giovedì 26 luglio 2012

La Chiesa che vorrei - don Leonardo M. Pompei

Qualche tempo fa una persona, da un lato turbata dall’altro attratta dal mio modo di essere, di pensare e di pormi nell’attuale contesto storico ed ecclesiale, mi chiese con un misto di ironia e di interesse: “mi piacerebbe tanto sapere che tipo di Chiesa vorresti, che tipo di Chiesa sogni”. Scherzando, risposi che forse era il caso di scrivere una canzone alternativa, dal momento che una ben nota (ma non cristianamente raccomandabile!) voce della musica rock italiana ne aveva recentemente scritta una intitolata “il mondo che vorrei”. Forse una canzone è un po’ troppo, ma questo pittoresco episodio mi ha spinto a riflettere davvero su quale potrebbe essere “la Chiesa che vorrei”, memore del fatto che ben noti teologi (vedi per tutti Yves M. Congar) qualche lustro fa si cimentarono con pubblicazioni intitolate “la Chiesa che sogno”. Oggi sono molte (troppe!) le immagini di Chiesa che vengono proposte, sognate e perseguite, molte delle quali, ahimè, più che immagini mi sembrano caricature o veri e propri sgorbi. Dunque perché non dare un piccolo contributo ad un dibattito forse sotterraneo, ma oggi quanto mai vivo ed attuale?

La Chiesa che vorrei è una comunità di uomini e di donne consapevoli della loro altissima vocazione, fieri del nome di cristiano che portano, formati nella dottrina e nella morale, coerenti nelle scelte, fedeli alla legge dell’Altissimo, coraggiosi nella testimonianza, liberi dal rispetto umano, lontani dalle mode.

La Chiesa che vorrei è un popolo ben ordinato nei ruoli, nel governo e nelle articolazioni, dove ciascuno fa bene quel che gli compete, riconosce all’altro ciò che è suo, non crea confusioni con indebite invasioni di campo, non cerca di realizzarsi esattamente nel modo contrario in cui dovrebbe, non viene ammaliato dalle lusinghe e dalle allodole di questo brutto mondo, che anzi affronta, denuncia, combatte senza paura e senza complessi.

La Chiesa che vorrei è una società di uomini e di donne che tendono risolutamente alla santità, che amano Gesù, loro Signore e Dio, con tutto se stessi, senza “se”, senza “ma”, senza “distinguo”, senza sconti, senza remore; ed insieme a Lui amano la sua Immacolata e Santissima Madre, di cui sono fieramente servi, devoti e schiavi d’amore, senza temere di disonorare o diminuire il Figlio onorando la Madre, ma anzi consapevoli che non si può avere Dio per Padre se non si ha Maria per Madre.

La Chiesa che vorrei è il luogo del trionfo dell’Eucaristia, del culto adorante ed incondizionato che fa a gara nel rendere ogni onore, amore e delicatezza a Gesù umiliato nel santissimo sacramento dell’altare, dove si può andare a Messa vivendo uno “squarcio di cielo” e non una ridicola e fracassona pantomima della terra, dove le prediche alimentino la nostra fede anziché farci rischiare di perderla, dove nelle Chiese regni il silenzio, lo splendore del culto, la raffinatezza cercata in tutti i modi e le forme verso il Padrone di casa, dove la santa Comunione sia vissuta come atto di stupore attonito ed adorante verso Colui che tanto si umilia fino a divenire Una cosa sola con noi miserabili, senza che questo autorizzi indebite confidenze o veri e propri sacrilegi, anche quando fossero da qualche incauto permessi o consentiti.

La Chiesa che vorrei è un luogo dove primeggia il sacramento che distrugge l’Inferno e spoglia di ogni potere i demoni, che sia amministrato da Confessori capaci ed illuminati, che facciano quel che faceva san Pio da Pietrelcina che pur di distruggere ogni forma di peccato in un’anima (che è l’unico vero male) non esitava a somministrare medicine amare e terapie severe, ottenendo così che questo mirabile sacramento produca il suo principale e più grande effetto, cioè la conversione, l’abbandono totale, radicale e definitivo del peccato e la scelta ferma e irremovibile della virtù.

La Chiesa che vorrei è un Corpo dove il Capo invisibile sia ben riconoscibile in coloro che lo rappresentano, ovvero i suoi ministri, dal Papa all’ultimo parroco, dove non si nasconda la sublime (e tremenda!) dignità di tale vocazione sotto speciose (e false) apparenze di umiltà, ma si eserciti l’autorità con timore e tremore ma anche con coraggio e fermezza e dove i sudditi siano docili e ubbidienti ai pastori, senza arrogarsi diritti e poteri che non hanno né mai potranno avere.

La Chiesa che vorrei è il luogo in cui le diversificazioni del popolo santo di Dio (principio del suo ordine) siano visibili e percepibili: che i preti siano tali, si mostrino tali (anche nel santo abito!) e facciano i preti e solo i preti, ovvero uomini di Dio incaricati di portare Dio agli uomini e gli uomini a Dio (e basta!); dove i religiosi siano fieri e orgogliosi della loro sublime vocazione, la più alta e la più perfetta in assoluto, e che tale sia da tutti tenuta e venerata ed aiutino la Chiesa ad “essere ciò che è” con una vita intensissima di orazione e di penitenza (anche per coloro che non credono, non pregano e non si mortificano), si glorino dell’obbedienza e dell’augusta povertà, si vantino santamente della gemma splendente della purezza e della castità, resa visibile e percepibile in tutto il loro portamento modesto, casto, mortificato.

La Chiesa che vorrei è il luogo delle famiglie sante e numerose, in cui siano completamente aboliti i maledetti crimini del mondo contemporaneo, quali aborto, contraccezione e divorzio, dove il fidanzamento sia vissuto nella castità e nella santità, il matrimonio scelto solo per vocazione e come vocazione, e dove i genitori tornino ad educare i figli, come dice san Paolo, nella disciplina del Signore e non secondo i modelli che i ragazzi imparano dai loro coetanei o dal Grande Fratello.

La Chiesa che vorrei è quella in cui i laici, anziché concepire la loro “promozione” come progressiva assunzione di compiti clericali (sull’altare e fuori…), ricordino che il campo della loro elezione non è il Tempio, la sacrestia o i luoghi ad essi connessi, ma il mondo da evangelizzare e da convertire, in cui solo loro possono (e devono!) operare per raggiungere coloro che i sacri ministri, che hanno lasciato il mondo pur essendo inviati al mondo, non possono in alcun modo incontrare. Dove non ci sia, in altre parole, la “clericalizzazione dei laici” e la “secolarizzazione dei preti e dei religiosi”.

La Chiesa che vorrei è il luogo in cui, come Gesù volle e chiese al Padre, si viva e percepisca la carità a tutti i livelli, nei rapporti tra i fedeli, nella carità dei pastori verso i fedeli, nella sollecitudine amorevole (in luogo delle chiacchiere maldicenti e, talora, calunniose) dei fedeli verso i pastori, dove si faccia a gara nello stimarsi a vicenda, ci sia un’attenzione agli ultimi non perché siamo la prima azienda di operatori sociali ma perché nostro Signore ha detto che negli ultimi c’è Lui che vuole essere amato e servito.

La Chiesa che vorrei è il luogo dove il dialogo non diventa uno strumento di resa nei confronti di chi non ha avuto la grazia di avere la pienezza della Rivelazione, né un modo per livellare tutte le religioni e tutte le opinioni a pari “diritto di cittadinanza” (che non hanno e non possono avere), né un bavaglio sule labbra di coloro che si consumano e soffrono nel predicare il Vangelo fino ai confini della terra, ma, conformemente ai voleri ed allo stile del suo Fondatore, un modo dolce e delicato, umile e mite, sereno e pacato (ma mai timido e arrendevole) di portare agli uomini di ogni luogo e di ogni tempo, l’unica Verità, l’unica Salvezza, l’unica Via per la redenzione.

La Chiesa che vorrei, infine, è il luogo in cui si predica la Verità tutta intera, comprese (soprattutto) quelle verità bandite e combattute dal mondo contemporaneo, ma che sono le più urgenti e le più importanti per la loro valenza salvifica: l’esistenza dell’Inferno e della possibilità reale (ed effettiva) di dannazione eterna per chi vive lontano da Dio e così persevera fino alla morte; la conseguente (o meglio antecedente) verità dell’esistenza e della malvagità dei demoni e l’azione ordinaria (ed anche talora straordinaria) che esercitano contro gli uomini; l’intrinseca cattiveria di ogni atto commesso in violazione del sesto comandamento (prima e durante il matrimonio), dato che la rivoluzione sessuale non lo ha abolito, ma ne ha reso ancor più difficile l’osservanza in un mondo corrotto e corruttore; la condanna ferma delle mode oscene ed indecenti a cui assistiamo quotidianamente d’inverno e d’estate; una ferma attenzione (insieme ad una prudente apertura) ai moderni mezzi di comunicazione sociale, da cui bisogna imparare a difendersi prima di cominciarli ad usare (come doveroso) per la gloria di Dio e per il bene; la Giustizia di Dio, che affianca e rende comprensibile la sua misericordia; un luogo dove presto trionfi il Cuore Immacolato di Maria anche con la promulgazione dell’atteso quinto dogma che riconosca l’Immacolata come Corredentrice, Mediatrice ed Avvocata universale dell’umanità; la ricompensa eterna e la gloria, infine, per quelle anime che, in mezzo a tante tribolazioni, oltraggi e derisioni, hanno ancora oggi il coraggio di lottare e di sognare una Chiesa più bella, una Chiesa più santa, una Chiesa… più Chiesa… la Chiesa che vorrei…

Don Leonardo M. Pompei


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