San Giovanni Crisostomo che la Chiesa festeggia il 13
settembre, nacque in Antiochia nel 350 e morì a Comana il 14 settembre 407,
fu vescovo della capitale imperiale di Costantinopoli, Primate
della Chiesa d’Oriente, ed era un uomo dall’integrità morale assoluta.
Integerrimo, dotto, brillante, le sue capacità oratorie lo hanno reso il
più perfetto ed elegante fra i Padri Greci. Giovanni Crisostomo è passato alla
storia come l’uomo della Bocca d’oro, l’appellativo che i Bizantini gli hanno
attribuito tre secoli dopo la sua morte. Votato alla vita spirituale sin
dall’infanzia, trascorsa insieme alla madre Antusa ad Antiochia, in Siria,
Giovanni si lasciò sedurre dalla vita eremitica: trascorse sei anni nel
deserto, di cui due all’interno di una caverna che gli provocò una malattia
allo stomaco, ma la sua indole lo chiamò presto verso compiti più alti. La sua
anima reclamava giustizia verso la parola di Dio che rischiava di essere
avvelenata dalle eresie dilaganti, dalla bassezza dei costumi, ...
... dalle ipocrisie della corte. Per cinque
anni si dedicò alla preparazione del sacerdozio e del ministero della
predicazione, fino a quando il Vescovo Fabiano lo ordinò sacerdote. E’ a
partire da questo momento che le sue doti oratorie hanno modo di mostrarsi. Giovanni
si dedica costantemente alla predicazione, ma oltre a diffondere la parola di
Cristo, il suo scopo è anche quello di difendere la moralità, rivolgersi ai
fedeli per rafforzare il loro credo, allontanarsi dalle tante insidie del
quotidiano. La sua fama si diffonde. I suoi sermoni sono lunghi (quasi due
ore), complessi, appassionati, incantano gli ascoltatori e li obbligano a
pensare. Nel 398, il Patriarca di Costantinopoli, Nettario, muore: Giovanni è
chiamato a sostituirlo.
La più alta carica ecclesiastica del tempo veniva
conferita a un uomo che aveva cominciato ad avvicinarsi a Dio nel silenzio del
deserto. Come guida e maestro di tutti i cristiani d’Oriente, la voce d’oro di
Giovanni acquistò una risonanza anche maggiore: teologia, morale, politica,
arte. Parole ardenti che tuonavano contro i vizi della corte e della Chiesa.
Cominciarono le reazioni, non sempre positive. La perplessità può sfociare
nell’invidia e da lì arrivare al rancore. Lavorando in segreto, un concilio
sedizioso noto come Sinodo della Quercia, formato dai vescovi al seguito di
Teofilo di Alessandria, riuscì a farlo deporre. L’imperatrice Eudossia, più
volte censurata da Giovanni , dette l’aiuto decisivo e, nell’incontro di
Calcedonia del 403, Giovanni fu condannato all’esilio. Subito dopo,
Costantinopoli venne colpita da un terremoto. Coincidenza? Presagio di più
funeste sventure?
Fatto sta che il popolo reclamò a gran voce il ritorno
del Patriarca e Eudossia non poté impedirlo. Ancora due mesi e una legione di
soldati barbari fece prigioniero Giovanni, costringendolo nuovamente ad
allontanarsi. Questa volta per sempre. La destinazione era il Mar Nero, ma il
Santo non riuscì mai ad arrivarvi, perché si ammalò e morì durante il viaggio.
Il pensiero di Giovanni Crisostomo non era molto diverso
da quello dei suoi predecessori: non si distaccava dall’ortodossia e le sue
omelie riflettevano, anche se in maniera più elevata, tutti i nuclei centrali
della morale cristiana. Grande ammiratore di San Paolo, fu lui a dettare i
commenti più profondi che ci siano pervenuti sulle Lettere dell’Apostolo, oggi
ancora ammirati e utilizzati dagli esegeti.
Tra le sue opere letterarie più importanti si possono
citare “La genesi e l’Antico Testamento”, i “Commentari dei profeti e del Nuovo
testamento”, i numerosi trattati sulla verginità e sul sacerdozio. Molte anche
le opere nel sociale, come la costruzione di ospedali, l’evangelizzazione delle
campagne, le processioni anti – ariane sotto il controllo della polizia
imperiale. Ma il contributo più importante rimane sempre quello legato alla
predicazione: il tono solenne, perentorio delle sue parole lo identificano come
accusatore impietoso, ma quelle parole non volevano condannare: erano solo
appassionate, animate dalla fede, capaci di raggiungere i cuori come dardi
infuocati.
Il figlio di Arcadio, Teodosio il Giovane, fece
trasferire i resti mortali del Santo dal sepolcro di Comana, luogo del suo
esilio a Costantinopoli, il 27 Gennaio del 438, restituendo alla capitale
d’Oriente la guida che sino ad allora aveva illuminato il suo cammino
spirituale. Riguardo al peccato di sodomia, il Padre della Chiesa che
condannò con maggior frequenza l’abuso sessuale contro natura ovvero
l’omosessualità fu proprio san Giovanni Crisostomo. Di questo grandissimo
Dottore della Chiesa, riporto i passi di un’omelia di commento
all’epistola di san Paolo ai Romani:
“Le passioni sono tutte disonorevoli, perché l’anima
viene più danneggiata e degradata dai peccati di quanto il corpo lo venga dalle
malattie; ma la peggiore fra tutte le passioni è la bramosia fra maschi. (…) I
peccati contro natura sono più difficili e meno remunerativi, tanto che non si
può nemmeno affermare che essi procurino piacere, perché il vero piacere è solo
quello che si accorda con la natura. Ma quando Dio ha abbandonato qualcuno,
tutto è invertito! Perciò non solo le loro (degli omosessuali, ) passioni sono
sataniche, ma le loro vite sono diaboliche. (…) Perciò io ti dico che costoro
sono anche peggiori degli omicidi, e che sarebbe meglio morire che vivere
disonorati in questo modo. L’omicida separa solo l’anima all’interno del corpo.
Qualsiasi peccato tu nomini, non ne nominerai nessuno che sia uguale a questo,
e se quelli che lo patiscono si accorgessero veramente di quello che sta loro
accadendo, preferirebbero morire mille volte piuttosto che sottrarvi. Non c’è
nulla, assolutamente nulla di più folle o dannoso di questa perversità”.
(San
Giovanni Crisostomo, Homilia IV in Epistula Pauli ad Romanos; cfr. Patrologia
Graeca, vol. 47, coll. 360-62).
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