mercoledì 1 agosto 2012

Evangelizzare per mezzo delle fiabe

Frutto della razionalità e dell’essere spirituale dell’uomo, le fiabe sono potenti e affascinanti mezzi per stimolare la riflessione e formare le coscienze degli uomini. Oggi sembrano relegate nel mondo dell’inutile proprio perché non si vuole riflettere sui valori perenni della moralità e verità.

Oggi si confinano le fiabe al mondo del ridicolo e dell’inutile, quali frutto di una fantasia che il modo comune di vedere definisce come l’arte del sognare. Si tratta di un errore grossolano! Il sognare difatti è frutto dell’inconscio e dell’irrazionale, una sorta di minestrone caotico in cui si assemblano i pezzi senza logica né senso, ma non così nelle storie fantastiche, dove invece, per mezzo della fantasia, l’uomo crea mondi e cose che lo rendono, per usare un’espressione di Tolkien, un sub-creatore. Ben lungi quindi dall’essere irrazionale, l’arte letterale di creare mondi ed esseri governati da proprie leggi, secondo una propria struttura è al contrario frutto della razionalità e dell’essere spirituale proprio dell’uomo fatto ad immagine e somiglianza di Dio. Tanto più che tale sub-creazione non solo non dev’essere irrazionale, ma deve avere anche in sé la forza della credibilità se non vuole annoiare e stare così davvero al gioco. Non nel senso che deve raccontare mondi, cose o fatti realmente esistiti, esistenti o probabili e possibili in questo universo, ma nel senso che non deve essere contraddittoria la possibilità ipotetica di venire alla luce se il Creatore la ponesse in atto. Per fare ciò l’artista deve basarsi sull’oggettività del reale, su quei valori, quali il bene e il male, il giusto e l’ingiusto che, per la stessa legge di non contraddizione, rimarrebbero tali anche se nessun mondo fosse posto in essere, in quanto hanno la loro radice in Dio, l’unico davvero necessario e immutabile, e quindi non contingente. Ed è proprio questo che le avvicina alla nostra vita gettando nel quotidiano uno spiraglio di luce ricco di verità e sapienza.
Per questo le fiabe sono sempre state, attraverso la forza persuasiva delle immagini, un veicolo potente e affascinante per far riflettere e per formare le coscienze degli uomini specie in ordine ai vizi e alle virtù, alla pena e alla gloria. Nessun buon maestro le avrebbe mai cestinate o considerate inutili, quanto piuttosto elogiate e citate a modo ogni volta che se ne sarebbe presentata l’occasione.
«Io penso – scriveva Tolkien – che le storie fantastiche abbiano un modo di rispecchiare la verità, diverso dall’allegoria, o dalla satira (quand’è elevata), o dal “realismo”, e per alcuni versi più potente» (J.R.R. Tolkien, La realtà in trasparenza, lettera 181). E se oggi le fiabe sono state accantonate è proprio perché non si vuole pensare e riflettere intorno ai valori perenni della moralità e della verità. Così, contrariamente a quanto avveniva in passato, le fiabe sono state confinate al mondo dei bambini, subendo un processo d’impoverimento di contenuti e di linguaggio, fino a renderle inutili e spesso ridicole. D’altra parte, se si pone un oggetto prezioso nella stanza da gioco dei bambini, inevitabilmente lo si vedrà in breve guastato e forse anche distrutto. Ciò non significa che le favole non appartengano anche ai bambini, perché anch’essi sono uomini, quanto piuttosto che non sono loro i primi destinatari e depositari. E questo perché spesso i bambini da soli non sono in grado di cogliervi i significati e gli insegnamenti in esse contenuti. Anzi capita a volte che i bambini chiedano confusi persino la natura del personaggio: “Ma è buono o cattivo?”. Per questo hanno bisogno di essere introdotti per grado anche alle fiabe, come si fa a scuola per le altre materie, affinché guidati dai grandi diventino abili a cercare e a trovare i significati e i valori che tali storie portano con sé.
Le fiabe, quindi, dovrebbero essere considerate come opere artistiche utili e importanti per trasmettere al pari dell’arte pittorica o musicale le verità essenziali in cui crediamo, tenendo per contro il pericolo che possono anche essere utilizzate per il male, come è avvenuto e avviene per la musica, per la scultura, per la pittura e tutte le altre arti umane. Difatti, i contenuti delle narrazioni fiabesche sono spesso «caotici, sovente malconci, un guazzabuglio di elementi, scopi e gusti disparati; ma tra essi a volte capita di trovare qualcosa di veramente valido: un’antica opera d’arte non troppo danneggiata, che solo la stupidità poteva accantonare» (Tolkien, Sulle fiabe). Ecco perché il mondo cattolico dovrebbe riscoprire l’importanza di quest’arte per conquistarla a Cristo e a Maria. I miti e le fiabe in tal modo possono diventare, attraverso la via della bellezza, una scala che conduce alla Verità, o come dice Tolkien «un lontano barlume o un’eco dell’evangelium nel mondo reale» (Tolkien, Sulle fiabe). Da esse si può così imparare ad elevarsi alle cose più grandi e ad acquistare quell’intuito contemplativo che sa trarre dalle cose più piccole ammaestramento e forza, acquistando quella capacità meditativa che è all’origine della sapienza. Infatti lo stesso mondo reale altro non è che il frutto della fantasia del Creatore, fantasia ordinata e perfetta, infinita, dove tutto, anche la cosa più piccola ha il suo scopo e il suo senso e quindi anche il suo significato e insegnamento.

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