martedì 29 ottobre 2013

San Gaetano Errico

Quarto Kalendas Nouembris. Luna uicesima quarta. In Secundo Miliario a Neapoli ad Capuam, beati Caietani Errico, presbyteri, qui studiosissime spirituales recessiones atque adorationem erga Sanctissimum Sacramentum promouit ad animas Christum conciliandas atque Congregationem Missionariorum Sacrorum Cordium Iesu et Mariae fundauit

À Secondigliano près de Naples, en 1860, le bienheureux Gaétan Errico, prêtre, qui favorisa de tout son pouvoir les retraites spirituelles et l’adoration eucharistique pour gagner les âmes au Christ, et qui fonda dans ce but la Congrégation des Missionnaires des Saints Cœurs de Jésus et Marie 

A Secondigliano vicino a Napoli, beato Gaetano Errico, sacerdote, che promosse con impegno i ritiri spirituali e la contemplazione dell’Eucaristia come strumenti per avvicinare le anime a Cristo e a tal fine fondò i Missionari dei Sacri Cuori di Gesù e Maria

 - En Secondigliano, cerca de Nápoles, en la Campania, san Cayetano Errico, presbítero, que fomentó los retiros espirituales y la devoción a la Eucaristía, para ganar almas para Cristo, y fundó también la Congregación de Misioneros de los Sagrados Corazones de Jesús y María.



Nasce a Secondigliano, Napoli, il 19 ottobre 1791, figlio di un umile maccaronaio e terzo di nove fratelli. Cominciò subito a lavorare ma ben presto entrò in Seminario (tutti i giorni dove percorrere un tragitto di 16 chilometri e viceversa per raggiungerlo) e si dedicò completamente all'aiuto ai poveri, ai malati terminali e ai carcerati. Fu soprattutto un confessore, a tutte le ore del giorno e della notte, e un predicatore instancabile. Ma fu anche un ricercato consigliere spirituale, apprezzato dai vescovi di Napoli e dal re Ferdinando. Fondò, nel 1833, la congregazione dei «Missionari dei sacri cuori di Gesù». Assai dedito alla preghiera, spesso trascorreva l'intera notte in adorazione davanti al Santissimo Sacramento. Beatificato da Giovanni Paolo II il 24 aprile 2001. È stato canonizzato da Benedetto XVI il 12 ottobre 2008 in piazza San Pietro a Roma. (Avvenire)

domenica 27 ottobre 2013

Papa Paolo VI, sulla vita comoda e la vita cristiana - Udienza generale, 5 aprile 1967

La vita comoda, la vita libera, la vita pacifica costituisce il tipo migliore di esistenza, a cui rivolgere aspirazione e ammirazione. Un edonismo fondamentale ispira la filosofia pratica d’ogni individuo. Il benessere gaudente e incurante sembra il vertice delle umane ascensioni. E anche quando si ammette come nobile e necessario lo sforzo, il coraggio, il rischio, non esclusa la lotta, unta tendenza si nota, quella di eliminare il fine (se non il carattere) morale d’un’attività combattiva: si parla di morale senza peccato, si cerca di giustificare ogni sorta di azioni in sede psicologica e sociologica; non si vuole il combattimento né contro il demonio, di cui si nega l’esistenza; né contro il mondo, di cui si celebrano i valori fascinatori; né contro la carne, diventata l’idolo del piacere e della libera esperienza.

Non così la vita cristiana. Essa continua ad asserire la necessità d’un conflitto morale implacabile. Voi tutti, Noi pensiamo, avete rinnovato, in occasione della Pasqua, le rinunce e le promesse battesimali; e tutti ricordate gli insegnamenti di Cristo, il quale non tace l’asprezza della sua sequela, che esige di portare la croce con Lui, e che, per la voce dell’Apostolo, ci ammonisce: «Non vogliate conformarvi alla vita del secolo» (Rom. 12, 2); e «Non sarà coronato se non colui che avrà combattuto come si deve» (2 Tim. 2, 5). Questa concezione militante della vita cristiana è molto importante, perché la caratterizza, la distingue, la tonifica in modo inalienabile e originale. Ogni cristiano è un soldato dello spirito, è un aspirante alla santità, è un impegnato alla testimonianza.

E donde viene l’ostacolo, che obbliga il cristiano alla resistenza? L’ostacolo è molteplice [...] Ma nella frase dell’evangelista Giovanni, che stiamo commentando, l’ostacolo, contro il quale dobbiamo combattere, è un altro: è il «mondo». E qui dovremo fare attenzione al molteplice significato di questo termine, che nel linguaggio di Cristo, riferito dallo stesso evangelista, assume spesso un significato negativo e malefico.

Mondo può significare il creato, il cosmo: è questo l’immenso universo della creazione, che non avremo mai finito di conoscere e di scoprire, e che può magnificamente servire come scala alla scoperta di Dio (cf. Act. 17, 27) [...] E mondo può significare l’umanità. È il senso considerato dal Concilio (cf. Gaudium et spes, 2), teatro del dramma umano, devastato dal peccato, ma amato e virtualmente salvato da Dio e da Cristo. «Così Dio ha amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, affinché chiunque crede in Lui non perisca, ma abbia la vita eterna» (Io. 3, 16). È il campo umano in cui si svolge la storia della salvezza.

Ma vi è un terzo significato del termine «mondo»; ed è il significato cattivo e ostile. Il mondo, in questo senso, è ancora l’umanità, ma quella resa schiava del mistero del male; è la negazione e la ribellione al regno di Dio; è la coalizione delle false virtù, rese tristemente potenti dal loro affrancamento dal fine supremo; è in pratica una concezione della vita deliberatamente cieca sul suo vero destino, e sorda alla vocazione dell’incontro con Dio; uno spirito egocentrista, drogato di piacere, di fatuità, d’incapacità di vero amore. Ed è, tutto sommato, la «fascinatio nugacitatis» (Sap. 4, 12) la seduzione dei valori effimeri e inadeguati alle aspirazioni profonde ed essenziali dell’uomo; una seduzione, che incontriamo ad ogni passo della nostra esperienza temporale, e che ci può essere fatale. Analisi e riflessione da continuare.

Per superarla, diciamo ora, questa seduzione, di che cosa disponiamo? Disponiamo della fede, della sicurezza cioè che Cristo è veramente il Figlio di Dio, e che la concezione della vita che da ciò deriva è vittoriosa di questa terribile insidia. 

Paolo VI, Udienza generale, 5 aprile 1967


sabato 26 ottobre 2013

26 ottobre, martirio di San Demetrio


26th October 306: Martyrdom of Saint Demetrios (fresco from a monastery in Mount Athos).

venerdì 25 ottobre 2013

Preghiera a Maria SS. per le Anime del Purgatorio più dimenticate

 
O Maria, pietà di quelle povere Anime che,
chiuse nelle prigioni tenebrose del luogo di espiazione,
non hanno alcuno sulla terra che pensi a loro.
Degnatevi, o buona Madre, abbassare su quelle abbandonate uno sguardo di pietà;
ispirate a molti cristiani caritatevoli il pensiero di pregare per esse,
e cercate nel Vostro Cuore di Madre i modi di venire pietosamente in loro aiuto.
O Madre del perpetuo soccorso, abbiate pietà delle Anime più abbandonate del Purgatorio.
Misericordioso Gesù, date loro il riposo eterno.


Tre Salve Regina

Salve, Regina,
madre di misericordia,
vita, dolcezza e speranza nostra, salve.
A Te ricorriamo, noi esuli figli di Eva;
a Te sospiriamo gementi e piangenti in questa valle di lacrime.
Orsù dunque, avvocata nostra,
rivolgi a noi quegli occhi Tuoi misericordiosi.
E mostraci dopo questo esilio,
Gesù, il frutto benedetto del Tuo seno.
O clemente, o pia, o dolce Vergine Maria.


mercoledì 23 ottobre 2013

LA PAZIENZA


Guardiamo il crocifisso: cosa ci insegna? Tra le altre cose ci insegna la pazienza! 

Quanti peccati commettiamo contro la pazienza! Forse non ci pensiamo quando ci esaminiamo la coscienza - e spero che avvenga spesso - ma la prima cosa che bisognerebbe confessare al sacerdote sono i peccati d'impazienza. 
Come si può diventare pazienti? Ecco nessuno pensi che sia cosa umana. La pazienza si può solo chiedere a Dio nella preghiera. Prendete san Giacomo, la sua lettera, cosa dice? Vuoi la pazienza? Domandala! Domandala... e noi non domandiamo. 
Ma il crocifisso è lì appeso per rammentarci il dovere - bisogno di pregare Dio per diventare conformi a Lui. Alla Via Crucis - che sarebbe bene fare, almeno mentalmente, ogni tanto, non solo in Quaresima - cosa vediamo? Gesù Cristo, Dio fatto uomo, trattato come il peggiore dei malfattori: deriso, disprezzato, calunniato, picchiato, tradito... tradito! 
Non ci pensiamo mai ma tutti i dolori che noi sopportiamo più o meno santamente in vita Gesù Cristo li h subiti in modo perfetto a suo tempo, sia per darci l'esempio sia perchè l'amore è solidale al massimo e perciò per conformarsi a noi creature deboli e misere. Ci viene un dolore, magari piccolo, e giù le bestemmie magari... pregare, meditare, e fare buone letture. Questo un buon programma di vita giornaliero per un vero cristiano. 
Abbiamo tempo per tutto, per il gossip, per la televisione (che è la fonte principale, oggi, dei peccati di pensiero e non solo) e per altre cose inutili e/o dannose e non abbiamo tempo per pregare il nostro Dio dal quale poi pretendiamo anche di ricevere le grazie che chiediamo? 
Dobbiamo però ricordare che se Dio concede sempre le grazie se convengono a chi gliele chiede, non concede nulla a chi non chiede. 
Pieni di fiducia prendiamo in mano la corona del Rosario e invochiamo la Vergine Maria, mediatrice di ogni grazia e lei ci otterrà la santità di vita e la salvezza dell'anima.


martedì 22 ottobre 2013

22 ottobre 2013, memoria del Beato Giovanni Paolo II

MESSALE

22 Ottobre
Beato Giovanni Paolo II, papa
Memoria facoltativa

Comune dei pastori: per un papa.


ALL’INIZIO DELL’ASSEMBLEA LITURGICA
O Dio, ricco di misericordia,
che hai chiamato il beato Giovanni Paolo II, papa,
a guidare l’intera tua Chiesa,
concedi a noi, forti del suo insegnamento,
di aprire con fiducia i nostri cuori
alla grazia salvifica di Cristo,
unico redentore dell’uomo.
Per lui, nostro Signore e nostro Dio,
che vive e regna con te,
nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.

SUPER POPULUM
Deus, dives in misericórdia,
qui beátum Ioánnem Paulum, papam,
univérsae Ecclésiae tuae praeésse voluísti,
praesta, quaésumus, ut, eius institútis edócti,
corda nostra salutíferae grátiae Christi,
uníus redemptóris hóminis, fidénter aperiámus.
Qui tecum vivit et regnat in unitáte Spíritus Sancti,
Deus per ómnia saécula saeculórum. Amen.



LITURGIA DELLE ORE

22 Ottobre
Beato Giovanni Paolo II, papa
Memoria facoltativa

Comune dei pontefici (per un papa).

NOTIZIA DEL BEATO
Carlo Giuseppe Wojtyła nacque nel 1920 a Wadowice in Polonia. Ordinato sacerdote e compiuti gli studi di teologia a Roma, al ritorno in patria ricoprì vari incarichi pastorali e universitari. Nominato Vescovo ausiliare di Cracovia, di cui nel 1964 divenne Arcivescovo, prese parte al Concilio Ecumenico Vaticano II. Divenuto papa il 16 ottobre 1978 con il nome di Giovanni Paolo II, si contraddistinse per la straordinaria sollecitudine apostolica, in particolare per le famiglie, i giovani e i malati, che lo spinse a compiere innumerevoli visite pastorali in tutto il mondo; i frutti più significativi lasciati in eredità alla Chiesa, tra molti altri, sono il suo ricchissimo Magistero e la promulgazione del Catechismo della Chiesa Cattolica e dei Codici di Diritto Canonico per la Chiesa latina e le Chiese Orientali. Morì piamente a Roma il 2 aprile 2005, alla vigilia della II domenica di Pasqua o della divina misericordia. È stato beatificato da papa Benedetto XVI il 1° Maggio 2011.

ORAZIONE (II A Vespri e I a Lodi)
O Dio, ricco di misericordia,
che hai chiamato il beato Giovanni Paolo II, papa,
a guidare l’intera tua Chiesa,
concedi a noi, forti del suo insegnamento,
di aprire con fiducia i nostri cuori
alla grazia salvifica di Cristo,
unico redentore dell’uomo.
            V. Per lui, che vive e regna nei secoli dei secoli.
L. Per lui, nostro Signore e nostro Dio,
che vive e regna con te,
nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.


Ufficio delle letture

SECONDA LETTURA
Dall’Omelia per l’inizio del pontificato del beato Giovanni Paolo II, papa.
(22 ottobre 1978: A.A.S. 70 [1978], pp. 945-947)
Non abbiate paura! Aprite le porte a Cristo!
Pietro è venuto a Roma! Cosa lo ha guidato e condotto a questa Urbe, cuore dell’Impero Romano, se non l’obbedienza all’ispirazione ricevuta dal Signore? Forse questo pescatore di Galilea non avrebbe voluto venire fin qui. Forse avrebbe preferito restare là, sulle rive del lago di Genesareth, con la sua barca, con le sue reti. Ma, guidato dal Signore, obbediente alla sua ispirazione, è giunto qui! 
Secondo un’antica tradizione, durante la persecuzione di Nerone, Pietro voleva abbandonare Roma. Ma il Signore è intervenuto: gli è andato incontro. Pietro si rivolse a lui chiedendo: «Quo vadis, Domine?» (Dove vai, Signore?). E il Signore gli rispose subito: «Vado a Roma per essere crocifisso per la seconda volta». Pietro tornò a Roma ed è rimasto qui fino alla sua crocifissione. 
Il nostro tempo ci invita, ci spinge, ci obbliga a guardare il Signore e ad immergerci in una umile e devota meditazione del mistero della suprema potestà dello stesso Cristo. 
Colui che è nato dalla Vergine Maria, il Figlio del falegname – come si riteneva –, il Figlio del Dio vivente, come ha confessato Pietro, è venuto per fare di tutti noi «un regno di sacerdoti». 
Il Concilio Vaticano II ci ha ricordato il mistero di questa potestà e il fatto che la missione di Cristo – Sacerdote, Profeta-Maestro, Re – continua nella Chiesa. Tutti, tutto il Popolo di Dio è partecipe di questa triplice missione. E forse in passato si deponeva sul capo del Papa il triregno, quella triplice corona, per esprimere, attraverso tale simbolo, che tutto l’ordine gerarchico della Chiesa di Cristo, tutta la sua «sacra potestà» in essa esercitata non è altro che il servizio, servizio che ha per scopo una sola cosa: che tutto il Popolo di Dio sia partecipe di questa triplice missione di Cristo e rimanga sempre sotto la potestà del Signore, la quale trae le sue origini non dalle potenze di questo mondo, ma dal Padre celeste e dal mistero della Croce e della Risurrezione. 
La potestà assoluta e pure dolce e soave del Signore risponde a tutto il profondo dell’uomo, alle sue più elevate aspirazioni di intelletto, di volontà, di cuore. Essa non parla con un linguaggio di forza, ma si esprime nella carità e nella verità. 
Il nuovo Successore di Pietro nella Sede di Roma eleva oggi una fervente, umile, fiduciosa preghiera: «O Cristo! Fa’ che io possa diventare ed essere servitore della tua unica potestà! Servitore della tua dolce potestà! Servitore della tua potestà che non conosce il tramonto! Fa’ che io possa essere un servo! Anzi, servo dei tuoi servi». 
Fratelli e Sorelle! Non abbiate paura di accogliere Cristo e di accettare la sua potestà! 
Aiutate il Papa e tutti quanti vogliono servire Cristo e, con la potestà di Cristo, servire l’uomo e l’umanità intera! 
Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo! Alla sua salvatrice potestà aprite i confini degli Stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo. Non abbiate paura! Cristo sa «cosa è dentro l’uomo». Solo lui lo sa! 
Oggi così spesso l’uomo non sa cosa si porta dentro, nel profondo del suo animo, del suo cuore. Così spesso è incerto del senso della sua vita su questa terra. È invaso dal dubbio che si tramuta in disperazione. Permettete, quindi – vi prego, vi imploro con umiltà e con fiducia – permettete a Cristo di parlare all’uomo. Solo lui ha parole di vita, sì! di vita eterna. 

ORAZIONE
Come la I a Lodi



lunedì 21 ottobre 2013

MOTIVI D'UMILTÀ

1. I nostri peccati.

Medita quanto siano vere le parole del profeta Michea, che l'umiliazione ti sta nel centro del cuore. Prima di tutto ti umiliano i tuoi peccati. Considera quanti ne hai commessi con i pensieri, con le parole, con le opere e omissioni: in pubblico e in privato; contro tutti i comandamenti: in chiesa, in casa; di giorno, di notte; da fanciullo, da adulto; nessun giorno senza peccati! Dopo tale constatazione puoi ancora insuperbire? Che gran cosa sei! Nemmeno un giorno sai passare perfetto... anzi, forse neppure un'ora...!

2. La poca nostra virtù.

Dopo tante ripetute promesse al Signore, dov'è la tua costanza? In tanti anni di vita, di aiuti, di stimoli interni, di esortazioni, di grazie singolari, dov'è la tua carità, la pazienza, la rassegnazione, il fervore, l'amor di Dio? Dove sono i meriti guadagnati? Possiamo noi vantarci d'esser santi? Eppure, alla nostra età quante anime già erano sante!

3. La nostra miseria.

Che cosa sei riguardo al corpo? Polvere e cenere. Nascosto nel sepolcro il tuo corpo, chi si ricorda più di te, dopo poco tempo? Che è mai la tua vita? Fragile come canna, basta un soffio, e muori. Con l'abilità tua, e di tutti gli scienziati più insigni, sei tu capace di creare un grano di polvere, un filo d'erba? Di sondare le profondità del cuore umano? Come sei piccolo a paragone del mondo e del Cielo, ai piedi di Dio... Strisci quasi verme nella polvere, e pretendi di essere gran cosa? Impara a tenerti per quel che sei: un nulla.

PRATICA: China qualche volta il capo, dicendo: Ricordati che sei polvere!


laparola.it



domenica 20 ottobre 2013

Messaggio del Santo Padre Francesco per la giornata Missionaria Mondiale 2013 - domenica 20 ottobre 2013

Cari fratelli e sorelle, quest’anno celebriamo la Giornata Missionaria Mondiale mentre si sta concludendo l'Anno della fede, occasione importante per rafforzare la nostra amicizia con il Signore e il nostro cammino come Chiesa che annuncia con coraggio il Vangelo. In questa prospettiva, vorrei proporre alcune riflessioni.

1. La fede è dono prezioso di Dio, il quale apre la nostra mente perché lo possiamo conoscere ed amare. Egli vuole entrare in relazione con noi per farci partecipi della sua stessa vita e rendere la nostra vita più piena di significato, più buona, più bella. Dio ci ama! La fede, però, chiede di essere accolta, chiede cioè la nostra personale risposta, il coraggio di affidarci a Dio, di vivere il suo amore, grati per la sua infinita misericordia. E' un dono, poi, che non è riservato a pochi, ma che viene offerto con generosità. Tutti dovrebbero poter sperimentare la gioia di sentirsi amati da Dio, la gioia della salvezza! Ed è un dono che non si può tenere solo per se stessi, ma che va condiviso. Se noi vogliamo tenerlo soltanto per noi stessi, diventeremo cristiani isolati, sterili e ammalati. L’annuncio del Vangelo fa parte dell’essere discepoli di Cristo ed è un impegno costante che anima tutta la vita della Chiesa. «Lo slancio missionario è un segno chiaro della maturità di una comunità ecclesiale» (Benedetto XVI, Esort. ap. Verbum Domini, 95). Ogni comunità è “adulta” quando professa la fede, la celebra con gioia nella liturgia, vive la carità e annuncia senza sosta la Parola di Dio, uscendo dal proprio recinto per portarla anche nelle “periferie”, soprattutto a chi non ha ancora avuto l’opportunità di conoscere Cristo. La solidità della nostra fede, a livello personale e comunitario, si misura anche dalla capacità di comunicarla ad altri, di diffonderla, di viverla nella carità, di testimoniarla a quanti ci incontrano e condividono con noi il cammino della vita. 

2. L'Anno della fede, a cinquant’anni dall’inizio del Concilio Vaticano II, è di stimolo perché l'intera Chiesa abbia una rinnovata consapevolezza della sua presenza nel mondo contemporaneo, della sua missione tra i popoli e le nazioni. La missionarietà non è solo una questione di territori geografici, ma di popoli, di culture e di singole persone, proprio perché i “confini" della fede non attraversano solo luoghi e tradizioni umane, ma il cuore di ciascun uomo e di ciascuna donna, Il Concilio Vaticano II ha sottolineato in modo speciale come il compito missionario, il compito di allargare i confini della fede, sia proprio di ogni battezzato e di tutte le comunità cristiane: «Poiché il popolo di Dio vive nelle comunità, specialmente in quelle diocesane e parrocchiali, ed in esse in qualche modo appare in forma visibile, tocca anche a queste comunità rendere testimonianza a Cristo di fronte alle nazioni» (Decr. Ad gentes, 37). 
Ciascuna comunità è quindi interpellata e invitata a fare proprio il mandato affidato da Gesù agli Apostoli di essere suoi «testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra» (At 1,8), non come un aspetto secondario della vita cristiana, ma come un aspetto essenziale: tutti siamo inviati sulle strade del mondo per camminare con i fratelli, professando e testimoniando la nostra fede in Cristo e facendoci annunciatori del suo Vangelo. Invito i Vescovi, i Presbiteri, i Consigli presbiterali e pastorali, ogni persona e gruppo responsabile nella Chiesa a dare rilievo alla dimensione missionaria nei programmi pastorali e formativi, sentendo che il proprio impegno apostolico non è completo se non contiene il proposito di “rendere testimonianza a Cristo di fronte alle nazioni”, di fronte a tutti i popoli. 
La missionarietà non è solamente una dimensione programmatica nella vita cristiana, ma anche una dimensione paradigmatica che riguarda tutti gli aspetti della vita cristiana. 

3. Spesso l'opera di evangelizzazione trova ostacoli non solo all'esterno, ma all’interno della stessa comunità ecclesiale. A volte sono deboli il fervore, la gioia, il coraggio, la speranza nell’annunciare a tutti il Messaggio di Cristo e nell’aiutare gli uomini del nostro tempo ad incontrarlo. A volte si pensa ancora che portare la verità del Vangelo sia fare violenza alla libertà. Paolo VI ha parole illuminanti al riguardo: «Sarebbe ... un errore imporre qualcosa alla coscienza dei nostri fratelli. Ma proporre a questa coscienza la verità evangelica e la salvezza di Gesù Cristo con piena chiarezza e nel rispetto assoluto delle libere opzioni che essa farà ... è un omaggio a questa libertà» (Esort, ap. Evangelii nuntiandi, 80). Dobbiamo avere sempre il coraggio e la gioia di proporre, con rispetto, l’incontro con Cristo, di farci portatori del suo Vangelo. Gesù è venuto in mezzo a noi per indicare la via della salvezza, ed ha affidato anche a noi la missione di farla conoscere a tutti, fino ai confini della terra. Spesso vediamo che sono la violenza, la menzogna, l’errore ad essere messi in risalto e proposti. E’ urgente far risplendere nel nostro tempo la vita buona del Vangelo con l’annuncio e la testimonianza, e questo dall’interno stesso della Chiesa. Perché, in questa prospettiva, è importante non dimenticare mai un principio fondamentale per ogni evangelizzatore: non si può annunciare Cristo senza la Chiesa. Evangelizzare non è mai un atto isolato, individuale, privato, ma sempre ecclesiale. Paolo VI scriveva che «quando il più sconosciuto predicatore, missionario, catechista o Pastore, annuncia il Vangelo, raduna la comunità, trasmette la fede, amministra un Sacramento, anche se è solo, compie un atto di Chiesa». Egli non agisce «per una missione arrogatasi, né in forza di un'ispirazione personale, ma in unione con la missione della Chiesa e in nome di essa» (ibidem). E questo dà forza alla missione e fa sentire ad ogni missionario ed evangelizzatore che non è mai solo, ma parte di un unico Corpo animato dallo Spirito Santo. 

4. Nella nostra epoca, la mobilità diffusa e la facilità di comunicazione attraverso i new media hanno mescolato tra loro i popoli, le conoscenze, le esperienze. Per motivi di lavoro intere famiglie si spostano da un continente all'altro; gli scambi professionali e culturali, poi, il turismo e fenomeni analoghi spingono a un ampio movimento di persone. A volte risulta difficile persino per le comunità parrocchiali conoscere in modo sicuro e approfondito chi è di passaggio o chi vive stabilmente sul territorio. Inoltre, in aree sempre più ampie delle regioni tradizionalmente cristiane cresce il numero di coloro che sono estranei alla fede, indifferenti alla dimensione religiosa o animati da altre credenze. Non di rado poi, alcuni battezzati fanno scelte di vita che li conducono lontano dalla fede, rendendoli così bisognosi di una “nuova evangelizzazione”. A tutto ciò si aggiunge il fatto che ancora un'ampia parte dell'umanità non è stata raggiunta dalla buona notizia di Gesù Cristo. Viviamo poi in un momento di crisi che tocca vari settori dell'esistenza, non solo quello dell’economia, della finanza, della sicurezza alimentare, dell’ambiente, ma anche quello del senso profondo della vita e dei valori fondamentali che la animano. Anche la convivenza umana è segnata da tensioni e conflitti che provocano insicurezza e fatica di trovare la via per una pace stabile. In questa complessa situazione, dove l'orizzonte del presente e del futuro sembrano percorsi da nubi minacciose, si rende ancora più urgente portare con coraggio in ogni realtà il Vangelo di Cristo, che è annuncio di speranza, di riconciliazione, di comunione, annuncio della vicinanza di Dio, della sua misericordia, della sua salvezza, annuncio che la potenza di amore di Dio è capace di vincere le tenebre del male e guidare sulla via del bene. L’uomo del nostro tempo ha bisogno di una luce sicura che rischiara la sua strada e che solo l’incontro con Cristo può donare. Portiamo a questo mondo, con la nostra testimonianza, con amore, la speranza donata dalla fede! La missionarietà della Chiesa non è proselitismo, bensì testimonianza di vita che illumina il cammino, che porta speranza e amore. La Chiesa - lo ripeto ancora una volta - non è un’organizzazione assistenziale, un’impresa, una ONG, ma è una comunità di persone, animate dall'azione dello Spirito Santo, che hanno vissuto e vivono lo stupore dell’incontro con Gesù Cristo e desiderano condividere questa esperienza di profonda gioia, condividere il Messaggio di salvezza che il Signore ci ha portato. E’ proprio lo Spirito Santo che guida la Chiesa in questo cammino. 

5. Vorrei incoraggiare tutti a farsi portatori della buona notizia di Cristo e sono grato in modo particolare ai missionari e alle missionarie, ai presbiteri fidei donum, ai religiosi e alle religiose, ai fedeli laici - sempre più numerosi - che, accogliendo la chiamata del Signore, lasciano la propria patria per servire il Vangelo in terre e culture diverse. Ma vorrei anche sottolineare come le stesse giovani Chiese si stiano impegnando generosamente nell’invio di missionari alle Chiese che si trovano in difficoltà - non raramente Chiese di antica cristianità - portando così la freschezza e l’entusiasmo con cui esse vivano la fede che rinnova la vita e dona speranza. Vivere in questo respiro universale, rispondendo al mandato di Gesù «andate dunque e fate discepoli tutti i popoli» (Mt 28, 19) è una ricchezza per ogni Chiesa particolare, per ogni comunità, e donare missionari e missionarie non è mai una perdita, ma un guadagno. Faccio appello a quanti avvertono tale chiamata a corrispondere generosamente alla voce dello Spirito, secondo il proprio stato di vita, e a non aver paura dì essere generosi con il Signore. Invito anche i Vescovi, le famiglie religiose, le comunità e tutte le aggregazioni cristiane a sostenere, con lungimiranza e attento discernimento, la chiamata missionaria ad gentes e ad aiutare le Chiese che hanno necessità di sacerdoti, di religiosi e religiose e di laici per rafforzare la comunità cristiana. E questa dovrebbe essere un’attenzione presente anche tra le Chiese che fanno parte di una stessa Conferenza Episcopale o di una Regione: è importante che le Chiese più ricche di vocazioni aiutino con generosità quelle che soffrono per la loro scarsità. Insieme esorto i missionari e le missionarie, specialmente i presbiteri fidei donum e i laici, a vivere con gioia il loro prezioso servizio nelle Chiese a cui sono inviati, e a portare la loro gioia e la loro esperienza alle Chiese da cui provengono, ricordando come Paolo e Barnaba al termine del loro primo viaggio missionario «riferirono tutto quello che Dio aveva fatto per mezzo loro e come avesse aperto ai pagani la porta della fede» (At 14,27). 
Essi possono diventare una via per una sorta di “restituzione” della fede, portando la freschezza delle giovani Chiese, affinché le Chiese di antica cristianità ritrovino l’entusiasmo e la gioia di condividere la fede in uno scambio che è arricchimento reciproco nel cammino di sequela del Signore. La sollecitudine verso tutte le Chiese, che il Vescovo di Roma condivide con i confratelli Vescovi, trova un'importante attuazione nell’impegno delle Pontificie Opere Missionarie, che hanno lo scopo di animare e approfondire la coscienza missionaria di ogni battezzato e di ogni comunità, sia richiamando la necessità di una più profonda formazione missionaria dell'intero Popolo di Dio, sia alimentando la sensibilità delle Comunità cristiane ad offrire il loro aiuto per favorire la diffusione del Vangelo nel mondo. Un pensiero infine ai cristiani che, in varie parti del mondo, si trovano in difficoltà nel professare apertamente la propria fede e nel vedere riconosciuto il diritto a viverla dignitosamente. Sono nostri fratelli e sorelle, testimoni coraggiosi - ancora più numerosi dei martiri nei primi secoli - che sopportano con perseveranza apostolica le varie forme attuali di persecuzione, 
Non pochi rischiano anche la vita per rimanere fedeli al Vangelo di Cristo. 
Desidero assicurare che sono vicino con la preghiera alle persone, alle famiglie e alle comunità che soffrono violenza e intolleranza e ripeto loro le parole consolanti di Gesù: «Coraggio, io ho vinto il mondo» (Gv 16,33).
 Benedetto XVI esortava: «"La Parola del Signore corra e sia glorificata'’ (2Ts 3,1): possa questo Anno della fede rendere sempre più saldo il rapporto con Cristo Signore, poiché solo in Lui vi è la certezza per guardare al futuro e la garanzia di un amore autentico e duraturo» (Lett. ap. Porta fidei, 15). 
È il mio auspicio per la Giornata Missionaria Mondiale di quest’anno. Benedico di cuore i missionari e le missionarie e tutti coloro che accompagnano e sostengono questo fondamentale impegno della Chiesa affinché l’annuncio del Vangelo possa risuonare in tutti gli angoli della terra, e noi, ministri del Vangelo e missionari, sperimenteremo “la dolce e confortante gioia di evangelizzare” (Paolo VI, Esort. ap. Evangelii nuntiandi, 80). 

Dal Vaticano, 19 maggio 2013, Solennità di Pentecoste FRANCESCO © Copyright - Libreria Editrice Vaticana



venerdì 18 ottobre 2013

San Luca

L'evangelista Luca può esserci particolarmente caro perché è l'evangelista della Madonna. 
Solo da lui ci sono state tramandate l'annunciazione, la visitazione, le scene del Natale, della presentazione al tempio di Gesù. E si può anche dire l'evangelista del cuore di Gesù, perché è Luca che ci rivela meglio la sua misericordia: è l'evangelista della parabola del figlio prodigo un tesoro che troviamo soltanto nel suo Vangelo, della dramma perduta e ritrovata. 
E' l'evangelista della carità: lui solo ci racconta la parabola del buon samaritano, e parla dell'amore di Gesù per i poveri con accenti più teneri degli altri: ci presenta il Signore che si commuove davanti al dolore della vedova di Nain; che accoglie la peccatrice in casa di Simone il fariseo con tanta delicatezza e le assicura il perdono di Dio; che accoglie Zaccheo con tanta bontà da cambiare il suo esoso cuore di pubblicano in un cuore pentito e generoso.



giovedì 17 ottobre 2013

Santa Margherita Maria Alacoque

«Io, indegno e miserabile nulla,protesto al mio Dio di sottopormi e di sacrificarmi a tutto ciò che desidera da me; di immolare completamente il mio cuore, affinché si compia la sua volontà, senza altro interesse che la sua maggior gloria e il suo puro Amore,al quale consacro e abbandono tutto il mio essere e ogni istante della mia vita.

Sono per sempre del mio Amore: la sua schiava, la sua serva e la sua creatura;perché Egli è tutto mio e io sono la sua indegna Sposa».

Suor Margherita Maria, morta al mondo
Tutto da Dio e niente da me
Tutto di Dio e niente di me
Tutto per Iddio e niente per me.


Santa Margherita Maria Alacoque




LA CARITÀ VERSO IL PROSSIMO

1. Precetto rigoroso di Dio.

Amerai il tuo Dio con tutto il cuore, dice Gesù, questo è il primo comandamento e il maggiore di tutti; il secondo comandamento è simile a questo; Amerai il prossimo tuo come te stesso. "Questo è il mio precetto, che vi amiate l'un l'altro; Mio, cioè che mi sta molto a cuore, e differenzia i Cristiani dai pagani. Amatevi come Io ho amato voi... Io dimentico e sacrifico Me stesso per voi: imitatemi”. Lo intendi tu un tale precetto?

2. Regola dell'amore del prossimo.

Tutti sanno che si deve fare agli altri ciò che desideriamo sia fatto a noi; Gesù non disse d'amare il prossimo meno di te, bensì come te stesso. Ma in quale modo si applica? Considera il tuo pensare e il tuo giudicare più male che bene degli altri, le tue mormorazioni, la poca tua tolleranza verso i compagni, il tuo malignare e sofisticare, la difficoltà di compiacere, di aiutare il prossimo... Fai tu agli altri come vuoi sia fatto a te?

3. Ogni persona è prossimo tuo.

Come osi tu deridere, dileggiare, disprezzare chi ha un qualche difetto di corpo o di spirito? Sono tutte creature di Dio, il quale tiene fatto a sé quel che si fa al prossimo. Perché deridi e canzoni chi sbaglia? Non ami tu d'esser compatito? Ma Iddio ti comanda di compatire gli altri. Come ardisci di odiare un nemico? Non pensi, che, con ciò, porti odio a Dio stesso? Ama, fa del bene a tutti; ricordalo; ogni persona è prossimo tuo, è immagine di Dio, redenta da Gesù.

PRATICA: Per amore di Dio, sii compiacente con tutti. Recita di cuore l'atto di carità.



laparola.it




martedì 15 ottobre 2013

Santa Teresa d'Avila - 15 ottobre 2013



Idibus Octobris. Luna decima. Albae in Hispania, sanctae Teresiae uirginis et Ecclesiae doctoris, quae Fratrum ac Sororum Ordinis Carmelitarum arctioris obseruantiae mater exstitit et magistra - En Alba de Tormes de España, santa Teresa, virgen y doctora de la Iglesia, que fue madre y maestra de los Frailes y Monjas de la Orden Carmelitana de la estrecha observancia.À Albe, en Espagne, sainte Thérèse vierge et docteur de lÈglise, qui fut la mère et maîtresse des Frères et des Soeurs de l'Ordre des Carmes de l'étroite Observance - At Avila in Spain, the holy Virgin Theresa, Doctor of the Church, the mother and mistress of the brethren and sisters of the Order of Carmelites of the Stricter Observance.


lunedì 14 ottobre 2013

Il segno di Giona - San Giustino

Il Figlio sapeva che tutto gli sarebbe stato dato dal Padre suo secondo il suo disegno, che cioè lo avrebbe risvegliato dai morti, ed ha esortato tutti coloro che temono Dio a lodarlo per aver avuto pietà di tutta la razza dei credenti, mediante il mistero del Crocifisso (cf. Sal 22, 24). Inoltre, apparve ai suoi fratelli, gli Apostoli, dopo la sua risurrezione dai morti... e loro si pentirono di essersi allontanati da lui mentre veniva crocifisso...

Egli doveva risuscitare il terzo giorno dopo la crocifissione ; perciò sta scritto nelle Memorie degli Apostoli [i vangeli] che i giudei che discutevano con lui dissero : « Facci vedere un segno ». Rispose loro ...: « Non vi sarà dato nessun segno fuorché il segno di Giona ». In queste parole velate, gli uditori potevano comprendere che dopo la sua crocifissione, il terzo giorno, sarebbe risuscitato. Mostrava così ai suoi uditori quanto i loro concittadini fossero più perversi della città di Ninive. Infatti quando, rigettato il terzo giorno dal ventre del grosso pesce, Giona annunciò ai cittadini di Ninive che dopo quaranta giorni sarebbero morti in massa (3,4 LXX), essi bandirono un digiuno per tutti gli esseri viventi, uomini e bestie, vestendosi di sacco e alzando violenti lamenti, fecero vera penitenza dei loro sentimenti e rinunciarono all'ingiustizia. Credettero che Dio è compassionevole, « amico dell'uomo" (Sap 1, 6) verso tutti coloro che fuggono l'iniquità. Anche il re di questa città e i suoi dignitari, essendosi anche loro coperti di sacco, e avendo perseverato nel digiuno e la preghiera, scongiurarono il fatto che la città venisse distrutta.

Dal momento che Giona ne provò tristezza...fu rimproverato da Dio per essersi così ingiustamente scoraggiato al vedere che la città di Ninive non era ancora stata distrutta. E Dio disse …: « Io non dovrei aver pietà di Ninive, quella grande città, nella quale sono più di centoventimila persone, che non sanno distinguere fra la mano destra e la sinistra ? » (4,11)


San Giustino (ca 100-160), filosofo, martire
Dialogo con Trifone, 106-107


Preghiera alla Madonna Immacolata per trovare la forza di Confessare le proprie colpe

O Madre mia, ecco che percepisco, in fondo al cuore,
il desiderio di confessarmi e la profonda desolazione per tanti peccati commessi.

Ma l'inferno, al vedere che mi state strappando dai suoi artigli, si è tutto scatenato contro di me e mi insinua tanti pensieri e dubbi, uniti a tristezza,
perché io rimandi la confessione e non mi decida ad assecondare il Vostro materno richiamo.

So bene tuttavia che mi siete vicina, e allora, contro questi pensieri,
io scaglio le parole della Sacra Scrittura:
"Sorga Dio, i suoi nemici si disperdano e fuggano davanti
a lui quelli che lo odiano. Come si disperde il fumo, tu li disperdi;
come fonde la cera di fronte al fuoco" (Sal 68,3).

Non mi sono vergognato di peccare e non mi vergognerò di accusare le mie debolezze;
ho trovato il tempo di peccare e troverò il tempo per chiedere perdono;
non ho rimandato il peccato e non rimanderò la confessione.
So bene che, a causa del peccato originale e di tanti miei peccati attuali,
ormai la mia coscienza non è più arbitra veritiera di ciò che e bene e ciò che è male;
perciò, umilmente, mi sottometto al giudizio della Chiesa e del suo infallibile magistero,
rinunciando alla ridicola pretesa di stabilire io ciò che si debba o non si debba fare.

Non voglio rifiutarmi di andar contro le passioni sregolate,
ma coraggiosamente abbraccio la croce del rinnegamento di me stesso:
tutto questo non mi fa paura perché so che Voi siete al mio fianco.
Come ora mi ispirate il desiderio di confessarmi,
così mi farete vincere la paura di abbandonarmi tutto a Gesù,
mi libererete dal dubbio di non riuscirvi,
mi condurrete alla vittoria e schiaccerete la testa dell'infernale serpente anche con la mia vita rinnovata.
Non è dalle mie povere forze che spero di emendarmi e di farmi santo,
ma dalla vostra vicinanza e misericordia.

Anche se avessi commesso i più orribili peccati e avessi confitto mille e mille spade nel Vostro Immacolato Cuore,non voglio ora crudelmente piantare quella spada che per Voi è senza dubbio la più dolorosa:
vedermi rimandare la confessione.

O Vergine Maria, che senza esitazione rispondeste di si all'angelo e che in fretta saliste verso la montagna per visitare la Vostra cugina Elisabetta,concedetemi la grazia di non esitare un solo istante a lasciarmi abbracciare dal Buon Padre,che da tutta l'eternità mi sta aspettando, desideroso di liberarmi dalla schiavitù del demonio,di rigenerare la candida veste che ricevetti il giorno del battesimo e di prepararmi a quell'abbraccio di gioia che durerà per i secoli eterni. Amen.



domenica 13 ottobre 2013

PREGHIERA ALLA MADONNA DI FATIMA

Maria Madre, Maria bella, 
Dolce aiuto, cara stella, 
Puro giglio, vaga rosa 
Senza spina obrobiosa, 
Noi con fede e con amore 
T'invochiamo in tutto l're. 
Il tuo aiuto sol vogliamo, 
O Maria, tuoi figli siamo, 
Dolce Madre di pietà, 
Dacci aiuto e carità. 
De! riscalda il nostro cuore 
Col tuo aiuto e santo amore. 
Dolce Madre di clemenza 
Dacci aiuto e provvidenza, 
Dona aiuto agli ammalati, 
Dona aiuto ai tribolati, 
Dona aiuto ai poverelli, 
Dona aiuto agli orfanelli. 
Il tuo aiuto speciale 
Ci sia scudo in ogni male. 
O dolcissima Maria, 
Dacci aiuto all'agonia 
Per godere il tuo bel viso 
Col tuo aiuto in Paradiso.


sabato 12 ottobre 2013

!3 ottobre 2013 - Consacrazione del mondo al Cuore Immacolato di Maria


Domani pomeriggio la statua della Madonna di Fatima conservata nel santuario portoghese arriva in piazza San Pietro: la accoglierà Papa Francesco. E proprio in piazza San Pietro, domenica prossima Papa Francesco compirà un «atto di affidamento» a Maria davanti alla statua della Madonna di Fatima. L’atto di affidamento è inserito nelle celebrazioni per l’Anno della Fede, e riprende altri analoghi già compiuti dai Pontefici.  La statua originale della Madonna di Fatima, che porta incastonata sulla corona uno dei proiettili sparati contro Giovanni Paolo II nell’attentato del 13 maggio 1981, arriverà in piazza San Pietro il pomeriggio di sabato 12 ottobre, e Francesco sarà lì ad accoglierla. È la decima volta in poco meno di un secolo che l’effigie mariana conservata nella cappellina delle apparizioni di Fatima lascia il santuario portoghese. La sera, la statua sarà portata al santuario romano del Divino Amore, dove si svolgerà una veglia di preghiera. La mattina 13 ottobre, la statua tornerà in piazza San Pietro, dove il Papa celebrerà la Messa.

La prima delle consacrazioni del mondo alla Vergine di Fatima avvenne durante il pontificato di Papa Pacelli. Il 31 ottobre 1942, nel pieno della Seconda Guerra mondale Pio XII, parlando in lingua portoghese alla radio, consacrò il mondo al cuore immacolato, facendo anche una menzione velata alla Russia, secondo la richiesta fatta dall’apparizione ai tre pastorelli di Fatima. Un’altra consacrazione avvenne proprio in piazza San Pietro da parte di Giovanni Paolo II, il 25 marzo 1984, in un momento in cui era alta la tensione sugli euromissili.




La statua originale – scrive Andrea Tornielli su La Stampa – aveva fatto ritorno in Vaticano l’8 ottobre dell’anno 2000, e in quell’occasione Giovanni Paolo II, alla presenza di 1500 vescovi di tutto il mondo aveva affidato il nuovo millennio alla Madonna, pronunciando parole che allora – undici mesi prima dei fatti dell’11 settembre 2001 – non vennero comprese: disse infatti che l’umanità era a un bivio e che poteva trasformare il fonte:mondo in un giardino fiorito oppure in un cumulo di macerie. Papa Francesco aveva fatto un accenno alla statua della Madonna di Fatima durante il suo primo Angelus, domenica 17 marzo, parlando di una delle copie della statua, portate in pellegrinaggio nel mondo. «Ricordo, appena vescovo, nell’anno 1992, è arrivata a Buenos Aires la Madonna di Fatima e si è fatta una grande messa per gli ammalati. Io sono andato a confessare,  a quella messa…».

Francesco aveva proseguito raccontato di una donna anziana venuta a confessarsi, che gli disse, sorprendendolo per la profondità della sua semplice fede: «Se il Signore non perdonasse tutto, il mondo non esisterebbe». Un mese dopo, era stato l’allora patriarca di Lisbona, il cardinale José Policarpo, ad annunciare che Papa Francesco gli aveva chiesto di consacrare il suo pontificato alla Madonna di Fatima: «Papa Francesco mi ha chiesto due volte che io consacri il suo nuovo ministero a Nostra Signora di Fatima» L’atto di consacrazione è poi avvenuto il 13 maggio 2013. «Siamo ai tuoi piedi, i vescovi del Portogallo insieme a questa moltitudine di pellegrini, nel 96° anniversario della tua apparizione ai pastorelli – ha recitato Policarpo – per realizzare il desiderio di Papa Francesco, chiaramente manifestato, di consacrare a te, Vergine di Fatima, il suo ministero di vescovo di Roma e pastore universale». Che Francesco non abbia problemi a manifestare pubblicamente il suo attaccamento a Maria lo dimostrano anche le cinque visite che ha già compiuto per pregare nella basilica di Santa Maria Maggiore. Proprio l’icona della «Salus Populi Romani» è stata presente in piazza San Pietro in occasione della  veglia per la pace in Siria al termine della giornata di digiuno e preghiera del 7 settembre.

Fonte: Vaticannews

giovedì 10 ottobre 2013

La transustanziazione. Che cosa significa esattamente la parola “transustanziazione”?

Significa passaggio (trans) di sostanza (substantia).

Nel pallone della figura cambia il colore ma rimane immutata la sostanza del pallone. 
Al contrario nell’Eucaristia il colore e tutte le apparenze esterne rimangono immutate ma cambia la sostanza. Che cos’è la sostanza? La sostanza è la realtà che esiste non in qualcos’altro, ma in se stessa. 
Per esempio un albero, un gatto, un uomo sono sostanze perché esistono in se stessi. Invece le loro dimensioni, il loro colore e le loro proprietà sono certamente delle realtà, ma non esistono in se stesse, bensì in qualcos’altro. Per esempio il colore non è una sostanza, ma è qualcosa che esiste nella sostanza e appartiene alla sostanza. 
Gli studiosi (i filosofi) li chiamano accidenti, dal latino “accìdere”, che significa “capitare, accadere”. Gli accidenti cioè, si potrebbe dire, capitano alla sostanza. Ma siccome questa è una parola un po’ difficile, comunemente invece di accidenti si parla di specie, cioè di apparenze. 
Che cosa significa questo discorso applicato all’Eucaristia? Significa che nell’Eucaristia la sostanza del pane e del vino diventa il corpo e il sangue di Gesù , mentre rimangono immutati gli accidenti, cioè le specie o apparenze del pane e del vino. Quindi le dimensioni dell’ostia non cambiano, e non cambiano il colore, l’odore e il sapore, poiché tutte queste cose sono accidenti o specie. 
Cambia invece la sostanza. E lo stesso si dica del vino. 
Quando avviene questo cambiamento? Avviene quando il sacerdote pronuncia le parole della consacrazione. Quando il sacerdote ha finito di dire: “Questo è il mio Corpo”, il pane non c’è più, e al suo posto c’è il corpo del Signore, e quando ha finito di dire: “Questo è il mio Sangue”, il vino non c’è più, e al suo posto c’è il sangue del Signore. 
La transustanziazione prima della Consacrazione e dopo la Consacrazione. Com’è possibile che avvenga questo cambiamento? 
È possibile per l’onnipotenza divina. 
Quando il sacerdote pronuncia le parole della consacrazione interviene Dio con la sua onnipotenza e compie il mutamento, cioè la transustanziazione. Ma se riflettiamo bene, la cosa non deve stupirci troppo: mutare una cosa in un’altra? Ma le specie, o apparenze, del pane e del vino, come fanno a esistere ancora se non c’è più la loro sostanza? Esistono miracolosamente, mantenute nell’esistenza dall’onnipotenza di Dio. Gesù lascia il cielo per venire a trovarsi Sotto le specie del pane e del vino? No, Gesù non lascia il cielo, eppure viene a trovarsi realmente sotto le specie del pane e del vino. Com’è possibile ciò? È proprio la transustanziazione che rende possibile questo fatto straordinario. Infatti il pane e il vino diventano quel corpo e quel sangue che sono in cielo, diventano Gesù in persona, vivo e vero, che siede alla destra del Padre. Quindi non è Gesù che cambia, o lascia il cielo, ma sono il pane e il vino che in forza delle parole della consacrazione diventano quello stesso Gesù che è in cielo. Quindi nel tabernacolo è presente lo stesso Gesù che è in cielo? Proprio così: Gesù è presente nel Santissimo Sacramento come è presente in cielo, con la differenza però che nel Santissimo Sacramento è presente sotto le specie del pane e del vino, e quindi non è visibile con gli occhi. Non è meraviglioso pensare che nel tabernacolo C’è lo stesso Gesù che siede alla destra del Padre? È meraviglioso, e mostra tutto l’amore che Gesù ci porta, volendo rimanere realmente e fisicamente presente in mezzo a noi, così che lo possiamo sempre incontrare. Ma noi ci dimentichiamo troppo spesso di queste cose, e andiamo poco a trovare Gesù presente nel Santissimo Sacramento. Fino a quando Gesù rimane presente sotto le specie eucaristiche? Gesù rimane presente fino a che queste specie si conservano e mantengono le apparenze del pane e del vino. Per cui anche quando noi abbiamo ricevuto l’Ostia Santa, Gesù rimane presente in noi fino a quando le specie eucaristiche non vengono assimilate, e quindi distrutte, dal nostro organismo. Normalmente le specie eucaristiche durano per circa un quarto d’ora dopo la comunione. Dovremmo ricordarlo, e prolungare un poco il colloquio con Gesù, invece di scappare in fretta di chiesa dopo la comunione. Si racconta a questo proposito che S.Filippo Neri fece rincorrere uno che usciva subito di chiesa da due chierichetti con le candele accese…! Gesù è presente anche in un piccolissimo frammento di Ostia? Sì, Gesù e presente finché quel frammento, anche se è piccolo, conserva le apparenze del pane. Dovremmo aver molto più rispetto della Santissima Eucaristia! Quando di spezza l’Ostia si spezza anche il corpo di Gesù? No, si spezzano solo le specie eucaristiche. Spezzando l’Ostia non si spezza il corpo di Gesù, che rimane tutto intero in ogni parte Com’è possibile questo? È possibile perché Gesù è presente tutto in tutte le singole parti dell’Ostia consacrata. Per cui anche se viene separata una parte, essa contiene Gesù tutto intero. Secondo le parole della consacrazione, sotto le specie del pane dovrebbe essere presente solo il corpo, e sotto le specie del vino solo il sangue. È così? Qui bisogna stare attenti: è vero che le parole della consacrazione rendono direttamente presente il corpo sotto le specie del pane e il sangue sotto le specie del vino, però non bisogna dimenticare che in Gesù, che è vivo in cielo, il corpo e il sangue sono inseparabilmente uniti. Ora, nell’Eucaristia è presente Gesù vivo e vero, quindi sotto le specie del pane insieme con il corpo c’è anche necessariamente il sangue, e dove c’è il sangue c’è anche necessariamente il corpo. È Questa una presenza per così dire indiretta, che viene detta presenza “per concomitanza”, nel senso che una presenza “accompagna “ l’altra. La presenza del sangue accompagna la presenza del corpo, e la presenza del corpo accompagna del sangue. E sempre “per concomitanza” dove sono presenti il corpo e il sangue sono presenti il corpo e il sangue sono presenti anche l’anima e la divinità. Quindi dobbiamo dire che (sia sotto le specie del pane che sotto le specie del vino) è presente tutto Gesù, in corpo, sangue, anima e divinità. 
Padre Roberto Coggi


lunedì 7 ottobre 2013

7 Ottobre: Vergine del Rosario, Battaglia e vittoria a Lepanto, Inizio del Sinodo dei Vescovi sulla “Nuova evangelizzazione”



Il 7 Ottobre 1571 si svolse la battaglia di Lepanto, che vide la flotta Cristiana sconfiggere quella Mussulmana. In memoria e ringraziamento per quella strepitosa vittoria militare, il Papa San Pio V istituì la festa della Madonna della Vittoria (successivamente intitolata, da Papa Gregorio XIII, alla Madonna del Rosario), fissandone la data proprio al 7 di ottobre.


Nonis Octobris. Luna secunda. Festum sacratissimi Rosarii beatae Mariae Virginis; itemque sanctae Mariae de Victoria commemoratio, quam sanctus Pius Quintus, Pontifex Maximus, ob insignem uictoriam a Christianis bello nauali, eiusdem sanctissimae Dei Genitricis auxilio, hac ipsa die de Turcis reportatam, quotannis fieri instituit -



Lepanto: è una località della Grecia (oggi Nafpaktia) dove avvenne la storica battaglia che vide contrapporsi le flotte musulmane dell'Impero Ottomano, a quelle cristiane della "Lega Santa". Era il 7 ottobre 1571, domenica. Contro ogni previsione militare (per le forze schierate in mare) la "Lega Santa" ebbe la meglio e riportò una vittoria storica sulla flotta musulmana, vittoria che evitò la supremazia definitiva dei musulmani sul Mediterraneo e sull'Europa. Il Papa Pio V, che aveva agito per la creazione della "Lega Santa" e la difesa della Cristianità dall'assalto islamico, papa domenicano e devotissimo al Santo Rosario, e gli stessi uomini che avevano partecipato alla storica impresa, ritennero che quella "miracolosa" vittoria fosse da attribuire all'intervento divino, ricevuto per intercessione della Vergine del Rosario. Infatti in quel giorno glorioso una "crociata" di preghiera del Santo Rosario affiancò i combattenti. Da questo fatto storico nasce la festa liturgica della "Vergine del Rosario" che celebriamo il 7 ottobre. Essa fu fissata definitivamente come memoria della Chiesa universale da papa Pio X. Anche oggi noi siamo chiamati ad una "battaglia", che vinceremo se saremo uniti in una "Lega Santa" nella preghiera a Dio attraverso la santa Vergine e san Michele Arcangelo.
Il 7 ottobre 2012 è iniziato il Sinodo dei Vescovi sulla "nuova evangelizzazione", nell'ambito dell'Anno della fede, a 50 anni dall'apertura del Concilio Vaticano II e a 20 dalla stesura del Catechismo della Chiesa Cattolica. E' un momento importante, forse quanto lo fu quella domenica a Lepanto.


Nell'ora suprema i devoti del Rosario saranno consolati per la materna tenerezza della Vergine e si addormenteranno dolcemente nel suo seno. (Papa Leone XIII)