Non la necessità di espiare dei peccati personali – che Ella non aveva in quanto Immacolata – ma l’ardente e sempre crescente affetto verso Dio, animavano la Santissima Vergine nella corsa verso la vetta del vero amore: l’amore-sacrificio.
La Semprevergine Maria trascorse la sua vita nella mortificazione. Ella colse ciascuna occasione che le si presentò per praticare il rinnegamento di sé. Come Ella apprezzò e usò bene le numerose occasioni che Dio le diede per negare a se stessa qualche cosa di buono e lecito!
La mortificazione rende alcuni di noi molto nervosi. Ci meravigliamo se riusciamo a perseverare in qualche piccola penitenza che ci siamo imposti. Ciò accade spesso durante il tempo penitenziale di Quaresima. I giorni e le settimane che precedono l’inizio di questo tempo possono mettere davvero in agitazione.
La Madonna invece non ebbe paura di rinnegarsi. Nel suo Cuore immacolato c’era solo il timore riverenziale per Dio. Il desiderio genuino di mortificarsi derivava dal suo profondo e costante amore per Dio, un amore che Dio stesso le ispirava. La Madonna, quindi, non ebbe paura di praticare la mortificazione. Sempre, Ella fece tesoro delle occasioni di rinnegamento che le si presentavano.
La mortificazione è – secondo il gesuita P. Sydney F. Smith in The Catholic Encyclopedia (The Encyclopedia Press, New York 1913, vol. X, p. 578) – un metodo «che l’ascetismo cristiano impiega per esercitare l’anima alle virtù e ad una vita santa. Il termine ha origine in san Paolo, che indica un’educativa analogia tra Cristo morente ad una vita mortale e nascente ad una vita immortale, e i suoi imitatori che rinunziano alla loro vita passata di peccato e risorgono con l’aiuto della grazia ad una nuova vita di santità. “Se tu vivi secondo la carne – dice l’Apostolo – tu morirai, ma se vivi secondo lo spirito tu mortifichi gli atti della carne e vivrai” (Rm 8,13; cf anche Col 3,5 e Gal 5,24)». La mortificazione è spesso pensata in relazione al palato. Ma il rinnegamento di sé significa molto di più che ridurre il cibo e le bevande; essa può essere applicata anche al limitare il proprio riposo al fine di spendere il tempo guadagnato nella preghiera e in atti di carità verso gli altri.
Inoltre, il rinnegamento di sé può essere praticato usando un letto meno confortevole, camminando invece di viaggiare in macchina, mortificando gli occhi, ecc. Il rinnegamento di sé non significa però rovinarsi la salute. Bisogna, infatti, esercitare la virtù cardinale della prudenza quando si scelgono forme volontarie di mortificazione. Vediamo ora un punto essenziale: accanto all’elemento esterno, la mortificazione possiede in sé anche un aspetto interno. Lo stesso P. Smith scrisse: «...gli scrittori spirituali non si stancarono mai di insistere sul fatto che la mortificazione interiore dell’orgoglio e dell’amor proprio nelle loro varie forme è essenziale [...] e le penitenze esterne sono buone solo nella misura in cui scaturiscono da questo spirito interiore, e influiscono sul suo progresso...».
Una delle ragioni per cui noi pratichiamo la mortificazione è di espiare i nostri peccati passati. Riconosciamo che abbiamo offeso Nostro Signore, dunque, neghiamo a noi stessi alcuni piaceri leciti in modo da riparare le nostre trasgressioni. Ancora una volta leggiamo ciò che dice P. Smith: «...si trovano cattolici zelanti che costantemente rinnegano se stessi perfino in cose che sono palesemente lecite».
Certamente la Beata Vergine non aveva bisogno della mortificazione, non avendo Ella da restaurare nessun disordine o turbamento causato da peccati personali. Piuttosto, la sua mortificazione le permise – privandosi di conforti legittimi – di provare il suo grande amore verso Dio.
Sostenuti dallo Spirito Santo, impegniamoci anche noi nella mortificazione, così come P. Smith ci ha spiegato, confidando non solo nell’efficacia del rinnegamento, ma soprattutto nella misericordia di Dio che guarda la nostra buona volontà. Cerchiamo di essere generosi nel fare riparazione per i nostri peccati e per quelli degli altri e, come la Vergine Maria, nel dimostrare la nostra fiducia incondizionata al nostro amorevole Padre.
La Semprevergine Maria trascorse la sua vita nella mortificazione. Ella colse ciascuna occasione che le si presentò per praticare il rinnegamento di sé. Come Ella apprezzò e usò bene le numerose occasioni che Dio le diede per negare a se stessa qualche cosa di buono e lecito!
La mortificazione rende alcuni di noi molto nervosi. Ci meravigliamo se riusciamo a perseverare in qualche piccola penitenza che ci siamo imposti. Ciò accade spesso durante il tempo penitenziale di Quaresima. I giorni e le settimane che precedono l’inizio di questo tempo possono mettere davvero in agitazione.
La Madonna invece non ebbe paura di rinnegarsi. Nel suo Cuore immacolato c’era solo il timore riverenziale per Dio. Il desiderio genuino di mortificarsi derivava dal suo profondo e costante amore per Dio, un amore che Dio stesso le ispirava. La Madonna, quindi, non ebbe paura di praticare la mortificazione. Sempre, Ella fece tesoro delle occasioni di rinnegamento che le si presentavano.
La mortificazione è – secondo il gesuita P. Sydney F. Smith in The Catholic Encyclopedia (The Encyclopedia Press, New York 1913, vol. X, p. 578) – un metodo «che l’ascetismo cristiano impiega per esercitare l’anima alle virtù e ad una vita santa. Il termine ha origine in san Paolo, che indica un’educativa analogia tra Cristo morente ad una vita mortale e nascente ad una vita immortale, e i suoi imitatori che rinunziano alla loro vita passata di peccato e risorgono con l’aiuto della grazia ad una nuova vita di santità. “Se tu vivi secondo la carne – dice l’Apostolo – tu morirai, ma se vivi secondo lo spirito tu mortifichi gli atti della carne e vivrai” (Rm 8,13; cf anche Col 3,5 e Gal 5,24)». La mortificazione è spesso pensata in relazione al palato. Ma il rinnegamento di sé significa molto di più che ridurre il cibo e le bevande; essa può essere applicata anche al limitare il proprio riposo al fine di spendere il tempo guadagnato nella preghiera e in atti di carità verso gli altri.
Inoltre, il rinnegamento di sé può essere praticato usando un letto meno confortevole, camminando invece di viaggiare in macchina, mortificando gli occhi, ecc. Il rinnegamento di sé non significa però rovinarsi la salute. Bisogna, infatti, esercitare la virtù cardinale della prudenza quando si scelgono forme volontarie di mortificazione. Vediamo ora un punto essenziale: accanto all’elemento esterno, la mortificazione possiede in sé anche un aspetto interno. Lo stesso P. Smith scrisse: «...gli scrittori spirituali non si stancarono mai di insistere sul fatto che la mortificazione interiore dell’orgoglio e dell’amor proprio nelle loro varie forme è essenziale [...] e le penitenze esterne sono buone solo nella misura in cui scaturiscono da questo spirito interiore, e influiscono sul suo progresso...».
Una delle ragioni per cui noi pratichiamo la mortificazione è di espiare i nostri peccati passati. Riconosciamo che abbiamo offeso Nostro Signore, dunque, neghiamo a noi stessi alcuni piaceri leciti in modo da riparare le nostre trasgressioni. Ancora una volta leggiamo ciò che dice P. Smith: «...si trovano cattolici zelanti che costantemente rinnegano se stessi perfino in cose che sono palesemente lecite».
Certamente la Beata Vergine non aveva bisogno della mortificazione, non avendo Ella da restaurare nessun disordine o turbamento causato da peccati personali. Piuttosto, la sua mortificazione le permise – privandosi di conforti legittimi – di provare il suo grande amore verso Dio.
Sostenuti dallo Spirito Santo, impegniamoci anche noi nella mortificazione, così come P. Smith ci ha spiegato, confidando non solo nell’efficacia del rinnegamento, ma soprattutto nella misericordia di Dio che guarda la nostra buona volontà. Cerchiamo di essere generosi nel fare riparazione per i nostri peccati e per quelli degli altri e, come la Vergine Maria, nel dimostrare la nostra fiducia incondizionata al nostro amorevole Padre.
(Mons. Charles Mangan)
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