giovedì 24 maggio 2012

Benedetto XVI: "Il cristianesimo è la religione della fiducia non della paura"

Nell'udienza di mercoledì 23 maggio 2012, il Papa ha riflettuto sul tema della ''paternità di Dio", in rapporto al mondo attuale nel quale "la crisi della parternità può allontanare dal Signore"

Gli uomini d'oggi devono imparare a non sentire Dio come un estraneo ma come un padre e quindi “invocarlo con confidenza”; ma si tratta di un passaggio difficile in un tempo come il nostro, in cui spesso non si è abituati a conoscere nella vita quotidiana una figura paterna che sia veramente presente e positiva.

A denunciare come le incertezze della società contemporanea abbiano un effetto diretto sulla crescita e la trasmissione della fede è stato questa mattina papa Benedetto XVI. Nella catechesi della sua udienza generale del mercoledì, il pontefice si è soffermato sul tema della “paternità di Dio”.
L'uomo, ha infatti spiegato papa Ratzinger, deve infatti seguire l'insegnamento di Gesù che invita a rivolgersi a Dio “con i termini affettuosi dei figli”, chiamandolo “Abbà, Padre”. “Forse - ha osservato il pontefice davanti a circa 20mila pellegrini che riempivano un'assolata piazza San Pietro – l’uomo d’oggi non percepisce la bellezza, la grandezza e la consolazione profonda contenute nella parola ‘padre’ con cui possiamo rivolgerci a Dio nella preghiera, perché la figura paterna spesso oggi non è sufficientemente presente, anche spesso non è sufficientemente positiva nella vita quotidiana”.

L'assenza del padre nella vita del bambino “è un grande problema del nostro tempo”, ha aggiunto papa Benedetto XVI, perché rende “difficile capire nella sua profondità che cosa vuol dire che Dio è Padre per noi” e in questo modo la distanza tra l'uomo e Dio sembra incolmabile e opprimente.
Invece, ha osservato il papa, il cristiano può rivolgersi a Dio con la “fiducia” dei bambini, con quella “relazione filiale analoga a quella di Gesù”. Ma per farlo, ha aggiunto, è necessario che sia lo Spirito Santo, il “grande maestro della preghiera”, a insegnargli come parlare. Il cristianesimo, infatti, “non è una religione della paura, ma della fiducia e dell'amore al Padre che ci ama”.

In questo senso, lo Spirito Santo apre le porte dell’anima dell’uomo e lo aiuta a comprendere quell’amore che “purifica i nostri desideri, i nostri atteggiamenti segnati dalla chiusura, dall’autosufficienza, dall’egoismo tipici dell’uomo vecchio”.
In quanto figli, ha aggiunto ancora papa Ratziner, noi uomini davanti agli occhi di Dio “non siamo esseri anonimi e impersonali, ma abbiamo un nome”. Per questo, ha concluso, “quando ci rivolgiamo al Padre nella nostra stanza interiore, nel silenzio e nel raccoglimento, non siamo mai soli. Chi parla con Dio non è solo”.

Fonte:  Città del Vaticano  - Alessandro Speciale



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