martedì 9 ottobre 2012

Sinodo 2012 "la tiepidezza discreta il cristianesimo" - papa Benedetto XVI

Il "cristiano non deve essere tiepido, è questo il più  grave pericolo del cristianesimo di oggi: la tiepidezza discredita il cristianesimo".
Benedetto XVI ha aperto con queste parole la prima sessione del Sinodo che riunisce a Roma 262 vescovi di tutto il mondo per affrontare il tema della Nuova Evangelizzazione.
"Il fuoco - ha ricordato - è luce, calore, forza di trasformazione: la cultura umana comincia quando l'uomo ha scoperto il potere di creare il fuoco, che distrugge ma soprattutto trasforma, rinnova e crea una novità, quella dell'uomo, che diventa luce in Dio".
Per il Papa teologo, è importante che nel latino cristiano la parola 'professio' sia stata sostituita dalla parola 'confessio' che è quella usata in tribunale, nel processo, e che dunque porta in se l'elemento martiriologico: una testimonianza cioè in istanze nemiche della fede, in pericolo di morte, e infatti ad essa appartiene la disponibilità di soffrire". "Questo - ha scandito rivolto ai padri sinodali - è molto importante, questo garantisce credibilità. La fede non è una qualunque cosa che posso anche lasciare cadere, si vede che per noi la confessione non è una parola vuota, è più della morte.
Chi la fa dimostra che la verità vale più della vita, è una perla preziosa". In proposito il Pontefice ha ricordato che "il luogo della confessione è nel cuore e nella bocca: la fede – cioè  - non è mai solo una realtà del cuore, tende a essere comunicata, confessata.
Serve il coraggio della parola. La 'confessio' - dunque - e' la prima colonna dell'Evangelizzazione, e non è una cosa astratta. La 'confessio' fondata profondamente, che accende gli altri, è - ha concluso - una novità che diventa realmente visibile ed è forza del presente e del futuro". - "Gli Apostoli non hanno varato la Chiesa con la forma di una Costituente che doveva fare la Costituzione".
Benedetto XVI ha voluto ricordarlo questa mattina nel saluto rivolto ai 262 vescovi di tutto il mondo presenti all'apertura della prima sessione del Sinodo sulla Nuova Evangelizzazione.
Secondo il Papa, "solo con iniziativa di Dio poteva nascere la Chiesa, e anche oggi l'inizio deve venire da Dio". "Non possiamo fare noi la Chiesa, ma solo conoscere quel che ha fatto Lui, perchè - ha spiegato - la Chiesa non comincia dal nostro fare: Dio ha agito per primo". "Perciò - ha rilevato Papa Benedetto rivolto ai vescovi di tutto il mondo riuniti per il Sinodo - non è una formalità il fatto che cominciamo con la preghiera: solo il precedere di Dio rende possibile il camminare nostro, ciò rende realizzabile la nostra cooperazione, solo implorando la sua iniziativa possiamo diventare evangelizzatori. Solo Lui può fare la Pentecoste".
Per il Papa, "Dio è sempre l'iniziatore, ma vuole il coinvolgimento nostro, che implica il nostro essere, tutta la nostra attività. Da parte nostra, ha detto ancora il Pontefice tedesco, "preghiamo perchè venga lo Spirito Santo, in noi e con noi. Il nostro agire segue così l'iniziativa di Dio, per arrivare a questa realta': al mondo di oggi.
Come fare l'uomo può saperlo: gli Apostoli possono agire con la sua presenza perche' la Parola del Vangelo - ha concluso Benedetto XVI – è sempre un presente, porta cioè in se' il presente e anche il futuro". - "La grande sofferenza dell'uomo è legata al dubbio se, dietro il silenzio dell'Universo e le nuvole della storia, c'è Dio e se ha a che fare con noi? E' una ipotesi o no? Perché  non si fa sentire?". Benedetto XVI è partito da questa constatazione per introdurre il tema della Nuova Evangelizzazione in apertura della prima sessione del Sinodo dedicato a questo tema.
 "Il Vangelo - ha detto il Papa – è Dio che si fa sentire, ha rotto il suo silenzio, si fa conoscere come il Dio con noi, che ci ama e si fa conoscere: non è più il grande sconosciuto, ha mostrato se stesso, ci dice come possiamo fare".
In proposito, Papa Benedetto ha ricordato le origini più antiche della parola "Evangelion" che è più antica del cristianesimo perche', ha detto, "appare in Omero, come annuncio di vittoria, di bene, di gioia e di felicità, e che nel 'secondo Isaia' ci fa capire come Dio non abbia dimenticato il suo popolo: si era ritirato apparentemente dalla storia, ma ancora ha potere, da' gioia, apre le porte dell'esilio e da' la possibilità del ritorno al suo popolo, rinnova la storia del bene portando giustizia, pace e salvezza agli esclusi: carcerati e poveri". Ma e' interessante, per il Pontefice, anche l'uso della parola fatto nell'Impero Romano: "Evangelium - ha sottolineato - e' messaggio che arriva dall'Imperatore e come tale porta bene, un messaggio di potenza, di potere, di rinnovamento, di salute".


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