martedì 7 maggio 2013

L'invidia e la gelosia

1. L'INVIDIA È UNA PASSIONE ABOMINEVOLE.
- «L'invidia, dice S. Agostino, è odio della felicità altrui»; Aristotile chiama l’invidia l'antagonista della prosperità (Ethic.). L'invidia è il triste e segreto effetto di un orgoglio pusillanime che si sente diminuito od eclissato per ogni menomo splendore che si veda negli altri, ed ogni più tenue raggio di gloria e di felicità che risplenda in altri lo inquieta.
«L'invidia, predicava il Bossuet, è la più vile, la più odiosa e la più screditata delle passioni; ma forse la più comune e tale che poche anime ne sono del tutto immuni. Gli uomini pretendono di essere delicati ed il nostro amor proprio ci gonfia talmente agli occhi nostri, che la più piccola contraddizione ci sembra un attentato contro la nostra dignità e felicità e la menoma scalfittura ci fa imbronciare. Ma il peggio si è che ci teniamo offesi, tanto s'amo teneri di noi stessi, anche quando nessuno ci ha urtati; strilliamo come feriti, quando non ci hanno nemmeno toccati. Un tale migliora le sue condizioni nella maniera più onesta ed ecco che la sua buona fortuna ci rende suoi nemici senz'altro motivo; la virtù di quell'altro ci fa tristi, la fama di un terzo ci toglie il sonno. Gli scribi e i farisei non potevano soffrire Gesù Cristo né la purezza della sua dottrina, né l'innocente semplicità della sua vita e della sua condotta, perché erano un rimprovero tacito, ma potente, contro l'ipocrita loro invidia e il sordido loro orgoglio» (Sur la Passion de J. C.).
«O invidia, esclama il Nazianzeno, tu sei la più giusta e la più ingiusta insieme delle passioni! Ingiusta sì, perché rattristi ingiustamente gli innocenti; ma giusta ancora, perché punisci i colpevoli. Ingiusta, perché metti a disagio tutto il genere umano; ma sommamente giusta, perché produci prima di tutto i maligni tuoi frutti nel cuore dove sei allignata» (Anton. in Meliss. lib. I, c. XXVI).
L'invidia e la gelosia sono un conflitto con le passioni più furiose...

2. L'INVIDIA TORMENTA CHI LA POSSIEDE.
- L'invidia è la tortura del cuore che l'alberga. Come la ruggine consuma il ferro da cui è originata, così, dice Antistene, l'invidioso è consumato dal suo proprio vizio (Ap. Laert. lib. VI. c. I). E più spiegatamente il Crisostomo: «L'invidia fa sempre da carnefice col suo proprio autore: irrita i sensi, tormenta lo spirito, corrompe il cuore. Chi ha l'invidia sempre ne soffre la tirannia e i supplizi, perché vuole accarezzarsi in seno questo molesto persecutore. E quando infatti, potrà vedere il fine dei suoi tormenti colui che soffre della fortuna altrui? (Serm. CLXXII)». Con tutta ragione S. Agostino chiama l’invidia: «Tignola, consunzione, vipera, carnefice dell'anima (De Morib.)»; Socrate paragonava l'azione dell’invidia su l'anima, all'effetto di Dna sega sui corpi (Anton. in Meliss. 1. I, c. XXVI).
L'invidioso è sempre irrequieto, permaloso, triste, scontento, come ben si conosce dall'occhio livido, dai lineamenti contratti, dalla faccia smorta e scura: egli va ruminando odio, collera e vendetta; ne sono esempio i fratelli di Giuseppe, i quali concepirono contro il loro fratello un odio tale da volerne la morte, quando divennero gelosi di lui perché Giacobbe lo amava più di essi (Gen. XXXVII, 4).
L'invidia è un tormento perpetuo come l'inferno, ardente come il fuoco, divorante come la fiamma (Cant. VIII, 6); è un lento veleno che consuma le midolla delle ossa (Prov. XIV, 30); conduce alla miseria (Prov. XXVIII, 22); è la più crudele malattia, la più terribile morte del cuore. «O invidia, esclama il Crisostomo, sorgente della morte, malattia complicata, chiodo acutissimo nel cuore! (Ibid.)».
L'invidioso ha le pupille inferme, perché offese da ciò che è splendido e bello, la gloria, la virtù, la fama, il benessere degli altri lo inquieta e lo tormenta; l'invidia sua cresce col crescere della gloria e della virtù del prossimo. Domandato Socrate qual cosa sia di danno ai buoni e di tormento ai malvagi, rispose: La felicità dei cattivi è dannosa ai buoni; la prosperità dei buoni tormenta i cattivi per mezzo dell'invidia (Anton. in Meliss. lib. I, c. XXVI).
L'invidioso è doppiamente infelice: per i mali suoi e per i beni degli altri. Egli rende qualche volta, con la sua invidia, molto più grandi e fortunati coloro di cui è geloso; come si vide nei figli di Giacobbe, i quali furono, con la loro invidia e gelosia, la causa per cm il loro fratello Giuseppe fu innalzato a viceré di Egitto. «L'invidioso, come osserva S. Gregorio, è di animo pusillanime, di cuore gretto e vile, perché portando invidia agli altri, dimostra di essere inferiore a loro; fa vedere la sua piccolezza e povertà; che cosa è infatti invidiare, se non confessare che manca quella cosa di cui si ha invidia!» (Moral. lib. V). L’invidioso è dolente che altri abbia ciò che egli ha; gli dispiace di avere meno di un altro o che un altro abbia più di lui; si rattrista perché le sue sostanze non uguagliano quelle del suo emulo. «O somma ingiustizia della gelosia, esclama Palladio (Apud Stobaeum, serm. XXXVIII), l'invidioso perseguita il fortunato!».
« L'invidia, predica S. Bernardo, è il tarlo dell'anima; distrugge il buon senso, brucia le viscere, turba lo spinto, rode come cancro il cuore, alimenta col pestilenziale suo fiato ogni sorta di beni. L’invidioso converte l’altrui bene in suo peccato. O tu che ti mostri geloso dell’altrui benessere, bada di non distruggere il tuo! perché se la morte spirituale è compagna indivisibile dell'invidia, certamente tu non puoi essere invidioso e vivere (De inter. domo, c. XLII)».
L'invidia è veleno più pericoloso che l'amor proprio: esso incomincia a dare la morte a colui che lo vomita su gli altri e lo porta ai peggiori attentati. L'orgoglio è naturalmente ardimentoso e ama sfoggiare; ma l'invidia è ipocrita, si camuffa sotto ogni pretesto, lavora nel segreto e trama all'oscuro.

3. FURORI E STRAGI DELL'INVIDIA.
- «L'invidia, morbo pestilenziale, dice il Crisostomo, ha ridotto l'uomo alla condizione del demoni e ne ha fatto un ferocissimo diavolo. Il primo omicidio fu commesso dalla mano dell’invidia; essa fu che calpestò l’amor fraterno (Homil. XLI, in Matth.)». In altro luogo il medesimo santo chiama l'invidia, invenzione di Satana, peste orribile, il più nero dei vizi, bestia feroce che sopra ogni cosa devasta e distrugge la salute (Homil. XXII, in Gen.).
L'invidia è: 1° il segnale o il marchio di un animo vile e spregevole... 2° L'invidia non patisce superiorità... 3° Impedisce e manda a monte bene spesso le più grandi imprese... 4° E amara e riboccante di fiele... 5° Si rallegra del male e si rattrista del bene degli altri... 6° Essa è la più grande infelicità dell’uomo... Fu essa infatti, come dice il Savio, la prima introduttrice della morte nel mondo (Sap. II, 24). Non è forse infelice colui che è in esecrazione a tutti, che vive sempre sbattuto come nave in mare tempestoso, che rassomiglia ai demoni? Orbene, tale è l'invidioso, dice S. Basilio (Homil. de Invid.).
«L'invidia dice S. Agostino, cacciò l'angelo dal cielo, esiliò l'uomo dal paradiso, uccise Abele, armò contro Giuseppe i suoi fratelli, precipitò Daniele nella fossa dei leoni, crocifisse Gesù, il nostro capo, strangolò Giuda. O miei fratelli, annunziate ai quattro venti che l'invidia è quella belva feroce che toglie la fede, distrugge la concordia, disperde la giustizia e genera tutti mali. Essa crollò le mura di Gerusalemme, spopolò Roma, abbatté Cartagine, diroccò Troia (Serm. XVIII, de Temp.)». «L’invidia, dice il Nisseno, è il maggiore dei mali, la madre della morte, la prima porta del peccato, la radice dei vizi; è il principio del dolori, l’origine della miseria, la causa della disobbedienza, la sorgente dell'ignominia, morbo della natura; è una lama avvelenata, un pugnale nascosto, una bile rabbiosa, una piaga funesta, un calice di fiele, un patibolo al quale l'uomo si impicca, una fiamma che divora il cuore, un fuoco interno. Gli invidiosi sono uccelli di rapina» (Homil. in Gen.).
«Fuggiamo l'invidia, esclama S. Basilio, perché è un male intollerabile, precetto del serpente, invenzione del demonio, cibo del nostro nemico, caparra del castigo, ostacolo alla pietà, esclusione dal paradiso, strada dello inferno. Gli invidiosi dànno colore di vizio alle virtù anche più belle, non mancando mai di calunniare tutto ciò che è degno di lode», Dice Aristonimo: «L'invidia contrasta tutte quante le azioni oneste (In Diatrib.)».
«Gli invidiosi, dice S. Giovanni Crisostomo, sono peggiori dei leoni; simili, e starei per dire, più malvagi dei demoni. Infatti i leoni ci assaltano solo quando sono spinti dalla fame o si vedono provocati, mentre gli invidiosi, vi mordono proprio quando la vostra mano con favori li accarezza, vi perseguitano e dilacerano quando li beneficate. I demoni poi, quantunque accanitamente e implacabilmente ci guerreggino, non si azzuffano però mai fra loro, secondo l'osservazione con cui Gesù Cristo chiudeva la bocca agli invidiosi Farisei, i quali per gelosia contro di lui dicevano che egli scacciava i demoni in nome di Beelzebù, principe dei diavoli. Infatti, diceva loro, non vedete che se Satana facesse la guerra a Satana, per lui sarebbe finita? ­ Per ciò i demoni saranno vostri giudici (MATTH. XII, 26-27). Gli invidiosi al contrario si accapigliano, si lacerano tra di loro... Questo peccato non trova perdono. Il libidinoso può scusarsi con la forza della concupiscenza, il ladro col bisogno e con la fame; l'assassino con la collera; ma che scusa potrete trovare per i vostri misfatti, voi, o invidiosi, se non quella di una somma malvagità? Questo vizio è peggiore della fornicazione e perfino dell'adulterio, perché il furore del vizio impuro si arresta nell'azione medesima, ma il furore e le stragi dell’invidia scompigliano la Chiesa e il mondo intero. Per l’invidia il demonio ha ucciso il genere umano in Adamo (Hom. XXII, In Gen.). In altro luogo (Homil. LXII, in Ioann.), il medesimo padre chiama l'invidia, spaventoso flagello che si stende per tutta la terra e tutta la mette a soqquadro: da lei l'ingiustizia, gli odi, l'avarizia, le zuffe...
L'invidia ha per corteo e famiglia la maldicenza, la calunnia, le truffe, i sospetti, le simulazioni, gli odi, le seduzioni, le guerre, gli scismi, le eresie, le ribellioni politiche e religiose. Perisca dunque l'invidia, madre di tanti mali e di tante sciagure! «Gli invidiosi, come dice S. Prospero, amano il male, piangono il bene, godono dell’altrui rovina, si rattristano dell'altrui fortuna, si consumano nell'odio, sono pieni di ipocrisia; sempre riboccanti di amarezza e di livore, sempre infidi, sono amici del demonio, avversari di Dio, nemici della società e di se stessi. Afflitti e tormentati di ciò che dovrebbe consolarli, lieti e ridenti di quello di cui dovrebbero piangere, si rendono ridicoli e odiosi a tutto il mondo. Perversi e crudeli con se stessi, tali sono ancora a danno degli altri» (De vita contempl. lb. III, C. IX).
L' invidia dapprima si nasconde; sono parole monche, frasi equivoche, maldicenze coperte; poi divengono calunnie, frodi, tradimenti; sono le movenze del serpente; ma quando è giunta, per mezzo di queste subdole arti, ad ottenere sopravvento, allora scoppia e scarica contro l'innocente, la cui gloria la confonde, insulti e beffe, con tutta l'impetuosità dell'odio e del rancore lungamente repressi; allora si abbandona agli eccessi della crudeltà, tanto più feroce quanto più ritardata.
Ecco come ne parla S. Cipriano: «Palpabili e molteplici sono le stragi che fa l'invidia. Essa è la radice di tutti i mali, la sorgente delle contese, la causa dei processi, l'arsenale dei misfatti, la materia di tutti i disordini; l'invidia soffoca il timor di Dio, dissipa la scienza di Gesù Cristo, bandisce dalla memoria la morte, il giudizio, la salvezza, Dio medesimo. Irrita l'ambizione, l'orgoglio, porta alla collera, alle discordie, alla prevaricazione, alla perfidia, alla crudeltà al disprezzo di Dio e del suo servizio; quando trova nel suo cammino l'intoppo dell'autorità non può né reggersi, né temperarsi. Spezza il legame della pace e della carità, corrompe la verità, scinde l'unione e spinge all'eresia e allo scisma. Che delitto è mai questo di vedere di malocchio, d'ingelosire della virtù o della felicità degli altri, di odiare in essi i loro meriti o naturali o soprannaturali! Che peccato cambiare in male il bene degli altri, rattristarsi del progresso e della fortuna del prossimo! Che pazza mania è mai quella di accarezzare e introdurre in casa nostra un carnefice, un manigoldo che ci schianta le viscere!... Gli altri mali hanno almeno un termine, l'invidia non ne conosce nessuno; è un male che dura sempre, è un peccato che non conosce fine (Serm. de Zelo et Livore)».

4. RIMEDI CONTRO L'INVIDIA.
- Rimedi efficaci contro l'invidia sono l'umiltà, la modestia, il disprezzo della gloria e dei beni temporali, il desiderio degli eterni, la temperanza in mezzo alle ricchezze, la dolcezza, la mansuetudine, la bontà e la carità... Bisogna schivare le occasioni, i motivi d'invidia. «Non siate avidi di vana gloria, scriveva S. Paolo ai Galati, non provocatevi, non portatevi invidia» (V, 26). Bisogna rallegrarsi del bene degli altri. «Che cosa ci deve importare il resto? dice S. Paolo, purché Gesù Cristo sia annunziato, da chiunque si faccia ed in qualunque modo avvenga, io ne giubilo e ne giubilerò sempre» (Philipp. I, 18). «Gioite con chi è in festa, rattristatevi con chi piange» (Rom. XII, 15).


Fonte: Centro Diocesano Vocazioni




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