martedì 1 aprile 2014

S. Roberto Bellarmino, Bellezza delle cose create (Riflessioni e conseguenze)

Se tanta è la bellezza che Dio sparse nelle creature, pensa, anima mia, quale debba essere la bellezza del
Creatore; perché nessuno può dare quello che non ha.
 E se gli uomini, presi dalla bellezza del sole e delle stelle, cedettero che questi corpi luminosi fossero altrettanti dei, «sappiamo – dice la Sapienza – quanto sia più bello il loro Creatore.
La fonte della bellezza ha fatto tutte queste cose» (Sap. 13,3).
Quanto sia grande la bellezza di Dio si conosce in primo luogo dalla ragione che tutta la bellezza delle
creature si trova concentrata in Lui nel modo più perfetto.
Si può anche argomentare dal fatto che molti Santi furono presi da un sì fervido amor di Dio, che alcuni di essi si nascosero nei deserti per non pensare che a Lui […] altri sacrificarono la propria vita fra acerbissimi dolori per giungere a contemplare l’infinita bellezza di Dio.
Ascolta quanto dice uno di questi, s. Ignazio Martire nella sua lettera ai Romani: «Vengano contro di me il fuoco, la croce, le bestie, la frattura delle ossa, e tutti i tormenti del diavolo, purché io possa goder Gesù Cristo».
Che se la bellezza divina non ancora veduta ma solo creduta e sperata potè accendere un sì infocato
desiderio, che sarà quando, squarciato il velo, si potrà contemplare nella sua essenza? Oh certo farà sì che, inebriati in un torrente di delizie, né vorremo né potremo nemmeno per un istante volgere altrove lo sguardo.
Non è meraviglia che gli angeli e i santi, i quali vedono sempre la faccia del Padre ch’è nel cielo, non provino
tedio o noia da quella vista, se Dio stesso da tutta l’eternità mirando la propria bellezza trova in essa perfetta soddisfazione; Dio beato di quella vista, null’altro brama, ed immerso, per essa, nell’oceano della felicità, non ne è mai uscito né uscirà mai.
È questa la bellezza che tu devi cercare, anima mia; ad essa devi sospirar giorno e notte dicendo col profeta: «L’anima mia ha sete di Dio fonte viva: quando verrò e mirerò la faccia di Dio?» (Ps. 41,2). […]
Non temere poi che la veemenza di questo amore possa aver alcunché di vizioso; chè anzi l’amore della
divina bellezza perfeziona i cuori non limaccia; li fa santi, non corrotti.
Ma se tu brami vedere l’increata bellezza di Dio, ti conviene adempiere ciò che dice l’Apostolo: «Perciò ci
sforziamo, sia dimorando nel corpo sia esulando da esso, di essere a Lui graditi.» (II Cor. 5,9).


S. Roberto Bellarmino, De ascensione mentis in Deum, pp. 54-56.

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