"Con la malattia capisci per la prima volta
che il tempo della vita quaggiù è un soffio, avverti tutta l’amarezza di non
averne fatto quel capolavoro di santità che Dio aveva desiderato, provi una
profonda nostalgia per il bene che avresti potuto fare e per il male che
avresti potuto evitare.
Guardi il crocifisso e capisci che quello è il cuore
della fede: senza il Sacrificio il cattolicesimo non esiste. Allora ringrazi
Dio di averti fatto cattolico, un cattolico “piccolo piccolo”, un peccatore, ma
che ha nella Chiesa una madre premurosa.
Dunque, la malattia è un tempo di grazia, ma spesso i vizi e le miserie che ci hanno accompagnato durante la vita rimangono, o addirittura si acuiscono. È come se l’agonia fosse già iniziata, e si combattesse il destino della mia anima, perché nessuno è sicuro della propria salvezza.
D’altra parte, la malattia mi ha fatto anche scoprire una quantità impressionante di persone che mi vogliono bene e che pregano per me, di famiglie che la sera recitano il rosario con i bambini per la mia guarigione, e non ho parole per descrivere la bellezza di questa esperienza, che è un anticipo dell’amore di Dio nell’eternità.
Dunque, la malattia è un tempo di grazia, ma spesso i vizi e le miserie che ci hanno accompagnato durante la vita rimangono, o addirittura si acuiscono. È come se l’agonia fosse già iniziata, e si combattesse il destino della mia anima, perché nessuno è sicuro della propria salvezza.
D’altra parte, la malattia mi ha fatto anche scoprire una quantità impressionante di persone che mi vogliono bene e che pregano per me, di famiglie che la sera recitano il rosario con i bambini per la mia guarigione, e non ho parole per descrivere la bellezza di questa esperienza, che è un anticipo dell’amore di Dio nell’eternità.
Il dolore più
grande che provo è l’idea di dover lasciare questo mondo che mi piace così
tanto, che è così bello anche se così tragico; dover lasciare tanti amici, i
parenti; ma soprattutto di dover lasciare mia moglie e i miei figli che sono
ancora in tenera età.
Alle volte mi immagino la mia casa, il mio studio vuoto,
e la vita che in essa continua anche se io non ci sono più. È una scena che fa
male, ma estremamente realistica: mi fa capire che sono, e sono stato, un servo
inutile, e che tutti i libri che ho scritto, le conferenze, gli articoli, non
sono che paglia.
Ma spero nella misericordia del Signore, e nel fatto che altri raccoglieranno parte delle mie aspirazioni e delle mie battaglie, per continuare l’antico duello".
Ma spero nella misericordia del Signore, e nel fatto che altri raccoglieranno parte delle mie aspirazioni e delle mie battaglie, per continuare l’antico duello".
(Mario Palmaro)
5 giugno 1968 - 09
marzo 2014
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