«La vera e perfetta obbedienza é una virtù che supera
tutte le altre, né alcuna opera, per grande che sia, può avvenire o essere
realizzata senza questa virtù; d’altra parte, per quanto piccola e minima sia
un’opera, essa è più utilmente compiuta nella vera obbedienza – sia ciò dire o
ascoltare la messa, pregare, contemplare, o qualsiasi altra cosa. Prendi
pure un’opera, piccola quanto vuoi: la vera obbedienza la rende migliore e più
nobile.
L’obbedienza realizza sempre il meglio in ogni cosa. In
verità, l’obbedienza non fuorvia mai e non ostacola nulla, qualsiasi
cosa si faccia, in tutto ciò che procede dalla vera obbedienza, giacché essa
non trascura alcun bene. Mai l’obbedienza deve mostrarsi inquieta, nessun bene
le manca. Quando l’uomo rinuncia a se stesso nell’obbedienza ed esce da se
stesso, Dio é obbligato ad entrare in lui, perché se questo uomo non vuole
nulla per se stesso, Dio deve volere per lui nell’identico modo che per se
stesso.
Quando io mi spoglio della mia volontà per mettermi nelle
mani del mio superiore senza volere più nulla per me stesso, bisogna che Dio
voglia per me: se mi trascura, egli trascura se stesso. Così è sempre: quando
io non voglio nulla per me, Dio vuole al mio posto.
Ma fate attenzione: che cosa vuole Dio per me, quando io
non voglio nulla per me? Se io ho rinunciato a me stesso, bisogna
necessariamente che egli voglia per me ciò che vuole per se stesso, nel preciso
identico modo e né più né meno di ciò che vuole per se stesso. Se Dio non
agisse così, per la verità che lui è, Dio non sarebbe giusto, non sarebbe Dio,
come è sua naturale essenza.
Nella vera obbedienza quel che deve trovarsi non è: “Voglio
questo o quello”, oppure “Voglio così e così”, ma una totale rinuncia a
ciò che è proprio.
Perciò la migliore preghiera non è: “Dammi questa
virtù o questo modo di essere”, oppure: “Signore, donati a me, dammi la vita
eterna”; ma soltanto: “Signore, dammi solo ciò che vuoi, e fai ciò che vuoi nel
modo che vuoi”.
Questa preghiera soverchia l’altra come il cielo la
terra. Si prega bene quando si prega così: nella vera obbedienza, completamente
usciti da se stessi per giungere a Dio.
E come la vera obbedienza non deve dire: “Io voglio
questo”, così non deve dire: “Io non voglio questo”, perché un simile “Non
voglio” è un vero veleno per l’obbedienza. Come dice Sant’Agostino,
il servo fedele di Dio non spera che gli si dica o gli si dia ciò che vorrebbe
sentire o vedere, perché il suo primo e supremo impegno è intendere ciò che più
piace a Dio. La più intensa preghiera, la più potente per ottenere
qualsiasi cosa, e l’opera fra tutte superiore, è quella che proviene da uno
spirito libero. Più esso è libero, più la preghiera e l’opera sono intense,
degne, utili, lodevoli e perfette. Uno spirito libero può tutto. Che cos’è
uno spirito libero? È quello non turbato da nulla, non legato a nulla, che non
fa dipendere da alcunché il suo bene supremo, che in nulla mira a quanto è
suo, ma è completamente sprofondato nella dolcissima volontà di Dio e ha
deposto ciò che è suo. Nessuno può compiere un’opera, per piccola che sia,
senza ricavare da questo atteggiamento la sua forza e il suo potere. Bisogna
pregare tanto intensamente da volere che tutte le membra dell’uomo,
tutte le sue forze – occhi, orecchi, bocca, cuore e tutti i sensi – vi siano
applicati, e non si deve smettere prima di accorgersi che si è sul punto di
unirsi con colui che è presente e cui si rivolge la preghiera: Dio.»
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