martedì 20 novembre 2012

E’ giusto che la Caritas paghi l’IMU per la casa dei papà “poveri e separati”?

In via Jommelli a Milano, la Caritas ospita alcuni papà separati in situazioni di indigenza.

Si chiama Aus,  acronimo di Assistenza uomini separati, ed è un progetto della Caritas ambrosiana per cercare di rispondere al bisogno di alcuni di quei  50 mila padri separati nel milanese che, secondo le stime, si trovano in una situazione di indigenza.  

Sono italiani in difficoltà economiche e da qualche anno sono stati identificati come “nuovi poveri”.
Aus offre loro alloggio in un appartamento di  110 metri quadrati in via Jacomelli, zona città studi: per quest’appartamento, don Carlo, parroco della chiesa di San Luca proprietaria dell’immobile, ha pagato l’Imu già da quest’anno. Mentre il governo ha appena confermato che partiti, associazioni e Chiesa pagheranno la tassa per le attività commerciali, don Luca spiega che «la curia ambrosiana ha deciso di pagare l’Imu già quest’anno, anche se la situazione era ancora incerta e in via d’evoluzione.

Ogni anno, per Aus paghiamo all’incirca 600 euro. L’immobile è stato dato in comodato d’uso gratuito alla Caritas. Se Caritas ambrosiana fosse proprietaria sarebbe esente dalla tassa, idem se come parrocchia non cedessimo l’immobile in comodato ma lo tenessimo per noi: ma così, sebbene il fine è chiaramente assistenziale, la tassa va pagata».

Don Carlo ha comunque deciso che l’immobile di via Jacomelli resterà ancora in uso alla Caritas.

La parrocchia, invece, ha avuti problemi con i locali dell’oratorio, molto più ampi, e che comprendono anche le aule del catechismo. «Questi locali – spiega don Carlo – erano stati dati sempre in comodato d’uso anche a due associazioni sportive, che li usavano al di fuori delle attività dell’oratorio.

Si tratta di un’associazione di ping pong, creata da volontari, e di una di karate dedicata ai bambini.

Le due associazioni mi davano una donazione volontaria di 500 euro all’anno: però di Imu la parrocchia ha dovuto pagare per questi spazi 5 mila euro.

Così, le due associazioni non hanno rinnovato il contratto per l’anno prossimo: usando gli spazi solo per l’oratorio e il catechismo, trattandosi di attività parrocchiali di evangelizzazione, non pagheremo così tanto».

Don Carlo spiega che con la tassazione ad essere colpite potrebbero essere non le attività commerciali, ma tutte quelle associazioni che fino ad oggi si sono appoggiate alle parrocchie quasi gratuitamente, per offrire servizi di volontariato o semi-gratuiti:  «Con il comodato d’uso, eventuali esenzioni valgono solo per l’uso esclusivo del proprietario».

L’esperienza dell’appartamento di via Jacomelli, («La casa dei papà» la chiama don Carlo) è iniziata nel 2010, grazie alla disponibilità della parrocchia e con il finanziamento di Fondazione Ubibanca, che ha permesso la ristrutturazione dell’appartamento e l’acquisto d’arredo. Dentro l’appartamento ci sono due camere con cinque posti letto, una cucina e un salotto, che gli ospiti possono usare liberamente.

Racconta Alessandro Pezzoni, responsabile del progetto in Caritas ambrosiana che «gli ospiti preparano i pasti, generalmente cenano insieme, e si organizzano in turni per fare le pulizie.

Possono invitare i loro figli, previo accordo con un’educatrice, presente nella casa ogni giorno per qualche ora.

Quest’estate si è chiusa la prima esperienza di ospitalità: ora il progetto Aus ripartirà con nuove regole, come una permanenza massima di otto mesi e un contributo minimo alle spese».

La scelta si è resa necessaria per garantire il più possibile un turn over, e quindi una risposta, ad un numero enorme di richieste.

Aus è una goccia nel mare: «Nella prima fase di accoglienza c’è capito di ospitare persone senza lavoro o con lavori troppo saltuari, e i tempi di accoglienza si allungavano moltissimo. Era prevista infatti ospitalità da sei mesi ad un anno, il rischio è stato che diventasse invece permanente.

 I 7 ospiti di questi due anni sono stati tutti italiani. Si tratta di uomini ultraquarantenni, che avevano però grossi problemi lavorativi, con difficoltà ad inserirsi. Qualcuno, una volta uscito da via Jacomelli, è dovuto andare nei dormitori. È emerso che queste persone presentavano situazioni familiari fragili e la mancanza di una rete che consentisse di reggere l’evento della separazione o dell’inoccupazione. È emersa anche la difficoltà psicologica, nel rimettersi in moto per cercare un lavoro o ricostruirsi una vita. Era molto difficile per loro rialzarsi»


Novembre 16, 2012

Fonte: Tempi.it
 
 

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