domenica 22 giugno 2014

Una domenica per riflettere su chi è Dio - Paolo Curtaz

Una domenica per riflettere su cosa facciamo ogni domenica.
Abbiamo bisogno di molto Spirito Santo per capire, per non banalizzare, per lasciarci convertire. Molto.
Perché il cuore della presenza di Cristo, quella doppia mensa della Parola e dell’eucarestia, l’incontro gioioso col risorto che faceva dire ai primi martiri di Abitene: non possiamo non celebrare il giorno del Signore, l’inizio della settimana, il pane del cammino, la cena del Signore ripetuta con fedeltà in obbedienza dai primi secoli, oggi è diventata, quando va bene, stanca abitudine, reiterata cerimonia, perdendo il senso dell’incontro con Dio, la consapevolezza dell’immensa fortuna che abbiamo nell’avere in mezzo a noi la presenza stessa del Signore che si fa pane spezzato, che si dona.
Cosa ci è successo? Perché è così difficile partecipare ad una celebrazione in cui si respiri la fede? Perché i nostri preti, invece di parlare della Parola, ci inondano di inutili parole e di astratti concetti teologici, o giocano a fare gli intrattenitori simpaticoni? Perché le persone che abbiamo intorno, troppo spesso, sono solo degli anonimi spettatori con i quali non abbiamo nulla da spartire?
Oggi è giorno per tornare all’essenziale, per ridire la fede della Chiesa: noi crediamo nella presenza di Cristo in mezzo alla sua comunità, nel segno efficace dell’eucarestia, nella Parola che riecheggia nei nostri cuori.
Un altro cibo
Un altro cibo è stato dato al popolo in fuga dall’Egitto. Un cibo che non aveva più nulla a che vedere con le cipolle degli egiziani. Un cibo inatteso e misterioso che il popolo riconosce come donato direttamente da Dio.
Abbiamo bisogno di nutrirci. Di cibo, ovvio, ma anche di affetto, di luce, di senso, di felicità.
E questo cibo manca: quante persone muoiono per inedia spirituale! Si spengono interiormente!
Manca il cibo che ci permette di camminare, di capire il grande mistero che resta l’esistenza di ognuno di noi!
È Dio che ci dona il pane del cammino verso la pienezza, verso l’eternità, verso la luce.
È Dio che si fa pane.
Un pane capace di renderci uniti.

Paolo a Corinto
È una comunità vivace, quella di Corinto, ma anche molto rissosa.
Persone di carattere diverso, di condizione sociale diversa faticano, dopo avere incontrato il Signore, a trovare sufficienti ragioni per costruire comunione. Proprio come accade oggi, quando la Chiesa italiana, troppo spesso, da l’impressione di un’appartenenza esteriore, di una crescente rissosità (politica, anzitutto), di una contrapposizione fra esperienze diverse, fra entusiasti e prudenti, fra conservatori ed innovatori. 
Fatevi un giro su Internet o partecipate a un pranzo fra preti per accorgervi, purtroppo, che anche fra cristiani si alzano i toni, si assegnano patentini di ortodossia, si difendono papi o Concili, riti o leader carismatici.
E Paolo ha una felice intuizione: se ci frammentiamo così tanto, prendiamo il frammento che ci unisce.
Il pane spezzato riporta all’unità, all’essenziale, al centro.
Siamo cristiani perché Cristo ci ha chiamato, ci ha scelto. La Chiesa non è il club dei bravi ragazzi che pregano Dio, ma la comunità dei diversi radunati nell’unico.
L’eucarestia, allora, diventa il catalizzatore dell’unità.

Corpo e sangue
Nell’impegnativo discorso fatto da Gesù dopo la moltiplicazione dei pani in Giovanni, Gesù parla esplicitamente della sua carne da mangiare e del suo sangue da bere. Discorso scandaloso, incomprensibile, che pure preannuncia il gesto che, da lì a qualche tempo, compirà come ultimo dono fatto alla comunità.
In Israele la carne è segno della debolezza e della fragilità umana: non dobbiamo scandalizzarci per la povertà delle nostre comunità, per la pochezza del vangelo così come viene vissuto dai cristiani. Il Verbo si fa carne, si consegna alle mani di un povero prete.
In Israele il sangue porta la vita, è impensabile cibarsi di animali soffocati nel proprio sangue. Gesù chiede ai discepoli di condividere la sua stessa vita.

Ecco cos’è l’eucarestia.
Non è un problema di lingua o di rito, ma di fede.
Certo: sarebbe cento volte meglio se le nostre assemblee fossero più accoglienti, cantassero canti più belli e intonati, e se le nostre chiese fossero davvero luoghi ospitali che invitano ad alzare lo sguardo.
Ma è inutile illudersi: quello che ancora manca alle nostre liturgie è la certezza che il Signore si rende presente.
Manca la fede.

Paolo Curtaz


giovedì 19 giugno 2014

IN SOLEMNITATE SACRATISSIMI CORPORIS CHRISTI

SEQVENTIA

Lauda, Sion, salvatorem,
Lauda ducem et pastorem
In hymnis et canticis.

Quantum potes, tantum aude,
Quia maior omni laude,
Nec laudare sufficis.

Laudis thema specialis,
Panis vivus et vitalis
Hodie proponitur.

Quem in sacræ mensa cœnæ
Turbæ fratrum duodenæ
Datum non ambigitur.

Sit laus plena, sit sonora ;
Sit iucunda, sit decora
Mentis iubilatio.

Dies enim solemnis agitur
In qua mensæ prima recolitur
Huius institutio.

In hac mensa novi regis,
Novum pascha novæ legis
Phase vetus terminat.

Vetustatem novitas,
Umbram fugat veritas,
Noctem lux eliminat.

Quod in coena Christus gessit
Faciendum hoc expressit
In sui memoriam.

Docti sacris institutis,
Panem, vinum in salutis
Consecramus hostiam.

Dogma datur christianis
Quod in carnem transit panis
Et vinum in sanguinem.

Quod non capis, quod non vides
Animosa firmat fides
Præter rerum ordinem.

Sub diversis speciebus,
Signis tantum et non rebus,
Latent res eximiae.

Caro cibus, sanguis potus,
Manet tamen christus totus
Sub utraque specie.

A sumente non concisus,
Non confractus, non divisus,
Integer accipitur.

Sumit unus, sumunt mille,
Quantum isti tantum ille,
Nec sumptus consumitur.

Sumunt boni, sumunt mali,
Sorte tamen inaequali
Vitæ vel interitus.

Mors est malis, vita bonis :
Vide paris sumptionis
Quam sit dispar exitus.

Fracto demum sacramento,
Ne vacilles, sed memento
Tantum esse sub fragmento
Quantum toto tegitur.

Nulla rei fit scissura,
Signi tantum fit fractura
Qua nec status nec statura
Signati minuitur.

Ecce panis angelorum
Factus cibus viatorum,
Vere panis filiorum
Non mittendus canibus.

In figuris præsignatur,
Cum Isaac immolatur,
Agnus paschæ deputatur,
Datur manna patribus.

Bone pastor, panis vere,
Iesu nostri miserere,
Tu nos pasce, nos tuere,
Tu nos bona fac videre
In terra viventium.

Tu qui cuncta scis et vales
Qui nos pascis hic mortales,
Tuos ibi commensales,
Coheredes et sodales
Fac sanctorum civium.
Amen.



mercoledì 18 giugno 2014

NEL SEGRETO - Don Divo Barsotti

“Ma tu…prega il Padre nel segreto….quando digiuni…”
Che strane attività ci chiedi, Signore!
Del tutto inutili.
Per la vita quotidiana.
Pregare e digiunare: per farlo, bisogna credere.
Per farlo, bisogna nascondersi.
Attività improduttive, ma solo per Te.
Solo davanti ai tuoi occhi che vedono nel segreto.
E’ bello avere un segreto con Dio.
Una vita segreta.
Quella di chi è in tutto simile agli altri.
Ma ha nel cuore, un rapporto personale.
Prima ancora e più ancora che con gli altri.
Con Te.
Che scegli i tuoi amici.
Anzitutto perché stiano con te
Perché il loro cuore,
sia stanza segreta.
In cui sempre poter stare , solo con Te.
E gli dai una vita nuova, parallela ad ogni attività.
In ogni gesto, pregare.
Cioè parlarti di ogni cosa.
In ogni gesto, digiunare.
Cioè avere il cuore libero, altrove, mai sazio, sempre un po’ digiuno.
Per piccoli ritardi, attese, spazi solo tuoi.
Che segreto importante. Che vocazione speciale.
Che, in effetti, solo Tu puoi capire!
"Oggi è stata fatta un'inversione pericolosa: si parla dell'amore del prossimo, ma non si parla dell'amore di Dio….. Dio è come sparito dall'orizzonte della vita umana. Se è presente, è presente soltanto per insegnare ad operare la giustizia, per servire meglio i fratelli. Se il cristianesimo consiste nel servire i fratelli, non di capisce perchè si debba andare in Paradiso, visto che in Paradiso non ci sono più fratelli da servire".

(Don Divo Barsotti)





“I Cristiani…vivendo in città greche e barbare, come a ciascuno è capitato, e adeguandosi ai costumi del luogo nel vestito, nel cibo e nel resto, testimoniano un metodo di vita … indubbiamente paradossale. . Vivono nella loro patria, ma come forestieri; partecipano a tutto come cittadini e da tutto sono distaccati come stranieri.
Ogni patria straniera è patria loro, e ogni patria è straniera,,,. Sono nella carne, ma non vivono secondo la carne. . Dimorano nella terra, ma hanno la loro cittadinanza nel cielo. Obbediscono alle leggi stabilite, e con la loro vita superano le leggi.. Amano tutti, e da tutti vengono perseguitati. …
Sono uccisi, e riprendono a vivere. . Sono poveri, e fanno ricchi molti; mancano di tutto, e di tutto abbondano. Sono disprezzati, e nei disprezzi hanno gloria. . . Facendo del bene vengono puniti come malfattori; condannati gioiscono come se ricevessero la vita. Dai giudei sono combattuti come stranieri, e dai greci perseguitati, e coloro che li odiano non saprebbero dire il motivo dell'odio.” ( Lettera a Diogneto)