domenica 22 aprile 2007

Dal Consiglio Pastorale a tutta la Comunità

Martedì scorso – 17 aprile – c’è stata la sessione del Consiglio Pastorale, con tre argomenti all’ordine del giorno:

. la comunicazione che le attività del Centro Culturale e la Scuola del Teatro Oscar, diventeranno parte ufficiale della Parrocchia e non più facenti parte di un’associazione autonoma. E’ stata l’occasione per conoscere più da vicino i vari settori:cineforum, pellegrinaggi e visite culturali – incontri, conferenze, dibattiti e la scuola di danza che vede iscritte più di 270 bimbe e ragazze, le cui attività sono collegate con il progetto educativo dell’Oratorio.
.la preparazione di un momento di ascolto delle persone, in particolare delle famiglie, che vivono sul territorio della Parrocchia per conoscerne i problemi e in particolare le difficoltà di vivere la dimensione della fede in famiglia. Questo momento di ascolto sarà sabato 9 giugno e da domenica 29 aprile i fedeli troveranno in Chiesa una lettera che il Parroco, a nome del Consiglio Pastorale, scrive loro con la preghiera di farla pervenire anche agli amici e ai vicini.
.il “Family day” che si terrà a Roma sabato 12 maggio come occasione di esprimere una visione positiva della famiglia in questi tempi in cui vengono messi in discussione gli stessi fondamenti dell’istituto famigliare. Il Consiglio Pastorale vede con favore l’invito ai fedeli a partecipare all’incontro romano. Si cercherà attraverso il Centro Culturale – di offrire ai fedeli la possibilità di partecipare in pullman: al momento in cui si scrive questo articolo non si conoscono ancora le condizioni di partecipazione – ci si augura di avere tutti i dati entro domenica 22 aprile per poterli comunicare ai fedeli.
A tutti i consiglieri è stato consegnato il testo del disegno di legge chiamato “Dico”. Il testo verrà anche offerto ai fedeli perché lo possano leggere personalmente.
Mercoledì 9 maggio alle ore 21 sarà tra noi il magistrato dr. Giuseppe Anzani che ci spiegherà i contenuti di questo disegno di legge governativo.

giovedì 5 aprile 2007

RICORDANDO QUEI GIORNI E QUEGLI ANNI CHE SFUGGONO AL TEMPO …

Posso dire che le più profonde e vere impressioni della nostra storia comunitaria di Piccolo Gruppo di Cristo, anche se in modo parziale e approssimato, le ricordo collegate alla persona del nostro Fondatore, Ireos Della Savia, in quei primi anni cinquanta, in cui ancora non si conosceva la vicenda che si sarebbe sviluppata negli anni successivi.
Noi, che allora formavamo la gioventù di Azione Cattolica della parrocchia di S.Pio V, avvertivamo le difficoltà di quel tempo storico, che stava vivendo la Chiesa e vivevamo il disagio di una inadeguatezza delle modalità tradizionali di ciò che per noi era “la collaborazione dei laici all’apostolato gerarchico della Chiesa”, così era definita l’Azione Cattolica.
La nostra struttura diocesana era certamente vivace e dinamica, ma era presente in modo significativo la sensazione dell’urgenza di vie nuove e orizzonti nuovi, pur senza sapere cosa fare.
Possiamo anche dire che nessuno era in grado di intuire, neanche lontanamente, l’imprevedibile evento del Concilio Vaticano II, che sarebbe stato convocato non molti anni dopo. Ricordo benissimo i dibattiti appassionati su che cosa di nuovo fare per i giovani in oratorio e come avremmo potuto strutturare quelle novità, che allora erano individuate in ciò che definivamo i “Circoli giovanili”.Avevamo nel mondo cattolico personaggi come Lazzati, il Card. Lercaro a Bologna ed a Milano, dal 1955, il vescovo Mons. Montini; essi erano gli autorevoli riferimenti di una comunità ecclesiale in attesa di annunci nuovi.
In diocesi si diffondeva la conoscenza delle opere di J.Maritain e tuttavia si viveva il disagio di una Chiesa che stava perdendo la capacità di continuare quel tipo di presenza, che l’aveva contraddistinta negli anni precedenti.
I pastori dell’ambito parrocchiale rappresentavano l’allora ancora forte presenza della chiesa fra il popolo, mentre fra i laici l’unica realtà era rappresentata dall’Azione Cattolica con la nuova iniziativa di Gioventù studentesca (G.S. di don Giussani) che alcuni studenti cominciavano a far conoscere nelle parrocchie.
È assolutamente necessario conoscere questo contesto per capire lo stato d’animo di coloro che erano più impegnati in parrocchia e che già avevano le prime significative esperienze di inserimento nell’ambito più vasto della società civile per l’inizio dell’attività lavorativa, di studio in Università o anche perché qualcuno assumeva impegni in politica.
Ci trovavamo a confrontarci con un mondo che cambiava, con una Chiesa che aveva difficoltà a rendersene conto e col maturare, in noi giovani, della sensazione di una identità, sempre creduta solida ed affidabile, che si stava dissolvendo anche a fronte di nuove esperienze che prendevano piede (ad es. la già citata Gioventù studentesca).
Fortunatamente il nostro gruppo di Azione Cattolica, in S.PioV, aveva vissuto una forte tradizione di maturazione spirituale e di crescita nell’apostolato giovanile parrocchiale ed il disagio sopra descritto stimolava un crescente bisogno di prospettive, che si disegnavano sempre più radicali per quella porzione di Chiesa che conoscevamo.
È importante sottolineare che la nostra formazione culturale ed il nostro modo di sentire e di giudicare erano assolutamente pre-conciliari, mentre era significativa la realtà di giovani coscienze, che già sperimentavano la relazione cercata con il Signore Gesù per dare senso e prospettiva alla propria vita.
Il Piccolo Gruppo è nato in quegli anni ed in quella storia attraverso lo strumento di un fondatore, che nulla aveva a che fare con la nostra parrocchia, che ci era estraneo, che era apparso in modo casuale ai più e successivamente era stato introdotto fra noi dalla relazione con l’assistente don Eligio Verga.
Noi eravamo orgogliosi delle nostre identità e delle nostre strutture parrocchiali ed i “nuovi” dovevano essere in qualche modo codificati ed accettati fra noi certamente non senza una certa fatica.
Ho ben presente la prima immagine che ricordo di Ireos, ben precisa nel tipo di vestito, nei colori, nel luogo e nei tratti.
Io mi trovavo in oratorio vicino all’edicola della Madonnina e lui era solo e fermo, in piedi nella zona laterale del nostro polveroso campo di calcio, mentre io scambiavo, con un amico presente, le mie impressioni su questa nuova presenza.
La figura di Ireos era poi divenuta una realtà naturalmente accettata in Azione Cattolica fin da quei primi anni cinquanta (anni 1951 e 1952) con una presenza fra noi giovani che era ben accolta, nonostante la radicalità della sua testimonianza in azioni e parole che suscitavano comunque interesse e stima.
Dal 1952 lo abbiamo avuto presidente della GIAC (conservo ancora la tessera da lui firmata per la prima volta come presidente) ed è negli anni successivi che penso abbia iniziato ad emergere, attorno a lui, la sensazione che non bastava essere parte di una Chiesa infallibile e forte nelle sue istituzioni, nei suoi riti, nella sua liturgia e nei suoi sacramenti, ma che era importante accogliere con maggiore profondità la presenza del Signore nella nostra vita e negli eventi che la riguardavano.
Sembra banale, ma questa sensazione era un grande orizzonte a fronte di quei gravi problemi che ho voluto sopra ricordare e trasmetteva a noi giovani il modo di dare una importanza nuova ai gesti della nostra vita (erano gli anni in cui iniziavamo a lavorare, a continuare lo studio o affrontavamo per la prima volta il problema “ragazza”).
Questi nostri atti dovevano ritrovare senso in una relazione fra ambito secolare e ambito religioso a cui non eravamo abituati, e questo lo avremmo visto confermato alcuni anni dopo nella costituzione conciliare Gaudium et Spes.
Ricordo le raccomandazioni di Ireos (era presente don Eligio), prima di una mia vacanza estiva, a non lasciare la stretta della mano del Signore per tutto il tempo di ogni mia giornata: lui diceva che il braccio del Signore è tanto lungo da poterci seguire in ogni luogo.
Cominciavamo ad avvertire un linguaggio che ci riguardava personalmente e ci provocava a ritrovare il “senso” della nostra vita ed è in tutti questi ricordi che vedo qualcosa di simile ad un “prologo” al Piccolo Gruppo di Cristo.
Fu all’inizio dell’anno 1957 che Ireos propose ad alcuni di ritrovarsi a meditare sul Vangelo di Luca e sulle lettere di San Paolo, per iniziare un’esperienza che mi apparve subito come qualcosa di nuovo e importante pur non avendo ben chiaro di cosa si trattasse.
Se ne parlò subito con alcuni che frequentavamo più assiduamente e ricordo bene il primo incontro con don Eligio, in casa sua (in quegli anni era impensabile una iniziativa di questo genere senza il sacerdote) ed anche la sensazione percepita che il nostro assistente, per altri suoi impegni, non avrebbe potuto seguirci.
Per questo fatto la cosa ha rischiato di cadere.
L’iniziativa, pur fermandosi per qualche tempo, rimase ancora “possibile” nelle intenzioni di alcuni, che tuttavia prendevano coscienza che non avremmo avuto con noi il nostro assistente religioso.
Il ritrovarci così isolati ci poneva in una situazione difficile in quegli anni preconciliari, in cui una iniziativa autonoma di laici non pareva possibile e tanto meno una presenza della chiesa nel “secolo” attraverso laici “impegnati” nelle realtà secolari.
La lettura di quella parte di evento è facilitata dalla conoscenza della storia che oggi ne abbiamo, ma devo dire che ricordo bene il disagio di quella pausa obbligata, anche se alcuni si rendevano conto che gli incontri erano una opportunità che non si poteva perdere: non ne conoscevamo il preciso motivo, ma intuivamo che così doveva essere.
Pur nella comprensibile confusione, ricordo di avere espresso ad Ireos il parere che dovevamo continuare quel cammino interrotto, a patto che fosse per sempre. Se ne parlò fra di noi, anche con alcuni che non aderirono, e, credo prima dell’estate 1957, cominciammo a ritrovarci in sei o sette, guidati da Ireos, in un locale seminterrato della chiesa di S.PioV, adiacente al salone del cinema.
Attorno a questi incontri e accomunati dalla certamente importante presenza in Azione Cattolica (Ireos ne era ancora il presidente), il Gruppo iniziava un cammino semplice nei suoi aspetti evidenti, senza il patrocinio di alcuna autorità, affinando al suo interno quel progetto di vita che si stava identificando nel “Carisma” e che, in modo naturale, si ritrovava come parte della Chiesa di Milano.
Ricordo bene che avevamo coscienza di non compiere niente di straordinario e che il nostro ritrovarci era, in quell’inizio, prevalentemente un bisogno di approfondire la nostra fede per ritrovare il dono di una maggiore fedeltà e coerenza con il Vangelo di Gesù di Nazareth.
Il “sapore” del Carisma credo sia stato avvertito progressivamente, poco a poco, sotto la guida spirituale del Fondatore (allora era l’unico “responsabile” del Gruppo) che, ricordo bene, richiamava tanto la necessità della fedeltà alla preghiera, quanto l’impegno nella scelta e nello svolgimento dei nostri adempimenti secolari.
Io mi immaginavo, in quegli anni, che stessimo facendo l’esperienza di una super-Azione Cattolica, mentre vediamo oggi che si trattava di una realtà completamente diversa che solo alla luce dei documenti del Concilio Vaticano II (conclusosi otto anni più tardi) poteva essere letta nel suo significato più essenziale.
Ho detto solo di alcuni fatti che riguardano i primissimi tempi della nostra storia, così come li ricordo con la sensibilità di oggi e quindi con l’intuizione che ben difficilmente potremo mai “sapere” tutto della presenza dell’Amore di Dio per i suoi figli ed in particolare il misterioso “tutto” di quei nostri primi anni.
Francesco Duca, uno dei primi aderenti al Piccolo Gruppo di Cristo

La comunità "Piccolo Gruppo di Cristo" compie cinquant'anni

Il l0 febbraio 1957 alcuni giovani della parrocchia di San Pio V di Milano iniziarono ad incontrarsi, in un locale dell'oratorio, con lo scopo di accogliere la salvezza ottenuta da Gesù Cristo e, contemporaneamente, di aiutare il prossimo a seguire il Signore: in questo modo ebbe origine la Comunità “Piccolo Gruppo di Cristo”.
Per celebrare il cinquantesimo di fondazione la Comunità ringrazierà il Signore
sabato 21/4 alle ore l0.00, nella chiesa parrocchiale di San Pio V, dove essa nacque, con una Santa Eucaristia presieduta da S.Ecc. Monsignor Luigi Stucchi, vescovo ausiliario del cardinale Tettamanzi
Dal 1984 la Comunità è riconosciuta dalla Chiesa di Milano come associazione privata di fedeli laici e da alcuni anni ha la sua sede a Desio, in via San Pietro, 20.
Una delle sue caratteristiche principali è la compresenza al suo interno di celibi e di sposi; ciascuno vive nella propria casa una vita “intessuta di preghiera”, cercando “la perfezione della carità nelle realtà quotidiane, mediante una più completa donazione a Dio”.
La regola del “Piccolo Gruppo di Cristo” è stabilita sui cardini di ogni forma di consacrazione: la povertà, come sorgente di vita interiore, nella solidarietà con chi è nel bisogno; la castità, come dominio sul proprio cuore e sul proprio corpo, vissuto in rapporto alla specificità del proprio stato di vita; l'obbedienza alla volontà di Dio, ricercata nel discernimento, nell'ascolto del magistero del Papa e dei Vescovi, ma anche nella cura del vissuto all'interno della società.
Il Gruppo è presente, oltre che in alcune diocesi lombarde, anche a Roma, Treviso, Padova, Venezia, Trieste e Pistoia.
Tra le iniziative già attuate per il cinquantesimo, il momento più significativo è stato il pellegrinaggio alle Basiliche Papali di Roma dal 9 all’11 febbraio. Il punto centrale è stato vissuto nella celebrazione Eucaristica in San Pietro all’altare della Cattedra: la Santa Messa è stata presieduta da S. Em. il cardinale Attilio Nicora, che da tempo segue il cammino del Gruppo.
Dopo la Santa Messa alcuni responsabili ed il fondatore sono stati ricevuti in udienza privata da S.S. Benedetto XVI, che ha incoraggiato il Gruppo a proseguire in un cammino di vita evangelica e di servizio alla Chiesa.



Il pellegrinaggio si è concluso domenica 11/2 con la celebrazione Eucaristica presieduta da S.Em. il cardinale Georges Cottier O.P. nella basilica di San Paolo fuori le mura.
                     Comunità “Piccolo Gruppo di Cristo”

Via San Pietro, 20 - 20033 Desio (MI)
Tel. 0362.621651

domenica 1 aprile 2007

Quaresima di fraternità 2007-Un ospedale nella Savana

Il mandato missionario che il Signore risorto ha affidato agli apostoli», si legge nel Sinodo (Cost. 277) «è rivolto a tutte le Chiese e quindi alla Chiesa ambrosiana.
Essa, perciò, si sente corresponsabile con tutte le Chiese nella evangelizzazione dei popoli: ne vede la gravità e l’urgenza e considera come costitutivo della sua azione pastorale il dovere di annunciare il Vangelo a tutte le nazioni, in luoghi e ambiti culturali e religiosi diversi». «La Chiesa che è in Milano», si legge inoltre (Cost. 279) «ritiene che la cooperazione tra le chiese sia oggi, per lei, la forma pastorale più appropriata per rispondere al mandato missionario».
“nel tempo della Quaresima
 dobbiamo ripensare all’amore di Dio
 per noi e riversare questo amore sul prossimo”


(dal messaggio quaresimale 2007 del Santo Padre Benedetto XVI)

Come ogni anno del “tempo forte” della Quaresima, la nostra Diocesi Ambrosiana da mandato all’Ufficio della Pastorale Missionarie e alla Caritas Diocesana di promuovere una campagna di aiuti concreti verso le popolazioni in difficoltà nei vari paesi del mondo.
Le otto comunità parrocchiali del nostro decanato Romana- Vittoria hanno deciso di partecipare, con le rinunce quaresimali del fedeli, all’iniziativa:




UN OSPEDALE NELLA SAVANA

Attrezzature per il laboratorio di analisi a TSHIMBULU, Kasai occidentale, Repubblica Democratica del Congo.
IL PROGETTO: Attrezzature per il laboratorio di analisi
LUOGO: Tshimbulu, regione del Kasai Occidentale (centro sud della Rep. Dem. Congo)
DESTINATARI: Popolazione in generale
OBIETTIVI GENERALI: Allestire un laboratorio di analisi nell’ospedale costruito dalla Diocesi di Tshimbulu e dalla ong COE (Centro Orientamento Educativo) di Barzio.
CONTESTO: La Repubblica Democratica del Congo è un grande paese ricco di risorse, ma impoverito da decenni di guerra civile che ha paralizzato la vita economica e sociale.È oggi al 142esimo posto su 162 della classifica dei paesi più poveri. L’assistenza sanitaria, soprattutto nelle regioni più remote del paese, è carente. Per questo motivo nel 2000 la Diocesi di Tshimbulu ha chiesto alla ong COE di costruire un ospedale che servirà una popolazione di circa 60.000 persone. In questi anni la costruzione dell’ospedale è proseguita con lentezza per le difficoltà incontrate a causa della guerra civile. Oggi l’ospedale è pronto e sono in procinto di entrare in funzione i padiglioni adibiti ad ambulatori, la maternità con 16 posti letto, il blocco operatorio, il reparto degenza con 20 posti letto e gli uffici.
INTERVENTI: L’ospedale di Tshimbulu ha bisogno anche di un laboratorio di analisi per poter effettuare correttamente le diagnosi. Sono necessari microscopi, bilance, reagenti, frigorifero,analizzatore e altre attrezzature.
IMPORTO DEL PROGETTO: Euro 30.000
Si prega di sostenere questa importante iniziativa di amore concreto e diffonderla nei vostri gruppi.
Un grazie a tutti.
             Gruppo di animazione missionaria
Suor Katia, Sr. Emma, Egidia Perini, Giovanni Pezzaglia

LE OFFERTE SI RACCOLGONO NELLA CASSETTA DAVANTI
ALLA CROCE QUARESIMALE SULL’ALTARE

Accesso alle cure: meno di un paziente su due ha accesso a servizi di base.
Secondo il rapporto di MSF, durante il periodo di osservazione, tra il 45% e il 67% delle persone intervistate non ha avuto accesso ad alcun tipo di assistenza medica di base.
I costi per i servizi sanitari esistenti rimangono essenzialmente sulle spalle dei pazienti. Poiché la maggior parte dei congolesi sopravvive con 30 cent di dollaro al giorno, i costi dell’assistenza sanitaria di base sono ben al di sopra dello scarno budget di una famiglia tipo congolese.
Di conseguenza, le persone cercano assistenza medica quando è ormai troppo tardi.
Di fronte a questi dati è totalmente inaccettabile pensare che una popolazione così indigente possa sostenere un contributo anche simbolico per avere accesso alle cure.
“In Congo persino un ticket estremamente basso costituisce una barriera insormontabile per molte persone” – aggiunge Meinie Nicolai.I costi non rappresentano però l’unico ostacolo. L’intero sistema sanitario è stato completamente abbandonato a se stesso e non può sperare di coprire i bisogni sanitari delle popolazioni congolesi. Il personale medico locale, dimenticato quanto i pazienti di cui dovrebbe prendersi cura, è costretto a lavorare in condizioni indecenti. Inoltre a causa delle enormi distanze e della mancanza delle infrastrutture, per i pazienti è un’impresa ardua persino riuscire a raggiungere un centro di salute. Se e quando riescono ad arrivarci, spesso si trovano di fronte l’amara sorpresa di scoprire che le medicine non sono disponibili.La situazione sanitaria catastrofica per il popolo congolese continua e dovrebbe essere considerata come una questione di estrema urgenza.
PER INFORMAZIONI E DOCUMENTAZIONE
Caritas Ambrosiana – Area Internazionale
Via S. Bernardino, 4 – 20122 Milano
Tel.: 02.76037.271/324
Internazionale.ambrosiana@caritas.it
http://www.caritas.it/
Ufficio per la Pastorale Missionaria
Piazza Fontana 2 – 20122 Milano
Tel.: 02.8556.393
Mmailto:Missionario@diocesi.milano.it
www.chiesadimilano.it/missionario



Approfondimenti

Repubblica Democratica del Congo, Una situazione sanitaria catastrofica Kinshasa/Nairobi/Roma
15 Novembre 2005
Drammatici indici di mortalità, assenza di cure mediche, impossibilità di accesso per la maggior parte dei pazienti dove esistono strutture sanitarie: nonostante la pace sia stata ristabilita in gran parte della Repubblica Democratica del Congo (RDC), la situazione sanitaria per la popolazione rimane allarmante. In diverse regioni del paese gli indicatori sanitari invece di migliorare sono peggiorati. È questo il grido di allarme che Medici Senza Frontiere (MSF) lancia in occasione della pubblicazione del suo ultimo rapporto dal titolo:
"Accesso alle cure, mortalità e violenza in RDC". Nel 2001, quando la guerra infuriava in Repubblica Democratica del Congo, MSF aveva fatto appello alla comunità internazionale affinché rispondesse alla catastrofica situazione sanitaria. All’epoca MSF aveva realizzato una serie di indagini in cinque zone, attraverso quattro province della RDC, che avevano rivelato quanto fosse drammatica allora la situazione. Nel 2005 i risultati di cinque nuove inchieste, condotte in tempo di pace, mostrano chiaramente un quadro ancora più nero di quello emerso quattro anni fa. Tasso di mortalità catastrofico.I risultati delle indagini sono allarmanti: il tasso di mortalità rilevato indica una situazione di emergenza continua in quattro delle cinque zone studiate. Ancora più preoccupante è il fatto che gli indicatori per tre delle cinque zone indicano una crisi sanitaria catastrofica, anche in regioni non colpite dal conflitto e dalla violenza. "Gli elevati tassi di mortalità in RDC non sono confinati esclusivamente nelle aree in cui ilconflitto è tuttora in corso" - afferma Meinie Nicolai, Direttrice di MSF per le operazioni nei Grandi Laghi. "Miseria e povertà uccidono altrettante persone". La maggioranza delle vittime soffrono e muoiono a causa di malattie infettive come malaria, infezioni respiratorie o diarree: tutte patologie evitabili.