martedì 3 luglio 2012

Karol Wojtyla, il Predestinato

“Vescovo a soli 38 anni, cardinale a 47 e Papa a 58: non si può dire che le doti di Karol Wojtyla non siano state riconosciute dai suoi superiori” ha osservato il regista polacco Krzysztof Zanussi, autore del filmbiografia “Un uomo venuto da lontano”. In effetti la nomina vescovile del giovane e brillante sacerdote di Wadowice, “specializzato” nell’educazione dei giovani universitari e specialmente delle giovani coppie, arriva inaspettata anche per lui.

Nonostante il nuovo incarico, il futuro Papa continua le sue attività e due anni dopo, nel 1960, pubblica il dramma “La bottega dell’orefice” e il saggio “Amore e responsabilità”. L’uscita di quest’ultimo provoca un certo scalpore: per la prima volta un vescovo della Chiesa cattolica si cimenta a scrivere e ad analizzare argomenti quali l’eccitazione sessuale o l’insoddisfazione della donna che finge l’orgasmo. «Karol Wojtyla ha studiato le opinioni dei sessuologi, ma soprattutto confessa molti giovani e ascolta i loro problemi», racconta il vaticanista Andrea Tornielli. Parla così apertamente dell’importanza della sessualità nella vita di coppia, scendendo nei particolari: “Bisogna tener conto”, scrive il futuro Papa in “Amore e responsabilità”, “del fatto che, in questi rapporti, la donna prova una naturale difficoltà ad adattarsi all’uomo, il che è dovuto alla divergenza del loro ritmo fisico e psichico. E’ quindi necessaria un’armonizzazione, che non può aver luogo senza uno sforzo di volontà, soprattutto da parte dell’uomo, senza un’attenta osservazione della donna. Quando essa non trova nei rapporti sessuali la naturale soddisfazione, legata all’acme dell’eccitazione sessuale..., c’è da temere che essa non senta pienamente l’atto coniugale, che non v’impegni la propria personalità totale, il che la rende particolarmente soggetta alla nevrosi e determina una frigidità sessuale”. Questa attenta considerazione del valore della sessualità umana si accompagnava a una convinta adesione all’insegnamento della Chiesa circa il divieto assoluto di qualsiasi mezzo contraccettivo.

E proprio su questo punto nascerà la sintonia fra il futuro Giovanni Paolo II e Papa Paolo VI. Il momento fondamentale è la nomina a vescovo ausiliare di Cracovia. Il trentottenne sacerdote viene raggiunto da un telegramma, datato 4 luglio 1958, che lo convoca a Varsavia nella residenza del primate di Polonia, il cardinale Stefan Wyszynski. Il cardinale, che non aveva inserito il nome di Wojtyla nella rosa dei preti da promuovere all’episcopato, gli comunica che Pio XII l’ha nominato vescovo “su richiesta dell’arcivescovo Baziak (il successore di Sapieha alla guida della diocesi di Cracovia)”. Wyszynski si ferma per osservare attentamente la reazione del neoeletto che quella sera stessa descrive nel suo diario privato. L’episodio è riportato nel libro “Sua Santità” pubblicato da Carl Bernstein e Marco Politi. “

A volte un candidato intimidito, trovandosi a decidere se accettare un incarico pastorale come quello offerto a Wojtyla, si limitava a balbettare: ‘Devo consultarmi con il mio padre spirituale prima di prendere una simile decisione’. Allora il primate rispondeva: ‘Se lei è una persona matura, dovrebbe sapere quello che vuole’. Altri preti cercavano di guadagnare tempo dicendo: ‘Devo chiederlo a Gesù nelle mie preghiere’. Al che il primate indicava una porta: ‘C’è una cappella proprio lì dietro. Si accomodi, dica le sue preghiere. Ma per piacere non ci metta più di quindici minuti perché non ho tempo e non ne ha nemmeno Gesù’. Wyszynski chiese a Wojtyla: ‘Accetta l’incarico?’. ‘Dove devo firmare?’ rispose il prete senza esitare. Quell’otto luglio rimane impresso nella memoria del primate: era la prima volta che veniva scavalcato nella nomina di un vescovo polacco”. Questo episodio, che descrive la forte personalità del futuro Papa, è stato confermato nel marzo del 1993 dall’arcivescovo emerito di Madrid Vicente Enrique y Tarancon, oggi scomparso.
In un’intervista al mensile “Trentagiorni” il porporato spagnolo, che aveva partecipato ai due conclavi del 1978, raccontava l’atteggiamento profondamente diverso del cardinale Albino Luciani e del cardinale Karol Wojtyla di fronte all’elezione papale. Il primo era sconvolto, si era lasciato sprofondare sulla sedia e si lasciava docilmente guidare dal cerimoniere pontificio e dai suoi ordini. Il secondo, non appena pronunciato il fatidico “accetto”, era apparso perfettamente padrone di sé e della situazione. Non si era sottoposto alle regole del cerimoniale, ma le aveva in un certo senso stravolte, decidendo di pronunciare un breve saluto alla folla anche durante la prima apparizione dal balcone di San Pietro. Nell’ottobre del 1962 si apriva a Roma il Concilio ecumenico Vaticano II. «Il vescovo Wojtyla non ebbe un ruolo significativo durante i lavori: come tutti i presuli polacchi era rimasto un po’ ai margini», evidenzia il vaticanista Andrea Tornielli. Venne inserito nel gruppo di lavoro per il cosiddetto Schema XIII che diventerà poi la costituzione pastorale “Gaudium et spes”.


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