domenica 28 dicembre 2014

28 dicembre Giornata dei Santi Innocenti Martiri - Dai "Discorsi" di san Quodvultdeus, vescovo

Non parlano ancora e già confessano Cristo

Il grande Re nasce piccolo bambino. I magi vengono da lontano, guidati dalla stella e giungono a Betlemme, per adorare colui che giace ancora nel presepio, ma regna in cielo e sulla terra. Quando i magi annunziano ad Erode che è nato il Re, egli si turba e per non perdere il regno, cerca di ucciderlo, mentre credendo in lui, sarebbe stato sicuro in questa vita e avrebbe regnato eternamente nell'altra.
Che cosa temi, o Erode, ora che hai sentito che è nato il Re? Cristo non è venuto per detronizzarti, ma per vincere il demonio. Tu, questo non lo comprendi, perciò ti turbi e infierisci; anzi, per togliere di mezzo quel solo che cerchi, diventi crudele facendo morire tanti bambini.
Le madri che piangono non ti fanno tornare sui tuoi passi, non ti commuove il lamento dei padri per l'uccisione dei loro figli, non ti arresta il gemito straziante dei bambini. La paura che ti serra il cuore ti spinge ad uccidere i bambini e mentre cerchi di uccidere la Vita stessa, pensi di poter vivere a lungo, se riuscirai a condurre a termine ciò che brami. Ma egli, fonte della grazia, piccolo e grande nello stesso tempo, pur giacendo nel presepio, fa tremare il tuo trono; si serve di te che non conosci i suoi disegni e libera le anime dalla schiavitù del demonio. Ha accolto i figli dei nemici e li ha fatti suoi figli adottivi.
I bambini, senza saperlo, muoiono per Cristo, mentre i genitori piangono i martiri che muoiono. Cristo rende suoi testimoni quelli che non parlano ancora. Colui che era venuto per regnare, regna in questo modo. Il liberatore incomincia già a liberare e il salvatore concede già la sua salvezza.
Ma tu, o Erode, che tutto questo non sai, ti turbi e incrudelisci e mentre macchini ai danni di questo bambino, senza saperlo, già gli rendi omaggio.
O meraviglioso dono della grazia! Quali meriti hanno avuto questi bambini per vincere in questo modo? Non parlano ancora e già confessano Cristo! Non sono ancora capaci di affrontare la lotta, perché non muovono ancora le membra e tuttavia già portano trionfanti la palma della vittoria.

Dai "Discorsi" di san Quodvultdeus, vescovo
(Disc. 2 sul Simbolo; PL 40,655)



mercoledì 24 dicembre 2014

1. Il flauto del pastore


C'era una volta un vecchio pastore, che amava la notte e conosceva bene il percorso degli astri. Appoggiato al suo bastone, con lo sguardo rivolto verso le stelle, il pastore stava immobile sul campo.
"Egli verrà!" disse.
"Quando verrà?" chiese il suo nipotino.
"Presto!".
Gli altri pastori risero.
"Presto!", lo schernirono. "Lo dici da tanti anni!".
Il vecchio non si curò del loro scherno. Soltanto il dubbio che vide sorgere negli occhi del nipote lo rattristò. Quando fosse morto, chi altri avrebbe riferito la predizione del profeta? Se lui fosse venuto presto! Il suo cuore era pieno di attesa.
"Porterà una corona d'oro?". La domanda del nipote interruppe i suoi pensieri. "Sì!".
"E una spada d'argento?". "Sì!".
"E un mantello purpureo?". "Sì! Sì!".
Il nipotino era contento. Il ragazzo era seduto su un masso e suonava il suo flauto. Il vecchio stava ad ascoltare. Il ragazzo suonava sempre meglio, la sua musica era sempre più pura. Si esercitava al mattino e alla sera, giorno dopo giorno. Voleva essere pronto per quando fosse venuto il re. Nessuno sapeva suonare come lui.
"Suoneresti anche per un re senza corona, senza spada e senza mantello purpureo?", chiese il vecchio.
"No!", disse il nipote.
Un re senza corona, senza spada e senza mantello purpureo, come avrebbe potuto ricompensarlo per la sua musica? Non certo con oro e argento! Un re con corona, con spada e mantello purpureo l'avrebbe fatto ricco e gli altri sarebbero rimasti a bocca aperta, l'avrebbero invidiato.
Il vecchio pastore era triste. Ahimé, perché aveva promesso al nipote ciò a cui egli stesso non credeva? Come sarebbe venuto? Su nuvole dal cielo? Dall'eternità? Sarebbe stato un bambino? Povero o ricco? Di certo senza corona, senza spada e senza mantello purpureo, e tuttavia sarebbe stato più potente di tutti gli altri re. Come poteva farlo capire al suo nipotino?
Una notte in cielo comparvero i segni che il nonno così a lungo aveva cercato con gli occhi. Le stelle splendevano più chiare del solito. Sopra la città di Betlemme c'era una grande stella. E poi apparvero gli angeli e dissero: "Non abbiate paura! Oggi è nato il vostro Salvatore!".
Il ragazzo corse avanti, verso la luce. Sotto il mantello sentiva il flauto sul suo petto. Corse più in fretta che poteva. Arrivò per primo e guardò fisso il bambino, che stava in una greppia ed era avvolto in fasce. Un uomo e una donna lo contemplavano lieti. Gli altri pastori, che l'avevano raggiunto, si misero in ginocchio davanti al bambino. Il nonno lo adorava. Era dunque questo il re che gli aveva promesso?
No, doveva esserci un errore. Non avrebbe mai suonato qui.
Si voltò deluso, pieno di dispetto. Si allontanò nella notte. Non vide né l'immensità del cielo, né gli angeli che fluttuavano sopra la stalla.
Ma poi sentì piangere il bambino. Non voleva sentirlo. Si tappò le orecchie e corse via. Ma quel pianto lo perseguitava, gli toccava il cuore e infine lo costrinse a tornare verso la greppia.
Eccolo là, per la seconda volta.
Vide che Maria, Giuseppe e anche i pastori erano spaventati e cercavano di consolare il bambino piangente. Ma tutto era inutile. Che cosa poteva avere il bimbo?
Non c'era altro da fare. Tirò fuori il suo flauto da sotto il mantello e si mise a suonare. Il bambino si quietò subito. Si spense anche l'ultimo, piccolo singhiozzo che aveva in gola. Guardò il ragazzo e gli sorrise.
Allora egli si rallegrò, e sentì che quel sorriso lo arricchiva più di tutto l'oro e l'argento del mondo.


martedì 23 dicembre 2014

Dal trattato «Contro Noèto» di sant'Ippòlito, sacerdote

Rivelazione di Dio invisibile


Uno solo è Dio, fratelli, colui che noi non conosciamo per altra via che quella delle Sacre Scritture.
Noi dobbiamo quindi sapere tutto quanto le divine Scritture ci annunziano e conoscere quanto esse ci insegnano. Dobbiamo credere al Padre, come lui vuole che gli crediamo, glorificare il Figlio come vuole che lo glorifichiamo, ricevere lo Spirito Santo come desidera che lo riceviamo.
Procuriamo di arrivare a una comprensione delle realtà divine non secondo la nostra intelligenza e non certo facendo violenza ai doni di Dio, ma nella maniera in cui egli stesso volle rivelarsi nelle Sacre Scritture.
Dio esisteva in sé perfettamente solo. Nulla c'era che fosse in qualche modo partecipe della sua eternità. Allora egli stabilì di creare il mondo. Come lo pensò, come lo volle e come lo descrisse con la sua parola, così anche lo creò. Il mondo cominciò ad esistere, perciò, come lo aveva desiderato. E quale lo aveva progettato, tale lo realizzò. Dunque Dio esisteva nella sua unicità e nulla c'era che fosse coeterno con lui. Niente esisteva se non Dio. Egli era solo, ma completo in tutto. In lui si trovava intelligenza, sapienza, potenza e consiglio. Tutto era in lui ed egli era il tutto. Quando volle, e nella misura in cui volle, egli, nel tempo da lui prefissato, ci rivelò il suo Verbo per mezzo del quale aveva creato tutte le cose.
Poiché dunque Dio possedeva in sé la sua Parola, ed essa era inaccessibile per il mondo creato, egli la rese accessibile. Pronunziando una prima parola, e generando luce da luce, presentò alla stessa creazione come Signore il suo stesso Pensiero, e rese visibile colui che egli solo conosceva e vedeva in se stesso e che prima era assolutamente invisibile per il mondo creato. Lo rivelò perché il mondo lo vedesse e così potesse essere salvato.
Questi è la Sapienza che venendo nel mondo si rivelò Figlio di Dio. Tutto fu creato per mezzo di lui, ma egli è l'unico che viene dal Padre.
Questi poi diede una legge e dei profeti e li fece parlare nello Spirito Santo perché, ricevendo l'ispirazione della potenza del Padre, annunziassero il volere e il disegno del Padre.
Così dunque fu rivelato il Verbo di Dio, come dice il beato Giovanni che sommariamente riprende le cose già dette dai profeti mostrando che questi è il Verbo, nel quale tutto fu creato. Dice Giovanni: «In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Tutto è stato fatto per mezzo di lui, senza di lui nulla è stato fatto» (Gv 1, 1. 3).
Più avanti dice: Il mondo fu fatto per mezzo di lui, eppure il mondo non lo ha conosciuto. Venne presso i suoi, ma i suoi non lo hanno accolto (cfr. Gv 1, 10-11).


Dal trattato «Contro Noèto» di sant'Ippòlito, sacerdote
(Cap. 9-12; PG 10, 815-819)




lunedì 22 dicembre 2014

I dieci Comandamenti per la Casa del Signore

1.  Molti vanno in Chiesa, ma non tutti sanno di entrare nella casa di Dio. Preparati nell’andare: spiritualmente, mentalmente e con il cuore.
2.   Recati alla Santa Messa almeno cinque o dieci minuti prima del suo inizio, per prepararti nella preghiera e nel raccoglimento ad una migliore partecipazione al mistero della salvezza.
3.  Entrando in Chiesa, davanti al Signore, inginocchiati, così lo adorerai pubblicamente. Chinare la testa, come oggi fanno molti, è solo un segno di venerazione e non di adorazione come si conviene a Dio. Nella lettera ai Filippesi si trova scritto: “nel nome di Gesù, ogni ginocchio si pieghi, nei cieli, sulla terra e sotto terra”. Non volerti dunque macchiare di grave irriverenza verso il tuo Signore.
4.  Osserva, nella casa di Dio, un rigoroso silenzio. Nel luogo sacro non possono essere giustificate le vane chiacchiere. Si può parlare solo per una vera, grave e urgente necessità, per il tempo strettamente indispensabile e sempre e solo sottovoce. Controlla sempre che il tuo telefonino sia spento.
5.   Non entrare mai in Chiesa vestito in maniera indecorosa o, peggio, indecente. Mantieni sempre un atteggiamento edificante, non andando in giro qua e là con lo sguardo, non voltandoti a vedere chi entra e chi esce, ma occupandoti solo di parlare con Dio, pensando alle cose di Dio, occupandoti degli affari divini riguardanti il bene dell’anima tua e di quelli che porti nel cuore.
6.  Nella Messa, almeno durante la consacrazione, procura di stare in ginocchio ed in assoluto silenzio adorante. Se anche sei fuori dei banchi, sappi che il Signore gradisce molto il sacrificio di stare in ginocchio sulla nuda terra. Sappi che se, senza grave necessità, rimani in piedi, pecchi gravemente di irriverenza verso Colui che si sta umiliando scendendo sull’altare e rinnovando l’offerta del Suo Sacrificio per le mani del sacerdote. Se sei un’anima generosa, prolunga il tempo della tua adorazione in ginocchio per tutta la preghiera eucaristica.
7.   Se vuoi ricevere Gesù nella santa comunione eucaristica, ricorda che devi essere in stato di grazia ed a digiuno da almeno un’ora da cibi e bevande non alcoliche (tre ore dalle bevande alcoliche). Se sei consapevole di aver peccato mortalmente, non accostarti alla santa comunione senza aver prima ricevuto l’assoluzione nel sacramento della Penitenza: commetteresti sacrilegio. Se hai violato le norme sul digiuno, per comunicarti devi chiedere la dispensa al Parroco prima che cominci la santa Messa. Sappi che il digiuno è rotto anche da un cioccolatino, una caramella, un caffè o una gomma da masticare.
8.   Prima di ricevere la santa Comunione, chiedi umilmente perdono per le tue debolezze e mancanze recitando l’atto di dolore. Accostati a Lui con molto rispetto e riverenza, consapevole che stai andando a ricevere il Signore del cielo e della terra. Ricorda che anche per ricevere la santa comunione, l’atteggiamento più indicato è quello di ricevere il tuo Signore stando umilmente in ginocchio.
9.  Dopo aver ricevuto Gesù, adoralo, benedicilo e ringrazialo. Tornato al banco, non metterti seduto: hai Dio dentro di te! Non uscire di fretta dalla Chiesa, ma soffermati in silenziosa preghiera, perché Gesù rimane, nelle Sacre Specie, vivo dentro di te, per almeno un quarto d’ora da quando l’hai ricevuto. L’ideale, quindi, sarebbe che ti trattenessi in preghiera ed in ringraziamento almeno per questo tempo.
 10. Quando Gesù è solennemente esposto nell’Adorazione eucaristica, non privarlo della tua presenza. Egli ti sta aspettando per amarti, benedirti, concederti grazie, donarti la sua pace, in cambio di un po’ del tuo amore e del tempo. Sii fiero di rimanere per un po’in ginocchio davanti alla sua divina presenza.






venerdì 19 dicembre 2014

Del viaggio a Betlemme, dove nacque Gesù - Sant'Alfonso M. de' Liguori

Meditazione di sant'Alfonso M. de' Liguori

«Ascendit autem et Ioseph a Galilaea de civitate Nazareth in Iudaeam in civitatem David, quae vocatur Bethlehem» (Luc. 2. 4).

Considera i dolci colloqui che in questo viaggio dovette fare Maria con Giuseppe della misericordia di Dio in mandare il suo Figlio al mondo per redimere il genere umano, e dell'amore di questo Figlio in venire a questa valle di lacrime a soddisfare colle sue pene e morte i peccati degli uomini.

Considera poi la pena di Giuseppe in vedersi in quella notte, in cui nacque il Verbo divino, discacciato con Maria da Betlemme, sì che furono costretti a stare in una stalla. 

Qual fu la pena di Giuseppe in vedere la sua santa sposa, giovinetta di quindici anni, gravida vicino al parto tremar di freddo in quella grotta, umida ed aperta da più parti! 

Ma quanta poi dovette essere la sua consolazione, quando intese da Maria chiamarsi e dire: “Vieni Giuseppe, vieni ad adorare il nostro Dio bambino, ch'è già nato in questa spelonca. Miralo quanto è bello: mira in questa mangiatoia su di questo poco fieno il Re del mondo. Vedi come trema di freddo, chi fa ardere d'amore i Serafini! Ecco come piange quegli ch'è l'allegrezza del Paradiso!”.

Or qui considera qual fu l'amore e la tenerezza di Giuseppe, allorché mirò co' propri occhi il Figlio di Dio fatto bambino; e nello stesso tempo udì gli Angeli che cantavano intorno al loro nato Signore, e vide quella grotta ripiena di luce! 

Allora genuflesso Giuseppe piangendo per tenerezza: “Vi adoro”, disse, “Vi adoro sì mio Signore e Dio; e qual sorte è la mia di essere il primo dopo Maria a vedervi nato! e di sapere che nel mondo Voi volete esser chiamato e stimato figlio mio! Dunque lasciate che anch'io vi chiami e da ora vi dica: Dio mio e figlio mio, a Voi tutto mi consacro. La mia vita non sarà più mia, sarà tutta vostra; ad altro ella non servirà che a servire Voi, mio Signore”.


Meditazione di sant'Alfonso M. de' Liguori


domenica 7 dicembre 2014

Cerca, O Signore, la tua pecora stanca, dal Commento al Salmo CXVIII 22, 28-30 di S. Ambrogio di Milano

Quaere servum tuum, quia mandata tua non sum oblitus...
Vieni dunque, Signore Gesù, cerca il tuo servo[Sal 118,176]
cerca la tua pecora stanca.
Vieni, pastore,
cerca, come Giuseppe cercava le pecore[Gn 37,14].
Ha errato la tua pecora,
mentre tu indugi, mentre ti aggiri sui monti.
Lascia andare le tue novantanove pecore
e vieni a cercare la sola pecora che ha errato[Mt 18,12 ss; Lc 15,4].
Vieni senza cani, vieni senza cattivi operai,
vieni senza il servo mercenario,
che non sa passare per la porta[Gv 10,1-7].
Vieni senza aiutante, senza messaggero.
Già da tempo aspetto la tua venuta.
Infatti so che verrai,
«poiché non ho dimenticato i tuoi comandamenti»[Sal 118,176].
Vieni non «con la verga,
ma con carità e in spirito di mansuetudine»[lCor 4,21].
Non esitare a lasciare sui monti le tue novantanove pecore,
poiché i lupi rapaci[Mt 7,15; At 20,29] non possono attaccarle finché stanno sui monti.
Nel paradiso il serpente è riuscito a nuocere solo una volta,
ma dopo che Adamo ne è stato scacciato
ha perduto l’esca e là non potrà più nuocere.
Vieni da me, che sono tormentato dall’attacco di lupi pericolosi.
Vieni da me, che sono stato scacciato dal paradiso
e le cui piaghe sono da tempo penetrate dai veleni del serpente,
da me che ho errato lontano dalle tue greggi su quei monti.
Anche me tu avevi collocato qui,
ma il lupo notturno mi ha allontanato dai tuoi ovili.
Cercami, poiché io ti cerco,
cercami, trovami, prendimi, portami.
Tu puoi trovare colui che cerchi,
ti degni di prendere colui che hai trovato,
ti porti sulle spalle colui che hai preso.
Non ti infastidisce un peso che ti ispira pietà,
non ti pesa un trasporto di giustizia.
Vieni dunque, Signore, poiché anche se ho errato,
tuttavia «non ho dimenticato i tuoi comandamenti»
e conservo la speranza della medicina.
Vieni, Signore, perché tu solo sei in grado
di far tornare indietro la pecora errante
e non rattristerai quelli da cui ti sei allontanato.
E anche loro si rallegreranno del ritorno del peccatore.
Vieni ad attuare la salvezza sulla terra, la gioia nel cielo.
Vieni, dunque, e cerca la tua pecora
non per mezzo dei servitori,
non per mezzo dei mercenari,
ma tu in persona.
Accoglimi nella carne che è caduta in Adamo.
Accoglimi non da Sara[Gn 17,15], ma da Maria,
perché sia non soltanto una vergine inviolata,
ma una vergine immune, per effetto della grazia,
da ogni macchia di peccato.
Portami sulla croce che da la salvezza agli erranti,
soltanto nella quale c’è riposo per gli affaticati,
soltanto nella quale vivranno tutti quelli che muoiono.

Testo preso da: Una preghiera per l'Avvento di sant'Ambrogio
dal Commento al Salmo CXVIII 22, 28-30 di S. Ambrogio di Milano







domenica 30 novembre 2014

Buon Avvento - Patrizio Righero

Aspettiamo il treno.
Aspettiamo una mail.
Aspettiamo il week end.
Aspettiamo il bel tempo.
Aspettiamo i risultati di un esame.
Aspettiamo una telefonata.
Aspettiamo un lavoro.
Aspettiamo un figlio.
Aspettiamo la ripresa economica.
Aspettiamo una buona notizia.
Aspettiamo una risposta.
Aspettiamo un amico.
Aspettiamo un’occasione.
Aspettiamo che le cose tornino a posto.
Aspettiamo qualcosa di nuovo.
Aspettiamo la pace.
Aspettiamo che Dio venga a trovarci
qui
in mezzo a tutto questo casino
che ci fa perdere il gusto della vita.
Aspettiamo.
Ti aspettiamo
Signore.
Buon avvento!

Patrizio Righero


domenica 16 novembre 2014

Prima Domenica d'Avvento 2014

Prima domenica di Avvento, rito ambrosiano. Sei sono le domeniche in rito ambrosiano che preparano il Natale. Una strada tracciata dalla luce di piccole candele rosse.



La prima candela la dedichiamo alle famiglie alluvionate fra Liguria, Piemonte, Lombardia, Toscana, Umbria, Veneto.... tutta l' Italia. Persone che hanno perso il frutto delle loro fatiche, hanno perso tutto. Altre che stavano mettendo mano a qualche progetto e tante altre già provate dalla crisi del lavoro. Una luce per non perdersi.Una luce per sperare.

venerdì 7 novembre 2014

La tattica di Satana per arrestare il tuo cammino spirituale - Don Vincenzo Carone

La strategia di satana è questa: vuole convincerti a interrompere periodicamente la successione delle opere buone. Prima di spingerti verso il peccato, deve distaccarti da Dio, e per distaccarti da Dio deve assonnare la preghiera, la prudenza e l´esercizio delle virtù cristiane. Con ostinazione caparbia satana ti presenta le tentazioni della carne, specialmente la golosità, la pigrizia e la lussuria. Quando riesce a scardinare la tua volontà decisa, tu cominci a pregare distrattamente, la Messa diventa una presenza passiva e la comunione un pezzettino di pane qualsiasi. Cominciano cosi a riaffiorare le antiche fragilità come per es. la critica, la mormorazione, il perdere tempo, la pigrizia, la gelosia, l´invidia, l´avidità degli sguardi, il risveglio delle passioni, e soprattutto comincia a rivivere il tuo amor proprio. Per un certo tempo determinato della tua resistenza le fragilità si manifestano in forma quasi impercettibile, ma costante, per cui non ti rendi minimamente conto che stai perdendo colpi nella perseveranza nel bene. Siccome sono piccolissime cose quasi impercettibili, hai l´impressione che si tratti di bagatelle: distrazioni volontarie nella preghiera (quelle involontarie non invalidano al preghiera), preoccupazioni inutili, leggerezza nel guardare persone che ti richiamano il piacere della carne senza che siano tentazioni vere e proprie, raffinatezza nel cibo, sonno prolungato, facile linguaggio a sproposito, eleganza nel vestire, esuberanza nel comportamento, scambio di simpatia con persone che non ti trasmettono certamente le virtù cristiane, svogliatezza, apatia e fredda apertura a tutto quello che ti piace. Per lungo tempo non ti rendi conto che queste cose impercettibili stanno sgretolando la tua vita spirituale. Per tutti noi è piacevole scivolare in questo mondo dove le fragilità sono tante, satana però le confeziona a piccole dosi. La preghiera debole e distratta risveglia lentamente quelle passioni contro le quali hai combattuto con coraggio e determinazione, l´amore a Dio e al prossimo va spegnendosi lentissimamente. L´ira contro chi t fa del male diventa istintiva e violenta, la concupiscenza appare sempre più naturale e sempre meno da condannare. Se non vuoi cadere in questa trappola devi conservare il ritmo della preghiera giornaliera, la meditazione contemplata fatta sempre bene e l´esercizio delle virtù cristiane. Persevererai fino alla fine nell´amore a Dio e al prossimo, e vivrai sempre sereno e nella gioia, non andrai mai più indietro, non andrai più avanti, andrai in alto verso il Cielo dove Qualcuno ti aspetta.
Riflessioni di Don Vincenzo Carone.


giovedì 6 novembre 2014

Il simbolo della fede. Dalle «Catechesi» di san Cirillo di Gerusalemme, vescovo

Il simbolo della fede

Nell'apprendere e professare la fede, abbraccia e ritieni soltanto quella che ora ti viene proposta dalla Chiesa ed è garantita da tutte le Scritture. Ma non tutti sono in grado di leggere le Scritture. Alcuni ne sono impediti da incapacità, altri da occupazioni varie. Ecco perché, ad impedire che l'anima riceva danno da questa ignoranza, tutto il dogma della nostra fede viene sintetizzato in poche frasi.
Io ti consiglio di portare questa fede con te come provvista da viaggio per tutti i giorni di tua vita e non prenderne mai altra fuori di essa, anche se noi stessi, cambiando idea, dovessimo insegnare il contrario di quel che insegniamo ora, oppure anche se un angelo del male, cambiandosi in angelo di luce, tentasse di indurti in errore. Così «se anche noi stessi o un angelo dal cielo vi predicasse un Vangelo diverso da quello che abbiamo predicato, sia anàtema!» (Gal 1, 8).
Cerca di ritenere bene a memoria il simbolo della fede. Esso non è stato fatto secondo capricci umani, ma è il risultato di una scelta dei punti più importanti di tutta la Scrittura. Essi compongono e formano l'unica dottrina della fede. E come un granellino di senapa, pur nella sua piccolezza, contiene in germe tutti i ramoscelli, così il simbolo della fede contiene, nelle sue brevi formule, tutta la somma di dottrina che si trova tanto nell'Antico quanto nel Nuovo Testamento.
Perciò, fratelli, conservate con ogni impegno la tradizione che vi viene trasmessa e scrivetene gli insegnamenti nel più profondo del cuore.
Vigilate attentamente perché il nemico non vi trovi indolenti e pigri e così vi derubi di questo tesoro. State in guardia perché nessun eretico stravolga le verità che vi sono state insegnate. Ricordate che aver fede significa far fruttare la moneta che è stata posta nelle vostre mani. E non dimenticate che Dio vi chiederà conto di Ciò che vi è stato donato.
«Vi scongiuro», come dice l'Apostolo, «al cospetto di Dio che dà vita a tutte le cose, e di Cristo Gesù, che ha dato la sua bella testimonianza davanti a Ponzio Pilato» (1 Tm 6, 13), conservare intatta fino al ritorno del Signore nostro Gesù Cristo questa fede che vi è stata insegnata.
Ti è stato affidato il tesoro della vita, e il Signore ti richiederà questo deposito nel giorno della sua venuta «che al tempo stabilito sarà a noi rivelata dal beato e unico sovrano, il re dei regnanti e Signore dei signori; il solo che possiede l'immortalità, che abita una luce inaccessibile, che nessuno fra gli uomini ha mai visto né può vedere» (1 Tm 6, 15-16). Al quale sia gloria, onore ed impero per i secoli eterni. Amen.


(Catech. 5 sulla fede e il simbolo, 12-13; PG 33, 519-523)
Dalle «Catechesi» di san Cirillo di Gerusalemme, vescovo




- Per ricevere a due mani dalla Divina Provvidenza, bisogna dare a quattro mani ai poveri -
San Luigi Guanella

domenica 19 ottobre 2014

Preghiera allo Spirito Santo - San Paolo VI, papa

Vieni, o Spirito Santo,
e da' a noi un cuore nuovo,
che ravvivi in noi tutti
i doni da Te ricevuti
con la gioia di essere Cristiani,
un cuore nuovo
sempre giovane e lieto.

Vieni, o Spirito Santo,
e da' a noi un cuore puro,
allenato ad amare Dio,
un cuore puro,
che non conosca il male
se non per definirlo,
per combatterlo e per fuggirlo;
un cuore puro,
come quello di un fanciullo,
capace di entusiasmarsi
e di trepidare.

Vieni, o Spirito Santo,
e da' a noi un cuore grande,
aperto alla Tua silenziosa
e potente parola ispiratrice,
e chiuso ad ogni meschina ambizione,
un cuore grande e forte ad amare tutti,
a tutti servire, con tutti soffrire;
un cuore grande, forte,
solo beato di palpitare col cuore di Dio.

- Papa Paolo VI - 



venerdì 17 ottobre 2014

Dalla «Lettera ai Romani» di sant'Ignazio di Antiochia, vescovo e martire

Dalla «Lettera ai Romani» di sant'Ignazio di Antiochia, vescovo e martire
(Capp. 4, 1-2; 6, 1 - 8, 3; Funk, 1, 217-223)

Sono frumento di Dio:
sarò macinato dai denti delle fiere.

Scrivo a tutte le chiese, e a tutti annunzio che morrò volentieri per Dio, se voi non me lo impedirete. Vi scongiuro, non dimostratemi una benevolenza inopportuna. Lasciate che io sia pasto delle belve, per mezzo delle quali mi sia dato di raggiungere Dio. Sono frumento di Dio, e sarò macinato dai denti delle fiere per divenire pane puro di Cristo. Supplicate Cristo per me, perché per opera di queste belve io divenga ostia per il Signore.
A nulla mi gioveranno i godimenti del mondo né i regni di questa terra. È meglio per me morire per Gesù Cristo che estendere il mio impero fino ai confini della terra. Io cerco colui che è morto per noi, voglio colui che per noi è risorto. È vicino il momento della mia nascita.
Abbiate compassione di me, fratelli. Non impeditemi di vivere, non vogliate che io muoia. Non abbandonate al mondo e alle seduzioni della materia chi vuol essere di Dio. Lasciate che io raggiunga la pura luce; giunto là, sarò veramente un uomo. Lasciate che io imiti la passione del mio Dio. Se qualcuno lo ha in sé, comprenda quello che io voglio e mi compatisca, pensando all'angoscia che mi opprime.
Il principe di questo mondo vuole portarmi via e soffocare la mia aspirazione verso Dio. Nessuno di voi gli dia mano; state piuttosto dalla mia parte, cioè da quella di Dio. Non siate di quelli che professano Gesù Cristo e ancora amano il mondo. Non trovino posto in voi sentimenti meno buoni. Anche se vi supplicassi, quando sarò tra voi, non datemi ascolto: credete piuttosto a quanto vi scrivo ora nel pieno possesso della mia vita. Vi scrivo che desidero morire.
Ogni mio desiderio terreno è crocifisso e non c'è più in me nessun'aspirazione per le realtà materiali, ma un'acqua viva mormora dentro di me e mi dice: «Vieni al Padre». Non mi diletto più di un cibo corruttibile, né dei piaceri di questa vita. Voglio il pane di Dio, che è la carne di Gesù Cristo, della stirpe di David; voglio per bevanda il suo sangue che è la carità incorruttibile.
Non voglio più vivere la vita di quaggiù. E il mio desiderio si realizzerà, se voi lo vorrete. Vogliatelo, vi prego, per trovare anche voi benevolenza. Ve lo domando con poche parole: credetemi. Gesù Cristo vi farà comprendere che dico il vero: egli è la bocca verace per mezzo della quale il Padre ha parlato in verità. Chiedete per me che io possa raggiungerlo. Non vi scrivo secondo la carne, ma secondo il pensiero di Dio. Se subirò il martirio, ciò significherà che mi avete voluto bene. Se sarò rimesso in libertà, sarà segno che mi avete odiato.


lunedì 13 ottobre 2014

Atto di affidamento alla Beata Vergine di Fatima - papa Francesco

Beata Maria Vergine di Fatima,
con rinnovata gratitudine per la tua presenza materna
uniamo la nostra voce a quella di tutte le generazioni
che ti dicono beata.
Celebriamo in te le grandi opere di Dio,
che mai si stanca di chinarsi con misericordia sull’umanità,
afflitta dal male e ferita dal peccato,
per guarirla e per salvarla.
Accogli con benevolenza di Madre
l’atto di affidamento che oggi facciamo con fiducia,
dinanzi a questa tua immagine a noi tanto cara.
Siamo certi che ognuno di noi è prezioso ai tuoi occhi
e che nulla ti è estraneo di tutto ciò che abita nei nostri cuori.
Ci lasciamo raggiungere dal tuo dolcissimo sguardo
e riceviamo la consolante carezza del tuo sorriso.
Custodisci la nostra vita fra le tue braccia:
benedici e rafforza ogni desiderio di bene;
ravviva e alimenta la fede;
sostieni e illumina la speranza;
suscita e anima la carità;
guida tutti noi nel cammino della santità.
Insegnaci il tuo stesso amore di predilezione
per i piccoli e i poveri,
per gli esclusi e i sofferenti,
per i peccatori e gli smarriti di cuore:
raduna tutti sotto la tua protezione
e tutti consegna al tuo diletto Figlio, il Signore nostro Gesù.

Amen.

Papa Francesco




mercoledì 1 ottobre 2014

OTTOBRE MESE DEL SANTO ROSARIO

Il Rosario fu affidato dalla Vergine Maria a San Domenico per rispondere alla richiesta di assisterlo contro la pericolosa eresia degli albigesi.
Era l’arma spirituale destinata a rafforzare la fede dei fedeli cattolici, favorire la conversione degli eretici e fermare la diffusione del male nella società. 
Questa devozione si diffuse miracolosamente tra il popolo cattolico, ottenendo grandi vittorie sia nel campo temporale, come a Lepanto, che in quello spirituale. Il Rosario è diventato, così, una delle più diffuse ed efficaci preghiere cristiane.
Nel Santo Rosario vengono recitate tre preghiere onnipotenti sul cuore di Dio:

Il Pater noster, la preghiera che Gesù insegnò ai discepoli dicendo: “Voi, dunque, pregherete così: Padre nostro che sei nei cieli” (Mt 6, 9-13).

L’Ave Maria, che nella prima parte ripete le parole dell’Angelo Gabriele a Maria Vergine:“L’Angelo, entrato da lei, disse: Ti saluto, piena di grazia; il Signore è con Te; tu sei benedetta fra le donne” (Lc 1, 28),mentre nella seconda parte riporta le parole di S. Elisabetta a Maria.

“Elisabetta fu ripiena di Spirito Santo ed ad alta voce esclamò: “Benedetta Tu tra le donne e benedetto il frutto del Tuo seno”(Lc 1, 41-42).

Le rimanenti parole di questa bellissima preghiera sono state aggiunte dalla pietà del popolo cristiano.
Il Gloria Patri è la professione di fede nel grande mistero dell’ Unità e Trinità di Dio.

Le 150 Ave richiamano i 150 Salmi dell’Antico Testamento che sono preghiera di adorazione, di lode, di ringraziamento, di domanda di riparazione.
È per questo che il S. Rosario è chiamato “il Salterio dei poveri e degli analfabeti”.

Il potere del Santo Rosario è stato dimostrato nei secoli e Nostra Signora che è apparsa a Fatima, nel 1917, insistette molto sulla recita quotidiana.

La Santa Vergine avvertì che il Rosario era l’unico mezzo efficace per combattere il male che stava per sopraffare il XX secolo, un periodo senza paragoni nella storia per quanto riguarda la violenza e il generale decadimento morale.

È necessario pregare per implorare Dio onnipotente perché ci dia gli uomini e i mezzi per Restaurare tutto in Cristo, in Italia e nel mondo. Questo significa chiedere che tutti gli aspetti della nostra vita, morale, sociale, politica ed economica, siano governati di nuovo dagli insegnamenti di Cristo e della Chiesa Cattolica da Lui fondata.

Tutte le perversioni di questi tempi, che hanno fatto dell’Italia e del mondo un terribile e disastroso luogo in cui domina la criminalità, la degenerazione, la violenza, l’edonismo e il nichilismo stanno abbattendo l’edificio della civiltà cristiana. Cosa accadrà ai nostri figli?

Ecco perché è indispensabile recitare il Rosario: Cristo ha detto che per ricevere dobbiamo chiedere, ma con fede e costanza.

Amiamo il Santo Rosario come lo hanno amato i santi, nostri maestri e modelli.

“Dopo la S. Messa non c’è preghiera più efficace del Santo Rosario”, diceva San Pio X. E i santi hanno dimostrato la verità di queste parole attaccandosi alla corona del Rosario con ardente passione e con tenerissimo affetto.

Che dire poi se pensiamo alla Santa Vergine Maria che apparve a Lourdes e a Fatima con la corona in mano, mentre Santa Bernardetta recitava con devozione le Ave Maria. 
A Fatima la Madonna ha più volte raccomandato la recita quotidiana del Rosario per ottenere la salvezza del mondo.

Riprendiamo la corona del Rosario in mano. Il Rosario è un pegno di salvezza. È fonte di grazie. È fascio di rose che profumano il cielo.

Il Papa Leone XIII disse che il nome stesso di Rosario vuole esprimere “…nello stesso tempo, il profumo delle rose e la grazia delle ghirlande. Nome che, mentre è indicatissimo per significare una devozione diretta a Colei che giustamente è salutata Mistica Rosa del Paradiso, e cinta di una corona di stelle, e venerata come Regina dell’universo, sembra anche simboleggiare l’augurio delle gioie e delle ghirlande, che Maria offre ai suoi fedeli…”.

Con fede e con amore, con fiducia e con gratitudine, impegniamoci a recitare ogni giorno, in questo mese di ottobre, almeno una corona del Santo Rosario, ripetendo cinquanta volte la celeste preghiera alla Mamma divina: Ave Maria…

La lettura dell’enciclica Supremi apostolatus di Leone XIII, ci aiuti a recitare, in questo mese, il Santo Rosario con grande devozione, perché “… dal Rosario si può ottenere tutto. È una lunga catena che lega il cielo e la terra. Una delle estremità è nelle nostre mani, l’altra in quella della Madonna. 

Finché il Rosario sarà recitato, Dio non potrà abbandonare il mondo, perché questa preghiera è onnipotente sul suo Cuore” (S. Teresa del Bambin Gesù).



venerdì 26 settembre 2014

San Michele segna gli eletti col sigillo della predestinazione - 26 settembre

I. Considera come S. Michele Arcangelo ama, tal­mente i suoi devoti che ottiene loro la predestina­zione. La Chiesa lo chiama Signifero di salute: - Michael, salutis Signifer - non solamente perchè porta la Croce, segno della nostra Redenzione e sal­vezza, ma anche perchè Egli suggella in maniera invisibile le anime elette, perchè non siano colpite dalla dannazione. Tale lo descrive S. Giovanni nel­l'Apocalisse, quando lo vide scendere dall'Oriente col sigillo di Dio in mano, e gridare ai quattro Angeli che dovevan far danno alla terra ed al mare, di non far alcun male fino a quando non avesse se­gnato i servi di Dio in fronte. Egli segna gli eletti col sigillo della predestinazione. Come l'Anticristo segna i suoi seguaci, così l'Arcangelo Michele segna i predestinati. Prega il S. Arcangelo che imprima anche sulla tua fronte il segno della predestinazione.
II. Considera come S. Michele, essendo più vici­no al trono di Dio, riceve dalla Santissima Trinità le grazie che deve comunicare alle anime elette per conseguire l'eterna predestinazione. Come spiega San Bonaventura, ci mette ostacoli nel male, oppure resistenze ai nostri nemici, ne respinge gli sforzi, ci illumina ed eccita alla penitenza, prega ed ottiene le grazie, rinforza, conferma e conforta nell'eserci­zio delle virtù, rivela i misteri del cielo, infiamma i cuori di celesti desideri, porta le nostre buone o­pere e meriti nel cospetto di Dio, ed introduce gli eletti nel cielo. A S. Michele non manca la potenza di farci vincere il mondo, la carne, il demonio, che sono i tre nemici della nostra anima. Al suo co­mando ubbidisce tutto il creato, come già in cielo Dio volle trionfare su Lucifero per suo mezzo. Se la Chiesa dice che la preghiera di S. Michele conduce gli eletti al Cielo, chi mai l'ha invocato e non si è salvato?
III. Considera, o cristiano, che una delle maggiori angustie che desola il cuore dell'uomo, per quanto giusto egli sia, è appunto il non sapere con cer­tezza di appartenere al numero de' predestinati. Ora, se è certo che vi è un decreto di predestinazione, se è certo che il numero degli eletti è fissato, altret­tanto è incerto per l'uomo se il suo nome sia scritto o no nel libro della vita. Iddio ha riservato a sè una tale conoscenza, e senza una speciale rivelazione non si può sapere con certezza di fede. Per tal motivo si legge nelle vite dei Santi,,per quanto consumati nella virtù ed adorni della più eroica santità, che tremavano a tal pensiero. Tra gli altri segni però che i Teologi danno per una morale certezza della predestinazione, c'è appunto una speciale devozione a San Michele Arcangelo: Egli è l'aiuto delle anime elette. Se dunque tu brami l'eterna salvezza, ama e venera con speciale affetto il celeste Serafino, procura di onorarLo con la santità di costumi: sfor­zati di venerarLo con la imitazione delle virtù, del­l'umiltà, mansuetudine, ubbidienza, purezza ed amo­re verso Dio ed il prossimo. Prometti di non far passar giorno senza riverirLo, invocarLo, ed onorar­Lo; Egli ti aiuterà nel difficile viaggio di questo mon­do, e poi introdurrà l'anima tua nel Paradiso.
APPARIZIONE DI S. MICHELE A S. GALGANO EREMITA IN SIENA
Al tempo dell'Imperatore Federico nacque in Sie­na un certo di nome Galgano, il quale era dedito alle dissolutezze. A lui apparve due volte S. Michele in sogno avvisandolo che cambiasse vita, e si facesse soldato di Cristo. Ripeté il S. Arcangelo la terza volta l'avviso; ma la madre ed i parenti tentarono di di­stoglierlo da questo intento, offrendogli per accasarsi una moglie molta bella e facoltosa. Persuaso da' suoi, cavalcò per andare a vedere la sua sposa; ma il ca­vallo ad un certo punto si arrestò e non volle più fare un passo avanti. Mentre Galgano premeva for­temente lo sprone affinché il cavallo proseguisse il cammino venne a conoscenza che un Angelo gli tratteneva il passo. A questo prodigio il cavaliere cambiò proposito e ritirandosi in una solitudine ivi condusse una vita celeste, in continui digiuni, au­sterità ed orazioni. E dopo un anno di vita rigorosa, fu chiamato alla gloria del cielo con udire queste dolci parole: «Basta oramai quello che hai faticato; tempo è già che tu godi il frutto di quel che hai se­minato». Ed allora subito spirò all'età di 33 anni nel 1181. La sua santità risplendette di molti miracoli in vita, ed in morte.
PREGHIERA
O potentissimo principe, amabile S. Michele, Vi lodo e Vi benedico per tanta potenza, di cui Dio Vi ha arricchito, e Vi prego di annoverarmi tra i vostri servi. Ottenetemi dal misericordioso Iddio la grazia di servirLo sempre fedelmente: assistetemi con la vostra protezione e fatemi forte specialmente con­tro le tentazioni dell'inferno, in modo che un giorno venga con Voi a godere per sempre Dio nel Paradiso.
SALUTAZIONE
Io Vi saluto, o S. Michele; imprimete nell'anima mia il segno dalla Predestinazione.
FIORETTO
Non parlerai male di nessuno; e se ti accorgerai di aver mancato ne farai pronta riparazione.
Preghiamo l’Angelo Custode: Angelo di Dio, che sei il mio custode, illu­mina, custodisci, reggi e governa me, che ti fui affidato dalla pietà celeste. Amen.
Angelo, mio custode, amorevole guida che con miti rimproveri e con continue ammonizioni mi inviti a riscattarmi dalla colpa, ogni qualvolta per mia disgrazia vi sono caduto, ti saluto e ti ringrazio, insieme al coro delle Potestà destinate a frenare il demonio. Ti prego di svegliare l'anima mia dal letargo della tiepidezza in cui vive tutto­ra per resistere e trionfare su tutti quanti i nemici.
Angelo di Dio

fonte: preghieregesuemaria


domenica 21 settembre 2014

San Matteo - 21 settembre

Vndecimo Kalendas Octobris. Luna quarta. In Aethiopia natalis sancti Matthaei, Apostoli et Evangelistae; qui, Leui cognominatus, a Iesu uocatus ad sequendum, munus publicani seu uectigalium exactoris reliquit. Post Pentecosten, in ea regione praedicans, martyrium passus est. Huius Evangelium, Hebraeo sermone conscriptum, quo Iesum Christum, filium Dauid, filium Abrahae, Vetus Testamentum adimpleuisse praesertim proclamatur, ipso Matthaeo reuelante, inuentum est, una cum corpore beati Barnabae Apostoli, tempore Zenonis imperatoris.



mercoledì 17 settembre 2014

17 settembre - Impressione delle stimmate di San Francesco d'Assisi

Quintodecimo Kalendas Octobris. Luna tricesima. In monte Aluerniae, in Etruria, commemoratio Impressionis sacrorum Stigmatum, quibus sanctus Franciscus Assisiensis, Ordinis Minorum institutor, in suis manibus, pedibus et latere, mirabili Dei gratia, impressus fuit.


 Domine Iesu Christe, qui, frigescénte mundo, ad inflammándum corda Nostra tui amoris igne, in carne beatíssimi Francisci passionis tuae sacra Stigmata renovásti: concedere Propitius; ut eius et Meritis précibus crucem iugiter ferámus, et fructus dignos poeniténtiæ faciámus.



domenica 14 settembre 2014

Esaltazione della Santa Croce - 14 settembre

La croce, già segno del più terribile fra i supplizi, è per il cristiano l'albero della vita, il talamo, il trono, l'altare della nuova alleanza. Dal Cristo, nuovo Adamo addormentato sulla croce, è scaturito il mirabile sacramento di tutta la Chiesa. La croce è il segno della signoria di Cristo su coloro che nel Battesimo sono configurati a lui nella morte e nella gloria. Nella tradizione dei Padri la croce è il segno del figlio dell'uomo che comparirà alla fine dei tempi. La festa dell'esaltazione della croce, che in Oriente è paragonata a quella della Pasqua, si collega con la dedicazione delle basiliche costantiniane costruite sul Golgota e sul sepolcro di Cristo. (Mess. Rom.) 
Martirologio Romano: Festa della esaltazione della Santa Croce, che, il giorno dopo la dedicazione della basilica della Risurrezione eretta sul sepolcro di Cristo, viene esaltata e onorata come trofeo della sua vittoria pasquale e segno che apparirà in cielo ad annunciare a tutti la seconda venuta del Signore. 
La festa in onore della Croce venne celebrata la prima volta nel 335, in occasione della “Crucem” sul Golgota, e quella dell'"Anàstasis", cioè della Risurrezione. La dedicazione avvenne il 13 dicembre. Col termine di "esaltazione", che traduce il greco hypsòsis, la festa passò anche in Occidente, e a partire dal secolo VII, essa voleva commemorare il recupero della preziosa reliquia fatto dall'imperatore Eraclio nel 628. Della Croce trafugata quattordici anni prima dal re persiano Cosroe Parviz, durante la conquista della Città santa, si persero definitivamente le tracce nel 1187, quando venne tolta al vescovo di Betlem che l'aveva portata nella battaglia di Hattin.
La celebrazione odierna assume un significato ben più alto del leggendario ritrovamento da parte della pia madre dell'imperatore Costantino, Elena. La glorificazione di Cristo passa attraverso il supplizio della croce e l'antitesi sofferenza-glorificazione diventa fondamentale nella storia della Redenzione: Cristo, incarnato nella sua realtà concreta umano-divina, si sottomette volontariamente all'umiliante condizione di schiavo (la croce, dal latino "crux", cioè tormento, era riservata agli schiavi) e l'infamante supplizio viene tramutato in gloria imperitura. Così la croce diventa il simbolo e il compendio della religione cristiana.
La stessa evangelizzazione, operata dagli apostoli, è la semplice presentazione di "Cristo crocifisso". Il cristiano, accettando questa verità, "è crocifisso con Cristo", cioè deve portare quotidianamente la propria croce, sopportando ingiurie e sofferenze, come Cristo, gravato dal peso del "patibulum" (il braccio trasversale della croce, che il condannato portava sulle spalle fino al luogo del supplizio dov'era conficcato stabilmente il palo verticale), fu costretto a esporsi agli insulti della gente sulla via che conduceva al Golgota. Le sofferenze che riproducono nel corpo mistico della Chiesa lo stato di morte di Cristo, sono un contributo alla redenzione degli uomini, e assicurano la partecipazione alla gloria del Risorto.

Autore: Piero Bargellini



mercoledì 3 settembre 2014

LITANIÆ DE SANCTA CRVCE

Kyrie eleison.
Christe eleison.
Kyrie eleison.
Pater sancte, audi nos.
Pater iuste, exaudi nos.
Pater de cælis Deus, miserere nobis.
Fili redemptor mundi Deus, miserere nobis.
Spiritus Sancte Deus, miserere nobis.
Sancta Trinitas, unus Deus, miserere nobis.

Crux, specula Patriarcharum et Prophetarum, defende nos.
Præconium Apostolorum, defende nos.
Corona Martyrum, defende nos.
Gaudium Sacerdotum, Defende nos.
Gloriatio Virginum, defende nos.

Crux potentia Regum, protege nos.
Ornamentum Ecclesiæ, protege nos.
Spes Christianorum, protege nos.
Arrha Christum adorantium, protege nos.
Gloria omnium Orthodoxorum, protege nos.

Crux corona nostra, salva nos.
Pacis firmamentum, salva nos.
Reseratrix Paradisi, salva nos.
Virga mirabilium Dei, salva nos.
Propugnaculum fidei, salva nos.

Crux vita Iustorum, adiuva nos.
Resurrectio mortuorum, adiuva nos.
Clavis regni cælorum, adiuva nos.
Procuratrix pauperum, adiuva nos.
Portus periclitantium, adiuva nos.

Crux signaculum castitatis, illumina nos.
Sanctimoniæ documentum, illumina nos.
Administratrix castitatis, illumina nos.
Palma immortalitatis, illumina nos.
Thesaurus omnium bonorum, illumina nos.

Crux consolatrix afflictorum, custodi nos.
Servatrix desperatorum, custodi nos.
Profligatrix hæresum, custodi nos.
Fuga tentationum, custodi nos.
Expugnatrix hostium, custodi nos.

Crux salus fidelium, tuere nos.
Ex membris Christi decorem accipiens, tuere nos.
Sanguine Christi nobilitata, tuere nos.
Tactu corporis Christi sanctificata, tuere nos.
Signum Filii Dei vivificum, tuere nos.

Crux datrix sanitatis, conforta nos.
Contractus libertatis, conforta nos.
Cæli alitudo, conforta nos.
Terræ profunditas, conforta nos.
Latitudo orbis terrarum, conforta nos.

Crux triumphatrix dæmonum, eripe nos.
Extinctio peccati, eripe nos.
Victoria mundi, eripe nos.
Victrix mortis, eripe nos.
Destructio inferni, eripe nos.

Ab omni malo, libera nos sancta Crux.
Ab omni peccato, libera nos sancta Crux.
A potestate diaboli, libera nos sancta Crux.
Ab omni incantatione et maleficio Daemonis, libera nos sancta Crux.
Ab insidiis inimicorum omnium, libera nos sancta Crux.
A peste, fame, et bello, libera nos sancta Crux.
Ab omni morbo, libera nos sancta Crux.
A fulgure et tempestate, libera nos sancta Crux.
A timore mortis, libera nos sancta Crux.
A subitanea et improvisa morte, libera nos sancta Crux.
In hora mortis, libera nos sancta Crux.

Agnus Dei, qui tollis peccata mundi, parce nobis, Domine.
Agnus Dei, qui tollis peccata mundi, exaudi nos, Domine.
Agnus Dei, qui tollis peccata mundi, miserere nobis.

Christe, audi nos.
Christe, exaudi nos.
Kyrie eleison.
Christe eleison.
Kyrie eleison.
Pater noster...
V. Et ne nos in ducas in tentationem.
R. Sed libera nos a malo.
V. Per lignum servi facti sumus,
R. Per lignum redempti sumus.
V. Fructus arboris seduxit nos.
R. Filius Dei redemit nos.
V. Per signum crucis de inimicis nostris,
R. Libera nos Deus noster.
V. Domine, exaudi orationem meam,
R. Et clamor meus ad te veniat.

Oremus. Respice, quæsumus, Domine, super hanc familiam tuam, pro qua Dominus noster Iesus Christus non dubitavit manibus tradi nocentium et crucis subire tormentum.

Perpetua nos, quaesumus, Domine, pace custodi, quos per lignum sanctæ Crucis redimere dignatus es.

Adesto nobis, Domine Deus noster, et quos sanctæ Crucis laetari facis honore, eius quoque perpetuis defende subsidiis.

Tueatur, quæsumus, Domine Deus, salutare signum Crucis populum deprecantem, et purificatum dignanter erudiat, ut et consolatione praesenti in omni sua tribulatione gaudeat, et sequendo, ad futura bona incessanter proficiat.

Deus, qui nos continua sanctæ Crucis commemoratione lætificat, præsta, quæsumus, ut cuius mysterium in terra cognovimus, eius redemptionis præmia in cælo mereamur. Per Dominum nostrum Iesum Christum Filium tuum, qui tecum et vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti, Deus, per omnia sæcula sæculorum. Amen.

V. Domine, exaudi orationem meam,
R. Et clamor meus ad te veniat.
V. Benedicamus Domino.
R. Deo gratias.
V. Et fidelium animae per misericordiam Dei requiescant in pace.
R. Amen.