Una comunità non è tale che quando la maggioranza dei membri sta facendo il passaggio da "la comunità per me" a "io per la comunità", cioè quando il cuore di ognuno si sta aprendo ad ogni membro, senza escludere nessuno. E il passaggio dall'egoismo all'amore, dalla morte alla resurrezione: è la pasqua, il passaggio del Signore, ma anche il passaggio da una terra di schiavitù a una terra promessa, quella della liberazione interiore.
La comunità non è coabitazione, perché questo è una caserma o un albergo. Non è una squadra di lavoro e ancor meno un nido di vipere! E quel luogo in cui ciascuno, o piuttosto la maggioranza (bisogna essere realisti!) sta emergendo dalle tenebre dell'egoismo alla luce dell'amore vero.
L'amore non è né sentimentale né un'emozione passeggera. E una attenzione all'altro che a poco a poco diviene impegno, riconoscimento di un legame, di un'appartenenza vicendevole. E ascoltare l'altro mettersi al suo posto, capirlo, interessarsene. E rispondere alla sua chiamata e ai suoi bisogni più profondi. E compatirlo, soffrire con lui, piangere quando piange, rallegrarsi quando si rallegra. Amare vuol dire anche essere felici quando l'altro è lì, tristi quando è assente; è restare vicendevolmente uno nell'altro, prendendo rifugio uno nell'altro. "L'amore è una potenza unificatrice", dice Dionigi l'A- reopagita.Se l'amore è essere teso verso l'altro, è anche e soprattutto tendere entrambi verso le stesse realtà; è sperare e volere le stesse cose; è partecipare della stessa visione, dello stesso ideale.
(Jean Vanier)
Fonte: “ La comunità luogo del perdono e della festa” di Jean Vanier
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