venerdì 25 gennaio 2013

Cristiani: Un cuore ed un’anima sola - San Josèmaria Escrivà


Chiedi a Dio che nella Santa Chiesa, nostra Madre, i cuori di tutti siano, come nella primitiva cristianità, un solo cuore, perché fino alla fine dei secoli si compiano davvero le parole della Scrittura: “Multitudinis autem credentium erat cor unum et anima una” — la moltitudine dei fedeli aveva un cuore solo e un'anima sola.

— Ti parlo molto sul serio: che per causa tua non venga lesa questa santa unità. Portalo alla tua orazione!
Forgia, 632

Offri l'orazione, l'espiazione e l'azione per questo fine: “Ut sint unum!” — perché tutti noi cristiani abbiamo una sola volontà, un solo cuore, un solo spirito: perché “omnes cum Petro ad Iesum per Mariam!” — tutti, ben uniti al Papa, andiamo a Gesù, per mezzo di Maria.
Forgia, 647

Fammi tutti i giorni una preghiera per questa intenzione: che tutti noi cattolici siamo fedeli, che ci decidiamo a lottare per essere santi. — È logico!, che altro possiamo desiderare per coloro che amiamo, per coloro che sono legati a noi con il forte legame della fede?
Forgia, 925

Parole di Gesù: “E io vi dico: chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto”. Prega. In quale affare umano ti possono dare maggiori garanzie di successo?
Cammino, 96

Allargare il cuore
Io venero con tutte le mie forze la Roma di Pietro e di Paolo, bagnata dal sangue dei martiri, centro di espansione per tanti che hanno propagato nel mondo intero la parola salvifica di Cristo. Essere romano non racchiude nessun significato di particolarismo, bensì di ecumenismo autentico; presuppone il desiderio di allargare il cuore, di aprirlo a tutti con l'ansia redentrice di Cristo, che tutti cerca e tutti accoglie, perché tutti ha amato per primo.
La Chiesa nostra Madre, 28

L'effusione dello Spirito Santo, facendoci divenire simili a Cristo, ci porta a riconoscerci come figli di Dio. Il Paraclito, che è carità, ci insegna a impregnare di questa virtù tutta la nostra vita; e consummati in unum, fatti una cosa sola con Cristo, possiamo diventare tra gli uomini quel che Sant'Agostino afferma dell'Eucaristia: Segno di unità, vincolo dell'Amore.
È Gesù che passa, 87

Vivere l'unità
Con che meravigliosi accenti il Signore ha esposto questa dottrina! Moltiplica le parole e le immagini affinché possiamo comprenderlo, perché resti ben impressa nella nostra anima questa passione per l'unità: «Io sono la vera vite, e il Padre mio è il vignaiolo. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie via; e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché frutti di più ... Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può recare frutto da sé stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla» [Gv 15, 1-5].
La Chiesa nostra Madre, 20

Parte essenziale dello spirito cristiano è vivere non solo in unione con la Gerarchia ordinaria - Romano Pontefice ed Episcopato -, ma anche sentendo l'unità con gli altri fratelli nella fede. Da molto tempo ho visto che una delle maggiori iatture della Chiesa ai nostri giorni è l'ignoranza che hanno molti cattolici della vita e delle opinioni dei cattolici negli altri Paesi e negli altri ambienti della società. Bisogna far rivivere quella fraternità che i primi cristiani sentivano così profondamente. In tal modo ci sentiremo uniti, amando al tempo stesso la varietà delle vocazioni personali. E si eviteranno molti apprezzamenti ingiusti e offensivi che determinati gruppetti diffondono nell'opinione pubblica - in nome del cattolicesimo! - contro i loro fratelli nella fede che in realtà agiscono con rettitudine di intenzione e spirito di sacrificio, tenendo conto delle circostanze concrete del loro Paese. 
Colloqui, 61

Ti stupivi perché approvavo la mancanza di “uniformità” nell'apostolato in cui lavori. E ti ho detto: Unità e varietà. —Dovete essere diversi come diversi sono i santi nel cielo, ognuno dei quali ha le sue proprie note personali e specialissime. E, anche, dovete assomigliare gli uni agli altri come i santi, che non sarebbero santi se ognuno di loro non si fosse identificato con Cristo.
Cammino, 947

Per tanti momenti della storia, che il diavolo si premura di ripetere, mi è sembrata una considerazione molto azzeccata quella che hai scritto sulla lealtà: «Porto tutto il giorno nel cuore, nella testa e sulle labbra una giaculatoria: Roma!».
Solco, 344

Vorrei ricordarvi, per cominciare, queste parole di san Cipriano: «La Chiesa universale ci appare come un popolo che fonda la sua unità nell'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo».
La Chiesa nostra Madre, 1

Con l'aiuto reciproco
Pensa a tua Madre la Santa Chiesa, e considera che, se un membro soffre, tutto il corpo soffre. — Il tuo corpo ha bisogno di ciascuna delle sue membra, ma ciascun membro ha bisogno dell'intero corpo. — Guai, se la mia mano smettesse di compiere il suo dovere..., o se il cuore cessasse di battere!
Forgia, 471

Ti sarà più facile compiere il tuo dovere se pensi all'aiuto che ti prestano i tuoi fratelli e all'aiuto che tu smetti di dar loro se non sei fedele.
Cammino, 549

Il punto di riferimento: Pietro
Non esiste un'altra Chiesa Cattolica, diversa da quella che, edificata sull'unico Pietro, si innalza per l'unità della fede e per la carità in un solo corpo coerente e compatto». Contribuiamo a rendere più evidente agli occhi di tutti questa apostolicità, manifestando con squisita fedeltà l'unione al Papa, che è unione a Pietro. L'amore al Romano Pontefice deve essere in noi vibrante e appassionato, perché in lui vediamo Cristo. Se parliamo col Signore nella preghiera, acquisteremo uno sguardo limpido, che ci farà distinguere, anche negli avvenimenti che a volte non capiamo e che ci causano lacrime e dolore, l'azione dello Spirito Santo.
La Chiesa nostra Madre, 30




giovedì 24 gennaio 2013

Lettera aperta a don Piero Corsi di S. E. Mons. Andrea Gemma

Caro don Piero, sono vescovo ed anche se da alcuni anni emerito non ho perso la buona abitudine, che avevo nella mia diocesi, piccola e bella, di essere sempre affettuosamente vicino ai miei sacerdoti. Ero per loro oltre che fratello e Padre, anche un solido scudo contro le facili, troppo facili aggressioni di un mondo secolarizzato di cui Gesù ha detto ”è tutto sottoposto al maligno”(Gv. 5,19). Ricordo che una volta nella pagina locale di un grande giornale nazionale si leggeva un titolo a piena pagina di questo tono: ”guai a chi tocca i miei preti!”.

Se mi permetti caro don Piero, voglio trattarti come membro del mio presbiterio per dirti subito con la sincerità che tutti mi riconoscono, che ti sono quanto mai vicino, pronto a difenderti a spada tratta da quel cumulo di illazioni, di invenzioni e di calunnie contro di te. Per correttezza, devo dire che non ho seguito sino in fondo con particolare acume tutto ciò che nei giorni scorsi, si è riferito alla tua persona riguardo ad un tuo gesto di cui tu stesso forse non hai misurato appieno la portata. Non sai, fratello mio che noi figli della Chiesa, noi sacri ministri abbiamo continuamente gli occhi altrui puntati addosso per coglierci in fallo, per trovare l’occasione, spessissimo il pretesto per buttarci addosso tutta la bava velenosa che il maligno coltiva accuratamente nel cuore marcio e nella penna bacata di sedicenti informatori, in realtà corruttori della pubblica opinione?

E’ ciò che è successo a te per il gesto che hai compiuto. Probabilmente tu in certo modo, esasperato come capita a noi, moralizzatori per definizione quando siamo stomacati, fino alla sazietà di fronte all’impudicizia, alla esposizione indebita del corpo umano, all’incitamento ai più bassi istinti dell’uomo dell’ uomo maschio e ci decidiamo, sentendolo come un dovere a sporgere la più netta denuncia, in nome di colui che ha detto ”guai al mondo per gli scandali”(Mt. 18,7). E’ quello che tu hai fatto, mettendo in carta ed in pubblica esposizione la tua denuncia.

Forse qui hai imprudentemente esagerato. Te lo ha detto paternamente anche il tuo vescovo, al quale anche io mi associo.

Se dovessi essere il giudice nei tuoi confronti cosa che il Vangelo mi impedisce invocherei tutte le attenuanti generiche e particolari per diminuire l’impatto pubblico della tua denuncia.

Adesso che la cosa è accaduta, adesso che gli scarabei di professione hanno massacrato indebitamente coi loro denti acuminati la tua dignità io ti dico: "Ti comprendo, ti scuso completamente e ti abbraccio come fratello carissimo. Se ti fa piacere, ti dirò che più volte anche al sottoscritto-amante come tutti i cristiani della ”parresia” apostolica è capitato qualcosa di simile, sia a livello locale, sia addirittura a livello nazionale, quando ad esempio osai pubblicamente biasimare il comportamento indecoroso di qualche esponente politico.

Mi vennero addosso recriminazioni persino dai miei superiori religiosi di altissimo rango e poi la sequela di tutti gli altri pronti a cogliere con infinito compiacimento l’occasione per andare contro ad un ministro di Dio, pastore della Chiesa.

Caro don Piero spero che ti passi presto l’amarissima sofferenza che hai patito e il suo ricordo.
Sono convinto che hai seguito soltanto la tua coscienza che ti imponeva un certo dovere. Se vuoi un consiglio, che ho trovato sempre utilissimo, cerca di circondarti di un manipolo di fedeli laici d’ambo i sessi, che ti vogliano bene, che ti aiutino sinceramente, pronti anche a segnalarti in segreto qualche tua manchevolezza, e prima di attuare qualche gesto in qualunque modo straordinario, cerca di consultarti con loro in privato e segui il loro giudizio, vedrai che ti troverai bene..

Adesso voglio sperare che sia nella tua parrocchia che nel suo circondario e anche nella tua diocesi tu possa trovare solidarietà, affetto, vicinanza leale e anche l’incoraggiamento a continuare il tuo impegno apostolico per amore di quel Gesù che ha detto: ”Sarete odiati da tutti a causa del mio nome” (Mt. 10, 22).

Ti abbraccio, nell’attesa di conoscerti di persona. Ti auguro un buon anno pastorale (ti prego vivissimamente non cedere mai alla tentazione della fuga).

Dio ti benedica.† Andrea Gemma Vescovo.

Roma 31/12/2102

 
 

 

mercoledì 23 gennaio 2013

“Beati i poveri di spirito, perché di essi è il Regno dei Cieli” (Mt 5,3) - S. Vincenzo Pallotti


 Il mio divin Figliolo Gesù ai suoi discepoli e al numeroso popolo che famelico del pane celeste della sua divina parola lo seguiva, così parlò: “Beati i poveri di spirito, perché di essi è il Regno dei Cieli”.

Il mio Figliolo volle dire che la vera beatitudine si consegue nel tenere il cuore distaccato dai beni terreni. Giungeranno infatti a possedere il Regno dei Cieli coloro che sono veramente distaccati dai beni terreni per unirsi al vero bene che è Iddio.

Ora, con affetto materno voglio che tu avverta che le massime del mondo, mondo che si stima illuminato e sapiente, sono contrarie a quelle di Gesù che è la Sapienza del Padre.

Pensa che il mondo, che vive nelle tenebre dell’eterna perdizione, chiama beati coloro che hanno il loro cuore occupato nelle ricchezze della terra, e che procurano di aumentarle, e che ne usano in modo così disordinato da dimenticare perfino l’affare importantissimo della salvezza della loro anima.

Al contrario, come insegna a tutti il discepolo diletto Giovanni, mio devoto: il mio Figliolo divino è luce di paradiso che illumina ogni uomo che vive nel mondo (Gv 1).

I suoi insegnamenti sono un saggio della sapienza infinita.

Chi segue le sue dottrine vive nella luce della verità, e si dispone a contemplare perpetuamente e a godere i tesori della infinita Sapienza, della Verità eterna.

Rifletti: il mio cuore materno esulta in Dio per la grazia che il Padre celeste ti ha concesso di ricordarti oggi, per mezzo mio, quella dottrina di paradiso insegnata con amore infinito dal mio Figliolo per assicurare alle anime il possesso eterno del Paradiso. Ti impegnerai perciò a profittare di questa grazia.

Ma se ti accadesse di sentire, fra i rigori della povertà, più gravoso il peso dell’umanità, pensa, figlio a questo: l’Altissimo ha già veduto, nella luce inaccessibile della sua infinita Sapienza che la penuria dei beni temporali sarebbe stata opportuna ai poveri figli di Adamo per tenere il cuore più distaccato dalla terra e più indirizzato al cielo.

Ed ha anche già veduto che il maggior numero dei suoi seguaci egli lo avrebbe trovato fra i poverelli che sono nel mondo; e perciò, onde animarli tutti ad amare la povertà del loro stato, lui, con amore infinito, si è fatto povero, è nato povero, è vissuto povero, è morto povero.

Ha scelto per Madre me, ma povera, per padre putativo Giuseppe, ma povero, gli Apostoli, ma poveri, ed ha formato sempre le sue più care delizie fra i poverelli.

Per questo, o figlio, voglio che tu nella tua povertà non perda i tesori della povertà di Gesù Cristo. Egli con amore infinito ha abbracciato la povertà estrema non solo per esserne perfetto esemplare, ma ancora per acquistare alle anime redente un sacro diritto di avere tutti quegli aiuti della grazia che sono necessari per soffrire con merito il peso della povertà

Non ricuserai perciò di ricorrere sempre a me con fiducia filiale, ed io, con affetto materno, ti aiuterò ad offrire al Padre celeste i meriti infiniti della povertà del mio figliolo Gesù.

La virtù dell’Altissimo discenderà sopra di te, vivrai sempre paziente, anche nella più estrema povertà, e non farai mai un lamento ingiurioso contro la Divina Provvidenza".

S. Vincenzo Pallotti, da "Maria ci parla".