Tale moneta avrebbe dovuto raffigurare, nella proposta iniziale proveniente da Bratislava, i due santi con croce e aureola. Da Bruxelles è invece giunta una obiezione: trattandosi di monete che circoleranno in tutta Europa, devono rispettare un non meno precisato principio di “neutralità religiosa”. Il bozzetto originario (la moneta sarà emessa nel 2013) è stato rimandato al mittente e quindi leggermente modificato: nella nuova proposta appaiono sul pezzo da 2 euro i due santi, senza aureola, che reggono la doppia croce, o “croce patriarcale”, che è il simbolo della stessa Slovacchia, richiamandone con tutta evidenza la diffusa fede cristiana.
Il 22 novembre s’era quindi levata la voce di dissenso della Chiesa slovacca. “La rimozione dei simboli essenziali dei santi Cirillo e Metodio dalla moneta commemorativa - aveva affermato Jozef Kovácik, direttore della sala stampa della Conferenza episcopale - è indice di una svolta culturale e di una mancanza di rispetto nei confronti della storia”. Nelle ultime ore è poi circolato l’impegno della Banca centrale slovacca di riproporre il primo bozzetto. E ora si attende una decisione definitiva da parte delle autorità europee.
Fin qui i fatti. L’equivoco in questa vicenda riguarda il fatto che si possa ritenere una parte importante della storia religiosa, sociale e culturale di un’intera regione europea (Cirillo e Metodio sono considerati parte integrante dell’identità slava e come tali venerati non solo in Slovacchia, ma anche in Repubblica ceca, Ungheria, Croazia, Slovenia e in altri Paesi) come un elemento secondario della storia comune.
Se, alla fine di questa strana vicenda, la moneta celebrativa dovesse rappresentare i due evangelizzatori con la doppia croce, non verrebbe meno il riferimento al consolidato patrimonio identitario della Slovacchia, che proprio nella croce patriarcale ha il suo simbolo di riferimento, tanto da apparire nella bandiera nazionale. Eppure si dovrebbe ammettere che una valutazione assolutamente parziale può prevalere rispetto all’identità di un Paese membro. E qui si dovrebbe riconoscere il mancato rispetto del motto dell’Europa, “unità nella diversità”.
L’Unione europea, infatti, ha stabilito nei trattati che un suo principio di fondo è la valorizzazione e promozione delle tante “diversità” che coesistono nel continente (siano esse storiche, sociali, culturali, economiche, linguistiche, religiose…), non certo la loro mortificazione o, peggio, il loro annullamento in una improponibile omogeneità.
È peraltro vero che su banconote e monete in euro, circolanti in tutta l’Eurozona, occorre proporre immagini che siano rispettose delle differenti sensibilità che attraversano l’Ue da ovest a est, da sud a nord. Tale criterio era stato definito per evitare scelte paradossali: ad esempio il conio di un euro con il volto di Hitler, una banconota con impressi falce e martello, o il ricordo di una feroce battaglia con migliaia di morti, oppure un quadro di un artista equivoco o irrispettoso… Ma, al di là dei paradossi, è sempre necessario considerare che un simbolo nazionale, derivante dalla storia di un popolo o di una regione, si intreccia con altre storie, altri episodi del passato. Per esemplificare: la vittoria di una battaglia militare può essere per uno Stato un momento fondante della propria indipendenza, per la nazione sconfitta quella stessa battaglia può evidenziare un ferita ancora aperta. Si tratta dunque - questo sì - di ricercare simboli che non abbiano valenze negative per altri popoli o Paesi. A questo punto è lecito domandarsi: la biografia di Cirillo e Metodio cosa può contenere di offensivo per chi non sia slovacco? Evidentemente nulla. Altrimenti sarebbe facile sollevare obiezioni - più o meno capziose - per tutti gli altri elementi raffigurati sulle monete circolanti nella zona dell’euro: dal re Alberto del Belgio all’aquila della sovranità tedesca, dal motto repubblicano francese agli stemmi araldici portoghesi.
È del resto evidente che quando si assumono segni religiosi occorre muoversi con prudenza. Sempre ragionando per paradossi, ci si potrebbe domandare se un domani - nel caso la Turchia dovesse fare ingresso nell’Ue e adottare la moneta unica - accetteremmo una moneta raffigurante una moschea o il Corano. Ma anche il quel caso sarebbe necessario muoversi con il criterio del rispetto delle diversità che compongono l’Europa, di ieri, come quella di oggi e quella di domani.
Resta il fatto che la sbandierata “neutralità” richiesta per le raffigurazioni sull’euro non può essere confusa con “indifferenza”: indifferenza storica, culturale, simbolica. La moneta passa di mano in mano, ed è di per sé un “volto” della costruzione europea: che sia dunque il primo veicolo della “unità nella diversità” su cui si fonda l’Unione europea.
Gianni Borsa - Sir Europa
(Bruxelles)
Giovedì 29 Novembre 2012
Giovedì 29 Novembre 2012
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