"Per fare un’autentica e valida esperienza di Chiesa, è necessario accettare la Chiesa così com’essa è stata voluta dal suo fondatore. E dove il disegno di Cristo può essere meglio conosciuto che nella rivelazione e nei documenti del magistero della Chiesa, assistita dallo Spirito Santo? Vogliamo fermare oggi la nostra attenzione sul Concilio Vaticano II, che ha trattato profondamente quel tema. Occorre però che il Concilio non si interpreti secondo particolari visioni o scelte personali: nessuno deve sconvolgere il messaggio conciliare sulla Chiesa, sia essa considerata nella sua dimensione universale o in quella particolare(...)
Unendo la mia riflessione e la mia preghiera alla vostra, desidero sottolineare alcune linee di fondo che occorre aver sempre presenti perché l’impegno pastorale della Chiesa possa sortire risultati positivi.
La prima di tali linee è senza dubbio l’unità interna della Chiesa: come potrebbe la comunità cristiana essere “segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano” (Lumen Gentium, 1), se non vivesse in Cristo questa indissolubile unità anzitutto al proprio interno, così da essere Chiesa riconciliata ed, anzi, primizia del “mondo riconciliato” (cf. S. Agostino, Sermo96, 8)? Esiste però un legame costitutivo tra unità e verità: la riconciliazione autentica non può avvenire che nella verità di Cristo, non fuori o contro di essa (cf. Giovanni Paolo II, Reconciliatio et paenitentia, 9). La verità rivelata, per altro, è proprietà di Dio; di essa la Chiesa non è padrona arbitraria, ma piuttosto serva e testimone fedele: lo Spirito di verità le è dato per assisterla in questa sua missione decisiva, garantendo il carisma dell’infallibilità ai pastori, ma dotando anche l’intero popolo di Dio di un particolare senso della fede. È pertanto necessario che il senso di responsabilità per la verità sia condiviso da tutti i fedeli, in particolare da coloro che, come i teologi, hanno una specifica funzione nell’approfondimento della verità rivelata e nell’impegno per inserirne i contenuti nel presente contesto culturale: ad essi in modo speciale è richiesta una stretta, fedele e rispettosa collaborazione con i pastori (cf. Giovanni Paolo II, Redemptor hominis, 19).
La fedeltà alla verità è condizione imprescindibile perché i cristiani tutti possano svolgere la loro missione profetica nel mondo. La verità è misura della moralità: scelte e motivazioni non possono dirsi eticamente buone e, quindi, meritevoli di approvazione se non sono conformi al bene oggettivo. La comprensione e il rispetto per l’errante esigono anche chiarezza di valutazione circa l’errore di cui egli è vittima. Il rispetto, infatti, per le convinzioni altrui non implica la rinuncia alle convinzioni proprie.
La “coscienza di verità”, la consapevolezza cioè di essere portatori della verità che salva, è fattore essenziale del dinamismo missionario dell’intera comunità ecclesiale, come testimonia l’esperienza fatta dalla Chiesa fin dalle sue origini. Oggi, in una situazione nella quale è urgente por mano quasi ad una nuova “implantatio evangelica” anche in un Paese come l’Italia, una forte e diffusa coscienza di verità appare particolarmente necessaria. Di qui l’urgenza di una sistematica, approfondita e capillare catechesi degli adulti, che renda i cristiani consapevoli del ricchissimo patrimonio di verità di cui sono portatori e della necessità di dare sempre fedele testimonianza alla propria identità cristiana.
Nello stesso tempo, affinché la verità di Cristo possa essere compresa nel suo senso autentico ed accolta fino in fondo dall’uomo, in particolare dall’uomo contemporaneo, essa deve essere annunciata e vissuta come verità congiunta all’amore, secondo la parola del Salmo: “Misericordia e verità s’incontreranno, giustizia e pace si baceranno” (Sal 85, 11).
Mentre nell’epoca moderna l’affermazione della verità, per note ragioni storiche, è stata spesso considerata come un ostacolo alla pacifica convivenza tra gli uomini, quasi che questa potesse essere fondata soltanto su basi relativistiche, e mentre le ideologie effettivamente dividono e contrappongono gli uomini, la verità di Cristo domanda di essere realizzata nell’amore, per condurre in tal modo alla fraternità. Nella sua essenza profonda essa è, infatti, manifestazione dell’amore, e solo nella concreta testimonianza dell’amore può trovare la sua piena credibilità. Perciò le comunità cristiane sono chiamate ad essere luoghi in cui l’amore di Dio per gli uomini può essere in qualche modo sperimentato e quasi toccato con mano. La sete di autenticità che, proprio a causa della presente “cultura del sospetto”, è particolarmente viva nel cuore degli uomini, rende acuta l’esigenza di simili comunità: esse appaiono la via maestra per ricondurre il nostro popolo all’appartenenza piena alla Chiesa e all’adesione integrale alle verità della fede (...)
Per promuovere la comunione ecclesiale e la capacità di presenza apostolica della Chiesa appare molto significativa e carica di promesse la grande varietà e vivacità di aggregazioni e movimenti, soprattutto laicali, che caratterizza l’attuale periodo post-conciliare. Perché la ricchezza dei carismi che il Signore ci dona porti il suo pieno contributo all’edificazione della casa comune, è necessario innanzitutto il riferimento costante al proprio vescovo, “principio visibile e fondamento dell’unità della Chiesa particolare” (Lumen Gentium, 23). Ogni “ambiente” ecclesiale, come anche ogni problema che in esso può sorgere, trova nella Chiesa particolare e nella concretezza delle sue strutture il “luogo” provvidenzialmente predisposto, a cui fare riferimento nella ricerca della soluzione adeguata. Il tutto, ovviamente, nel contesto dell’indispensabile comunione con la Chiesa universale, che ha nel Successore di Pietro il perpetuo e visibile centro della propria unità (cf. Ivi). Le Chiese particolari, nelle quali e a partire dalle quali sussiste l’una ed unica Chiesa di Cristo (cf. Ivi), trovano infatti il loro senso autentico e la loro consistenza ecclesiale solo come espressioni e realizzazioni della “Catholica”, della Chiesa una, universale e primigenia".
Beato Giovani Paolo II
Dal discorso al Convegno della Chiesa Italiana, Loreto 1985.
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