giovedì 31 luglio 2014

Il Perdono di Assisi - Come ottenere l'Indulgenza plenaria del Perdono di Assisi

1 e 2 Agosto 2014
(Per sé o per i defunti)
Dal mezzogiorno del primo agosto alla mezzanotte del giorno seguente (2 agosto), oppure, col permesso dell'Ordinario (Vescovo), nella domenica precedente o seguente (a decorrere dal mezzogiorno del sabato fino alla mezzanotte della domenica) si può lucrare una volta sola l'indulgenza plenaria.
CONDIZIONI RICHIESTE:
1 - Visita, entro il tempo prescritto, a una chiesa Cattedrale o Parrocchiale o ad altra che ne abbia l'indulto e recita del “Padre Nostro” (per riaffermare la propria dignità di figli di Dio, ricevuta nel Battesimo) e del “Credo” (con cui si rinnova la propria professione di fede).
2 - Confessione Sacramentale per essere in Grazia di Dio (negli otto giorni precedenti o seguenti).
3 - Partecipazione alla Santa Messa e Comunione Eucaristica.
4 - Una preghiera secondo le intenzioni del Papa (almeno un “Padre Nostro” e un'“Ave Maria” o altre preghiere a scelta), per riaffermare la propria appartenenza alla Chiesa, il cui fondamento e centro visibile di unità è il Romano Pontefice.
5 - Disposizione d'animo che escluda ogni affetto al peccato, anche veniale.
Le condizioni di cui ai nn. 2, 3 e 4 possono essere adempiute anche nei giorni precedenti o seguenti quello in cui si visita la chiesa; tuttavia è conveniente che la Santa Comunione e la preghiera secondo le intenzioni del Papa siano fatte nello stesso giorno in cui si compie la visita.
L'INDULGENZA: che cosa è?
I peccati non solo distruggono o feriscono la comunione con Dio, ma compromettono anche l'equilibrio interiore della persona e il suo ordinato rapporto con le creature. Per un risanamento totale, non occorrono solo il pentimento e la remissione delle colpe, ma anche una riparazione del disordine provocato, che di solito continua a sussistere. In questo impegno di purificazione il penitente non è isolato. Si trova inserito in un mistero di solidarietà, per cui la santità di Cristo e dei santi giova anche a lui. Dio gli comunica le grazie da altri meritate con l'immenso valore della loro esistenza, per rendere più rapida ed efficace la sua riparazione. La Chiesa ha sempre esortato i fedeli a offrire preghiere, opere buone e sofferenze come intercessione per i peccatori e suffragio per i defunti.
Nei primi secoli i Vescovi riducevano ai penitenti la durata e il rigore della penitenza pubblica per intercessione dei testimoni della fede sopravvissuti ai supplizi. Progressivamente è cresciuta la consapevolezza che il potere di legare e sciogliere, ricevuto dal Signore, include la facoltà di liberare i penitenti anche dei residui lasciati dai peccati già perdonati, applicando loro i meriti di Cristo e dei santi, in modo da ottenere la grazia di una fervente carità. I pastori concedono tale beneficio a chi ha le dovute disposizioni interiori e compie alcuni atti prescritti. Questo loro intervento nel cammino penitenziale è la concessione dell'indulgenza.
(C.E.l. - Catechismo degli adulti, n. 710)
COME SAN FRANCESCO CHIESE ED OTTENNE L'INDULGENZA DEL PERDONO
Una notte dell'anno del Signore 1216, Francesco era immerso nella preghiera e nella contemplazione nella chiesetta della Porziuncola, quando improvvisamente dilagò nella chiesina una vivissima luce e Francesco vide sopra l'altare il Cristo rivestito di luce e alla sua destra la sua Madre Santissima, circondati da una moltitudine di Angeli. Francesco adorò in silenzio con la faccia a terra il suo Signore!
Gli chiesero allora che cosa desiderasse per la salvezza delle anime. 
La risposta di Francesco fu immediata: "Signore, benché io sia misero e peccatore, ti prego che a tutti quanti, pentiti e confessati, verranno a visitare questa chiesa, conceda ampio e generoso perdono, con una completa remissione di tutte le colpe".
 "Quello che tu chiedi, o frate Francesco, è grande - gli disse il Signore -, ma di maggiori cose sei degno e di maggiori ne avrai. Accolgo quindi la tua preghiera, ma a patto che tu domandi al mio Vicario in terra, da parte mia, questa indulgenza".
E Francesco si presentò subito al Pontefice Onorio III che in quei giorni si trovava a Perugia e con candore gli raccontò la visione avuta. 
Il Papa lo ascoltò con attenzione e dopo qualche difficoltà dette la sua approvazione. Poi disse: "Per quanti anni vuoi questa indulgenza?". Francesco scattando rispose: "Padre Santo, non domando anni, ma anime". E felice si avviò verso la porta, ma il Pontefice lo chiamò: "Come, non vuoi nessun documento?". E Francesco: "Santo Padre, a me basta la vostra parola! Se questa indulgenza è opera di Dio, Egli penserà a manifestare l'opera sua; io non ho bisogno di alcun documento: questa carta deve essere la Santissima Vergine Maria, Cristo il notaio e gli Angeli i testimoni".
E qualche giorno più tardi, insieme ai Vescovi dell'Umbria, al popolo convenuto alla Porziuncola, disse tra le lacrime: "Fratelli miei, voglio mandarvi tutti in Paradiso!".


mercoledì 30 luglio 2014

Il Preziosissimo Sangue e la Madonna - 30 Luglio

"La devozione al Preziosissimo Sangue - dice Padre Faber - rende la devozione a Maria parte integrante della nostra devozione a Gesù e fonde insieme le due devozioni. Pone Maria così intimamente sul piano della Redenzione e allo stesso tempo ne esalta talmente il suo singolare splendore che il più sublime linguaggio dei santi, riguardo a Maria, ci appare scontato e facilmente comprensibile." 

"La devozione al Preziosissimo Sangue veste Maria di nuova gloria: in questa devozione Maria esalta Gesù e Gesù esalta Maria. Chi trova un nuovo punto di vista dal quale Maria possa ricevere nuova gloria, ha trovato un nuovo mezzo di santificazione e una nuova forza per amare." 

Guardiamo dunque a Maria più frequentemente da questo punto di vista, sotto questa nuova luce: Maria "frutto" e nello stesso tempo "fonte" del Preziosissimo Sangue. 

Ricordiamoci più spesso che questo Sangue, che è scaturito dal suo sangue, è stato posto da Dio nelle sue mani, affinché continui, come già faceva sulla terra e specialmente sul Calvario, a offrirlo all'eterno Padre per implorare misericordia e perdono per tutti i suoi figli bisognosi di salvezza. 

Offriamolo anche noi al Padre quel Sangue, e offriamolo facendolo prima passare dalle mani santissime di Maria, perché lei ottenga mise­ricordia per tutti i peccatori e purificazione per tutte le anime del purga­torio. 

Fioretto: Recita il santo Rosario.




lunedì 21 luglio 2014

La creazione è un dono perchè diventi il giardino di Dio e così un giardino dell'uomo - Papa Benedetto XVI

...Il mondo non esiste da sé; proviene dallo Spirito creativo di Dio, dalla Parola creativa di Dio. E per questo rispecchia anche la sapienza di Dio. 
Essa, nella sua ampiezza e nella logica onnicomprensiva delle sue leggi lascia intravedere qualcosa dello Spirito Creatore di Dio. Essa ci chiama al timore riverenziale. Proprio chi, come cristiano, crede nello Spirito Creatore, prende coscienza del fatto che non possiamo usare ed abusare del mondo e della materia come di semplice materiale del nostro fare e volere; che dobbiamo considerare la creazione come un dono affidatoci non per la distruzione, ma perché diventi il giardino di Dio e così un giardino dell'uomo. 
Di fronte alle molteplici forme di abuso della terra che oggi vediamo, udiamo quasi il gemito della creazione di cui parla san Paolo (Rm 8, 22); cominciamo a comprendere le parole dell'Apostolo, che cioè la creazione attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio, per essere resa libera e raggiungere il suo splendore. 
Cari amici, noi vogliamo essere tali figli di Dio che la creazione attende, e possiamo esserlo, perché nel battesimo il Signore ci ha resi tali. Sì, la creazione e la storia – esse ci attendono, aspettano uomini e donne che realmente siano figli di Dio e si comportino di conseguenza. Se guardiamo la storia, vediamo come intorno ai monasteri la creazione ha potuto prosperare, come con il ridestarsi dello Spirito di Dio nei cuori degli uomini è tornato il fulgore dello Spirito Creatore anche sulla terra – uno splendore che dalla barbarie dell'umana smania di potere era stato oscurato e a volte addirittura quasi spento. E di nuovo, intorno a Francesco di Assisi avviene la stessa cosa – avviene dovunque lo Spirito di Dio arriva nelle anime, questo Spirito che il nostro inno qualifica come luce, amore e vigore...


martedì 15 luglio 2014

Può il diavolo portare sfortuna? - Mons. Andrea Gemma

Questa è una delle domande più frequenti che la gente fa ai sacerdoti perché pensano che soffrono di qualsiasi tipo di malattia. 
La prima cosa da rispondere è che, visto dalla prospettiva cristiana, parlare di fortuna o sfortuna, è un modo molto superficiale di vedere la cose.
Ho detto superficiale, anche se bisogna dire che parlando normalmente si potrebbe accettare, ma parlando teologicamente, no.

Tutto ciò che esternamente appare come sfortuna deve essere considerato come una prova; e tutto ciò che esternamente appare come fortuna deve essere considerato come una benedizione. 

In effetti Dio permette il male ed anche tutto ciò che è come il male, incluso il diavolo.
Ma come si può sapere se il diavolo è infiltrato in mezzo a tutti i mali che ci accadono?

Non si può sapere, visto che pur essendo reale è invisibile. 
Solamente quando i fatti sono completamente inspiegabili, sia per il modo in cui sono successi, sia per l'impossibile concatenazione fra di essi, allora si potrebbe pensare che c'è un qualsiasi tipo di causa diabolica.

Quindi il sacerdote deve rispondere che non si può sapere se questi avvenimenti sono prodotti dal diavolo o no. Ma se c'è un influsso maligno, l'unico modo di fermarlo è con la preghiera.
La preghiera, bisognerà rispondere, è ciò che attrae la benedizione divina e allontanerà il demonio. Sicuramente le persone chiederanno quante preghiere bisogna fare e quali.
La mia risposta è sempre questa: Quanto più si preghi tanto più attirerà la benedizione di Dio su di lei e sui suoi.La gente cerca modi complicati e quasi magici per trovare la pace, bisogna spiegargli che Dio è un Dio semplice.

- Mons. Andrea Gemma - 



lunedì 14 luglio 2014

Mons. Andrea Gemma e l'esorcismo

Nel processo di scristianizzazione in atto in Occidente, cioè di perdita di senso religioso della vita, a farne le spese sono stati anche gli angeli, nel senso che non se ne parla più né di quelli buoni né di quelli maligni. 

Questo, però, diciamo noi teologi, è un’estensione impropria. 
È vero che nella Bibbia ogni tanto si dice “l’angelo del Signore” per indicare un intervento di Dio. Però questo non significa che non si debba riconoscere che esistano nella creazione anche gli spiriti angelici. Basterebbe ricordare la vicenda di Tobia, cioè l’apparizione dell’angelo Raffaele. 
Basterebbe ricordare, venendo al Nuovo Testamento, l’annuncio a Maria da parte dell’angelo Gabriele. E via dicendo. 

Resta il fatto che questa preoccupazione di non esagerare nell’intervento angelico ha portato a una quasi cancellazione della loro missione, del loro intervento, della loro realtà. Se, invece, scorriamo la agiografia, cioè la vita dei santi, vediamo che l’intervento angelico è frequentissimo. 
Io sono devotissimo d’una santa abbastanza moderna, santa Gemma Galgani, la quale vedeva abitualmente il suo angelo custode. 

Tanto è vero che, spesso, il demonio che la voleva ingannare prendeva addirittura le forme del suo angelo custode. Sennonché, per una di quelle stupidità dello spirito maligno, esso si faceva facilmente riconoscere. 
Tempo fà un posseduto gridava e mi diceva: “Tu hai una grande forza, perché hai suscitato una generale ripresa del discorso sul demonio, mentre noi stavamo tanto bene quando questo discorso era velato”. 
Ecco, adesso sembrerebbe quasi colpa di noi esorcisti... Parlo al plurale. 
Io non mi metto in prima fila.
Comunque, l’aver taciuto sul demonio è stata una sua parziale vittoria. 

Il posseduto di cui ho parlato diceva: “Noi stavamo tanto bene, tranquilli. Mentre, invece, questo lungo discorso che voi state facendo ci sta provocando molto male”. 
Non dobbiamo dimenticare, e anche questa domanda l’ho fatta parecchie volte ai posseduti, che gli spiriti ribelli sono innumerevoli. 
Basterebbe ricordare l’episodio evangelico del demonio che si professa legione, dicendo “siamo in tanti”. 
La stessa cosa hanno confessato al sottoscritto parecchi dei posseduti che sono venuti sotto le mie mani. Proprio qui sorge un’ulteriore domanda. Papa Leone XIII ebbe quel famoso sogno sull’influenza del demonio nella società moderna, che lo portò a istituire l’Esorcismo breve che si recitava dopo la Messa, poi cancellato dalle riforme liturgiche. 
Papa Paolo VI parlò del “fumo di Satana” che era penetrato perfino nel tempio di Dio. Se c’è una coscienza di questa presenza maligna, perché non c’è una coscienza altrettanto forte del bisogno di contrastarla?
Questa è una grave deficienza della pastorale della nostra Chiesa. E io lo dico senza timore di essere smentito. 

Molti vescovi, devo dirlo sinceramente, non sentono questa necessità. Io ho domandato ad un posseduto che mi rimproverava, appunto, l’essere io un po’ fuori dal comune: “Perché molti dei miei confratelli non fanno la stessa cosa?” Sapete qual è stata la risposta del posseduto? “Perché molti dei tuoi confratelli hanno paura”. 
Non eseguono quello che hanno promesso, quello che sta nel loro potere. 
Se non interviene il vescovo, se non si interessa il vescovo, chi lo deve fare? Se è vero, come è vero, che l’ufficio di esorcista è stato affidato dall’autorità ecclesiastica ai vescovi. Il vescovo è, di natura sua, un esorcista. Quindi, sarebbe molto bello che tutti i vescovi, almeno saltuariamente, esercitassero questo ministero. 
Il demonio mi ha detto: se tutti i vescovi facessero come te, noi saremmo sconfitti.

Il guaio è che non tutti i vescovi fanno questo. Perché non lo fanno? 

Hanno molto da fare? Può darsi. Ma io penso che in questo caso lo spirito della menzogna abbia detto il vero. Non mantengono fede alle promesse che hanno fatto perché hanno paura, una paura misteriosa. 
Quasi come se trattare di questa materia significasse entrare in qualcosa di tenebroso, di misterioso, di esoterico. 
Invece no. Io esco dagli esorcismi, a parte un po’ di stanchezza fisica, ma esco sereno, tranquillo, contento. 

Padre Amorth suole dire: "io non ho paura del demonio, è lui che ha paura di me!"

(Mons Andrea Gemma)



domenica 13 luglio 2014

Abusi del Santissimo Sacramento - Mons. Athanasius Schneider

Per quanto riguarda la mia esperienza e la mia conoscenza, la ferita più grande nella crisi attuale della Chiesa è la ferita Eucaristica; gli abusi del Santissimo Sacramento.
Molta gente riceve la Santa Comunione in un oggettivo stato di peccato mortale… Questo si sta diffondendo nella Chiesa, specialmente nel mondo occidentale in cui la gente raramente si accosta alla Santa Comunione con una preparazione sufficiente.
Certa gente che si accosta alla Santa Comunione vive situazioni di moralità irregolare, che non corrispondono al Vangelo. Senza essere sposati, si accostano alla Santa Comunione. Può darsi il caso che siano divorziati e che vivano in un nuovo matrimonio, un matrimonio civile, e ciononostante si accostano alla Santa Comunione. Penso che questa sia una situazione molto, molto grave.
C’è anche la questione dell’oggettiva irriguardosa accoglienza della Santa Comunione. La cosiddetta nuova, moderna maniera di ricevere la Santa Comunione direttamente in mano è molto grave perché espone Cristo ad essere trattato in un modo enormemente banale.
C’è il doloroso fatto della perdita dei frammenti Eucaristici. Nessuno può negarlo. E i frammenti dell’ostia consacrata sono schiacciati dai piedi. 

Questo è orribile! Il Nostro Signore, nelle nostre chiese, viene calpestato! Nessuno può negarlo.
E questo accade su larga scala. Questo dev’essere considerato, per una persona che ha fede ed ama Dio, un fenomeno molto grave.
Non possiamo continuare come se Gesù non esistesse come Dio, come se esistesse solo il pane. Questa moderna pratica della Comunione in mano non ha niente a che fare con la pratica della Chiesa antica. La pratica moderna del ricevere la Comunione in mano contribuisce gradualmente alla perdita della fede cattolica nella presenza reale e nella transustanziazione.
Un prete e un vescovo non possono dire che questa pratica va bene. Qui è a rischio ciò che è più sacro, più divino e concreto sulla Terra.


Mons. Athanasius Schneider