La lettura della Bibbia è un punto estremo nella tua vita
di lettore, in questa vita sotto le rovine. [..]
Nella Bibbia leggi una sola frase ed è come una goccia di
alcol puro, come una lacrima degli angeli.
Apri il libro, appoggi il dito a caso sulla pagina, il
dito cade su un pesce, una palma o un agnello, tu leggi, passi dalla tua vita
alla vita, dal presente semplice al presente più che perfetto.
Nella Bibbia c’è dio e c’è solo lui.
Parla senza sosta. Con parole e senza alcuna parola, con
il fulmine e la brezza del mattino lieve di aprile, con il sussurro delle
spighe di grano e il sospiro del bue, con la schiuma di un’onda e la lingua di
una fiamma, con tutte le materie del mondo, parla.
Nella Bibbia è dio che parla a dio, senza fermarsi un
secondo, con una voce irata, con una voce sorridente, una voce dolce di rabbia,
rauca a forza di urlare tanto. Nella Bibbia dio non ne può più di parlare a dio
e di non essere sentito e continua pur tuttavia a chiamare; una solitudine
simile, un amore simile è impensabile, tocchi il libro ed è il tuo pensiero che
va in frantumi, non ti restano altro che gli occhi per leggere e ardere:
come si può essere tanto soli e non morirne, come si può
morire dopo tanto tempo e tuttavia esserci ancora, tanta forza sprecata dal
primo giorno del mondo, tanto amore, com’è possibile. Nella Bibbia il vento
parla al vento, il vento si racconta delle storie per non sentirsi troppo solo,
il vento di dio sul lago di una voce, il vento che cammina sulle acque, il vento
che entra nelle case, dio il vento, il soffio dio.
Un giorno dice a Giona: Giona tu andrai dalle persone di
questa città, dirai loro che non le sopporto più, che è ben pesante il mio
cuore, ben nero il mio sangue, annuncerai loro la morte imminente, vai Giona,
io ti aspetto.
E Giona non vuole portare un simile messaggio, e Giona
non vuole tenere il fulmine nel cuore, allora sale su una nave, vuole sfuggire
a dio, sa bene che non è possibile, tenta, almeno ci avrà provato, e il vento
si alza sul mare e la nave soffre sulle acque impazzite, i marinai dicono c’è
qualcuno qui che porta su di sé tutti i cani della morte, su di sé e quindi su
di noi, bisogna disfarsene, bisogna buttare in acqua questa persona. Giona
racconta la sua storia, dice che non vuole mantenere la sua promessa, la
promessa che dio fa a dio di annientare tutto, i marinai gettano Giona in mare
e una balena che passava di là inghiotte Giona in fondo alla pancia, all’oscuro
dal mondo, tre giorni, tre notti.
Nella balena Giona canta, non c’è più niente da fare
fuorchè cantare al buio, nel ventre caverna del buio, e alla fine dice
d’accordo, mi arrendo, andrò laggiù, dirò a quella gente la tua collera, il suo
castigo.
E quando ha riferito il messaggio, quando ha detto alla
gente della città: siete perduti, siete talmente perduti che non sapete più di
esserlo, vengo ad annunciarvelo, è il vento che vi parla attraverso la mia
voce, il vento che verrà domani a far crollare le vostre villette, le vostre
banche, le vostre fortune tristi e i vostri giardini di cenere, quando Giona ha
sputato tutte queste parole, se ne va, abbastanza contento, tranquillo, ha
fatto il suo lavoro. Le persone credono alla notizia, pensano è finita, dio non
tornerà sulla propria decisione, stavolta è la fine, ed ecco che chiudono i
loro affari, escono dagli uffici e scendono in strada per raggiungere la vita
senza domani, ossia la grazia di vivere, ovvero dio.
E la parte più bella è qui, adesso, come ovunque nella
Bibbia, nell’incoerenza di dio, nella debolezza di un dio che si lascia
commuovere dalla rinuncia di queste persone, un dio che annulla il proprio
decreto, un dio pazzo che contraddice il dio saggio: come quando si vede
all’improvviso il vento esitare, ritornare in un attimo sui suoi passi, tenere
tra le mani il volto di due bambine e cedere davanti a tanta luce e tanta
infanzia, e d’un tratto liberarsi di ogni violenza, conservare della propria
forza solo la dolcezza, dire esiste quindi qualcosa di più forte del dio
tempesta, di più santo del dio fulmine, e inchinarsi, inchinarsi ridendo come
un pazzo davanti a due bambine di dieci anni smarrite su una terra desolata,
piazza Giona, residenza delle balene.
Christian Bobin
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- Mille candele danzanti -
Parla senza sosta. Con parole e senza alcuna parola, con
il fulmine e la brezza del mattino lieve di aprile, con il sussurro delle
spighe di grano e il sospiro del bue, con la schiuma di un’onda e la lingua di
una fiamma, con tutte le materie del mondo, parla ...
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