mercoledì 8 dicembre 2021
Preghiera di sant'Ambrogio
lunedì 1 novembre 2021
Preghiera ai Santi del Paradiso
volgete pietosi lo sguardo sopra di noi,
ancora peregrinanti in questa valle di dolore e di miserie.
Voi godete ora la gloria che vi siete meritata
seminando nelle lacrime in questa terra di esilio.
Dio è adesso il premio delle vostre fatiche,
il principio, l'oggetto e il fine dei vostri godimenti.
O anime beate, intercedete per noi!
Ottenete a noi tutti di seguire fedelmente le vostre orme,
di seguire i vostri esempi di zelo
e di amore ardente a Gesù e alle anime,
di ricopiare in noi le virtù vostre,
affinché diveniamo un giorno
partecipi della gloria immortale. Amen.
domenica 27 giugno 2021
Questo giorno è tuo!
Fin dal risveglio,
prima che gli affanni del giorno mi assalgano,
il mio pensiero si volge a te, mio Dio.
Grazie per questo riposo che mi hai concesso,
per le forze che ho ritrovato
e che vorrei mettere al tuo servizio
durante tutta la giornata.
In tutto questo giorno mi appoggerò a te
che nessuna catastrofe colpisce,
che il peccato degli uomini
può offendere ma non allontanare,
a te che nulla sorprende,
poiché tu sei la provvidenza del mondo.
Così a te mi rivolgo con sicurezza
all’inizio di questa giornata,
in te pongo la mia fiducia.
Sèrviti di me
perché si compia il bene.
Questo giorno è tuo.
Fa’ che io lo trascorra
facendo la tua volontà.
Amen
domenica 13 giugno 2021
La pozzanghera - don Bruno Ferrero
sabato 29 maggio 2021
Le stelle, la luna e le nuvole
Il Signore dell’eternità, aveva creato
il giorno e la notte. E la notte era tenebrosa, nessun essere vivente ardiva
avventurarsi nel suo buio spaventevole. Una volta un bimbo si svegliò prima
dell’alba. Nell’ombra densa cercò sua madre che dormiva con lui nel povero
giaciglio della capanna solitaria.
La cercò annaspando con le manine, balbettando un’amorevole invocazione.
Non sentì il corpo tiepido accanto al suo, non udì la risposta della dolce
voce. L’ansia e il dolore lo gettarono dal lettuccio. Fece qualche passo nella
capanna, riuscì a trovare la porticina, uscì. All’aperto, le tenebre gli
parvero più fitte. Avanzò carico di sgomento.
Il Genio dell’aria, che vede la terra
anche quando è immersa nelle tenebre, volle aiutare il piccolo innocente. Si
recò dal Fuoco:
- Un bimbo cerca la sua mamma. E cammina nel buio. Accendi un lume per la
povera creatura, che non si perda.
- Che farebbe un lume solo in tutto
quel buio? – meditò il Fuoco.
Diede una lampada a ciascuno dei suoi
molti figli.
Poi disse:
- Recatevi a passeggiare per gli spazi.
I ragazzi ubbidirono felicissimi della
novità..
Il povero bimbo della terra vide tanti lumicini in cielo: le stelle.
E gli fu possibile scorgere la mamma che, oppressa dal caldo, era andata ad
accoccolarsi sotto un albero, in cerca di un po’ di frescura.
La notte seguente un cattivo uomo uscì
di casa con la malvagia intenzione di recarsi a uccidere un suo nemico. I figli
del Fuoco, che oramai provavano un gusto matto a correre per gli spazi,
agitavano le loro lanterne con le fiammelline rosse, verdi, gialle. E il
perfido uomo, agevolato dalla luce, moveva con crudele soddisfazione verso
l’odiatissimo nemico.
Il Genio dell’aria che tutto vede,
corse da Mu-Ta, la regina delle nubi:
- Ti prego, avvolgi con le tue coltri brune i figli del Fuoco, nascondi le
lampade lucenti che essi portano, fai che, sopra la Terra la notte ridiventi la
severissima Signora delle tenebre.
Le nubi corsero gli spazi, avvolsero
le stelle. Nel buio improvviso che s’era fatto in cielo, il viandante assassino
si turbò, smarrì la strada, finì per cadere in un baratro.
- Nessun delitto è possibile, in
grazia mia - andò a proclamare la Regina delle nubi al Genio dell’aria.
E il Genio dell’aria, sentenziò:
- La notte, dunque, ti appartiene.
Anche il Fuoco andò a dire la sua:
- Senza i miei figli che illuminano i cieli, come potrebbero salvarsi le
creaturine deboli e innocenti, costrette a camminare nelle ore notturne?
- Giusto, giustissimo – ammise il
Genio dell’aria.
Da quel tempo le stelle e le nubi si
contendono il cielo della notte.
Qualche volta la moglie del Fuoco esce a sorvegliare i suoi figliuoli con una
grossa lampada tonda, la luna. Nell’ombra d’oro o nel buio camminano sempre
molti uomini. Qualcuno ha il cuore limpido, altri hanno dentro il veleno
dell’odio.
E il Genio dell’aria lascia ormai che le stelle e le nubi si divertano a loro
piacere. Ha deciso di non guardare più la Terra.
lunedì 17 maggio 2021
Diventa albero di Elena Bernabè
“Maestro, come faccio a risolvere i problemi?”
“Diventa albero. E fatti guidare dalla sua saggezza millenaria. Devi mettere i piedi per terra. Ed ancorarti ben bene al terreno. Come le radici che si aggrappano con tutta la loro forza alla loro amata terra. E’ il solo modo per far nascere le gemme. Tu pensi solo ai frutti ma sono le radici che vanno accudite.”
“Le radici, maestro? Ma quelle di un albero sono nascoste, nel buio. E anche le mie. Come posso prendermene cura?”
“Entra in quel buio. Si trova lì il segreto della fioritura. La luce serve a far sbocciare un fiore che ha già conosciuto le tenebre ed è riuscito ad emergerne. Più forte. Più evoluto. Più vivo.”
“Cos’altro posso imparare da un albero?”
“A rimanere ben ancorato al tuo centro. Anche durante la tempesta. Esso si lascia portare via foglie e rami secchi dal vento, la sua chioma ondeggia ritornando poi al suo posto. Più leggera, più rigogliosa, più pulita. Impara ad innalzarti sempre più verso il cielo, grazie alle radici che divengono ogni giorno più potenti e grazie alle potature necessarie che il tempo e le tempeste portano a compiere. L’albero è il maestro del cambiamento: è in continua evoluzione e non contrasta mai il suo divenire. I lombrichi s’intrufolano tra le sue radici e sui suoi rami cantano gli usignoli: esso è in grado di sposare gli opposti, di modellarsi in base alla luce o al buio, di accogliere ogni manifestazione della vita.”
“Come un albero maestro. E’ questo un modo per affrontare i problemi?”
“L’unico possibile. Impara dall’albero che non chiude mai i suoi rami nemmeno durante la tempesta. Non si difende, non si oppone, non si chiude. Si lascia toccare dal vento, dalla pioggia, dalla neve. Fiducioso di mutare ad ogni tocco. Ed è proprio in questo tocco che si nasconde il segreto della sua fertilità.”
- Elena Bernabè -
giovedì 13 maggio 2021
Apparizioni a Fatima - Costelle (1991) e CONSACRAZIONE AL CUORE IMMACOLATO della B.V. MARIA di FATIMA
CONSACRAZIONE AL CUORE IMMACOLATO
della B.V. MARIA di FATIMA
O Vergine Santa, Madre di Gesù e Madre nostra, che sei apparsa a Fatima ai tre pastorelli per recare al mondo un messaggio di pace e di salvezza, io mi impegno ad accogliere questo tuo messaggio.
Mi consacro oggi al tuo Cuore Immacolato, per appartenere così più perfettamente a Gesù. Aiutami a vivere fedelmente la mia consacrazione con una vita tutta spesa nell'amore di Dio e dei fratelli, sull'esempio della tua vita.
In particolare Ti offro le preghiere, le azioni, i sacrifici della giornata, in riparazione dei peccati miei e degli altri, con l'impegno di compiere il mio dovere quotidiano secondo la volontà del Signore.
Ti prometto di recitare ogni giorno il Santo Rosario, contemplando i misteri della vita di Gesù, intrecciati ai misteri della tua vita.
Voglio vivere sempre da vero figlio tuo e cooperare perchè tutti Ti conoscano e amino come Madre di Gesù, vero Dio e unico nostro Salvatore. Così sia.
- 7 Ave Maria
- Cuore Immacolato di Maria, prega per noi.
domenica 9 maggio 2021
Divina Maternità della Beata Vergine Maria
Quando Tu forse
avevi altri progetti di vita,
Dio è entrato nella Tua vita
con il Suo progetto speciale.
E Tu, come umile Sua serva,
gli hai generosamente aperto
le porte del Tuo cuore.
Il Tuo esempio mi sprona
a volgermi anch'io verso Il Signore
per dirgli:
"Vieni nei miei sogni
e nei miei progetti,
nelle mie speranze
e nelle mie paure".
Perciò, Signore
entra nelle mie tenebre,
nelle mie angosce
e nelle mie sofferenze.
Entra anche
in quegli angoli
della mia vita
in cui ho amato
più la mia volontà
che la Tua".
Buona giornata a tutti. :-)
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sabato 8 maggio 2021
i due viandanti e l'orso - Esopo
ESOPO, Favole, VI secolo a.C.
Due amici viaggiavano insieme, quand'ecco apparire davanti a loro un grosso orso. Uno di loro salì veloce su un albero e si nascose, mentre l'altro, che stava per essere preso, si gettò al suolo fingendo di essere morto. L'orso gli avvicinò il muso, annusandolo, ed egli tratteneva il respiro, perché, a quanto pare, l'orso non tocca i cadaveri.
Quando l'orso si allontanò, quello sull'albero discese e chiese: "Cosa ti ha detto nell'orecchio quando ti annusava?" E l'altro, piuttosto turbato, rispose: "Mi ha detto di non viaggiare mai più con un compagno che, nel pericolo, non rimane al tuo fianco." La favola insegna che le disgrazie mettono alla prova la bontà degli amici.
Buona giornata a tutti. :-)
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lunedì 3 maggio 2021
A Te Maria
venerdì 30 aprile 2021
Il treno della vita
È stata una lettura interessante ed ho fatto tesoro di questa splendida metafora.
La vita è come un viaggio in treno…
Quando nasciamo e saliamo sul treno, incontriamo le prime persone importanti, che pensiamo ci accompagneranno durante tutto il nostro viaggio: i nostri genitori.
Purtroppo la verità è un’altra.
Loro scenderanno prima di noi e ci lasceranno senza il loro amore, il loro affetto, senza la loro amicizia e compagnia.
Ma per fortuna sul treno salgono altre persone che per noi saranno molto importanti.
Sono i nostri fratelli e sorelle, i nostri amici e tutte le persone meravigliose che amiamo.
Qualcuna di queste persone che sale considera il viaggio come una piccola passeggiata.
Altri trovano solo tristezza nel loro viaggio.
Poi ci sono altri ancora sul treno sempre presenti e sempre pronti ad aiutare coloro che ne hanno bisogno.
Qualcuno, quando scende, lascia una nostalgia perenne.
Qualcun altro sale e riscende subito, e lo abbiamo a mala pena notato.
Ci sorprende come alcuni passeggeri, a cui vogliamo più bene, si seggano in un altro vagone e che in questo frangente ci facciano fare il viaggio da soli.
Naturalmente non ci lasciamo frenare da nessuno: ci prendiamo la briga di spingerci alla loro ricerca nel loro vagone.
Purtroppo qualche volta non possiamo accomodarci al loro fianco, perché il posto vicino a loro è già occupato.
Purtroppo, così è il viaggio: pieno di sfide, sogni, fantasie, speranze e addii … ma senza ritorno.
Allora cerchiamo di fare il viaggio nel miglior modo possibile.
Cerchiamo di andare d’accordo con i nostri vicini di viaggio e cerchiamo il meglio in ognuno di loro.
Ricordiamoci, che in ogni fase del tragitto uno dei nostri compagni di viaggio può vacillare e aver bisogno della nostra comprensione.
Anche noi vacilleremo spesso e ci sarà sicuramente qualcuno che ci tenterà di capirci.
Il grande mistero del viaggio è che non sappiamo quando scenderemo definitivamente!
e tantomeno quando i nostri compagni di viaggio lo faranno.
La separazione da tutti gli amici che ho incontrato durante il viaggio sarà dolorosa.
Lasciare i miei cari sarà molto triste.
Ma ho la speranza che prima o poi si arrivi alla stazione centrale ed ho la sensazione che li vedrò arrivare tutti con un bagaglio che quando erano saliti sul treno non avevano ancora
Ciò che mi renderà felice, sarà il pensiero di aver cercato di contribuire ad aumentare e ad arricchire il loro bagaglio.
Cerchiamo di fare un buon viaggio e che alla fine ne sia valsa la pena.
Mettiamocela tutta per lasciare, quando scenderemo, non solo un posto vuoto, che lascia nostalgia, ma soprattutto bei ricordi in coloro che proseguono il viaggio.
sabato 24 aprile 2021
La Leggenda dei Tre Alberi
C’erano una volta tre alberi che crescevano uno accanto all’altro nel bosco. Erano amici e come tutti gli amici anche loro erano molto diversi, nonostante crescessero nello stesso posto e fossero tutti della stessa altezza. Un giorno gli alberi parlavano di ciò che sarebbero voluti diventare da grandi:
“Da grande sarò un baule intagliato,
il più bello di tutti, di quelli dove si conservano i tesori e i gioielli”,
disse il primo albero, e il secondo continuò: “Da grande sarò un potente
veliero, il più forte di tutti e trasporterò il più famoso esploratore del
mondo”, e il terzo disse: “Da grande sarò il più alto e bello di tutti gli
alberi e agli uomini parlerò di Dio”.
Passarono gli anni, un giorno nella
foresta arrivarono i boscaioli per abbattere il primo albero. “Ora il mio
desiderio di diventare un baule di tesori si realizzerà”. Ma non fu così.
Anziché essere trasformato in un baule di tesori, il primo albero diventò una
mangiatoia per animali. Passarono alcuni anni. Poi una notte la vita del primo albero
cambiò. Nacque un bambino, con tutta evidenza non era un bambino comune. Gli
Angeli cantarono ed i pastori vennero a visitarlo. Indovinate quale mangiatoia
usò come culla la Madre del Bambino? Quando capì cosa era successo, il cuore
del primo albero si riempì di gioia. “È vero, non sono stato riempito d’oro e
di gioielli, ma ho portato il più prezioso tesoro del mondo”.
Anche il secondo albero, quando venne
abbattuto, fu molto contento. “Ora il mio desidero di diventare un potente
veliero si potrà realizzare”. I boscaioli portarono via il secondo albero ma
anziché un agile veliero diventò un semplice peschereccio. Passarono molti
anni, in tutto circa trenta, e un giorno anche la vita del secondo albero
cambiò. Era fuori in mezzo al mare, quando si scatenò una tempesta terribile.
Il vento soffiava le onde erano tanto alte che la barchetta sembrava affondare,
ma a quel punto accadde qualcosa di incredibile. Gesù vedendo i suoi Discepoli
spaventati si alzò e ordinò al vento e al mare di calmarsi, ed essi obbedirono.
Il vento cessò e ci fu grande bonaccia, poi disse loro: “Perché avete paura,
non avete ancora fede?” Ma chi è costui che anche il vento ed il mare gli
obbediscono? Quando il secondo albero capì ciò che gli era accaduto, anche il
suo cuore si riempì di gioia. “I miei desideri si sono realizzati, non ho
trasportato un grande esploratore, ma ho trasportato il Creatore del cielo e
della terra”.
Non molto tempo dopo anche la vita del
terzo albero subì un cambiamento. Non fu molto contento quando i boscaioli lo
abbatterono. “Ora non potrò più essere l’albero più alto della foresta e non
potrò parlare agli uomini di Dio”. I boscaioli lo portarono via. Con sua grande
costernazione però non fu lavorato per farne qualcosa di bello. Di lui ne fu
fatta una grezza croce di legno. Là in cima ad una collina fu inchiodato sopra
le sue travi un uomo condannato a morte. Sarebbe dovuto essere il giorno più
brutto della vita dell’albero, ma chi era l’uomo inchiodato sulla croce? Era
Gesù Cristo Figlio di Dio. E quando il terzo albero capì cosa era successo, il
suo cuore pianse contento. “Eccomi” disse “Non diventerò l’albero più alto del
bosco, ma sarò la Croce, e quando gli uomini mi guarderanno, penseranno a Dio
che, attraverso suo figlio Gesù, salva tutto il mondo”. E questo era molto
meglio che essere soltanto il più grande albero del mondo.
lunedì 19 aprile 2021
O Vergine Maria, si fa tardi
tutto si addormenta sulla terra,
è l’ora del riposo: non abbandonarmi!
Metti la tua mano sui miei occhi
come una buona madre.
Chiudili dolcemente alle cose di quaggiù.
L’anima mia è stanca di affanni e di tristezze,
la fatica che mi attende è qui a me vicina.
Metti la tua mano sulla mia fronte,
arresta il mio pensiero.
Dolce sarà il mio riposo,
se benedetto da te.
Perché domani il tuo povero figlio
si desti più forte
e riprenda allegramente
il peso del nuovo giorno.
Metti la tua mano sul mio cuore.
Lui solo vegli sempre e
ridica al suo Dio
un amore eterno.
(P. Claude Wittock)
lunedì 12 aprile 2021
Il Re, il mendicante e la mela - don Bruno Ferrero
- don Bruno Ferrero -
Da: “Cerchi nell’acqua” di Bruno Ferrero. Ed. Elledici
Buona giornata a tutti. :-)
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martedì 6 aprile 2021
Il mestiere di Dio è Perdonare - Anthony de Mello
C'è però spesso il rischio che i penitenti si servano di tutto ciò come di una garanzia, un certificato che li protegga dal castigo divino e pongano così maggiore fiducia nell' assoluzione del sacerdote che non nella misericordia di Dio.
Un giorno la moglie, che era all'oscuro di questo suo atteggiamento interiore, gli domandò se non avesse timore di morire senza essersi confessato. Il Perugino replicò: "Mia cara, ecco come io vedo la cosa: il mio mestiere è dipingere e sono stato un ottimo pittore. Quello di Dio è perdonare e se lui sa fare il suo lavoro come io ho saputo fare il mio, non vedo perché dovrei avere paura".
sabato 3 aprile 2021
Coraggio, fratello - Don Tonino Bello
Coraggio, fratello che soffri.
C’è anche per te una deposizione dalla croce.
C’è anche per te una pietà sovrumana.
Ecco già una mano forata che schioda dal legno la tua...
Coraggio.
Mancano pochi istanti alle tre del tuo pomeriggio.
Tra poco, il buio cederà il posto alla luce,
la terra riacquisterà i suoi colori
e il sole della Pasqua irromperà tra le nuvole in fuga.
-
Buon sabato di Pasqua a tutti!
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martedì 30 marzo 2021
Un asino nella notte - suor Ch. Augusta Lainati, clarissa
L’asino camminava nella notte. Camminava e pensava a quella madre che portava sul dorso, tutta ravvolta nel mantello oscurato dall’ombra.
Un passo dietro l’altro, attento a che il suo andare fosse quieto e sempre uguale, per non destare il bimbo che dormiva. Un passo dietro l’altro, misurati dal battito del cuore: finché i battiti divennero più frequenti dei passi e il cuore, in petto, parve scoppiare.
Allora smise di fissare il cielo e la notte che si stendeva davanti a perdita d’occhio e, piegato il capo, cominciò a guardare a terra, sul sentiero appena segnato, ora per evitare un sasso troppo acuto, ora per posare lo zoccolo sui ciuffi d’erba bianchi di brina.
Cominciava a sentire il peso del carico; le gambe si stendevano nel passo ogni volta più faticosamente, finché l’andatura divenne secca, legnosa, e ad ogni piegare di ginocchi gli sembrava di udire come un ramo secco spezzarsi. Si ricordò della catasta di legna ammucchiata nella sua stalla tiepida, dell’alone di luce fumosa intorno alla lucerna pendente sopra la greppia, e l’immagine divenne tanto seducente che gli parve di sentire su per le narici l’odore penetrante di una manciata di fieno fresco.
Si volse, allora, con occhi imploranti verso l’uomo che gli camminava a fianco. Era giovane, ma la strada lo aveva curvato sopra il bastone, e il vento freddo della notte invernale gli incollava il mantello contro un fianco.
Il ciuco non riuscì a vedergli bene il volto, ma vide che l’oscurità, interrotta solo dalla luce delle stelle, incavava le occhiaie dell’uomo e riduceva ad una oscura macchia ansante il collo vigoroso, e il petto, che ad ogni passo si alzava e si abbassava.
“Sta peggio di me” pensò l’asino: e riprese a camminare. Camminò per un’ora con la testa bassa, con l’odore di fieno che sempre gli solleticava le narici con l’aumentare della stanchezza: finché il desiderio di cibo scomparve e rimase solo un’acuta brama di paglia tiepida su cui stendersi, della paglia che aveva lasciato a Betlemme quando l’avevano destato nella notte appena cominciata. Fu proprio il tepore associato al ricordo di Betlemme, di Betlemme con la sua piccola tiepida stalla, che lo aiutò a proseguire ancora sul terreno accidentato. Via, via e via.
Dopo qualche ora, ricominciò a sentire che non ne poteva più.
Nessun ricordo veniva ad addolcire la sua andatura e ad ogni passo migliaia di fitte gli trapassavano il corpo.
Decise di fermarsi, di sdraiarsi sul terreno ad aspettare il sonno, la morte.
Si guardò attorno, voltò il capo per trovare un riparo dal vento; e fu come se una mano gelida gli si fosse posata sul cuore: la donna sulla sua groppa era tutta un tremito per il freddo e il suo alito gelava nell’aria appena uscito dalle labbra dischiuse.
“Sta peggio di me” pensò ancora il somaro.
Continuò a camminare e un’altra ora passò, un’ora di stanchezza infinita, di contrasti col vento, di paura per quella dama, per quel Bambino, per quella figura scolpita dall’ombra che gli camminava al fianco e sulla cui andatura cercava faticosamente di regolare il passo.
Non ne poteva veramente più. Il terreno sassoso aveva a poco a poco ceduto ad un molle strato di sabbia; prima poche manciate insinuatesi tra le zolle indurite dal freddo e i sassi denudati dal vento, poi un tappeto soffice su cui era stato agevole camminare, e infine uno strato alto, dove gli zoccoli sprofondavano e si appesantivano e non venivano più fuori.
Ansimava; il sudore scendeva copioso giù per la fronte, nonostante il freddo, e si raccoglieva in due rivoletti lungo naso. Non sapeva che cosa fare, se lasciarsi cadere sfinito lì, sotto la volta del cielo, o se continuare impazzito di dolore e di freddo, senza avere più nozione, né di tempo, né di strada, finché la morte lo cogliesse e gli irrigidisse il passo nell’ultimo sforzo.
Fra le due prospettive, la prima gli sembrava infinitamente più desiderabile: doveva essere pur dolce lasciarsi cadere sulla sabbia ad aspettare la morte come liberazione dal male, riempire l’attesa con il ricordo di pigre giornate di sole, di terra smossa e odorosa, di mosche fastidiose che era divertente scacchiare con subito fremere delle membra. Anche il ricordo della pesante macina gli avrebbe fatto piacere, purché potesse distendersi ad aspettare la morte.
Aveva deciso. Ma, prima di lasciarsi cadere raccolse le forze per un ultimo raglio, l’addio alla vita. Al deserto, alla volta celeste: pensò che tra poco le stelle sarebbero impallidite nei suoi occhi spenti. Usò quanta forza gli rimaneva, e il raglio si alzò acuto, più sonoro nel silenzio del deserto.
E fu allora, mentre le ginocchia già si piegavano, mentre già assaporava la dolcezza di quella sabbia, pur fredda, che udì il pianto cheto del Bambino, del Bambino che non aveva pianto per il disagio dell’andare, non per il vento che si insinuava fin sotto le fasce, ma piangeva per il raglio dell’asino che non voleva più soffrire.
Fu così, per quel pianto infantile, che il ciuco scelse di continuare.
E andò, appesantito dalla sabbia, sferzato dal vento, sotto la volta concava e scura del cielo, finché le stelle impallidirono: e credette di sognare quando, nella luce ancora incerta, si profilò la sagoma di un villaggio straniero.
Gli diedero un giaciglio di paglia fresca, colmarono la greppia di fieno odoroso e l’acqua che versarono nell’abbeveratoio della stalla rispecchiava, insieme alle travi rozze del soffitto, una lampada lucente.
Ma non riuscì né a bere né a mangiare, per lungo tempo; rimase disteso sulla paglia senza neppure goderne il contatto, né vide l’immagine increspata della lampada nell’acqua dell’abbeveratoio. Ma quando, risvegliatosi dal torpore di morte avvertì il profumo penetrante del fascio di fieno nella mangiatoia e cercò di alzarsi, facendo forza sulle zampe anteriori, vide – e lo vide lui solo – l’Angelo che aveva invitato alla fuga Giuseppe.
Aspettava il suo risveglio, e lo aspettava lieto, come a ringraziarlo per quanto aveva fatto.
Il ciuco si alzò del tutto, gli si avvicinò tanto da essere nella sua stessa luce, coronato dalla sua stessa aureola: allora soltanto, quando vide che l’Angelo non si ritraeva, che non rifiutava di fasciarlo del suo stesso fulgore, raccolse tutto il coraggio, tutta la forza che ancora gli restava nelle membra e, chinata la testa, chinatala fino a terra, ebbe l’ardire di chiedere una ricompensa.
Chiese, piano: “Fa’ che sia io a riportarli indietro.”
suor Ch. Augusta Lainati, clarissa
Buona giornata a tutti. :-)
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