Il concetto di libera creazione da parte di Dio portato dalla visione ebraico-cristiana fu fondamentale: per scoprire come sia in realtà l’universo o come effettivamente funzioni, non vi è alternativa dall’andare a vedere direttamente ciò che Dio aveva in mente. Il cammino dalla creazione (e dalle creature) al Creatore risultò la strada più ovvia per arrivare alla comprensione e alla conoscenza di Dio. In particolare la venuta di Cristo fu decisiva poiché, come affermò il fisico britannico Peter E. Hodgson (1928-2008),«l’incarnazione di Cristo ha fornito ulteriori convinzioni per la scienza: ha spezzato l’idea che il tempo fosse ciclico, ha nobilitato la materia pensando che fosse adatta a formare il corpo e il sangue di Cristo; ha superato il panteismo, dichiarando che la materia è creata e non generata». Tutte convinzioni «necessarie per lo sviluppo della scienza». Una citazione di Albert Einstein (1879-1955), sintetizza perfettamente la nuova mentalità che portò il cristianesimo rispetto al modo di approcciarsi alla realtà e all’universo: «La scienza contrariamente ad un’opinione diffusa, non elimina Dio. La fisica deve addirittura perseguitare finalità teologiche, poichè deve proporsi non solo di sapere com’è la natura, ma anche di sapere perchè la natura è così e non in un’altra maniera, con l’intento di arrivare a capire se Dio avesse davanti a sè altre scelte quando creò il mondo». Oppure: «Voglio sapere come Dio creò questo mondo. Voglio conoscere i suoi pensieri; in quanto al resto, sono solo dettagli». Dopo Cristo, non si potè più dedurre -come pensavano i greci- il funzionamento dell’universo semplicemente ragionando a partire da principi filosofici a priori. Per conoscere Dio occorreva studiarne la creazione. La magia e l’astrologia, in quanto fondate sull’animismo e sul politeismo panteista, cominciarono ad essere considerate pure superstizioni irrazionali e deprecabili. Solo nell’Europa cristiana l’alchimia si evolvette in chimica e l’astrologia condusse all’astronomia. Nacque la concezione di un universo come “creatura” da studiare ed indagare, non un’insieme di divinità, o un “animale divino”. Il filosofo Nikolaj Berdiaev (1874-1948) scrisse che: «Il cristianesimo meccanizzò la natura per restituire all’uomo la libertà», cioè per liberarlo dalla sottomissione del volere degli astri, delle divinità irrazionali nascoste in ogni angolo della natura. Dalla visione teista e cristiana vennero creati quindi i presupposti per il pensiero scientifico.
Le conquiste straordinarie che si ottennero dal 1500 d.C. in poi, non vennero certo prodotte da un’esplosione di pensiero laico. Ma, come sottolinea, uno dei più importanti storici delle religioni viventi,Rodney Stark (1934) «esse furono il culmine di molti secoli di progressi sistematici portati avanti dagli scolastici medievali e sorretti da un’invenzione del XII secolo prettamente cristiana: l’università. Scienza e religione non erano solo compatibili, ma addirittura inseparabili, e la scienza nacque grazie a studiosi cristiani profondamente religiosi». Le prime Università nacquero nel Medioevo cristiano (che ancora viene definito da alcuni “periodo buio”), in Italia e in Europa e non nel resto del mondo. E’ in questi luoghi, spesso di origine ecclesiastica e sotto il protettorato pontificio, che studiarono Copernico, Harvey, Galileie i padri della medicina moderna.
L’eminente storico della scienza, Sir Alfred North Whitehead (1861-1947), osservando che l’Europa medioevale nel 1500 sapeva meno di Archimede nel III secolo a.C., ma che nel 1700 Newton arrivò a scrivere il suo capolavoro, Principia Mathematica, si domandò come poteva essere avvenuta una tale esplosione di conoscenze in tempi così brevi. Si rispose dicendo: «La scienza moderna deve provenire dall’insistenza medievale sulla razionalità di Dio [...]. La mia spiegazione è che la fede nella possibilità della scienza, generata anteriormente allo sviluppo della moderna teoria scientifica, sia un derivato inconscio della teologia medievale [...]. Le ricerche sulla natura non potevano sfociare che nella giustificazione della fede nella razionalità». Lo scrittore C.S. Lewis (1898-1963) sintentizzò così l’opinione di Whitehead: «Gli uomini divennero scientifici perché si aspettavano una legge in natura, e si aspettavano una legge in natura perché credevano in un legislatore».
Fu questa convinzione teistica a indurre Francesco Bacone (1561-1626), considerato da molti il padre della scienza moderna, a insegnare che Dio ci ha fornito due libri (il libro della natura e la Bibbia) e che per essere istruiti in maniera davvero adeguata bisogna applicare l’intelletto allo studio di entrambi. E come lui ovviamente la pensavano i primi scienziati e i più eminenti uomini di scienza: Galilei, Keplero, Pascal, Boyle,Newton, Faraday, Babbage, Mendel, Pasteur, Kelvin, Maxwell ecc.. tutti teisti, e in gran parte cristiani. La loro fede era spesso la principale ispirazione. Ad esempio, la forza trainante alla base dell’intelletto indagatore di Galileo Galilei (1564-1642), era la sua profonda convinzione che il Creatore «che ci ha dotati di sensi, di discorso e d’intelletto, abbia voluto, posponendo l’uso di questi, darci con altro mezzo le notizie che per quelli possiamo conseguire». Mentre per Giovanni Keplero (1571-1630), «lo scopo principale di ogni indagine sul mondo esterno dovrebbe essere quello di scoprire l’ordine razionale che vi è stato imposto da Dio e che egli ci ha rivelato con il linguaggio della matematica». Nel XVI secolo,Cartesio (1596-1650), giustificò la sua ricerca delle «leggi» naturali sul fatto che tali leggi dovessero esistere perché Dio era perfetto, e agiva «nel modo più costante e immutabile possibile» – tranne che nelle rare eccezioni dei miracoli.
Lo conferma anche il biochimico e teologo Ernest Lucas: «Gli storici della scienza hanno riconosciuto sempre più spesso questo fatto. La fiducia dei primi scienziati moderni, Keplero, Bacone, Newton, di poter indagare il mondo trovandolo ordinato ed intelleggibile, scaturiva dalla fede cristiana. In secondo luogo, essi credevano di essere fatti ad immagine di Dio, e che quindi la loro mente sarebbe stata in grado -tanto per citare le famose parole di Keplero- di “pensare i pensieri di Dio dopo di Lui”, e di scoprire quell’ordine». Lo storico e filosofo dell’Università di Bruxelles, Lèo Moulin (1906-1996), afferma invece:«Mi sono chiesto perché l’unica civiltà tecnologica e scientifica sia la nostra. Ho cercato di trovare le ragioni, posso garantire che ci rifletto da parecchio tempo, e l’unica spiegazione che ho trovato è la presenza del terriccio, dell’humus della cristianità. Perché? Perché Dio ha creato un mondo diverso da Lui, non si integra in esso».
Nel maggio 2011 sul sito web di Nature, una delle riviste scientifiche più importanti del mondo, è apparso un articolo che recensisce l’ultimo lavoro di James Hannam, dottore in Storia e Filosofia della Scienza presso l’Università di Cambridge, intitolato “La genesi della scienza: come il cristianesimo medioevale ha lanciato la rivoluzione scientifica“. Il libro è stato selezionato per l’assegnazione del Royal Society Science Book Prize. Il ricercatore conferma che l’origine della scienza è da vedersi unicamente all’interno della cultura cristiana e sotto il patrocinio della Chiesa cattolica.
Nell’aprile 2012, lo storico Peter Harrison, docente e primo ricercatore presso il Centre of the History of European Discourses dell’University of Queensland, già docente presso l’Università di Edimburgo e Oxford, dove è stato anche direttore del “Ian Ramsey Centre”, membro dell’Australian Academy of the Humanities, vincitore della Centenary Medal nel 2003 per meriti accademici da parte del governo australiano, ha spiegato che«una alleanza tra scienza e ateismo è qualcosa che i fondatori della scienza moderna avrebbero trovato sconcertante. E’ noto da tempo che le figure chiave nella rivoluzione scientifica del XVII secolo hanno accarezzato sincere convinzioni religiose».
Per loro, ha continuato, la religione «era parte integrante delle loro indagini scientifiche e ha fornito un fondamento metafisico fondamentale per la scienza moderna. Le vestigia delle convinzioni teologiche di questi pionieri della scienza moderna può ancora essere trovato nel comune presupposto che ci sono leggi di natura che possono essere scoperte dalla scienza».
Le conquiste straordinarie che si ottennero dal 1500 d.C. in poi, non vennero certo prodotte da un’esplosione di pensiero laico. Ma, come sottolinea, uno dei più importanti storici delle religioni viventi,Rodney Stark (1934) «esse furono il culmine di molti secoli di progressi sistematici portati avanti dagli scolastici medievali e sorretti da un’invenzione del XII secolo prettamente cristiana: l’università. Scienza e religione non erano solo compatibili, ma addirittura inseparabili, e la scienza nacque grazie a studiosi cristiani profondamente religiosi». Le prime Università nacquero nel Medioevo cristiano (che ancora viene definito da alcuni “periodo buio”), in Italia e in Europa e non nel resto del mondo. E’ in questi luoghi, spesso di origine ecclesiastica e sotto il protettorato pontificio, che studiarono Copernico, Harvey, Galileie i padri della medicina moderna.
L’eminente storico della scienza, Sir Alfred North Whitehead (1861-1947), osservando che l’Europa medioevale nel 1500 sapeva meno di Archimede nel III secolo a.C., ma che nel 1700 Newton arrivò a scrivere il suo capolavoro, Principia Mathematica, si domandò come poteva essere avvenuta una tale esplosione di conoscenze in tempi così brevi. Si rispose dicendo: «La scienza moderna deve provenire dall’insistenza medievale sulla razionalità di Dio [...]. La mia spiegazione è che la fede nella possibilità della scienza, generata anteriormente allo sviluppo della moderna teoria scientifica, sia un derivato inconscio della teologia medievale [...]. Le ricerche sulla natura non potevano sfociare che nella giustificazione della fede nella razionalità». Lo scrittore C.S. Lewis (1898-1963) sintentizzò così l’opinione di Whitehead: «Gli uomini divennero scientifici perché si aspettavano una legge in natura, e si aspettavano una legge in natura perché credevano in un legislatore».
Fu questa convinzione teistica a indurre Francesco Bacone (1561-1626), considerato da molti il padre della scienza moderna, a insegnare che Dio ci ha fornito due libri (il libro della natura e la Bibbia) e che per essere istruiti in maniera davvero adeguata bisogna applicare l’intelletto allo studio di entrambi. E come lui ovviamente la pensavano i primi scienziati e i più eminenti uomini di scienza: Galilei, Keplero, Pascal, Boyle,Newton, Faraday, Babbage, Mendel, Pasteur, Kelvin, Maxwell ecc.. tutti teisti, e in gran parte cristiani. La loro fede era spesso la principale ispirazione. Ad esempio, la forza trainante alla base dell’intelletto indagatore di Galileo Galilei (1564-1642), era la sua profonda convinzione che il Creatore «che ci ha dotati di sensi, di discorso e d’intelletto, abbia voluto, posponendo l’uso di questi, darci con altro mezzo le notizie che per quelli possiamo conseguire». Mentre per Giovanni Keplero (1571-1630), «lo scopo principale di ogni indagine sul mondo esterno dovrebbe essere quello di scoprire l’ordine razionale che vi è stato imposto da Dio e che egli ci ha rivelato con il linguaggio della matematica». Nel XVI secolo,Cartesio (1596-1650), giustificò la sua ricerca delle «leggi» naturali sul fatto che tali leggi dovessero esistere perché Dio era perfetto, e agiva «nel modo più costante e immutabile possibile» – tranne che nelle rare eccezioni dei miracoli.
Lo conferma anche il biochimico e teologo Ernest Lucas: «Gli storici della scienza hanno riconosciuto sempre più spesso questo fatto. La fiducia dei primi scienziati moderni, Keplero, Bacone, Newton, di poter indagare il mondo trovandolo ordinato ed intelleggibile, scaturiva dalla fede cristiana. In secondo luogo, essi credevano di essere fatti ad immagine di Dio, e che quindi la loro mente sarebbe stata in grado -tanto per citare le famose parole di Keplero- di “pensare i pensieri di Dio dopo di Lui”, e di scoprire quell’ordine». Lo storico e filosofo dell’Università di Bruxelles, Lèo Moulin (1906-1996), afferma invece:«Mi sono chiesto perché l’unica civiltà tecnologica e scientifica sia la nostra. Ho cercato di trovare le ragioni, posso garantire che ci rifletto da parecchio tempo, e l’unica spiegazione che ho trovato è la presenza del terriccio, dell’humus della cristianità. Perché? Perché Dio ha creato un mondo diverso da Lui, non si integra in esso».
Nel maggio 2011 sul sito web di Nature, una delle riviste scientifiche più importanti del mondo, è apparso un articolo che recensisce l’ultimo lavoro di James Hannam, dottore in Storia e Filosofia della Scienza presso l’Università di Cambridge, intitolato “La genesi della scienza: come il cristianesimo medioevale ha lanciato la rivoluzione scientifica“. Il libro è stato selezionato per l’assegnazione del Royal Society Science Book Prize. Il ricercatore conferma che l’origine della scienza è da vedersi unicamente all’interno della cultura cristiana e sotto il patrocinio della Chiesa cattolica.
Nell’aprile 2012, lo storico Peter Harrison, docente e primo ricercatore presso il Centre of the History of European Discourses dell’University of Queensland, già docente presso l’Università di Edimburgo e Oxford, dove è stato anche direttore del “Ian Ramsey Centre”, membro dell’Australian Academy of the Humanities, vincitore della Centenary Medal nel 2003 per meriti accademici da parte del governo australiano, ha spiegato che«una alleanza tra scienza e ateismo è qualcosa che i fondatori della scienza moderna avrebbero trovato sconcertante. E’ noto da tempo che le figure chiave nella rivoluzione scientifica del XVII secolo hanno accarezzato sincere convinzioni religiose».
Per loro, ha continuato, la religione «era parte integrante delle loro indagini scientifiche e ha fornito un fondamento metafisico fondamentale per la scienza moderna. Le vestigia delle convinzioni teologiche di questi pionieri della scienza moderna può ancora essere trovato nel comune presupposto che ci sono leggi di natura che possono essere scoperte dalla scienza».
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