, 792) e purché riferito ai modi, con cui le verità della fede
sono enunciate, non al contenuto, come affermò con tanta forza e con tanta
chiarezza il nostro venerato Predecessore Papa Giovanni XXIII, nel celebre
discorso d’apertura del Concilio (Optatam totius, 16; Gravissimum
educationis, 7, 10), riferendosi tacitamente, ma evidentemente, alla classica
formula del «Commonitorium» di S. Vincenzo di Lérins (†450): le verità della
fede possono essere espresse in modo diverso, purché «con lo stesso
significato» (Cfr. DENZ-SCH., 2802). Il pluralismo non deve generare dubbi,
equivoci o contraddizioni; non deve legittimare un soggettivismo di opinioni in
materia dogmatica, che comprometterebbe l’identità e quindi l’unità della fede:
progredire, sì, arricchire la cultura, favorire la ricerca; demolire, no.
IL CAMMINO DELLA CHIESA
Dovremmo dire di tante altre cose in tema di rinnovamento religioso, sul
progresso teologico, ad esempio, sulle relazioni fra la dottrina religiosa e
l’ambiente, sia storico, che culturale (tema oggi molto sentito e molto
delicato), sugli insegnamenti morali della Chiesa e i costumi mutevoli degli
uomini; ecc. Ma sia sufficiente l’accenno ora fatto a questo grande tema del
rinnovamento religioso, affinché anch’esso sia oggetto di qualche vostra
stimolante riflessione, e faccia a voi apprezzare lo sforzo che la Chiesa in
questi anni sta facendo, con sofferta fedeltà e con pastorale bontà, per dare
alla fede la sua gelosa custodia e la sua amorosa apertura. Ed anche affinché
ai maestri della fede, Vescovi, Teologi, Catechisti, non manchi la vostra
adesione e la vostra riconoscenza.
Con la Nostra Benedizione Apostolica.
Con la Nostra Benedizione Apostolica.
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