martedì 9 ottobre 2018

da: “Don Gnocchi. Il prete che cercò Dio tra gli uomini” - Mons. Giovanni Barbareschi

Così racconta Don Giovanni Barbareschi: Sono stato con don Carlo giorno e notte nel corso dell’ultimo mese, fino alla sua morte: per me è stata l’esperienza più forte e più significativa della mia umana vicenda. Quando la gravità del male fece capire che ormai i giorni erano pochi, don Carlo volle celebrare quella che sarebbe stata la sua ultima Messa. 
Lui a letto con addosso la vestaglia blu che metteva solo e unicamente nei momenti più importanti, io all’altarino da campo, sul quale c’erano come calice la sua teca e una piccola reliquia di Santa Teresa del Bambino Gesù - oggetti a lui molto cari, perché li aveva sempre tenuti con sé quando era cappellano militare in Grecia e in Russia - e il crocefisso che la mamma gli aveva regalato per la sua prima Messa. 
«Adesso domandiamo perdono a Dio con le nostre parole», e ciascuno disse le sue parole. Iniziammo con la parola dell’uomo. 
Leggemmo un passo di Teilhard de Chardin. Gesuita, teologo, scienziato, aveva espresso un desiderio: «Sarei felice di poter morire il giorno di Pasqua». Fu proprio così: morì la domenica di Pasqua, 15 marzo 1955. 
E don Carlo mi disse: «Io a Pasqua non ci arrivo». Era la fine di febbraio. Poi volle che leggessi il capitolo 13 della lettera ai Corinti, l’Inno alla carità, e il Vangelo di Giovanni 15,13: «Nessuno ha un amore più grande di colui che dà la vita per le persone che ama». Prima della consacrazione, secondo il vecchio canone, il memento dei vivi. Ciascuno ricordò una persona e lui i suoi mutilatini, «la mia baracca». Usava proprio queste parole. Poi il memento dei morti: la mamma e il papà («non l’ho conosciuto bene, lo conoscerò in Paradiso»). I commenti li faceva durante la celebrazione. «E poi - disse a me -, e poi il tuo papà». 
E i preti che avevamo conosciuto, ricordava ciascuno. 
Terminata la consacrazione, volle che io portassi la cassetta con inciso un coro di monaci che cantava: adoro Te devote latens Deitas. Chiese che venissero ripetute le parole in cruce latebat sola Deitas. Finita la Messa, dopo dieci minuti di silenzio contemplativo, mi disse: «Manca ancora qualcosa». Allora gli feci ascoltare Stelutis alpinis, la canzone dei morti, dei suoi alpini morti. Così fu l’ultima Messa di don Carlo.

da: “Don Gnocchi. Il prete che cercò Dio tra gli uomini”. Edito dal Centro Ambrosiano e curato da Emanuele Brambilla





È tornato alla casa del Padre, Monsignor Giovanni Barbareschi


È tornato alla casa del Padre, Monsignor Giovanni Barbareschi, mi mancheranno i suoi insegnamenti e le sue esortazioni ma sono certa che lui, giusto fra i giusti, è finalmente sereno.
Riposa in pace.

Diceva di se stesso: 

“Mi illumina la certezza che non mi sto avvicinando alla fine, ma all'eterno.
Per questo non voglio mascherare la vecchiaia incalzante simulando una giovinezza che non c'è più. Accettando la mia vecchiaia ho perso l'astio nei riguardi della vita che scivola di mano e l'invidia per coloro che hanno ancora una vita piena, efficiente, produttiva.
Vorrei essere saggio, irradiante, non aggredire la realtà per dominarla, ma lasciare che essa si riveli a me nella sua totalità e nel suo mistero. Saggezza è qualcosa di diverso da una intelligenza più o meno acuta, da una cultura più o meno vasta. Saggezza è ciò che ti nasce dentro quando l'assoluto e l'eterno penetrano nella tua coscienza individuale e gettano un fascio di luce su quel fatto, su quell'avvenimento, su quella persona ... e ogni giorno constato e verifico: vedo un po' meno chiaramente, sento un po' meno distintamente, ma capisco un po' di più. E capire è pienezza, è dolore, è amore, è gioia.”







4 ottobre 2018, è morto Mons. Dr. Giovanni Barbareschi

Il 4 ottobre 2018, è morto Mons. Dr. Giovanni Barbareschi
Nato a Milano l’11/2//1922
Ordinato sacerdote a Gorizia il 13/8/1944
Licenza in Teologia nel 1944
Laurea in Diritto Canonico nel 1948
Prelato d’Onore dal 1994
– Dal 1954 al 1986 Insegnante di religione nelle scuole medie superiori
– Dal 1957 al 1965 Assistente della Fuci maschile di Milano
– Dal 1965 al 1987 Direttore della Casa alpina “Alpe Motta”
– Dal 1981 Giudice del Tribunale Ecclesiastico Regionale Lombardo
– Dal 1986 Residente a Milano – S. Marco
– Dal 1986 al 1995 Presidente dell’Istituto per il Sostentamento del clero della Diocesi di Milano
– Dal 1992 al 2000 Membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione “Giuseppe Lazzati”
– Dal 1995 al 2011 Collaboratore del V.E.S. per la Formazione permanente del clero
– Dal 1997 al 2000 Membro del Consiglio di Amministrazione delle Scuole Cardinal Ferrari

Il suo nome resta legato alla stagione della lotta partigiana, quando a Milano, nella casa dove viveva con la madre, stampava documenti falsi per chi cercava di fuggire alla caccia di nazisti e fascisti. 
Fu uno dei fondatori del giornale clandestino Il ribelle, pubblicato tra il 1943 e il 1945. Quando il regime fascista mise fuorilegge il movimento degli scout di cui faceva parte da ragazzo, organizzò insieme ad altri un gruppo segreto, le Aquile randagie, che ogni domenica si dava appuntamento alla Loggia dei Mercanti. 
Dopo l’armistizio, nel 43, con quel gruppo diede vita a Oscar, organizzazione con la quale fu attivamente impegnato a nascondere ebrei e partigiani aiutandoli spesso a fuggire in Svizzera.
Proprio per aver salvato la vita a molti ebrei, Israele lo ha riconosciuto come uno dei “Giusti tra i giusti”, la più importante onorificenza a coloro che hanno salvato vite di ebrei perseguitati dai nazisti e dai fascisti. 
Nel 1944, non ancora ordinato sacerdote, incaricato dal cardinale Schuster, diede la benedizione alle salme di 15 partigiani fucilati in Piazzale Loreto il 10 agosto di quell’anno. Celebrò la sua prima messa il 15 agosto: nella stessa notte fu arrestato dai tedeschi mentre si stava preparando per accompagnare in Svizzera alcuni ebrei fuggitivi. 
Restò in prigione fino a quando il Cardinale non ne ottenne la liberazione. 
Quando in seguito si presentò a lui, Schuster si inginocchiò e gli disse: «Così la Chiesa primitiva onorava i suoi martiri. Ti hanno fatto molto male gli Alemanni?».







giovedì 12 aprile 2018

Da Joseph Ratzinger-Peter Seewald, "Dio e il mondo. Essere cristiani nel nuovo millennio", San Paolo 2001


Ecco, in proposito, quanto affermava il Card. Ratzinger già nel 2001: “C’è bisogno  come minimo di una nuova consapevolezza liturgica che sottragga spazio alla tendenza a operare sulla liturgia come se fosse oggetto della nostra abilità manipolatoria.
Siamo giunti al punto che dei gruppi liturgici imbastiscono da se stessi la liturgia domenicale.
Il risultato è certamente il frutto dell’inventiva di un pugno di persone abili e capaci. 
Ma in questo modo viene meno il luogo in cui mi si fa incontro il totalmente Altro, in cui il sacro ci offre se stesso in dono; ciò in cui mi imbatto è solo l’abilità di un pugno di persone. E allora ci si accorge che non è quello che si sta cercando.
E’ troppo poco e insieme qualcosa di diverso. 
La cosa più importante oggi è riacquistare il rispetto della liturgia e la consapevolezza della sua non manipolabilità.
Reimparare a riconoscerla nel suo essere una creatura vivente che cresce e che ci è stata donata, per il cui tramite noi prendiamo parte alla liturgia celeste. Rinunciare a cercare in essa la propria autorealizzazione per vedervi invece un dono. 
Questa, credo è la prima cosa: sconfiggere la tentazione di un fare dispotico, che concepisce la liturgia come oggetto di proprietà dell’uomo, e risvegliare il senso interiore del sacro”

card. Joseph Ratzinger-Peter Seewald
Da: “Dio e il mondo, essere cristiani nel nuovomillenio”, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo 2001


Buona giornata a tutti. :-)





venerdì 30 marzo 2018

Festeggiamo la Croce di Cristo - San Giovanni Crisostomo


Questo sacrificio è stato offerto fuori dalle mura della città per indicare che si tratta di un sacrificio universale, perché l'offerta è stata fatta per tutta la terra. 
Si tratta di un sacrificio di espiazione generale, e non particolare come quello dei Giudei. 
Infatti ai Giudei Dio aveva ordinato di celebrare il culto non in tutta la terra, ma di offrire sacrifici e preghiere in un solo luogo: la terra era infatti contaminata per il fumo, l'odore e tutte le altre impurità dei sacrifici pagani. 
Ma per noi, dopo che Cristo è venuto a purificare tutto l'universo, ogni luogo è diventato un luogo di preghiera. 
Per questo Paolo ci esorta audacemente a pregare dappertutto senza timore: Voglio che gli uomini preghino in ogni luogo, levando al cielo mani pure (1 Tim. 2,8). 
Capite ora fino a che punto è stato purificato l'universo? 
Dappertutto infatti possiamo levare al cielo mani pure, perché tutta la terra è diventata santa, più santa ancora dell'interno del tempio. 
Là si offrivano animali privi di ragione, qui si sacrificano vittime spirituali. 
E quanto più grande è il sacrificio, tanto più abbondante è la grazia che santifica. 
Per questo la croce è per noi una festa.

San Giovanni Crisostomo - 


silenzio.... attesa....









lunedì 26 marzo 2018

Non è necessario parlare molto nella preghiera


L'abate Macario, interrogato su come si debba pregare, rispose: «Non è necessario parlare molto nella preghiera, ma stendiamo sovente le mani e diciamo: « Signore abbi pietà di noi, come tu vuoi e come tu sai". 
Quando la tua anima è angustiata, dì: "Aiutami". 
E Dio ci farà misericordia, perché sa quello che a noi conviene »


Buona giornata a tutti. :-)





domenica 25 marzo 2018

Sul monte degli Ulivi

Venite, e saliamo insieme sul monte degli Ulivi, e andiamo incontro a Cristo che oggi si avvicina spontaneamente alla passione, per compiere il mistero della nostra salvezza.
Corriamo anche noi insieme a colui che si affretta verso la passione, e imitiamo coloro che gli andarono incontro.

Non però per stendere davanti a lui lungo il suo cammino rami d'olivo o di palme, tappeti o altre cose del genere, ma come per stendere in umile prostrazione e in profonda adorazione dinanzi ai suoi piedi le nostre persone.
Accogliamo così il Verbo di Dio che avanza e riceviamo in noi stessi quel Dio che nessun luogo può contenere.
Stendiamo noi stessi rivestiti della sua grazia, o meglio, di tutto lui stesso poiché quanti siamo stati battezzati in Cristo, ci siamo rivestiti di Cristo e prostriamoci ai suoi piedi come tuniche distese.
Agitando i rami spirituali dell'anima, anche noi ogni giorno, assieme ai fanciulli, acclamiamo santamente: «Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re d'Israele».


 - Andrea di Creta, Discorsi -






sabato 24 marzo 2018

Padre Pio e la preghiera - ( parla Padre G. Amorth)

Don Gabriele Amorth ci manda qualche ricordo dei 26 anni passati visitando Padre Pio.

«Su Padre Pio è rimasta famosa l'auto definizione che diede ad un giornalista: "Sono un povero frate che prega".
 

Lo stavo a contemplare con la corona in mano; la chiamava la sua arma e scrisse al direttore spirituale che ne recitava almeno 5 intere ogni giorno; questo significa in termini di tempo, 5 ore al giorno dedicate al Rosario. Dormiva pochissimo e aveva una capacità di fare più cose contemporaneamente. 
Meditava i misteri; così soffriva visibilmente i dolori della Passione di Cristo, ma sentiva pure nella sua anima i dolori di Maria, che riteneva la più grande martire, vera Regina dei Martiri. 
Più avanzava in età e più il Padre sentiva la necessità di aumentare lo spazio da dare alla preghiera. Già alla fine degli anni '40 m'ero accorto che il tempo che dedicava alle confessioni era assai ridotto. 
Era lontana l'epoca in cui confessava anche 16 ore al giorno. 
Padre Michelangelo gli osservò un giorno: "Caro Padre non potresti confessare un po' più a lungo? Qui ci sono persone che vengono anche da molto lontano, dall'estero, e per potersi confessare da te debbono aspettare lunghi giorni". 
Ecco la risposta: "Caro Padre Michelangelo, credi che la gente venga qui per Padre Pio? La gente viene per sentirsi dire una parola del Signore. E se io non prego, che cosa do alla gente?".
Il bisogno della preghiera gli veniva anche suggerito dalla consapevolezza di essere indegno; si sentiva un grande peccatore, col rischio continuo, col terrore, di poter commettere un peccato e di poter perdere la fede.

Perciò è sempre stato un grande mendicante di preghiere.
Mi ero accorto che, se volevo vederlo illuminarsi di gioia, bastava che gli dicessi: "Padre, prego per lei". Ringraziava con effusione; pareva che volesse dire: "Finalmente uno che mi capisce!".Sentiva moltissimo lo stimolo alla preghiera anche perché sentiva la necessità di santificarsi per santificare. Era una preoccupazione che cercava di infondere soprattutto nei sacerdoti. 
Ricordo bene quando mi confessai da lui, poco dopo la mia ordinazione sacerdotale. Quando gli confidai di essere un prete novello mi disse con forza: "Ricordati che un sacerdote deve essere un propiziatore. Guai se è lui ad aver bisogno di essere propiziato! Ricordatene bene"»


Buona giornata a tutti. :-)






venerdì 23 marzo 2018

Tutti uguali! - Padre Anthony De Mello

"Tutti gli esseri umani sono ugualmente buoni o cattivi", disse il maestro, che non amava usare tali etichette.
"Come puoi mettere un santo allo stesso livello di un peccatore?" protestò un discepolo.
"Sono tutti e due alla stessa distanza dal sole. La distanza diminuisce davvero se vivi in cima a un grattacielo?".

- Anthony De Mello -



Buona giornata a tutti. :-)





giovedì 22 marzo 2018

Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete - Madre Anna Maria Cànopi

Che io sappia
di essere piccolo come Zaccheo,
Signore Gesù,
- piccolo di statura morale -
ma dammi un po' di fantasia
per trovare il modo
di alzarmi un poco da terra
spinto dal desiderio di vederti passare,
di conoscerti e di sapere chi sei tu per me.

Signore Gesù,
fa' che io mi riconosca
nel primo dei pubblicani, dei peccatori,
quanto al disonesto accumulare
tante cose di mio gusto,
tante false sicurezze;
fa' che io mi riconosca fra i pubblicani,
ma mettimi in cuore una sana inquietudine,
almeno un po' di curiosità
per cercare te!

Signore Gesù,
so che devi passare dalle mie parti,
dove sono io,
tu devi passare di qui: sei venuto apposta!
Ti prego, fammi trovare un albero,
fammi trovare qualcuno
che io ritenga più alto,
migliore di me,
per valermi della sua statura
e cercare di vedere te,
soprattutto per farmi vedere da te,
e sentirmi da te chiamare per nome.

Che stupore!
Come mi conosci? Chi ti ha parlato di me?
Signore Gesù, ti prego, dimmi che oggi
ti vuoi fermare da me in casa mia,
come ospite, come amico che non parte più.

Vieni, Signore Gesù,
a riempire di gioia la mia vita
liberandomi dal peso ingombrante
di ciò che sono
e di ciò che possiedo da solo.
Sì, soprattutto liberandomi
dal peso ingombrante
di ciò che sono - o che ritengo di essere -
e di ciò che egoisticamente possiedo.

Vieni a darmi l'entusiasmo di essere povero
nel cuore e ricco soltanto di te.
Io sono sicuro che mi ascolti,
perché sei già venuto a cercarmi,
e mi hai trovato come tesoro che era perduto;
mi hai riacquistato a prezzo di te stesso...
Tu per me hai fatto questo,
per me che nemmeno ti conoscevo.
Sono piccolo, meschino.

Signore Gesù, pastore grande, pastore buono,
sollevami sulle tue spalle per farmi vedere
anche il volto del Padre.
Che io sappia innalzarmi
soltanto facendomi sollevare da te
che per questo sei venuto:
per i piccoli che ti desiderano
e che ti protendono le braccia
per farsi sollevare da te
fino al cuore dell'eterno Padre
da cui sei venuto a rivelare l'infinito amore.

Allora ogni giorno vivrò con gioia
Il mio incontro con te
- la mia Pasqua - e sarò un continuo grazie,
un "amen-alleluia" senza fine.

- Madre Anna Maria Cànopi -
da: Oggi vengo a casa tua, Sergio Stevan, Milano, Paoline, 2000, pagg.8-10



Buona giornata a tutti. :-)




martedì 20 marzo 2018

Carezza, gesto rivoluzionario - Rosaura Montermini

... E per lasciarsi accarezzare è necessario aver riconosciuto la nostra stessa vulnerabilità e dare comunque fiducia all'altro.
Una carezza è il gesto più rivoluzionario del mondo. Offrire e accettare una carezza significa stabilire un ponte tra due persone. Senza parole. 
Esse diventano superflue quando usiamo le carezze: sulla pelle dei bimbi appena nati, sulle labbra di chi amiamo, sul volto di chi è morto a questa vita...
Non possiede carezze Caino, per il quale esiste solo l'individuazione e l'annientamento del nemico.
Caino si permette unicamente sentimenti di rabbia, competizione, gelosia per il fratello.
Abele riesce a esprimere quell'amore che invece Caino reprime, convinto di essere già stato, e per sempre, rifiutato. Teme di non essere abbastanza forte, tiene alta la guardia per non essere più ferito e continua a negarsi il desiderio di dire parole d'affetto, di abbracciare, di accarezzare.
Caino è uomo e donna, la femminilità oggi si è omologata ai maschi nella corsa alla competizione e al potere. 
La civiltà di Caino conosce solo capri espiatori in cui uccidere i propri lati bui e nascosti.
Caino non cerca interlocutori, ma vittime sacrificali da immolare a se stesso e alla propria forza illusoria. Siamo tutti figli di Caino quando neghiamo l'amore, la fiducia, la tenerezza, quando pensiamo sia da deboli ammettere di averne bisogno.
D'altronde, se certi bisogni nascono dal ricordo di una carezza mancata, altri risalgono ad atti con cui abbiamo fatto del male a chi non se lo meritava, né se lo aspettava; qualcuno che abbiamo tradito approfittando della sua fiducia incondizionata. E questo qualcuno siamo spesso noi stessi.

- Rosaura Montermini -

da: Agenda dei giorni Nonviolenti


Buona giornata a tutti. :-)




lunedì 19 marzo 2018

san Giuseppe - 19 marzo


Memorare, o purissime Sponse Virginis Mariae, o dulcis Protector mi, sancte Ioseph, non esse auditum a saeculo, quemquem ad tua implorantem auxilia, tua petentem suffragia, esse derelictum. Ego tali animatus confidentia ad te venio, tibique fervide me commendo. Noli, quaeso, o Pater putative Redemptoris, verba mea despicere, sed audi propitius. Amen.


Buona giornata a tutti. :-)








domenica 18 marzo 2018

Ogni mattina, appena ti alzi da letto ricordati di rivolgere un pensiero alla vita - Omar Faltworth

Ogni mattina, appena ti alzi da letto ricordati di rivolgere un pensiero alla vita e alla grande fortuna che hai di esistere affinché esso ti accompagni durante la giornata ampliandoti le gioie e riducendo i dispiaceri.
Ogni mattina, mentre ti vesti ricordati di rivolgere un pensiero al mondo e all'immensa bellezza di cui ti fa dono affinché tu possa riempirti gli occhi del bello che c'è in ogni cosa che vedi.
Ogni mattina, mentre ti bagni il viso ricordati di rivolgere un pensiero all'amore affinché colori d'arcobaleno la tua mente e ti spinga a donare il meglio di te agli altri.
Ogni mattina, mentre bevi il tuo caffè ricordati di rivolgere un pensiero alla morte affinché ti faccia apprezzare ogni istante del giorno e ti sproni ad agire per favorire la vita
Se sai vivere bene un solo giorno riuscirai a vivere bene tutta la vita.
Ricordati che oggi incontrerai uno stolto che metterà a dura prova la tua bontà e la tua pazienza, un maldicente che sparlerà di te, un furbo che cercherà di usarti, un presuntuoso che pretenderà di aver ragione ad ogni costo, un prepotente che cercherà di sopraffarti, un iracondo che ti trasmetterà rabbia.
Ma tu non ti lascerai turbare più di tanto, perché sarai in compagnia di un moderato che frenerà le tue reazioni, un buono che tramuterà in bene tutto il male che riceverai, un saggio che ti guiderà sulla retta via e ti farà prendere delle buone decisioni, ovvero sarai in compagnia di te stesso.

- Omar Falworth -


Buona giornata a tutti. :-)





mercoledì 14 marzo 2018

Telefono - Padre Michel Quoist

Telefono
Ho appena riagganciato;
Perché ha telefonato?
Ah! Sì, Signore... ci sono.
Fatto sta che ho parlato tanto e ascoltato ben poco.
Perdonami, Signore, ho fatto un monologo e non ho dialogato.
Ho imposto la mia idea e non ho scambiato.
Perché non ho ascoltato, non ho imparato nulla;
Perché non ho ascoltato, non ho portato nulla;
Perché non ho ascoltato, non ho comunicato.
Perdonami, Signore, perché ero in comunicazione,
Ed ora siamo tagliati.


- Padre Michel Quoist -