martedì 22 novembre 2011

Da queste pietre Dio può suscitare figli ad Abramo - Omelia di S.E.R. Card. Angelo Scola - II Domenica d'Avvento


ARCIDIOCESI DI MILANO
CURIA ARCIVESCOVILE

UFFICIO PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI


    
                    Duomo di Milano

                    20 Novembre 2011
    Omelia Di S.E.R. card. Angelo Scola
                         “Da queste pietre Dio
          può suscitare figli ad Abramo"
                           II Domenica d ‘Avvento


 1.         Il brano di Matteo che abbiamo sentito proclamare è ricco di movimento: « Venne Giovanni Battista» (Vangelo, Mt 3,1) , le folle da ogni dove «accorrevano a lui» (Mt 3,5), egli vedeva «anche molti farisei e sadducei venire al suo battesimo» (Mt 3,7). La ragione di tanta animazione si spiega a partire dalle parole del Battista: «... Il regno dei cieli è vicino» (Vangelo,Mt 3,2).
Tutto, anche il regno imminente, sembra concentrato sulla persona austera e severa del Battista. Egli, però, spiazza i suoi interlocutori rinviando ad un altro, e ad un Altro inequivocabile: «Colui che viene dopo di me è più. forte di me» (Vangelo, Mt 3,11). «Colui che viene», infatti, è l'espressione biblica per indicare il Signore/Messia. Con la sua precisa e decisa dichiarazione Giovanni Battista si auto-presenta come l'ultimo dei profeti.
La missione di Giovanni Battista conclude dunque l'intero percorso profetico dell'Antico Testamento e ci inoltra sulla soglia del Nuovo. Il Battista ci introduce in quella pienezza dei tempi che coincide con la venuta del Signore. Essa si apre con il Natale e si compirà con la venuta del Figlio dell'uomo, alla fine dei tempi. Della venuta del Signore, in questo suo significato pieno, la liturgia ci ha parlato domenica scorsa.
La missione del Battista è quindi in funzione della missione del Figlio di Dio. Il compito del "precursore" è quello di spalancare il cuore di quanti accorrevano a lui alla domanda sul senso (significato e direzione) della vita. Nessun uomo che si ponga in autentico ascolto può restare indifferente, anche dopo 2000 anni, alla provocazione del Battista: il regno dei cieli, che con l'avvento di Gesù è già in atto, è il senso pieno della storia dell'uomo e di tutta la famiglia umana.
2.         In questo Avvento siamo quindi chiamati a far spazio al Signore, a preparargli la strada. «Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!» grida il Battista, citando alla lettera il profeta Isaia (Is 40,3). Come possiamo prepararci? Insiste, senza mezzi termini, il Vangelo di oggi: « Convertitevi» (Vangelo, Mt 3,2). Cosa significa propriamente questa parola? Etimologicamente significa "cambiamento di sentimenti'. Essa domanda un duplice atteggiamento: una rinuncia al peccato, cioè un sincero pentimento e un volgersi a Dio in vista di una vita rinnovata.
Una prospettiva che, stante la nostra strutturale fragilità, può spaventarci. Conviene allora notare quanto afferma la Prima Lettura: «Hai fatto delle profondità del mare una strada perché vi passassero i redenti» (Is 51,10). Possiamo preparare la via del Signore perché Dio per primo l'ha preparata per noi. Per il Suo fedele, incessante tornare a noi, noi possiamo tornare a Lui, dicevamo domenica scorsa.
3.         L'invito, assai esigente, del Battista alla conversione è rivolto a tutti gli uomini. «Io vi dico che da queste pietre Dio può suscitare figli ad Abramo» (Vangelo, Mt 3,9). Con questa iperbole, Giovanni Battista esprime la novità che è entrata nella storia e manifesta così il carattere universale, in forza della venuta di Cristo, dell'appartenenza alla stirpe di Abramo. La profezia di Giovanni, quindi, non è solo in continuità con le profezie dell'Antico Testamento, ma anche in discontinuità. L'appartenenza etnica e religiosa, basata sulla stirpe («Abbiamo Abramo per padre», Vangelo, Mt 3,9), ma anche l'osservanza formale della Legge, non sono sufficienti per rimanere nell'Alleanza con Dio. È necessario un «frutto degno della conversione» (Vangelo, Mt 3,8). Lo mostra l'invettiva del Battista contro i farisei e i sadducei, i due importanti partiti religioso-politici dell'epoca.
San Paolo, nel passaggio della Lettera ai Romani (Epistola, Rm 15,15-21), giustifica teologicamente l'annuncio del Vangelo a tutti, compresi i gentili: «Non oserei infatti dire nulla se non di quello che Cristo ha operato per mezzo mio per condurre le genti all'obbedienza [della fede], con parole e opere, con la potenza di segni e di prodigi, con la forza dello Spirito» (Epistola, Rm 15, 18-19).
4.         «Già la scure è posta alla radice degli alberi » (Vangelo, Mt 3,10). Per accedere al compimento delle promesse annunciato dal Battista abbiamo quindi bisogno di una conversione radicale. Questa non si vede da indicatori esteriori, quantitativi (norme osservate, genealogia rivendicata), perché dipende dal cuore. Chiama in causa il nostro io profondo, la nostra libertà.
Cosa ci rende capaci di un simile, energico cambiamento di mentalità (metanoia)? «Io vi battezzo nell'acqua per la conversione; ma colui che viene dopo di me... vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco » (Vangelo, Mt 3,11). Il Battesimo portato da Gesù, assimilato con fede, consente alla nostra libertà di impegnarsi a rispondere adeguatamente al pressante invito a convertirci. Esso è il prezioso dono di Dio che il Prefazio descrive con profonda e consolante intensità: «Padre Santo, che sei Dio di misericordia e alla punizione della colpa preferisci sempre un generoso perdono ... dalla carne di Adamo il peccato ci aveva dato la morte, dalla carne di Cristo il tuo amore infinito ci ha richiamato alla vita» (Prefazio).
Chiediamoci allora, di persona, con umile atteggiamento di conversione: che ne è del mio Battesimo? Quanti nostri fratelli battezzati sembrano averlo sepolto sotto le vicende della loro esistenza. Noi diciamo a ciascuno di questi nostri fratelli: ricordati che l'efficacia oggettiva del Battesimo in te è intatta. Attende solo una mossa della tua libertà. Come ignorare quale risorsa per l'esistenza umana, per il suo svolgersi in intensità e pienezza, sia il Battesimo quotidianamente e responsabilmente assunto? Insegna il Catechismo della Chiesa cattolica: «Dio che "abita una luce inaccessibile " (1Tm 6,16) vuole comunicare la propria vita divina agli uomini da lui liberamente creati, per farli figli adottivi nel suo unico Figlio. Rivelando se stesso, Dio vuole rendere gli uomini capaci di rispondergli, di conoscerlo e di amarlo ben più di quanto sarebbero capaci da se stessi» (CCC n. 52). Per il Battesimo e per la fede siamo quindi figli del regno. Così la liturgia ambrosiana definisce questa seconda Domenica di Avvento.
5.         La chiamata alla conversione che lo Spirito rinnova ogni Avvento perché la comunità cristiana possa preparare il Natale del Signore, ci domanda di esporci, come ha fatto San Paolo, in modo personale e comunitario, davanti a tutti i nostri fratelli uomini. La testimonianza deve essere umile, ma è inesorabile. È una testimonianza personale perché, come mostra la figura di Giovanni Battista, la venuta del Signore richiede uno stile di vita essenziale e vigilante, che non cerchi di appagare la sete di infinito del nostro cuore con l'indefinita ricerca di false e insoddisfacenti risposte parziali. Ma la testimonianza riguarda anche la nostra vita comunitaria e sociale: vivere secondo virtù -a cominciare dalle virtù teologali di fede, speranza e carità e dalle virtù cardinali di prudenza, giustizia, fortezza e temperanza - consente di prendere parte con responsabilità all'edificazione della comunità cristiana e, fatte le debite distinzioni, di contribuire a quell'amicizia civica (filìa), base della vita buona e del buon governo di cui sentiamo un gran bisogno nell'attuale frangente storico.
Una significativa espressione del Battesimo che ci fa figli nel Figlio si trova nella capacità di accoglienza, caratteristica dell'esperienza familiare. Il VII Incontro Mondiale delle Famiglie ci offrirà l'occasione di accogliere a Milano famiglie provenienti da tutto il mondo, mostrando in questo modo la bellezza della nuova parentela inaugurata dal Figlio di Dio venuto nella carne.
7. Il Battesimo di Gesù è il fuoco dell'amore dello Spirito del Risorto nel quale il cristiano è immerso (cf Vangelo, Mt 3,11). Facciamo nostre in proposito le intense parole di Santa Caterina da Siena: « Tu sei un fuoco che arde sempre e non si consuma... Tu sei fuoco che toglie ogni freddezza, e illumini le menti con la tua luce, con quella luce con cui mi hai fatto conoscere la tua verità. Specchiandomi in questa luce ti conosco come sommo bene, bene sopra ogni bene, bene felice, bene incomprensibile, bene inestimabile. Bellezza sopra ogni bellezza. Sapienza sopra ogni sapienza. Anzi, tu sei la stessa sapienza. Tu cibo degli angeli, che con fuoco d'amore ti sei dato agli uomini» (Dialogo della Divina Provvidenza, cap 167). Amen


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