mercoledì 5 giugno 2013

Una fede fai-da- te? - papa Paolo VI, 8 marzo 1967

"Come mai invece il Concilio Ecumenico Vaticano II non ci ha lasciato un «capitolo» espressamente dedicato alla fede, quando essa è tuttora al centro della controversia e della vitalità religiosa? Bisogna fare attenzione. Questa supposta omissione è stata messa in relazione da alcuni con uno dei punti programmatici del recente Concilio, quello cioè di non dare nuove solenni definizioni dogmatiche; il che ha generato in alcuni il sospetto che le definizioni dogmatiche fossero forme superate dell’insegnamento cattolico, e che perciò il Concilio potesse essere considerato come una liberazione dagli antichi dogmi e relativi anatemi. La fede, si dice, non è il dogma verbalmente considerato; questo consiste in formule fisse che tentano di definire e di racchiudere verità immense, ineffabili e inesauribili. E sta bene; anche S. Tommaso c’insegna che l’atto di fede non termina alle formule che la espongono, ma alla realtà a cui esse si riferiscono; ma non senza una visione integrale di questa dottrina (cf. II, IIæ, 1, 2, ad 2). Inoltre si osserva che la fede ha una virtù dataci dallo Spirito Santo, e perciò sembrerebbe che nessun intermediario debba imporle una disciplina particolare; non si vedrebbe così quale funzione possa avere un magistero che la definisca e la tenga sotto tutela; così che la fede dovrebbe essere libera da vincoli esterni, ed avere per strumento interno di decifrazione la coscienza; e potrebbe perciò avere fra gli uomini differenti concezioni e differenti contenuti.

Non vogliamo pensare che a queste conclusioni si voglia arrivare: la fede resterebbe senza «simboli», che la definiscono e la esprimono; resterebbe senza catechesi univoca e autorevole; resterebbe fonte di divisione e non più d’unione (una fides!), resterebbe senza la guida, stabilita da Cristo, d’un magistero incontestabile, che ne vigila, le espressioni, ne promuove l’insegnamento e la diffusione, ne difende l’integrità, di cui i fedeli si alimentano, e per cui è doverosa la testimonianza.

Vogliamo piuttosto osservare che, se il Concilio non tratta espressamente della fede, ne parla ad ogni pagina, ne riconosce il carattere vitale e soprannaturale, la suppone integra e forte, e costruisce su di essa le sue dottrine. Basterebbe ricordare le affermazioni conciliari sulla necessità congiunta della Chiesa insegnante e della fede (Lumen Gentium, 14, 48), sul senso della fede, sotto la guida del sacro magistero, anima tutto il Popolo di Dio (ibid. 12), sulla doverosa purezza della fede, asserita proprio in funzione del dialogo ecumenico (Unit. red., 11), sull’opera dei Vescovi nell’insegnamento delle verità della fede (Christus Dominus, 36), sull’incontro della fede e della ragione in un’unica verità al livello degli studi superiori (Graviss. educ., 10), sulla sintesi nuova, che s’intravede possibile e magnifica fra la fede antica e la cultura moderna (Gaudium et spes, 57), e così via, per rendersi conto dell’essenziale importanza che il Concilio, coerente con la tradizione dottrinale della Chiesa, attribuisce alla fede, alla vera fede, quella che ha per sorgente Cristo e per canale il magistero della Chiesa"

Ven. Paolo VI, 8 marzo 1967



Nessun commento: