La teologia sia sempre alimentata dalla preghiera e dalla contemplazione se non vuole trasformarsi in vano esercizio intellettuale: è quanto afferma Benedetto XVI parlando di San Bernardo di Chiaravalle, di cui oggi la Chiesa celebra la memoria liturgica. Il Papa ha dedicato tre catechesi a questo Santo abate cistercense vissuto nel XII secolo.
Il dibattito teologico nella Chiesa esiste da sempre. Nel XII secolo uno dei contrasti più accesi fu quello tra San Bernardo e Abelardo. San Bernardo – ricorda Benedetto XVI – era uno dei massimi esponenti della cosiddetta teologia del cuore che mirava a “promuovere l’esperienza viva e intima di Dio”:
“Per Bernardo, infatti, la vera conoscenza di Dio consiste nell’esperienza personale, profonda di Gesù Cristo e del suo amore. E questo vale per ogni cristiano: la fede è anzitutto incontro personale, intimo con Gesù, è fare esperienza della sua vicinanza, della sua amicizia, del suo amore, e solo così si impara a conoscerlo sempre di più, ad amarlo e seguirlo sempre più. Che questo possa avvenire per ciascuno di noi!” (Udienza generale, 21 ottobre 2009)
Abelardo, da parte sua, tendeva a risolvere le questioni fondamentali su Dio con le sole forze della ragione, mettendo in discussione, talora, le stesse verità della fede:
“San Bernardo, invece, solidamente fondato sulla Bibbia e sui Padri della Chiesa, ci ricorda che senza una profonda fede in Dio, alimentata dalla preghiera e dalla contemplazione, da un intimo rapporto con il Signore, le nostre riflessioni sui misteri divini rischiano di diventare un vano esercizio intellettuale, e perdono la loro credibilità”. (Udienza generale, 21 ottobre 2009)
Il Papa ricorda che quel confronto teologico si concluse con una piena riconciliazione tra i due. Abelardo riconobbe i suoi errori. Una vicenda – spiega Benedetto XVI – che mostra “l’utilità e la necessità di una sana discussione teologica”, tenendo fermo il punto di riferimento del Magistero:
“In entrambi prevalse ciò che deve veramente stare a cuore quando nasce una controversia teologica, e cioè salvaguardare la fede della Chiesa e far trionfare la verità nella carità. Che questa sia anche oggi l’attitudine con cui ci si confronta nella Chiesa, avendo sempre come meta la ricerca della verità”. (Udienza generale, 4 novembre 2009)
“Per Bernardo, infatti, la vera conoscenza di Dio consiste nell’esperienza personale, profonda di Gesù Cristo e del suo amore. E questo vale per ogni cristiano: la fede è anzitutto incontro personale, intimo con Gesù, è fare esperienza della sua vicinanza, della sua amicizia, del suo amore, e solo così si impara a conoscerlo sempre di più, ad amarlo e seguirlo sempre più. Che questo possa avvenire per ciascuno di noi!” (Udienza generale, 21 ottobre 2009)
Abelardo, da parte sua, tendeva a risolvere le questioni fondamentali su Dio con le sole forze della ragione, mettendo in discussione, talora, le stesse verità della fede:
“San Bernardo, invece, solidamente fondato sulla Bibbia e sui Padri della Chiesa, ci ricorda che senza una profonda fede in Dio, alimentata dalla preghiera e dalla contemplazione, da un intimo rapporto con il Signore, le nostre riflessioni sui misteri divini rischiano di diventare un vano esercizio intellettuale, e perdono la loro credibilità”. (Udienza generale, 21 ottobre 2009)
Il Papa ricorda che quel confronto teologico si concluse con una piena riconciliazione tra i due. Abelardo riconobbe i suoi errori. Una vicenda – spiega Benedetto XVI – che mostra “l’utilità e la necessità di una sana discussione teologica”, tenendo fermo il punto di riferimento del Magistero:
“In entrambi prevalse ciò che deve veramente stare a cuore quando nasce una controversia teologica, e cioè salvaguardare la fede della Chiesa e far trionfare la verità nella carità. Che questa sia anche oggi l’attitudine con cui ci si confronta nella Chiesa, avendo sempre come meta la ricerca della verità”. (Udienza generale, 4 novembre 2009)
Sergio Centofanti
20 agosto 2012
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