giovedì 19 luglio 2012

Ecco perchè dopo 95 anni il Cuore Immacolato di Maria ancora non ha trionfato

La profezia di Fatima potrà dirsi avverata solo quando l'umanità volterà le spalle alla dittatura del relativismo.
Il 95esimo anniversario delle Apparizioni di Fatima, avvenute da maggio ad ottobre del 1917, è passato inosservato, se non fosse per un convegno organizzato a Roma da padre Nicholas Gruner e per la pubblicazione, da Sugarco, a del bel libro di Cristina Siccardi, Fatima e la Passione della Chiesa, su cui avremo modo di ritornare.
Limitiamoci qui a ricordare che il Messaggio della Madonna ai tre pastorelli Lucia, Giacinta e Francesco, consta di tre parti diverse, ma logicamente concatenate tra di loro. La prima parte si riferisce alla salvezza delle anime ed è caratterizzata dalla terrificante visione dell'inferno, che è il destino che attende le anime dei peccatori impenitenti. La seconda parte del Messaggio estende il castigo alle nazioni infedeli alla legge divina. La terza parte, divulgata dalla Santa Sede nel giugno 2000, dilata la tragedia alla vita della Chiesa, offrendo la visione di un Papa e di vescovi, religiosi, religiose e laici colpiti a morte dai persecutori, Le discussioni che si sono aperte negli ultimi anni su questo "Terzo Segreto" rischiano di offuscare la forza profetica della parte centrale del Messaggio, riassunto da due frasi decisive: «la Russia diffonderà nel mondo i suoi errori» e «Infine, il mio Cuore Immacolato trionferà».
Il 13 luglio del 1917, quando la Madonna rivolge ai fanciulli di Fatima queste parole, la minoranza bolscevica non ha ancora conquistato il potere in Russia. Ciò avverrà qualche mese dopo con la "Rivoluzione di Ottobre", che non è un avvenimento puramente storico, ma un complesso di gravi errori ideologici. Ciò che caratterizza il pensiero classico e poi quello cristiano che lo perfeziona è il primato della contemplazione sull'azione.
Nella seconda tesi su Feuerbach, Karl Marx afferma invece che l'uomo deve trovare la verità del suo pensiero nella prassi e nell'undicesima tesi sostiene che il compito dei filosofi non è quello di interpretare il mondo, ma di trasformarlo. Il filosofo è sostituito dal rivoluzionario e il rivoluzionario deve dimostrare nell'azione, la potenza e l'efficacia del suo pensiero. Sotto questo aspetto Lenin fu il rivoluzionario-filosofo che nel 1917 attuò nella prassi la teoria comunista.
La Russia è stato il principale veicolo della diffusione di questi errori, che non hanno la loro causa nella nazione russa, ma nel furore ideologico dei marx-leninisti, portatori di un'azione sul mondo tesa alla dissoluzione di ogni principio e di ogni verità. «Per la prima volta nella storia – affermò Pio XI nella sua enciclica Divini Redemptoris del 19 marzo 1937– stiamo assistendo ad una lotta freddamente voluta e accuratamente preparata dall'uomo contro tutto ciò che è divino (2 Tess. 1, 4)».
Non c'è stato nel Novecento crimine analogo al comunismo, per lo spazio temporale in cui si è disteso, per i territori che ha abbracciato, per la qualità dell'odio che ha saputo secernere. Tutti i crimini e le sventure del XX secolo, compreso il nazionalsocialismo, secolo, sono frutti, diretti o indiretti dell'ideologia marx-leninista. Da Stalin a Kruscev da Breznev a Gorbaciov l'errore comunista si è diffuso nel mondo, come un magma incandescente.
Il crollo dell'Unione Sovietica non ha visto la fine, ma semmai l'espansione di questi errori. L'evoluzionismo, il pragmatismo e l'edonismo, intrinseci alla dottrina comunista, pervadono l'Occidente e alla "dittatura del proletariato" si va sostituendo una "dittatura del relativismo" che scaturisce dalla stessa fonte avvelenata del materialismo dialettico. Inoltre la ex-nomenklatura comunista controlla ancora larga parte del potere in Russia e in alcuni Paesi dell'Est europeo, mentre intere nazioni, dalla Cina a Cuba, gemono ancora sotto l'oppressione rossa. L'anticomunismo da parte sua si è dissolto, perché, come già ammoniva Pio XI nella Divini Redemptoris: «assai pochi hanno potuto penetrare la vera natura del comunismo».
La diffusione degli errori del comunismo è descritta dalla Madonna come una punizione dovuta ai peccati degli uomini. Per evitare questo castigo, la Vergine Maria ha espresso due precise richieste: la consacrazione della Russia al Cuore Immacolato e la comunione riparatrice nei primi sabati. Giovanni Paolo II attribuì alla Madonna di Fatima una miracolosa protezione nell'attentato del 1981 e fece due consacrazioni del mondo al Cuore Immacolato di Maria, il 13 maggio 1982 e il 25 marzo 1984, ma senza menzionare specificatamente la Russia.
E' indubbio che, come conseguenza di questi atti, qualcosa di importante sia accaduto pochi anni dopo, con la caduta del Muro di Berlino e lo sgretolamento dell'Unione Sovietica. Ma è altrettanto certo che il comunismo è ancora in piedi e la conversione dell'umanità in generale e della Russia in particolare sembra ancora lontana. Chi potrebbe affermare che la profezia di Fatima sia compiuta e che i gravi avvenimenti preannunciati dalla Madonna nel 1917 siano tutti alle nostre spalle?
La profezia di Fatima potrà dirsi avverata solo quando l'umanità volterà le spalle agli idoli del nostro tempo per abbracciare pienamente i principi dell'ordine naturale e cristiano negati dal relativismo socialista e comunista. Ciò dovrà infallibilmente avvenire perché la stessa Vergine Maria lo ha promesso con parole cariche di dolce speranza : «Infine il mio cuore Immacolato trionferà».

mercoledì 18 luglio 2012

Se da Dio accettiamo il bene,perché non dovremmo accettare anche il male?Dal «Commento al Libro di Giobbe» di s. Gregorio Magno

Paolo, osservando in se stesso le ricchezze della sapienza interiore e vedendo che all'esterno egli era corpo corruttibile, disse: «Abbiamo questo tesoro in vasi di creta» (2 Cor 4, 7).

Ecco che nel beato Giobbe il vaso di creta sentì all'esterno i colpi e le rotture, ma questo tesoro internamente rimase intatto. Al di fuori si screpolò a causa delle ferite, ma il tesoro della sapienza all'interno rinasceva inesauribilmente, tanto da manifestarsi all'esterno in queste sante espressioni: «Se da Dio accettiamo il bene, perché non dovremmo accettare il male?» (Gb 2, 10).

Chiama beni i doni sia temporali che eterni; mali invece i flagelli presenti, dei quali il Signore dice per bocca del profeta: «Io sono il Signore e non c'è alcun altro; fuori di me non c'è dio. Io formo la luce e creo le tenebre, faccio il bene e provoco la sciagura» (Is 45, 5a. 7).
«Io formo la luce e creo le tenebre», perché, mentre con i flagelli si creano all'esterno le tenebre del dolore, si accende all'interno la luce delle grandi esperienze spirituali. «Faccio il bene e provoco la sciagura», perché alla pace con Dio veniamo riportati quando le cose create bene, ma non bene desiderate, si mutano, per noi, in flagelli e sofferenze. Noi entrammo in conflitto con Dio a causa della colpa. E' giusto dunque che torniamo in pace con lui per mezzo dei flagelli. Quando infatti ogni cosa creata bene si volge per noi in sofferenza, siamo ricondotti sulla retta via, e l'anima nostra è rigenerata con l'umiltà alla pace del Creatore.
Ma nelle parole di Giobbe bisogna osservare attentamente con quanta abilità di ragionamento egli sappia concludere contro le affermazioni di sua moglie, dicendo: «Se da Dio accettiamo il bene, perché non dovremmo accettare il male?».
E' certamente un grande conforto nelle tribolazioni richiamare alla memoria i benefici del nostro Creatore, mentre si sopportano le avversità. Né ciò che viene dal dolore ci può scoraggiare, se subito richiamano alla mente il conforto che i doni ci recano. Per questo è stato scritto: Nel tempo della prosperità non dimenticare la sventura e nel tempo della sventura non dimenticare il benessere (cfr. Sir 11, 25).

Chiunque gode prosperità, ma nel tempo di essa non ha timore anche dei flagelli, a causa del benessere cade nell'arroganza. Chi invece, oppresso da flagelli, non cerca al tempo stesso di consolarsi con la memoria dei doni ricevuti, è annientato dai sentimenti di sconforto o anche di disperazione. Bisogna dunque unire assieme le due cose, in modo che l'una sia sempre sostenuta dall'altra: il ricordo del bene mitigherà la sofferenza del flagello; la diffidenza circa le gioie terrestri e il timore del flagello freneranno la gioia del dono.
L'uomo santo perciò, per alleviare il suo animo oppresso in mezzo alle ferite, nella sofferenza dei flagelli consideri la dolcezza dei doni, e dica: «Se da Dio accettiamo il bene, perché non dovremmo accettare il male?».

martedì 17 luglio 2012

Il cattolicesimo adulto o maturo di Vendola, Belisario & compagni

"La parola "fede adulta" negli ultimi decenni è diventata uno slogan diffuso. Lo s’intende spesso nel senso dell’atteggiamento di chi non dà più ascolto alla Chiesa e ai suoi Pastori, ma sceglie autonomamente ciò che vuol credere e non credere – una fede "fai da te", quindi. E lo si presenta come "coraggio" di esprimersi contro il Magistero della Chiesa. In realtà, tuttavia, non ci vuole per questo del coraggio, perché si può sempre essere sicuri del pubblico applauso. Coraggio ci vuole piuttosto per aderire alla fede della Chiesa, anche se questa contraddice lo "schema" del mondo contemporaneo.

È questo non-conformismo della fede che Paolo chiama una "fede adulta". Qualifica invece come infantile il correre dietro ai venti e alle correnti del tempo.

Così fa parte della fede adulta, ad esempio, impegnarsi per l’inviolabilità della vita umana fin dal primo momento, opponendosi con ciò radicalmente al principio della violenza, proprio anche nella difesa delle creature umane più inermi. Fa parte della fede adulta riconoscere il matrimonio tra un uomo e una donna per tutta la vita come ordinamento del Creatore, ristabilito nuovamente da Cristo. La fede adulta non si lascia trasportare qua e là da qualsiasi corrente. Essa s’oppone ai venti della moda. Sa che questi venti non sono il soffio dello Spirito Santo; sa che lo Spirito di Dio s’esprime e si manifesta nella comunione con Gesù Cristo".

Benedetto XVI, 29 giugno 2009