Il nome di Irena Sendler era menzionato dal 1965 nell'elenco del museo Yad Vashem tra i «Giusti tra le Nazioni». Nel 1983 un albero venne piantato nel giardino dello stesso museo in Israele, a nome della stessa Irena Sendler. Non esisteva altra menzione su questa donna. Le studentesse iniziarono a scoprire la storia di una persona straordinaria.
La ventinovenne Irena Sendler era un'assistente sociale a Varsavia quando scoppiò la seconda guerra mondiale. Ancora prima della costruzione del Ghetto di Varsavia (1940) iniziò a fornire documenti falsi ed a reclutare famiglie ed istituti per ospitare in incognito bambini ebrei: a lei erano chiare già da allora le conseguenze delle politiche razziali della Germania di Hitler. Possedeva un lasciapassare per entrare nel Ghetto di Varsavia, in quanto operatrice ufficiale del Dipartimento contro le malattie contagiose. La sua libertà di muoversi dentro le mura del Ghetto le permetteva di convincere i genitori dei bambini a farli uscire dalla prigionia del Ghetto e a farli vivere presso istituti religiosi e famiglie amiche con una nuova identità. Il concetto era di evitare perlomeno ai bambini gli stenti del Ghetto e di riunirli con i loro genitori nel futuro.
L'organizzazione
clandestina ZEGOTA aiutò Irena Sendler nell'esecuzione di questo piano. C'era
la necessità di reclutare fidate famiglie per i bambini, si dovevano procurare
documenti falsi e - soprattutto -si doveva organizzare l'evasione dei bambini
dal Ghetto. Diversi metodi furono escogitati e messi in opera: alcuni bambini
venivano nascosti dentro le ambulanze che uscivano dal Ghetto insieme a Irena
Sendler, lei stessa li nascondeva in borsoni e valigie (non veniva perquisita a
fondo in quanto si sapeva che lavorava a contatto con malattie contagiose), si
utilizzavano cunicoli segreti e le possibilità che offriva il grande Palazzo di
Giustizia, che era situato come un'enclave nel mezzo del Ghetto di Varsavia. I
circa 1000 bambini fatti così scappare si sono uniti ai circa 1500 a cui fu
cambiata l'identità prima della costruzione del Ghetto. Le nuove identità erano
necessarie per celare i nomi ebrei dei bambini e anche per evitare
ripercussioni sui loro parenti qualora fossero stati scoperti. Irena Sendler
scriveva, aggiornava e manteneva le liste dei nomi veri e di quelli nuovi. Sapendo
di dover proteggere queste liste dalla scoperta da parte dei nazisti sia per
poterle poi utilizzare per la riunione dei bambini a guerra conclusa, le pose
dentro a dei vasetti vuoti di marmellata e le sotterrò sotto un albero di mele
in un giardino di conoscenti a Varsavia. La vita futura di questi bambini era
legata a queste liste nascoste nei vasetti.
La difficoltà
maggiore fu quella di convincere i genitori ad affidare i bambini a lei ed
all'organizzazione clandestina ZEGOTA. Anche il fatto che Irena fosse cattolica
e che i bambini fossero ospitati in conventi, orfanotrofi o famiglie polacche
cattoliche era motivo di apprensione per i genitori. Le notizie sulla sorte
degli ebrei e il peggioramento delle condizioni di vita nel Ghetto aiutarono Irena
Sendler in questa impresa. Anche i bambini stessi a volte creavano - senza
saperlo - motivi di apprensione.«Quante mamme posso cambiare?» le chiese una
volta un bimbo, che fu costretto a cambiare la famiglia ospitante.
Il 20 ottobre 1943
Irena Sendler venne arrestata. La portata dei suoi «crimini» venne scoperta
soltanto in parte dai suoi aguzzini. Lei non nominò i suoi collaboratori e non
rivelò mai il nascondiglio delle liste dei bambini nonostante la sua abitazione
fosse stata perquisita a fondo. Neanche la tortura le fece cambiare opinione:
le vennero fratturate le gambe.
Le ragazzine
americane scrissero per il loro progetto di storia un testo teatrale chiamato
La vita in un vasetto (Life in a Jar), in cui la figura di Irena Sendler aveva
la parte principale. Incoraggiate dal loro maestro di storia ad approfondire
ancora di più il loro lavoro, Megan, Liz, Sabrina e Jessica scoprirono con
gioia nel 2000 che Irena Sender era ancora viva e che viveva in un ospizio a
Varsavia. Irena fu osteggiata nel dopoguerra dal comunismo polacco come
collaboratrice di ebrei e chiamata «fascista». Lei stessa non rese pubblica la
sua storia. A parte la nomina come «Giusta fra le Nazioni» del 1963 e l'albero
piantato al museo Yad Vashem nel 1983, la sua storia era condannata all'oblio.
Dopo un anno di
contatti epistolari, finalmente nel 2001 le studentesse visitarono Irena
Sendler a Varsavia. Lei stessa raccontò ulteriori particolari della sua vita e
contribuì a fare conoscere alcuni dei bambini salvati - ormai adulti ed uniti
in un'organizzazione. Da quel momento la storia di Irena Sendler divenne nota
al mondo intero: la CNN e la AP fornirono reportages e notizie. Irena
ricevette, oltre ad altre nomine e premi, anche l'Aquila Bianca, la maggiore
onorificenza della Polonia. Giovanni Paolo II le scrisse una lettera di
ringraziamento personale. Lei stessa si diceva onorata di ricevere tutti questi
attestati di stima che prontamente divideva con tutte quelle persone che ne
avevano uguale diritto ma che non erano sopravvissute. Alla domanda se si
sentiva un'eroina, rispondeva invariabilmente che si rammaricava ogni giorno
per tutti coloro che non riuscì a salvare.
Norman Conard, il
professore che iniziò il progetto nel 1999 a Uniontown, Kansas, insieme al
presidente della Repubblica polacca e all'Ambasciata d'Israele, propose Irena
Sendler per il Premio Nobel per la Pace. Ci furono numerosissime testimonianze
a favore di Irena: le norme per il Premio Nobel per la Pace purtroppo
richiedono un significativo merito negli ultimi due anni. Irena Sendler morì a
98 anni il 12 maggio 2008. La storia di ragazzine protestanti che riscoprono la
storia di una donna cattolica che aiutò a salvare bambini ebrei continua con la
messa in scena del pezzo teatrale, ormai oltre le 270 repliche nel mondo.
Autore: Pier Mario Pagani
IRINA SENDLER questo
si che è il sorriso di un angelo !!!!
Nessun commento:
Posta un commento