venerdì 31 gennaio 2014

Il Futuro dell’umanità nelle profezie di Maria Valtorta

"Maria: è l’ora delle tenebre. Le cose si compiono come in sogno te le ho mostrate.  Non è arrivato fin troppo presto il momento della sicura conoscenza? Prega con tutta te stessa, perché il momento è tremendo per se stesso e per le conseguenze. Se le persone sapessero riflettere, si sforzerebbero ad essere buone per piegare la Bontà in loro favore. Invece e sempre la stessa parola che devo dire: l’egoismo le domina. 
Perciò preghiere, sacramenti e sacramentali, resi impuri dall’egoismo, non hanno potere contro Lucifero che sconvolge il mondo".  "I Quaderni del 1943", pag. 278 Dice Gesù: Se si osservasse per bene quanto da qualche tempo avviene, e specie dagli inizi di questo secolo che precede il secondo mille, si dovrebbe pensare che i sette sigilli sono stati aperti. Mai come ora Io mi sono agitato per tornare fra voi con la mia Parola a radunare le schiere dei miei eletti per partire con essi e coi miei angeli a dare battaglia alle forze occulte che lavorano per scavare all’umanità le porte dell’abisso. Guerra, fame, pestilenze, strumenti di omicidio bellico – che sono più che le bestie feroci menzionate dal Prediletto – terremoti, segni del cielo, eruzioni dalle viscere del suolo e chiamate miracolose a vie mistiche di piccole anime mosse dall’Amore, persecuzioni contro i miei seguaci, altezze d’anime e bassezze di corpi, nulla manca dei segni per cui può parervi prossimo il momento della mia Ira e della mia Giustizia. Nell’orrore che provate, esclamate: ‘Il tempo è giunto; e più tremendo di così non può divenire!’. E chiamate a gran voce la fine che ve ne liberi. 
La chiamano i colpevoli, irridendo e maledicendo come sempre; la chiamano i buoni che non possono più oltre vedere il Male trionfare sul Bene. Pace miei eletti! Ancora un poco e poi verrò.  La somma di sacrificio necessaria a giustificare la creazione dell’uomo e il Sacrificio del Figlio di Dio non è ancora compiuta. Ancora non è terminato lo schieramento delle mie coorti e gli Angeli del Segno non hanno ancora posto il sigillo glorioso su tutte le fronti di coloro che hanno meritato d’essere eletti alla gloria. L’obbrobrio della terra è tale che il suo fumo, di poco dissimile da quello che scaturisce dalla dimora di Satana, sale sino ai piedi del trono di Dio con sacrilego impeto. Prima della apparizione della mia Gloria occorre che oriente e occidente siano purificati per essere degni dell’apparire del mio Volto. 
Incenso che purifica e olio che consacra il grande, sconfinato altare - dove l’ultima Messa sarà celebrata da Me, Pontefice eterno, servito all’altare da tutti i santi che cielo e terra avranno in quell’ora - sono le preghiere dei miei santi, dei diletti al mio Cuore, dei già segnati del mio Segno: della Croce benedetta, prima che gli angeli del Segno li abbiano contrassegnati. E’ sulla terra che il segno si incide ed è la vostra volontà che lo incide.  Poi gli angeli lo empiono di un oro incandescente che non si cancella e che fa splendere come sole la vostra fronte nel mio Paradiso. Grande è l’orrore di ora, diletti miei; ma quanto, quanto, quanto ha ancora da aumentare per essere l’Orrore dei Tempi ultimi! E se veramente pare che assenzio sia mescolato al pane, al vino, al sonno dell’uomo, molto, molto, molto altro assenzio deve ancora gocciare nelle vostre acque, sulle vostre tavole, sui vostri giacigli prima che abbiate raggiunto l’amarezza totale che sarà la compagnia degli ultimi giorni di questa razza creata dall’Amore, salvata dall’Amore e che si è venduta all’Odio. 
Che se Caino andò ramigando sulla terra per avere ucciso un sangue, innocente, ma sempre sangue inquinato dalla colpa d’origine, e non trovò chi lo levasse dal tormento del ricordo perché il segno di Dio era su di lui per suo castigo – e generò nell’amarezza e nell’amarezza visse e vide vivere e nell’amarezza morì – che non deve soffrire la razza dell’uomo che uccise di fatto e uccide, col desiderio, il Sangue innocentissimo che lo ha salvato? Dunque pensate pure che questi sono i prodromi, ma non è ancora l’ora. 

Dipinto: (Richard Edward Miller)

giovedì 30 gennaio 2014

San Giovanni Crisostomo e l’omosessualità come passione diabolica

San Giovanni Crisostomo che la Chiesa festeggia il 13 settembre, nacque in Antiochia nel 350 e morì a Comana il 14 settembre 407, fu  vescovo della capitale imperiale di Costantinopoli,  Primate della Chiesa d’Oriente, ed era un uomo dall’integrità morale assoluta. Integerrimo, dotto, brillante, le sue capacità oratorie lo hanno reso il  più perfetto ed elegante fra i Padri Greci. Giovanni Crisostomo è passato alla storia come l’uomo della Bocca d’oro, l’appellativo che i Bizantini gli hanno attribuito tre secoli dopo la sua morte. Votato alla vita spirituale sin dall’infanzia, trascorsa insieme alla madre Antusa ad Antiochia, in Siria, Giovanni si lasciò sedurre dalla vita eremitica: trascorse sei anni nel deserto, di cui due all’interno di una caverna che gli provocò una malattia allo stomaco, ma la sua indole lo chiamò presto verso compiti più alti. La sua anima reclamava giustizia verso la parola di Dio che rischiava di essere avvelenata dalle eresie dilaganti, dalla bassezza dei costumi, ... 
...  dalle ipocrisie della corte. Per cinque anni si dedicò alla preparazione del sacerdozio e del ministero della predicazione, fino a quando il Vescovo Fabiano lo ordinò sacerdote. E’ a partire da questo momento che le sue doti oratorie hanno modo di mostrarsi. Giovanni si dedica costantemente alla predicazione, ma oltre a diffondere la parola di Cristo, il suo scopo è anche quello di difendere la moralità, rivolgersi ai fedeli per rafforzare il loro credo, allontanarsi dalle tante insidie del quotidiano. La sua fama si diffonde. I suoi sermoni sono lunghi (quasi due ore), complessi, appassionati, incantano gli ascoltatori e li obbligano a pensare. Nel 398, il Patriarca di Costantinopoli, Nettario, muore: Giovanni è chiamato a sostituirlo.
La più alta carica ecclesiastica del tempo veniva conferita a un uomo che aveva cominciato ad avvicinarsi a Dio nel silenzio del deserto. Come guida e maestro di tutti i cristiani d’Oriente, la voce d’oro di Giovanni acquistò una risonanza anche maggiore: teologia, morale, politica, arte. Parole ardenti che tuonavano contro i vizi della corte e della Chiesa. Cominciarono le reazioni, non sempre positive. La perplessità può sfociare nell’invidia e da lì arrivare al rancore. Lavorando in segreto, un concilio sedizioso noto come Sinodo della Quercia, formato dai vescovi al seguito di Teofilo di Alessandria, riuscì a farlo deporre. L’imperatrice Eudossia, più volte censurata da Giovanni , dette l’aiuto decisivo e, nell’incontro di Calcedonia del 403, Giovanni fu condannato all’esilio. Subito dopo, Costantinopoli venne colpita da un terremoto. Coincidenza? Presagio di più funeste sventure?
Fatto sta che il popolo reclamò a gran voce il ritorno del Patriarca e Eudossia non poté impedirlo. Ancora due mesi e una legione di soldati barbari fece prigioniero Giovanni, costringendolo nuovamente ad allontanarsi. Questa volta per sempre. La destinazione era il Mar Nero, ma il Santo non riuscì mai ad arrivarvi, perché si ammalò e morì durante il viaggio.
Il pensiero di Giovanni Crisostomo non era molto diverso da quello dei suoi predecessori: non si distaccava dall’ortodossia e le sue omelie riflettevano, anche se in maniera più elevata, tutti i nuclei centrali della morale cristiana. Grande ammiratore di San Paolo, fu lui a dettare i commenti più profondi che ci siano pervenuti sulle Lettere dell’Apostolo, oggi ancora ammirati e utilizzati dagli esegeti.
Tra le sue opere letterarie più importanti si possono citare “La genesi e l’Antico Testamento”, i “Commentari dei profeti e del Nuovo testamento”, i numerosi trattati sulla verginità e sul sacerdozio. Molte anche le opere nel sociale, come la costruzione di ospedali, l’evangelizzazione delle campagne, le processioni anti – ariane sotto il controllo della polizia imperiale. Ma il contributo più importante rimane sempre quello legato alla predicazione: il tono solenne, perentorio delle sue parole lo identificano come accusatore impietoso, ma quelle parole non volevano condannare: erano solo appassionate, animate dalla fede, capaci di raggiungere i cuori come dardi infuocati.
Il figlio di Arcadio, Teodosio il Giovane, fece trasferire i resti mortali del Santo dal sepolcro di Comana, luogo del suo esilio a  Costantinopoli, il 27 Gennaio del 438, restituendo alla capitale d’Oriente la guida che sino ad allora aveva illuminato il suo cammino spirituale.  Riguardo al peccato di sodomia, il Padre della Chiesa che condannò con maggior frequenza l’abuso sessuale contro natura ovvero l’omosessualità  fu proprio san Giovanni Crisostomo. Di questo grandissimo Dottore della Chiesa, riporto i  passi di un’omelia di commento all’epistola di san Paolo ai Romani:

“Le passioni sono tutte disonorevoli, perché l’anima viene più danneggiata e degradata dai peccati di quanto il corpo lo venga dalle malattie; ma la peggiore fra tutte le passioni è la bramosia fra maschi. (…) I peccati contro natura sono più difficili e meno remunerativi, tanto che non si può nemmeno affermare che essi procurino piacere, perché il vero piacere è solo quello che si accorda con la natura. Ma quando Dio ha abbandonato qualcuno, tutto è invertito! Perciò non solo le loro (degli omosessuali, ) passioni sono sataniche, ma le loro vite sono diaboliche. (…) Perciò io ti dico che costoro sono anche peggiori degli omicidi, e che sarebbe meglio morire che vivere disonorati in questo modo. L’omicida separa solo l’anima all’interno del corpo. Qualsiasi peccato tu nomini, non ne nominerai nessuno che sia uguale a questo, e se quelli che lo patiscono si accorgessero veramente di quello che sta loro accadendo, preferirebbero morire mille volte piuttosto che sottrarvi. Non c’è nulla, assolutamente nulla di più folle o dannoso di questa perversità”. 

(San Giovanni Crisostomo, Homilia IV in Epistula Pauli ad Romanos; cfr. Patrologia Graeca, vol. 47, coll. 360-62).


martedì 28 gennaio 2014

Classificazione dei vari tipi di magia secondo la Nota Pastorale della Conferenza Episcopale Toscana

 Secondo il medesimo Documento del Magistero si possono individuare in particolare tre diverse forme di magia:

a. «magia imitativa», secondo cui il simile produce il simile, ad esempio: il
trafiggere gli occhi di un pupazzo accecherà la persona da esso rappresentata;

b. «magia contagiosa», si basa sul principio del contatto fisico: per influire su una persona, il mago ha bisogno di qualcosa che le appartiene (peli, capelli, unghie, vestiti);

c. «magia incantatrice», che attribuisce un potere particolare a formule e azioni simboliche.

Inoltre, tradizionalmente si è soliti distinguere la magia in due grossi filoni:

1. «magia bianca», riguarda due campi diversi, il primo si riferisce a effetti strabilianti ottenuti con metodi naturali, come giochi di prestigio, illusionismo.... La Nota della CET ricorda che se i mezzi usati sono leciti e il fine è solo di stupire, non c’è nulla di male. Diversa valutazione per un secondo settore, dove i fini da raggiungere sono buoni (soluzione dei problemi economici, d’amore, malattie), ma perseguiti con mezzi discutibili che portano al mondo della superstizione e della truffa (talismani, filtri, amuleti....).

2. «magia nera», ricorre a evocazioni di forze demoniache, sotto i cui influssi pensa di operare. E’ indirizzata a scopi malefici: procurare malattie, disgrazie, morte, oppure pretende di piegare gli eventi a proprio vantaggio per conseguire onori e ricchezze. Il fine ultimo di questa forma di magia è quello di trasformare gli adepti in «servi di Satana». Rientrano in questo ambito i riti a sfondo satanico culminanti nelle «messe nere».

La distinzione, peraltro, non è priva di ambiguità: per molti maghi la loro magia è sempre «bianca» e quella dei concorrenti sempre «nera»...

In molte zone d’Italia, è diffusa l’idea della «fattura», eseguita a danno di qualcuno. Essa viene intesa generalmente come una maledizione in grado di arrecare del male a coloro contro cui è rivolta. In questo atto non si pensa necessariamente ad un’azione di tipo demoniaco. Nonostante la forte ingenuità che la contraddistingue, è comunque da ritenersi inaccettabile dal punto di vista cristiano.

Ben più grave è il "maleficio", che ha l’intenzione di consegnare oggetti, animali, ma soprattutto persone, al potere o comunque all’influsso del demonio. Esso assume le forme della «magia nera» ed è – ce lo ricorda ancora la Nota della CET – gravemente peccaminoso a causa dell’intenzione malvagia che lo origina e quindi al di là dei reali effetti. Per ciò che concerne la fattura e il maleficio, occorre nella valutazione un estremo equilibrio, non attribuendo sistematica­mente o in maniera superstiziosa tutti i mali che possono capitare nella vita all’intenzione malvagia di qualcuno. Non si può comunque escludere in pratiche di questo genere qualche partecipazione demoniaca al gesto malefico; giova comunque ricordare che gli studi di vari specialisti, nonché vari Documenti del Magistero invitano alla prudenza per non cadere in facili e ingenue «demonizzazioni»

martedì 21 gennaio 2014

L'invidia - don Vincenzo Carone

Non sono pochi i cristiani che invidiano gli altri perchè pensano che fanno una vita beata, ottengono tutto quello che vogliono, godono veramente i piaceri della vita.
Lo spirito di coloro che invidiano la dolce vita degli altri è debole e spesso anche malato a motivo dell´invidia. Se la loro fede fosse seria, avrebbero compassione di coloro che invidiano perché il godimento del peccato porta alla privazione di Dio e di tutti i beni spirituali che Gesù dona a coloro che gli sono fedeli. La dolce vita finisce nell´inferno, la vita di colui che cammina sulla via della conversione è priva delle preoccupazioni e delle paure del benessere, quando il benessere diventa il solo motivo per vivere.
Per vivere felici non occorre tenere soldi in quantità, la vita quaggiù resta per tutti una misera cosa.
Quando tu entri nell´ubbidienza alla fede, davanti a te si apre un orizzonte nuovo, la vita eterna si manifesta ogni giorno con una maggiore chiarezza. Tu fai un confronto tra il piacere che dona l´abbuffarsi del benessere e il benessere spirituale che ti dona l´esercizio delle virtù cristiane.
Quando la tua vita è virtuosa, tu vedi il Padre Celeste che ti ama e ti aspetta per darti una vita dove sarai veramente felice. Dio è fedele e giusto, mediante le sofferenze che vengono dalla privazione del piacere illecito, Dio ti purifica da tutte le tue iniquità.
Ti dona la sua stessa santità perché tu sei addolorato di te stesso e ti stai impegnando a cambiare la tua condotta, ogni giorno ti dona le Grazie perché tu diventi migliore. Chi vive immerso nei piaceri illeciti, vive nelle tenebre, chi vive di fede vive nella luce. Costui vede chiaro come stanno le cose riguardo al bene e al male, alla verità e all´errore, perché “Dio è luce”, lo Spirito Santo illumina la sua coscienza e gli fa vedere il danno che il peccato porta alla vita dell´uomo sulla terra. “vivete nella Luce della parola di Dio affinché abbiate comunione con noi e la nostra comunione sia con il Padre e con Gesù Cristo suo Figlio” l´Apostolo mette in guardia i fedeli che orientano la loro vita nei valori del mondo trascurando i valori che portano alla salvezza eterna: “se diremo di essere in comunione con Lui, ma camminiamo nelle tenebre dei nostri peccati, siamo mentitori” (1Gv 1,6: 2Cor 6). Fuori della comunione con Cristo non c´è salvezza, c’è tristezza e disperazione. San Paolo chiama satana e i suoi angeli: i principi delle tenebre (Ef 6,12).
Sono i maestri dei peccatori, insegnano loro come devono estorcere dalla carne un piacere sempre più intenso e sempre più depravato. I demoni dominano sulla loro volontà e sulle loro decisioni e tranquillizzano la loro coscienza col pensiero che Dio non esiste, e che la morale del cristianesimo crea squilibri psichici. Ogni iniquità è tenebra e i peccatori sono sommersi dalle loro iniquità.
A quelli che credono in Cristo, Dio ha dato la speranza di pervenire alla comunione con Lui, li libera dai peccati che sono tenebre e li fa vivere nella luce della Verità rivelata. L’amore che tu ricevi da Dio è un amore di servizio. “Propter nos homines et propter nostram salutem descendit de Coelo”, Dio si è fatto uomo per noi uomini e per la nostra salvezza.
Il Padre Celeste, mandando suo Figlio, fa un servizio a noi donandoci la salvezza. Lo Spirito Santo viene mandato dal Figlio per santificare quelli che credono in Cristo. “donna, questo è il figlio tuo”, la Madonna ci è stata data da Gesù morente affinché compia verso di noi il suo servizio materno.
Tutti servono nel silenzio, con discrezione e con il più assoluto rispetto della libertà degli uomini e delle donne. “ecco la serva del Signore, sia fatta di me secondo la tua parola” la Madonna manda l´Angelo e riferire al Padre Celeste la sua decisione. “Giuseppe, non temere di prendere con te Maria tua sposa” E Giuseppe si mette al servizio di Maria e del Figlio suo. “come avverrà questo, non conosco uomo?”
La Madonna vuole sapere come deve svolgere il compito che le viene affidato. Poteva dire: si, lo farò senz’altro.
L´amore è servizio, non ha nulla a che vedere con quello che si sente. “chi vuol essere il primo, deve essere il servitore degli altri”. “Io che sono il vostro Maestro, non sono venuto per comandare nel mondo, ma per servire a voi dandovi tutto quello di cui avete bisogno perché abbiate una vita senza la morte e senza sofferenze”.
L´amore che riceviamo da Dio è un amore misericordioso. Il tuo amore al prossimo deve essere un amore paziente.
Se non sei paziente in famiglia, nella comunità ecclesiale e nella società dove vivi, non hai in te l´amore di Cristo, perché il suo è un amore di servizio. 

Don Vincenzo






lunedì 20 gennaio 2014

La sofferenza

O Madre di Dio, la Tua anima è stata immersa in un mare di amarezze: guarda alla Tua bambina ed insegnale a soffrire e ad amare nella sofferenza. 

Fortifica la mia anima, in modo che il dolore non la spezzi. 

O Madre della grazia, insegnami a vivere con Dio. 

Una volta mi venne a trovare la Madonna. Era triste, aveva gli occhi abbassati verso il suolo, mi fece capire che aveva qualche cosa da dirmi, ma nello stesso tempo si comportava come se non volesse parlarmene. 

Quando lo compresi, cominciai a pregare la Madonna che me lo dicesse e volgesse lo sguardo verso di me. 

In un attimo Maria si rivolse a me sorridendo cordialmente e disse: «Dovrai soffrire a causa di una malattia e dei medici. Inoltre avrai sofferenze per quell’immagine. Ma non aver paura di nulla». 

Il giorno dopo mi ammalai e soffrii molto, proprio come mi aveva detto la Madonna, ma la mia anima è preparata alle sofferenze. La sofferenza è la compagna costante della mia vita.


Santa Faustina Kowalska


giovedì 16 gennaio 2014

La fede, una forza di consolazione nella sofferenza - Papa Francesco

Il cristiano sa che la sofferenza non può essere eliminata, ma può ricevere un senso, può diventare atto di amore, affidamento alle mani di Dio che non ci abbandona e, in questo modo, essere una tappa di crescita della fede e dell’amore. … La luce della fede non ci fa dimenticare le sofferenze del mondo. Per quanti uomini e donne di fede i sofferenti sono stati mediatori di luce! Così per san Francesco d’Assisi il lebbroso, o per la Beata Madre Teresa di Calcutta i suoi poveri. Hanno capito il mistero che c’è in loro. Avvicinandosi ad essi non hanno certo cancellato tutte le loro sofferenze, né hanno potuto spiegare ogni male. La fede non è luce che dissipa tutte le nostre tenebre, ma lampada che guida nella notte i nostri passi, e questo basta per il cammino.

All’uomo che soffre, Dio non dona un ragionamento che spieghi tutto, ma offre la sua risposta nella forma di una presenza che accompagna, di una storia di bene che si unisce ad ogni storia di sofferenza per aprire in essa un varco di luce. In Cristo, Dio stesso ha voluto condividere con noi questa strada e offrirci il suo sguardo per vedere in essa la luce. Cristo è colui che, avendo sopportato il dolore, « dà origine alla fede e la porta a compimento » (Eb 12,2).


Papa Francesco


mercoledì 15 gennaio 2014

L'Orazione di Gesù

Al mattino si alzò quando ancora era buio e, uscito di casa, si ritirò in un luogo deserto e là pregava. Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce e, trovatolo, gli dissero: Tutti ti cercano! (Mc 1, 35-37). 

In quei giorni Gesù se ne andò sulla montagna a pregare e passò la notte in orazione. Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede il nome di apostoli (Lc 6, 12-13).

«È molto importante osservare il comportamento del Messia, perché Egli è venuto a mostrarci la via che conduce al Padre. Assieme a lui scopriremo come è possibile dare rilievo soprannaturale alle attività in apparenza più insignificanti; impareremo a vivere ogni istante con vibrazione d’eternità e comprenderemo con crescente profondità che la creatura ha bisogno di momenti di colloquio intimo con Dio, per stagli vicino, per invocarlo, per lodarlo, per prorompere in rendimento di grazie, per ascoltarlo o, semplicemente, per stare con lui.

Già da molti anni, nel considerare il modo di agire del Signore, sono giunto alla conclusione che l’apostolato, quale che sia, è il traboccare della vita interiore. Mi sembra pertanto così naturale, e così soprannaturale, quel punto del vangelo che narra come Gesù decise di scegliere definitivamente i primi dodici. S. Luca racconta che prima trascorse tutta la notte in orazione. Osservatelo anche a Betania, quando si accinge a risuscitare Lazzaro, dopo aver pianto per l’amico; alza gli occhi al cielo ed esclama: Ti ringrazio, Padre, di avermi ascoltato. Il suo insegnamento preciso è stato questo: se vogliamo aiutare gli altri, se desideriamo veramente spingerli a scoprire il senso autentico del loro destino sulla terra, è necessario porre come fondamento la preghiera.

Sono tante le scene in cui Gesù parla con il Padre, che adesso è impossibile ricordarle tutte. Penso però che non possiamo tralasciare di considerare i momenti, così intensi, che precedono la sua Passione e la sua Morte, quando il Signore si prepara a consumare il sacrificio che ci restituirà l’Amore divino. Nell’intimità del cenacolo, il suo Cuore trabocca: rivolge al Padre la sua supplica, annuncia la discesa dello Spirito Santo, incoraggia i suoi ad un continuo fervore di carità e di fede.

Questo ardente raccoglimento del Redentore continua poi nel Getsemani, quando avverte ormai imminente la sua Passione, quando sente che le umiliazioni e le sofferenze si avvicinano, che è l’ora della croce, il duro patibolo dei malfattori, che Egli ha desiderato ardentemente. Padre, se vuoi, allontana da me questo calice. E subito: Però non sia fatta la mia volontà, ma la tua. Più tardi, inchiodato alla croce, solo, con le braccia aperte in gesto di sacerdote eterno, prosegue il suo dialogo con il Padre: Nelle tue mani rimetto il mio spirito».
Amici di Dio, 239-240

San Josemaría 
Escrivà




sabato 11 gennaio 2014

Siamo giunti in alto mare – Papa Clemente XII

Siamo giunti in alto mare.
Affinché, in mezzo agli scatenati venti avversi, il turbine delle acque non ci sommerga, abbiamo rivolto a Dio le Nostre preghiere e i Nostri indicibili lamenti perché ci soccorra copiosamente, con l’aiuto e il presidio della Sua efficacissima grazia, nell’incarico Apostolico da Noi assunto e nel condurre a buon fine questo oneroso impegno, che di gran lunga va oltre le nostre forze; e perché accolga con grande benevolenza le nostre preci che con insistenza innalziamo in queste ore di affanno.

Chi infatti non tremerebbe in tutto l’animo e in tutte le membra? Chi non sarebbe angosciato dal più afflittivo timore? Chi non sarebbe colto da profonda tristezza, constatando coi propri occhi e con la massima attenzione quanto sia penoso lo stato della Religione cattolica e di questa Sede Apostolica? 

Chi infine non piangerebbe tutte le sue lacrime per le tante orrende ferite inflitte alla nostra fede, alla nostra disciplina e ai nostri diritti? 

Ma non è il caso di ricordare e richiamare tanti mali e di passare sotto silenzio i rimedi coi quali possiamo far fronte a tante sciagure. 

Non vi è malattia tanto grave, tanto ostinata, tanto disperata, che non possa essere sanata o almeno soccorsa da Dio onnipotente in virtù della Sua ineffabile misericordia, che trascende la nostra capacità di comprenderla. 

Accostiamoci dunque con fiducia al Suo Trono, nel modo dovuto. 
Infatti le nostre armi con cui, forti e costanti, possiamo opporci a tanti mali, sono le preghiere, i digiuni, le elemosine; sappiamo che se ci rifugeremo in Lui e le Sue parole si imprimeranno in noi, potremo chiedere, e sarà esaudito ogni nostro desiderio. 
Rivolgiamoci dunque a Dio con tutto il nostro cuore, nel digiuno, nel pianto, nel lamento e non distogliamo lo sguardo dal povero, in modo che non accada che il Signore distolga lo sguardo da noi. 

Papa Clemente XII





giovedì 9 gennaio 2014

Le domande dell'uomo - Mons. Milivoj Bolobanic esorcista

Il mondo in cui viviamo pone all'uomo di oggi domande difficili e irresolubili: Da dove arriva il male? Perché succedono tante crudeltà nel mondo? Perché le guerre e i brutali massacri? Perché la distruzione disumana di tutto quello che l'uomo ha faticosamente costruito? Perché si è diffuso l'odio tra i popoli, l'odio che continua a devastare i rapporti umani? Perché le vendette che portano fino allo sterminio di intere nazioni? Come è possibile spiegare le innumerevoli stragi di vittime innocenti, donne, anziani, bambini..., violenze senza fine?... e tutto questo nel ventesimo secolo.

Perché il mondo civilizzato porta con sé tantissime ingiustizie sociali? Perché da una parte tanta gente muore di fame e dall'altra si butta un'enorme quantità di cibo? Perché esistono persone che nuotano nell'oro ed altre che non hanno nemmeno quel minimo indispensabile per la vita decorosa di una persona?

Perché oggi giorno l'intera umanità impiega tutte le sue risorse per accumulare armi, e intanto si muore di fame? Perché le armi?

E cosa dire delle tragedie personali? È difficile incontrare oggi una persona felice e contenta, quasi impossibile trovare una famiglia unita. Discordia, infedeltà coniugale, l'abituale divorzio, l'uso di stupefacenti, alcolismo, omosessualità, perversioni sessuali, i sempre più frequenti casi delle anormalità e malattie psichiche... sono le manifestazioni ordinarie che si possono individuare in una o più famiglie e persone.

Perciò, è assolutamente naturale che l'uomo si ponga la domanda: Da dove arriva il male? Ci chiediamo se esiste il modo o la possibilità di uscire da quell'incantato cerchio che ci stringe sempre di più. Esiste, dunque, la liberazione, la via per salvarsi?

L'uomo fa domande simili da quando è apparso sul nostro pianeta. I più grandi intelletti del mondo hanno cercato le risposte. Sono questioni studiate da filosofi, psicologi, moralisti, scrittori, registi del cinema, diversi analisti, fondatori di altre religioni e di movimenti religiosi. Ma nessuno di loro è mai riuscito a rispondere adeguatamente ad alcune questioni fondamentali e tantomeno a capire il modo di liberare le anime dalle catene del male.

Sapienza e mente umana non sanno rispondere a queste domande. Per esperienza sappiamo che la sofferenza segue l'uomo dalla culla alla tomba. Tutti gli sforzi umani, dal principio della sua vita sulla terra, si alimentano col desiderio di creare il paradiso terrestre; tuttavia, alla fine del ventesimo secolo dobbiamo disperatamente constatare di trovarci nella "valle delle lacrime".

L'uomo stesso causa tantissimi mali. Ma ne esistono tali che ci causano tormenti e non dipendono dalla nostra volontà. Qui intendo le calamità naturali, grandine e alluvioni devastanti, uragani e cicloni, vulcani e terremoti che distruggono in un attimo cancellando intere città e regioni con la loro popolazione.

E cosa dire delle malattie incurabili? Quanti ammalati ci sono negli ospedali senza una speranza di guarire? Come spiegare le nascite dei bambini handicappati, fisicamente e mentalmente disabili, tante volte proprio per colpa dei genitori?

Come giustificare gli esodi in questo "secolo avanzato" di tutti quei popoli costretti a lasciare le proprie case, i paesi con un sacchetto in mano e a doversi sistemare in una tenda, adeguandosi a condizioni di vita neanche minimamente igieniche,... felici di sopravvivere?

Dopo tutto questo non possiamo non vedere i diversi problemi morali e i disturbi mentali che tormentano l'anima e il cuore dell'uomo. Ricordiamo i bambini orfani che nella vita non proveranno mai l'affetto e l'amore materno; il dolore di un genitore davanti alla perdita del proprio figlio.

Tutti questi mali e sventure non hanno origine, almeno apparentemente, nella eventuale colpa del singolo. Viceversa, esistono le disgrazie e l'infelicità radicati dal male nell'animo umano. Nel nostro cuore nascono superbia, egoismo, invidia, gelosia, odio, impurità e al tre attitudini maligne. Sono le radici da cui germogliano delitti e guerre, che, in ogni epoca della storia, dietro di sé lasciano chilometri di deserto inaridito. Tutto ebbe inizio là, dove Abele fu vittima dell'invidia fraterna. Infine possiamo constatare che l'intera storia umana era, ed è ancora in tutte le sue epoche, macchiata di sangue, segnata dalla sofferenza, particolarmente in questo secolo.

Sì, l'uomo moderno è orgoglioso del progresso che sta realizzando. Ma possiamo dire che l'uomo di oggi e più felice dell'uomo di ieri? Attualmente, certo, godiamo dei vantaggi dallo sviluppo tecnologico che purtroppo con sé trascina le nuove forme del male. Il famoso E. Autexier ha detto: "Pensare di poter evitare la sofferenza, significa pensare invano!".

"La vittoria del mondo che in cinque parti è il figlio di satana; in tre parti il servo di satana, e in altre due parti indifferente verso Dio, è di spegnere la luce nelle anime dei santi. 

Difendetevi da voi stessi, dal mondo, dalla fisicità e dagli spiriti maligni. Ma soprattutto proteggetevi da voi stessi. Riparatevi, o figli, dalla superbia, mondanità, ipocrisia, accidia, torpore spirituale e avidità".

Mons. Milivoj Bolobanic


martedì 7 gennaio 2014

Il demonio e la tentazione - don Vincenzo Carone

Ia l´opera della sua Redenzione. Soltanto questo amore ricevuto e donato diventa carità che realizza la giustizia e il bene comune nella famiglia, nella Chiesa e nella società. Devi formare in te l´amore che Dio ti dona. 
Chiunque non realizza l´amore di carità diventa furbo. Nei rapporti umani, familiari e sociali costui illude e delude il prossimo. Il furbo è sempre astuto nel deformare la parola di Dio, la Chiesa e la missione che i sacerdoti devono compiere per il bene delle anime. Il furbo non prega mai, non si lascia mai sfuggire l´occasione per godere il piacere sessuale. La sua abilità a presentarsi come una persona amabile e per bene raggiunge sempre l´obiettivo che si propone. Il furbo è un essere ripugnante e disgustoso. La sua malizia è talmente raffinata che riesce sempre a trovare le argomentazioni che fanno centro nel cuore degli altri, è perfetto nell´ingannare gli altri. Riesce a coprire l´inganno in modo che la malizia che tiene del cuore possa essere esercitata nei peccati più vergognosi. Nella Chiesa nol demonio sa che la tentazione insistente facilmente ti porta allo scoraggiamento e a volte persino alla disperazione. Non dimenticare mai che la tentazione ti riporta nel momento in cui hai desiderato commettere un peccato, gli stessi sentimenti forti, la stessa fragilità e la stessa voglia di andare avanti fino all´appagamento della passione. Non pensare mai che questo sia un peccato, il peccato si compie con la volontà e soltanto con la volontà. Prega fervorosamente il Signore affinché ti aiuti a resistere all´attrazione malefica del peccato. La Madonna farà in modo che la tentazione sia contrastata dai mezzi spirituali adeguati in modo che la forza malefica del demonio non superi mai la tua forza (1Cor 10,13). 
Con umiltà e fiducia affida alla Misericordia di Maria la tua fragilità ed Ella trasformerà il tuo sacrificio in doni di Grazia e di santità. Tutti siamo tentati e tribolati, Dio però salva soltanto colui il quale si rivolge a Lui con uno spirito umile e contrito, quando arriverà il giorno stabilito dalla sua Provvidenza, Dio lo libererà e lo innalzerà fino ad annoverarlo tra i suoi Santi. (1Pt 5,6; Sal 33,19). 
Se vuoi sapere se vivi veramente di fede, esamina il tuo comportamento e la tua reazione quando sei tentato e tribolato dalle innumerevoli prove della vita. La santità della tua vita non viene mai dal potere di fare qualcosa che gli altri non sanno fare. La misura della tua perfezione nella vita cristiana viene data dalle tentazioni e dalle tribolazioni. Soltanto nella lotta contro le tentazioni tu meriti le Grazie che ti santificano. Nella sofferenza e nelle tentazioni tu puoi esercitare la virtù della fede e della speranza, e cosi acquistare meriti per il Cielo. Impara a sopportare te stesso nelle avversità senza mai perdere la speranza nella Provvidenza di Dio. Un cristianesimo senza le prove che calibrano la fede, è un cristianesimo senza la carità. Molti si preoccupano di accumulare una riserva di sentimenti buoni. 
I sentimenti, ance se buoni non sono adatti per respingere la violenza del male. 
Una persona che vive di sensazioni ,è priva di ogni capacità di edificare qualcosa di buono non solo nella vita cristiana, ma anche nella vita umana. La personalità umana e cristiana va edificata con innumerevoli sacrifici e rinunzie. 
Se tu vuoi esercitare una professione impegnativa, devi conquistare la capacità di esercitarla mediante molti sacrifici, rinunzie e soprattutto mediante un impegno costante. Tutti i matrimoni di coloro che si sposano perché “sentono qualcosa nel cuore” fanno una brutta fine, non è possibile amare una persona ed essere amato da lei senza essere disposti a innumerevoli sacrifici e rinunzie. Similmente nel tuo rapporto col Signore. La carità è l´amore che ricevi dal Dio Crocifisso, dalla tua croce tu devi ricambiare l´amore tenendo sempre presente che Lui ti ha redento, e ti ha dato la possibilità di completare nella tua vitn mancano coloro che sono furbi con il Signore, riescono sempre a liberarsi dalla efficacia della parola di Dio che hanno ascoltato. 
A volte la parola di Dio non interessa loro, altre volte non vogliono vedere la verità della loro coscienza. 
Il Salmo dice: il Signore è astuto con chi vuole fare il furbo. L´astuzia di Dio agisce in tre momenti. 
In un primo momento lascia fare, si comporta come se non sapesse nulla. Nel secondo momento “lo abbandona a satana” (San Paolo), lo lascia sotto l´influsso di satana in modo che commette tutto il male che satana gli suggerisce e gli insegna a realizzare. Il furbo sprofonda cosi nel peccato e si perfeziona sempre di più nella malizia. Il terzo momento: Dio fa vedere al furbo che non ha nessuna possibilità di uscire fuori dall´abisso in cui è precipitato e gli dona la Grazia di rivolgersi a Lui per chiedergli perdono.


Don Vincenzo Carone