“I primi bisognosi siamo noi”: con queste parole Carlo Campolongo, responsabile del Banco Alimentare della Lombardia, ha voluto mettere a fuoco il discorso sulla carità nell’incontro tenutosi nella Parrocchia di S.Eugenio nel periodo dell’Avvento. Niente pietismi, assistenzialismi o filantropismi: siamo noi, ha continuato Campolongo, ad avvertire per primi il bisogno di significato, di senso per la nostra vita, cioè, in una parola, di felicità. Ed è per questo che sentiamo un innato desiderio di venire incontro al bisogno, anche concreto, dell’altro, che diventa nostro prossimo. Un desiderio che, se abbracciato nella verità dell’uomo, riesce a produrre opere che, grazie al “miracolo della carità”, come lo ha chiamato più volte Campolongo, diventano davvero grandi.
È il caso del Banco Alimentare, nato dall’incontro del Cavalier Fossati, fondatore della Star, e di don Luigi Giussani, fondatore di Comunione e Liberazione, che hanno voluto portare in Italia un’esperienza nata negli anni ’60 negli Stati Uniti.L’idea è semplice, ma geniale: raccogliere tutte le eccedenze alimentari che altrimenti andrebbero buttate o sprecate e utilizzarle come alimenti per chi ha bisogno. Le fonti principali dai quali il Banco ottiene alimenti sono diverse, come ci ha spiegato Campolongo: le eccedenze europee dell’agricoltura, che in passato venivano semplicemente distrutte; le eccedenze di produzione delle aziende alimentari; e i supermercati, che offrono al Banco gli alimenti che sono ormai prossimi alla scadenza e che quindi non possono più essere messi sugli scaffali. Ultimamente, vengono anche raccolti gli avanzi freschi di ristoranti e alcune mense scolastiche, che vengono poi ridistribuite nel corso della stessa giornata ai refettori per i più bisognosi. Quest’ultima attività è stata possibile grazie al recentissimo varo in Italia di una legge, chiamata “del buon samaritano”, che è stata appoggiata proprio dal Banco. Gli alimenti raccolti dal Banco vengono poi distribuiti attraverso enti convenzionati, che consegnano i “pacchi” direttamente alle famiglie segnalate. Ed è dagli incontri che avvengono tra i volontari e le famiglie che nascono le occasioni più vere di crescita per entrambi. “Il Banco non vuole essere un semplice ente assistenziale”, spiega Campolongo, “ma un’occasione per rimettere in pista degli uomini che non si sentano più definiti dalla loro condizione di indigenza. Perché non esistono circostanze favorevoli o sfavorevoli; esistono circostanze che consentono di incontrare il significato della propria esistenza”. Per questo l’aiuto del Banco avviene sempre dentro un rapporto umano, un rapporto che arricchisce innanzitutto chi ci lavora. “Faccio il volontario perché serve a me; e se serve a me, serve anche gli altri”, ha affermato Campolongo. C’è una possibilità per tutti di partecipare, almeno per un giorno, a questa grande opera: la giornata della Colletta Alimentare, durante la quale viene proposto a chi va a fare la spesa davanti ai supermercati di acquistare degli alimenti in più che vengono subito raccolti e portati ai magazzini del Banco. Anche in questo caso, la carità compie davvero miracoli: nella Colletta del 2008, ad esempio, si sono raccolte in un solo giorno quasi 9.000 tonnellate di alimenti. “È come se quella sera si formasse una coda di più di 100 TIR che vanno a portare il cibo a chi ha più bisogno”, racconta Campolongo, “e vi assicuro che 100 TIR in coda sono davvero tanti, non finiscono mai...”. Particolarmente significativo, poi, che per riempire quei “TIR” venga messa in moto tanta gente, sia i volontari davanti ai supermercati, sia tutte le persone che decidono di fare la spesa anche per il Banco. “È un gesto umano che porta in sé il suo significato», dice Campolongo; “la gente è spinta a uscire di casa, a seguire i suggerimenti per la scelta degli alimenti da prendere, a consegnarli a chi poi li porta fisicamente nei centri di raccolta; è molto diverso da quanto accade, ad esempio, in una semplice raccolta di denaro”.
È una catena di persone che rinnova il miracolo della carità e che, come recita la frase che accompagna il gesto della Colletta, condivide i bisogni per condividere il senso della vita.
E che, ce lo auguriamo, continuerà ad aumentare sempre di più quella già lunga coda di TIR.
Alfredo Di Stefano
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