giovedì 31 maggio 2012

Ancora sulla crisi della Chiesa in Europa - Card. Carlo Caffarra

Carissimi, quando ho visto le chiese crollate o inagibili,  ho pensato al grido profetico del nostro Santo Padre Benedetto XVI che continua a dirci: 

"La crisi della Chiesa in Europa è una crisi di fede.
Una crisi così profonda che rischia di far "crollare" la Chiesa in Occidente."
Il vostro coraggio, la dedizione eroica dei vostri sindaci, la testimonianza commovente di voi sacerdoti, veri pastori che condividete ogni sofferenza del vostro popolo, sono un segno precursore ed esemplare. Il segno che tutti siamo chiamati a ricostruire vere comunità civili che non si riducano a essere coesistenze di egoismi opposti; a riscoprire, durante l'imminente Anno della fede, o a riaccogliere il tesoro incomparabile della fede.
  

+ Card. Carlo Caffarra


dalla Lettera alle popolazioni colpite dal sisma
I beni che passano e quelli che restano
da L'Osservatore Romano del 28-29 maggio 2012



Basta alle stupidate!!

Padre Lombardi: elucubrazioni giornalistiche le ipotesi di dimissioni del Papa

Sulla vicenda della diffusione di documenti vaticani riservati, per la quale è agli arresti l’aiutante di Camera del Papa, Paolo Gabriele, stamani il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, ha avuto un nuovo incontro con i giornalisti.
Il caso dei documenti vaticani rubati continua a suscitare l’interesse della stampa, ma il quadro della situazione - ha detto padre Lombardi - sarà più chiaro dopo l’inizio delle indagini e degli interrogatori formali, che per ora sono a livello preliminare. Gli organi interessati a questa fase sono la magistratura vaticana e la Commissione cardinalizia. Sarà un momento decisivo, quello, per chiedere la possibile collaborazione della magistratura italiana. Il direttore della Sala Stampa ha riferito poi che l’unico accusato, Paolo Gabriele, ha avuto stamani un nuovo colloquio con i suoi legali, che starebbero per presentare un’istanza di libertà vigilata o arresti domiciliari per il loro assistito, che al momento si trova in una camera di sicurezza in Vaticano. Nuova smentita, inoltre, allo stato attuale delle indagini, sulla presenza nell’abitazione di Gabriele di plichi già pronti ad essere spediti a specifici destinatari, ma - ha detto padre Lombardi - il materiale trovato in possesso dell’aiutante di Camera del Papa è ancora in fase di studio e di catalogazione. E’ importante che la comunicazione su questo evento, doloroso per il Papa e la Chiesa - ha detto padre Lombardi - sia ispirato a criteri di estrema verità:
“Mi pare che una linea di volontà di verità, di volontà di chiarezza, di volontà di trasparenza, questa – anche se con dei tempi graduali – fa i suoi passi, e quindi onestamente ritengo che stiamo cercando di gestire questa situazione nuova: cerchiamo la verità, cerchiamo di capire che cosa oggettivamente sia successo. Però, prima bisogna capirlo con sicurezza, anche per rispetto delle persone e della verità”.

Rispondendo ai giornalisti ad una domanda sulla sfiducia nei confronti dell’ex presidente dello Ior, Ettore Gotti Tedeschi, il direttore della Sala Stampa ha sottolineato che la decisione è stata comunicata dal Consiglio di Sovrintendenza dell’Istituto e non c’è mai stata una colazione d’affari, come riportato da alcuni organi di stampa, tra il segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone, e un gruppo di esperti di finanza.
Infine, domande anche su notizie pubblicate in merito all’ipotesi di dimissioni del Papa. Si tratta di elucubrazioni di alcuni giornalisti - ha detto padre Lombardi . La Curia - ha concluso - continua a esprimere solidarietà al Pontefice e a operare in piena comunione con il Successore di Pietro:
“E’ proprio il momento e la situazione in cui dimostrare la stima, l’apprezzamento per il Santo Padre, per il suo servizio, la piena solidarietà con lui e quindi dimostrare anche unione, unità e coerenza nel far fronte a questa situazione”.

Fonte: Radio Vaticana by Giancarlo La Vella
30 maggio 2012
 

Falsata l'immagine della Santa Sede

Tristezza per quanto è accaduto in questi giorni in Vaticano, ma anche fiducia nel sostegno dello Spirito Santo alla Chiesa e incoraggiamento ai suoi più stretti collaboratori. È quanto ha manifestato Benedetto XVI questa mattina, mercoledì 30 maggio, nel corso dell’udienza generale in piazza San Pietro.
Gli avvenimenti successi
in questi giorni, circa la Curia e i miei collaboratori, hanno recato tristezza nel mio cuore, ma non si è mai offuscata la ferma certezza che, nonostante la debolezza dell’uomo, le difficoltà e le prove, la Chiesa è guidata dallo Spirito Santo e il Signore mai le farà mancare il suo aiuto per sostenerla nel suo cammino. Si sono moltiplicate, tuttavia, illazioni, amplificate da alcuni mezzi di comunicazione, del tutto gratuite e che sono andate ben oltre i fatti, offrendo un’immagine della Santa Sede che non risponde alla realtà. Desidero, per questo, rinnovare la mia fiducia e il mio incoraggiamento ai miei più stretti collaboratori e a tutti coloro che, quotidianamente, con fedeltà, spirito di sacrificio e nel silenzio, mi aiutano nell’adempimento del mio Ministero.
In precedenza il Pontefice aveva dedicato la catechesi alla preghiera nelle Lettere di san Paolo, sottolineando in particolare la dinamica del dialogo tra «il “sì” fedele di Dio e l’“amen” fiducioso dei credenti».

Nel ricordare le sofferenze e le afflizioni affrontate dall’apostolo, Benedetto XVI ha invitato i fedeli «a non lasciarsi vincere dalla tribolazione e dalle difficoltà», ma a «vivere ogni situazione uniti a Cristo». Nella preghiera, ha affermato, «possiamo anche noi, concretamente, sentire la consolazione che viene da Dio». E questo, ha aggiunto, «rafforza la nostra fede, perché ci fa sperimentare in modo concreto il “sì” di Dio all’uomo». Un «sì» al quale «rispondiamo con il nostro “sì”, con il nostro “amen” e così siamo sicuri nel “sì” di Dio».

Del resto, ha fatto notare il Pontefice, «tutta la storia della salvezza è un progressivo rivelarsi di questa fedeltà di Dio, nonostante le nostre infedeltà e i nostri rinnegamenti». A riprova che il Signore «non si stanca mai di avere pazienza con noi e con la sua immensa misericordia ci precede sempre» e «ci offre la misura del suo amore, che non calcola e non ha misura». La preghiera, dunque, è l’incontro con un Dio «che rinnova la sua fedeltà incrollabile, per donarci la sua consolazione in mezzo alle tempeste della vita e farci vivere, uniti a Lui, un’esistenza piena di gioia e di bene».

Al termine dell’udienza, il pensiero del Papa per le popolazioni dell’Emilia colpite dalle nuove scosse di terremoto. «Auspico che con l’aiuto di tutti e la solidarietà dell’intera Nazione — si è augurato Benedetto XVI assicurando la sua preghiera e il suo affetto alle vittime del sisma — possa riprendere al più presto la vita normale in quelle terre così duramente provate».


Fonte: L’Osservatore Romano 30 maggio 2012

Il Cardinale Angelo Scola inaugura il VII Incontro Mondiale della Famiglia


Congresso Internazionale Teologico Pastorale


La famiglia: il lavoro e la festa

Fiera Milano City, mercoledì 30 maggio 2012, ore 9,30

Accoglienza del card. Angelo Scola, Arcivescovo di Milano

Eminenze ed Eccellenze Reverendissime,

Carissimi amici,

Milano, la diocesi ambrosiana e le diocesi lombarde vi accolgono e vi ringraziano di cuore per la vostra presenza. Generosa ed ospitale: da secoli questi aggettivi qualificano la vocazione della nostra città. Sono certo che in questi giorni lo potrete toccare con mano.

Con felice intuizione il titolo del VII Incontro Mondiale delle Famiglie, “La famiglia: il lavoro e la festa”, lega tra loro le dimensioni fondamentali della vita quotidiana di ogni persona, sempre in relazione con gli altri.

La famiglia permette lo sviluppo delle differenze costitutive dell’umano: quella sessuale tra l’uomo e la donna e quella tra le generazioni (figli, padri, nonni). Per questo è la prima e insostituibile “scuola di comunione”.

Il lavoro è l’ambito in cui ognuno racconta se stesso e “collabora”, con le proprie abilità e con la fatica, all’azione creatrice del Padre e a quella redentrice di Gesù.

Nel rapporto famiglia/lavoro si innesta il riposo: favorisce l’equilibrio tra gli affetti e il lavoro perché si offre come spazio di rigenerazione. Il riposo è veramente tale quando sa diventare “festa”, cioè sosta gratuita, comunitaria e gioiosa.

La vostra presenza, in un numero così consistente, in rappresentanza delle famiglie di circa 150 paesi dei diversi continenti, porta a Milano una ricchezza straordinaria di esperienza e di riflessione. La scelta della Chiesa di convocarci da tutto il mondo per riflettere sugli aspetti fondamentali dell’umana esperienza dice con chiarezza l’insostituibile risorsa che la famiglia costituisce per ogni persona e per l’intera società. Nello stesso tempo il lavoro del Congresso ci permetterà di cogliere il proprium della famiglia nelle variegate modalità culturali in cui essa si esprime.

La mobilitazione massiccia delle comunità cristiane per questo Incontro internazionale, penso ai seimila volontari, alle migliaia di famiglie che vi stanno accogliendo, e al sostegno ricevuto dalle Vostre Chiese, esprime la cura appassionata dei cristiani per la famiglia. Questa cura è in se stessa un contributo determinante per la società del presente e del futuro. È un contributo di civiltà, perché la famiglia costituisce il luogo appropriato della generazione e dell’educazione intesa come introduzione di tutta la persona a tutta la realtà.

Milano mostra di aver ben compreso la grande portata del VII Incontro Mondiale delle Famiglie. Ne dà conferma, oltre al sorprendente numero di adesioni, la grande risonanza che sta avendo nella società civile ben documentata dal massiccio interesse dei mezzi di comunicazione.
Per i cristiani la verità è vivente e personale: si chiama Gesù Cristo. Per questo la forma adeguata e convincente di conoscenza della verità è la testimonianza. I momenti di approfondita riflessione – assicurati dagli esimi relatori e dalla Vostra attiva partecipazione – saranno arricchiti dalla testimonianza reciproca che le numerose famiglie qui convenute sapranno scambiarsi durante i giorni di convivenza e, in particolare, nella Festa di sabato 2 giugno. Non mancheranno naturalmente preziose occasioni di preghiera – il Duomo, le chiese di Milano e di tutte le diocesi lombarde saranno aperte per l’Adorazione e per il Sacramento della Riconciliazione –, che troveranno coronamento nell’Eucaristia presieduta dal Santo Padre all’aeroporto di Bresso. Pregheremo per i morti del terremoto e per i loro cari, per le città e i paesi colpiti e troveremo forme di concreta solidarietà nei loro confronti.

A tutti Voi, convenuti da ogni dove, volentieri apriamo il cuore, insieme con le porte della nostra Chiesa e della nostra città. Grazie!

mercoledì 30 maggio 2012

La Siria dimenticata dagli organismi internazionali. Il Papa invia 100mila dollari di aiuti caritativi

Il denaro inviato dal Papa sarà portato a destinazione da monsignor Dal Toso e servirà per progetti di immediata assistenza alle popolazioni colpite.

Il Pontificio Consiglio Cor Unum, organismo caritativo del papa, devolve 100mila dollari Usa alla Chiesa siriana per aiutare la popolazione colp...
ita dalla guerra civile. Oggi, mons. Gianpietro Dal Toso, segretario di Cor Unum, è giunto nel Paese per consegnare il dono del Santo Padre ai rappresentanti della Chiesa siriana. Si prevedono incontri con mons. Gregorios III Laham, patriarca di Antiochia e presidente dell'Assemblea della gerarchia cattolica locale, e altri prelati.
In un comunicato della Sala stampa vaticana, Cor Unum sottolinea che "sono noti i ripetuti appelli del Santo Padre per la cessazione della violenza in Siria e perché si trovi una via per il dialogo e la riconciliazione tra le parti in conflitto, in vista della pace e del bene comune". "Il Papa - conclude il testo - esorta a pregare per chi sta soffrendo in questo Paese". Attraverso la Caritas, la Chiesa cattolica siriana aiuta da mesi la popolazione delle città di Homs, Aleppo e Damasco, distribuendo nelle parrocchie beni di prima necessità e medicinali.
Il conflitto fra regime siriano e ribelli, in corso dal marzo 2011, ha coinvolto le principali città della Siria, uccidendo a tutt'oggi oltre 9mila persone, secondo fonti Onu, e costringendo oltre 20mila persone ad abbandonare le proprie abitazioni cercando rifugio in Libano e Turchia.
Intervistato da AsiaNews, p. Faddoul, presidente di Caritas Libano, sottolinea che l'iniziativa di Cor Unum "mostra la vicinanza della Chiesa a tutta la popolazione di Siria. La quantità di denaro che verrà raccolta non è importante. Tale iniziativa è soprattutto un sostegno spirituale per i volontari cattolici, che in questo modo sono spinti a donare tutto per queste persone".
Intanto, continuano le violenze nelle città di Homs, Deraa e Hama contese fra ribelli ed esercito. Nonostante il consenso del governo Assad al piano di pace proposto da Kofi Annan, oggi Jihad Makdessi, portavoce del ministero degli Esteri siriano, ha annunciato che l'esercito si ritirerà dalle zone residenziali appena la sicurezza e la pace civile saranno ristabilite. "I militari - ha affermato alla tv di Stato - cercano di difendere e proteggere i cittadini che sono presi in ostaggio dai ribelli. L'esercito non è contento di trovarsi nelle zone residenziali e le lascerà appena sarà ristabilita la sicurezza e la pace civile".

Asia News

I beni che passano e quelli che restano - Cardinale Carlo Caffaro



Carissimi fedeli, carissimi sacerdoti, carissimi religiose e religiosi, desidero partecipare alcune riflessioni a voi che siete stati colpiti dall'immane tragedia del terremoto. Spero che questi miei pensieri siano di consolazione e di conforto nel grande dolore che state vivendo.Sono sicuro che riflettendo su quanto accaduto siete rimasti colpiti e come storditi dalla constatazione della fragilità di tutto il nostro mondo. In pochi minuti avete visto coi vostri occhi secoli di storia e di lavoro spazzati via. Ma soprattutto avete sperimentato quanto sia fragile, breve, fugace la nostra vita.
In questi giorni sicuramente siete stati investiti da domande drammatiche: perché è accaduto? I sismologi, per quanto sanno, possono darci le ragioni geofisiche. Ma la vostra domanda ha un altro significato: quale senso hanno i nostri giorni di fatica e di dolore? Ma, alla fine, un senso ce l'hanno? È questa domanda che, sono sicuro, attraversa il vostro cuore.
Carissimi, quando ho visto municipi letteralmente sventrati o crollati non ho potuto non pensare: queste immagini ci dicono che anche la nostra convivenza municipale, nazionale ed europea sono state "sventrate" dal sisma del nostro individualismo utilitarista? Carissimi, quando ho visto le chiese crollate o inagibili, ho pensato al grido profetico del nostro Santo Padre Benedetto xvi che continua a dirci: la crisi della Chiesa in Europa è una crisi di fede. Una crisi così profonda che rischia di far "crollare" la Chiesa in Occidente. Il vostro coraggio, la dedizione eroica dei vostri sindaci, la testimonianza commovente di voi sacerdoti, veri pastori che condividete ogni sofferenza del vostro popolo, sono un segno precursore ed esemplare. Il segno che tutti siamo chiamati a ricostruire vere comunità civili che non si riducano a essere coesistenze di egoismi opposti; a riscoprire, durante l'imminente Anno della fede, o a riaccogliere il tesoro incomparabile della fede.
 
Cardinale Carlo Caffaro

(©L'Osservatore Romano 28-29 maggio 2012)

Terremoto, la morte di Don Ivan. Voleva salvare una statua della Madonna

MODENA - Don Ivan Martini è morto nel crollo della chiesa della Stazione di Novi, a Rovereto, nel Modenese, perché tentava di mettere in salvo una piccola statua della Madonna durante il sisma che ha distrutto la sua chiesa.Un prete di campagna ha solo la sua chiesa. Poco importa se non fa parte della storia dell'architettur...a, se non ospita grandi capolavori. Ogni statua, ogni arredo, è come se fosse un pezzo del paese.

Don Ivan Martini, 65 anni, da nove parroco di Rovereto, uno dei paesi della Bassa modenese maggiormente colpita dal sisma, è morto in mattinata nella sua chiesa crollata. Proprio come i due frati di Assisi (padre Angelo Api e il seminarista polacco Borowec Zdzislaw), morti il 26 settembre 1997 insieme a due funzionari della soprintendenza delle belle arti (Claudio Bugiantella e Bruno Brunacci) sepolti dagli affreschi di una delle chiese più belle del mondo, crollati durante un sopralluogo all'altare maggiore.

La chiesa. Don Ivan voleva bene alla sua chiesa e a ciò che c'era dentro. La parrocchia di Santa Caterina era stata danneggiata e resa inagibile dal precedente sisma, ma si doveva fare un sopralluogo per salvare un pò di arredi che c'erano dentro. Così stamattina, accompagnato da due vigili del fuoco, è entrato nella chiesa per cercare di salvare alcune statue fra cui, in particolare, una statua della Madonna alla quale molti dei suoi parrocchiani erano particolarmente devoti.

La scossa. È lì che il forte terremoto lo ha sorpreso. Don Ivan è stato colpito dal crollo, di una pietra o di una trave, che non gli ha lasciato scampo. Illesi, invece, i due vigili del fuoco che erano con lui e che sono riusciti a mettersi in salvo. Rovereto così, in mezzo a tanti danni riportati dalle strutture, piange la sua unica vittima, il suo parroco, al quale il paese voleva bene. Non è per niente facile fare il prete fra comunisti e immigrati che chiamano Dio con un altro nome. «Don Ivan era uno veramente in gamba», racconta un suo parrocchiano, accompagnando l'elogio ad un gesto esplicito, ma non certo irrispettoso, che descrive il coraggio col quale esercitava la sua missione.

È rimasto ferito, invece, un altro parroco che è stato coinvolto da un crollo nel duomo di Carpi. In un primo momento si era temuto per la sua vita, si era addirittura diffusa la notizia della sua morte. In realtà ha riportato solamente qualche lieve danno fisico e una grandissima paura, come il resto dei suoi parrocchiani.

martedì 29 maggio 2012

Il solito nido di vipere. Ma oggi il vero problema è la mediocrità dilagante intervista a Vittorio Messori

«È da una vita che frequento la storia della Chiesa e, sia pure con parsimonia, anche la Chiesa. Figuriamoci se mi scandalizzo». Vittorio Messori è nell’abbazia di Maguzzano, una meraviglia che sta fra le colline moreniche e il lago di Garda, e che la storia della Chiesa l’ha attraversata per quindici secoli, da san Benedetto a don Calabria. Qui Messori ha ricavato uno studio in cui si rinchiude quando è sotto pressione: come adesso, visto che gli restano poche settimane per consegnare a Mondadori un libro su Lourdes cui tiene moltissimo. Si intitola «Bernadette non ci ha ingannati».

Ci sta invece ingannando qualcuno in Vaticano? Chiedo a Messori che cosa può provare un cattolico praticante nell’apprendere di cardinali che si scannano fra loro, di dossier consegnati sottobanco ai giornalisti, di lettere sottratte al Papa, di intrighi bancari, di assassini tumulati con tutti gli onori. «La Curia romana», risponde, «è sempre stata un nido di vipere. Ma una volta, almeno, era la più efficiente organizzazione statale del mondo. Amministrava un impero sul quale non tramonta mai il sole, e aveva una diplomaziasenza eguali. Oggi cos’è rimasto?».

Passeggiando nel chiostro, e poi tra gli ulivi, Messori spiega così la decadenza: «Gli ecclesiastici della Curia romana arruolavano i migliori elementi da tutte le diocesi del mondo. I vescovi avevano abbondanza di clero, e non avevano difficoltà a concederglieli. Oggi i seminari o sono chiusi, o sono semivuoti. Così, se un vescovo ha qualche prete valido, se lo tiene stretto. E il Papa è come Carlo V, il quale doveva amministrare un impero sconfinato e nella Spagna spopolata gridava: “Datemi uomini”». Ma in Africa, provo a obiettare... «Il boom delle vocazioni? Non mi faccio illusioni. In Africa si va in seminario per le stesse ragioni per cui si entrava qui quando si moriva di fame. Un modo per avere di che vivere. E poi nella cultura africana il celibato è incomprensibile, per cui la Chiesa, diciamo così, chiude un occhio. Ci sono molti preti con mogli e figli. Cosa fai, li mandi a Roma? A fare i vescovi?».

Continua: «Lo scadimento qualitativo è evidente. Non ci sono più nemmeno latinisti all’altezza. Quando fu eletto papa Luciani, si arrivò perfino a bloccare le rotative dell’Osservatore Romano perché c’era un errore di latino nel titolo di prima pagina. Anche nelle ultime encicliche di Giovanni Paolo II ci sono errori di latino, pensa un po’».

Insomma per l’uomo che ha scritto due libri con gli ultimi due Papi «questo zoppicare della Chiesa dipende dalla mediocrità del suo personale». Ma è solo questione di incapacità? Qua sembra di essere di fronte a rancori, rivalità, avidità, cattiverie, infedeltà. «La meschinità cattiva spesso contrassegna le personalità mediocri. Chi è bravo, per emergere non ha bisogno di fare le scarpe agli altri».
Resta lo scandalo, e Gesù ha detto «guai a chi dà scandalo». C’è da perdere la fede? «No, il cristiano conosce bene la distinzione che faceva Maritain fra la Persona della Chiesa, che è santa, e il personale della Chiesa, che come ogni istituzione umana è segnata dal limite, dal peccato di ciascuno di noi. L’importante è che la Chiesa annunci il Vangelo. Se poi chi lo annuncia è santo, ringraziamo il Padreterno. Se è un mascalzone, pazienza: è comunque custode della Grazia». Ma oggi i mascalzoni non sono un po’ troppi e altolocati? «Il clero del Basso Medioevo, del Rinascimento o quello dei vescovi incipriati del Settecento era molto peggio. E poi non dimentichiamo una cosa: oggi il personale è scadente, ma la qualità del vertice non è mai stata così elevata. Dall’epoca napoleonica in poi, tutti i pontefici o sono stati canonizzati, o meriterebbero di esserlo. Non è sempre stato così».

Mi saluta con queste parole che spiegano la sua serenità: «Gesù l’aveva annunciato: “Il Figlio dell’Uomo sarà posto nelle mani degli uomini ed essi ne faranno quello che vorranno”. Lo disse all’ultima cena, ma molti esegeti e molti mistici vedono in queste parole la profezia non solo della Passione, ma anche di quello che sarebbe successo dopo. Ecco perché non mi stupisco degli scandali. Il Dio cristiano ha voluto aver bisogno degli uomini. Con tutte le conseguenze che ne derivano».

Vatican Insider by Michele Brambilla, Lonato (Brescia) 27 maggio 2012

Considerate, fratelli carissimi, quanto grande sia questa dignità, ospitare nel proprio cuore Dio che viene! - S.Gregorio Magno

Atti 2,1-11: [1]Mentre il giorno di Pentecoste stava per finire, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. [2]Venne all'improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo, e riempì tutta la casa dove si trovavano. [3]Apparvero loro lingue come di fuoco che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro; [4]ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito dava loro il potere d'esprimersi. [5]Si trovavano allora in Gerusalemme Giudei osservanti di ogni nazione che è sotto il cielo. [6]Venuto quel fragore, la folla si radunò e rimase sbigottita perché ciascuno li sentiva parlare la propria lingua. [7]Erano stupefatti e fuori di sé per lo stupore dicevano: «Costoro che parlano non sono forse tutti Galilei? [8]E com'è che li sentiamo ciascuno parlare la nostra lingua nativa? [9]Siamo Parti, Medi, Elamìti e abitanti della Mesopotamia, della Giudea, della Cappadòcia, del Ponto e dell'Asia, [10]della Frigia e della Panfilia, dell'Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirène, stranieri di Roma, [11]Ebrei e prosèliti, Cretesi e Arabi e li udiamo annunziare nelle nostre lingue le grandi opere di Dio». [12]Tutti erano stupiti e perplessi, chiedendosi l'un l'altro: «Che significa questo?». [13]Altri invece li deridevano e dicevano: «Si sono ubriacati di mosto».
Ci piace, fratelli carissimi, sorvolare brevemente sulle parole del Vangelo che abbiamo letto al fine di poter dedicare più tempo in seguito alla considerazione di una così grande solennità. Oggi,infatti, lo Spirito Santo è disceso con repentino sonito sui discepoli e, trasformando gli spiriti di questi uomini carnali, li ha condotti al suo amore. Mentre le fiammelle di fuoco apparivano dall’alto, dentro si infiammavano i loro cuori e come vedevano Dio sotto la forma di questo fuoco, ardevano soavemente d’amore (cf. At.2,1-4). Infatti lo stesso Spirito Santo è Amore e perciò Giovanni dice: “Dio è amore” (1 Gv. 4,16). Quindi chi con mente integra desidera Dio, senza dubbio già possiede ciò che ama. Infatti nessuno potrebbe amare Dio se non possedesse in lui Colui che ama.

Ma ecco che se si interrogasse ciascuno di voi per sapere se egli ama Dio, voi rispondereste, con mente certa e pieni di confidenza: “Io l’amo”. Ora, all’inizio stesso di questo passo evangelico, avete inteso ciò che afferma la Verità: "Se qualcuno mi ama osserverà la mia parola”. L’amore si prova con le opere che lo manifestano. Di qui la parola di Giovanni nella sua Epistola: “ Chi dice: “Io amo Dio”, ma non osserva i suoi comandamenti, è un bugiardo” (1 Gv. 2,4). In verità noi amiamo Dio se, per obbedirgli, rinunciamo alle attrattive dei piaceri. Infatti chi ancora si divide tra illeciti desideri certamente non ama Dio, poiché va contro la sua volontà.

E il mio Padre l’amerà, e noi verremo a lui e faremo in lui la nostra dimora. Considerate, fratelli carissimi, quanto grande sia questa dignità, ospitare nel proprio cuore Dio che viene! Se un amico ricco e potente entrasse nella vostra casa certamente con grande premura interamente la pulireste affinché nulla vi sia che possa offendere la vista dell’amico che entra. Pulisca quindi le sozzure delle sue opere cattive chi prepara a Dio una dimora nel suo animo. Ma vedete ciò che dice la Verità: Noi verremo a lui e faremo in lui la nostra dimora. Accade infatti che Dio venga nel cuore di taluni senza farvi la sua dimora, quando queste persone, toccate da compunzione, sono visitate dal timor di Dio, ma in tempo di tentazione dimenticano che esse erano stati toccati dalla compunzione sì da ritornare a commettere peccati come se esse non li avessero mai pianti.

(San Gregorio Magno)

Homilia 30 in Evangelia
Pentecoste,
Duccio di Buoninsegna,
Siena, Museo dell'Opera del Duomo

lunedì 28 maggio 2012

Cristo illumina con lo Spirito e convoca all'unità - Osservatore Romano


La Pentecoste è una delle feste più antiche del calendario cristiano. Già nel III secolo ne parlano Tertulliano e Origene, e la indicano come festa celebrata annualmente. L'icona della Pentecoste normalmente ritrae gli apostoli, in due gruppi, presieduti da Pietro e Paolo. Si tratta soprattutto di un'icona liturgica; in essa gli apostoli sono radunati come nella celebrazione della liturgia, come una concelebrazione attorno al trono vuoto, preparato per Cristo. La presenza di Pietro e Paolo nell'icona sottolinea la presenza di tutta la Chiesa in attesa dello Spirito Santo e da lui stesso radunata. L'icona mette in luce come la Chiesa nasce in una situazione di profonda comunione tra gli apostoli, in un contesto di cui dovrebbe scaturirne anche la comunione per tutta la Chiesa, per tutto il mondo.

«Benedetto sei tu, Cristo Dio nostro: tu hai reso sapientissimi i pescatori, inviando loro lo Spirito santo, e per mezzo loro hai preso nella rete l'universo. Amico degli uomini, gloria a te». Questo tropario inquadra tutta la festa della Pentecoste nella tradizione bizantina e la sua stessa icona. Grazie al dono dello Spirito Santo i discepoli portano al mondo la buona novella: il Padre, per mezzo del Figlio manda lo Spirito Santo alla Chiesa, a ognuno dei suoi discepoli sparsi nel mondo.



27 maggio 2012 L’Osservatore Romano by Manuel Nin

Il Papa: l'unità di Pentecoste vinca la Babele delle divisioni e delle inimicizie

“La Pentecoste è la festa dell’unione, della comprensione e della comunione umana” e si contrappone a Babele, dove l’uomo vuole fare a meno di Dio, diventando sempre meno capace di amare e, dunque, sempre meno uomo: è questo, in sintesi, quanto ha detto il Papa nella Messa da lui presieduta nella Basilica Vaticana nella Domenica di Pentecoste.
Una chiara e intensa descrizione di ciò che è Babele e di ciò che è Pentecoste. Benedetto XVI, partendo dalle letture che propone la liturgia per questa Solennità, illustra quanto sta accadendo oggi, come ieri:
“Assistiamo a fatti quotidiani in cui ci sembra che gli uomini stiano diventando più aggressivi e più scontrosi; comprendersi sembra troppo impegnativo e si preferisce rimanere nel proprio io, nei propri interessi”.
“Stiamo rivivendo la stessa esperienza di Babele” - afferma il Papa – laddove “gli uomini hanno concentrato tanto potere da pensare” di potersi mettere “al posto di Dio”. Ma ecco cosa accade a Babele: “Mentre gli uomini stavano lavorando insieme per costruire la torre, improvvisamente si resero conto che stavano costruendo l’uno contro l’altro. Mentre tentavano di essere come Dio, correvano il pericolo di non essere più neppure uomini, perché avevano perduto un elemento fondamentale dell’essere persone umane: la capacità di accordarsi, di capirsi e di operare insieme”.
Un racconto biblico – nota il Papa – che vale ancora oggi: l’uomo domina le forze della natura, le manipola fino a “fabbricare” la stessa vita umana. “In questa situazione, pregare Dio sembra qualcosa di sorpassato, di inutile, perché noi stessi possiamo costruire e realizzare tutto ciò che vogliamo”. Ma ecco, di nuovo, Babele:
“E’ vero, abbiamo moltiplicato le possibilità di comunicare, di avere informazioni, di trasmettere notizie, ma possiamo dire che è cresciuta la capacità di capirci o forse, paradossalmente, ci capiamo sempre meno? Tra gli uomini non sembra forse serpeggiare un senso di diffidenza, di sospetto, di timore reciproco, fino a diventare perfino pericolosi l’uno per l’altro?”.
“L’unità – prosegue il Papa - può esserci solo con il dono dello Spirito di Dio” che dà “un cuore nuovo e una lingua nuova, una capacità nuova di comunicare”. E’ “un fuoco d’amore, capace di trasformare”. E’ quanto accadde ai discepoli a Pentecoste:
“La paura scomparve, il cuore sentì una nuova forza, le lingue si sciolsero e iniziarono a parlare con franchezza, in modo che tutti potessero capire l’annuncio di Gesù Cristo morto e risorto. A Pentecoste dove c’era divisione ed estraneità, sono nate unità e comprensione”.
La Chiesa, grazie allo Spirito, diventa “il luogo dell’unità e della comunione nella Verità”: “agire da cristiani – sottolinea allora il Papa - significa non essere chiusi nel proprio «io»”, ma "incontrarsi" e "accogliersi a vicenda”, diventando “capaci di ascoltare e di condividere, solo nel «noi» della Chiesa, con un atteggiamento di profonda umiltà interiore”. “E così – spiega - diventa più chiaro perché Babele è Babele e la Pentecoste è la Pentecoste”:
“Dove gli uomini vogliono farsi Dio, possono solo mettersi l’uno contro l’altro. Dove invece si pongono nella verità del Signore, si aprono all’azione del suo Spirito che li sostiene e li unisce”.
L’uomo, tuttavia, come afferma San Paolo, è caratterizzato “da un conflitto interiore, da una divisione, tra gli impulsi che provengono dalla carne e quelli che provengono dallo Spirito”, e noi – osserva il Papa – dobbiamo scegliere da che parte stare, non è possibile un compromesso:
“San Paolo elenca le opere della carne, sono i peccati di egoismo e di violenza, come inimicizia, discordia, gelosia, dissensi; sono pensieri e azioni che non fanno vivere in modo veramente umano e cristiano, nell’amore. E’ una direzione che porta a perdere la propria vita. Invece lo Spirito Santo ci guida verso le altezze di Dio, perché possiamo vivere già in questa terra il germe di vita divina che è in noi. Afferma, infatti, san Paolo: «Il frutto dello Spirito è amore, gioia, pace» (Gal 5,22)”.
Di qui l’invito del Papa, a conclusione dell'omelia, a passare dalla dispersione di Babele all’unità di Pentecoste:
“Cari amici, dobbiamo vivere secondo lo Spirito di unità e di verità, e per questo dobbiamo pregare perché lo Spirito ci illumini e ci guidi a vincere il fascino di seguire nostre verità, e ad accogliere la verità di Cristo trasmessa nella Chiesa”.

27 maggio 2012, Radio Vaticana by Sergio Centofanti.

domenica 27 maggio 2012

Benedetto XVI contro la pedofilia, un peccato che grida vendetta davanti a Dio

Papa Benedetto XVI ha condannato in modo chiaro e “inequivocabile”, senza equivoci, i 50 preti pedofili della Chiesa d’Irlanda che, fra il 1940 e il 1980, hanno violentato ben 2.500 bambini. Fra costoro, c’era uno dei segretari personali di papa Giovanni Paolo II, il vescovo John Magee, che si è dimesso già a febbraio perchè ha protetto molti preti nella diocesi di Cloyne.
Il Papa ha espresso tutta la sua “vergogna” per i loro “misfatti” ed esprimendo altresì “condivisione del dolore e della sofferenza delle vittime”, che devono riceve compassione e cura”. “Davvero sono profondamente addolorato per il dolore e la sofferenza subita dalle vittime e assicuro loro che come loro pastore anche io condivido la loro sofferenza”.
“Questi misfatti – ha proseguito Benedetto XVI -, che costituiscono un così grave tradimento della fiducia dei Superiori devono essere condannati in modo inequivocabile.
Essi hanno causato grande dolore e hanno danneggiato la testimonianza della Chiesa.
Chiedo a tutti voi di assistere i vostri Vescovi e di collaborare con loro per combattere questo male. Le vittime devono ricevere compassione e cura, e i responsabili di questi misfatti devono essere portati davanti alla giustizia”. “E’ una priorità urgente – ha aggiunto subito dopo – quella di promuovere un ambiente più sicuro e sano, specialmente per i giovani”. Ai seminaristi e ai giovani religiosi, che “avranno il compito di edificare la casa di Dio per la prossima generazione”, il Papa ricorda l’obiettivo “di essere consacrati nella verità, di crescere nella virtù, di raggiungere l’armonia fra pensieri e ideali, da una parte, e parole ed azioni, dall’altra”: indica la preghiera e la meditazione della parola di Dio come “lampada che illumina, purifica e guida i vostri passi lungo la via che il Signore ha segnato per voi” e suggerisce di fare “della celebrazione quotidiana dell’Eucaristia il centro” della propria vita. “Non dimenticate mai – dice loro – che la castità per il Regno significa abbracciare una vita dedicata completamente all’amore, un amore che vi rende capaci di dedicare voi stessi senza riserve al servizio di Dio per essere pienamente presenti ai fratelli e alle sorelle, specialmente a quanti sono nel bisogno”.
Benedetto XVI ha ricordato le “schiere di sacerdoti” che hanno evangelizzato il paese.
Così come già accaduto in Australia e negli Usa, il Papa ha condannato la pedofilia come un crimine orrendo.
Secondo il Papa, infatti, gli abusi sessuali “hanno causato grande dolore ed hanno danneggiato la testimonianza della Chiesa: chiedo a tutti voi – ha detto ai giovani seminaristi – di sostenere e assistere i vostri Vescovi e di collaborare con loro per combattere questo male.Di fronte ai Vescovi il Papa non manca infine di ricordare l’importanza della religione nello spazio pubblico: “Troppo spesso ci ritroviamo immersi in un mondo che vorrebbe mettere Dio ‘da parte’: nel nome della libertà ed autonomia umane, il nome di Dio viene oltrepassato in silenzio, la religione è ridotta a devozione personale e la fede viene scansata nella pubblica piazza”.
Un modo di pensare che può indurre a vivere la fede come “semplice sentimento”, “indebolendo così il suo potere di ispirare una visione coerente del mondo ed un dialogo rigoroso con le molte altre visioni che gareggiano per conquistarsi le menti e i cuori dei nostri contemporanei.”. “La storia, inclusa quella del nostro tempo – nota però Benedetto XVI – ci dimostra che la questione di Dio non può mai essere messa a tacere” e che “laddove l’uomo viene sminuito, è il mondo che ci attornia ad essere sminuito; perde il proprio significato ultimo e manca il suo obiettivo”.

Papa Benedetto XVI ha cosi concluso il suo intervento: “Cari amici: con grande generosità vi siete incamminati su una particolare via di consacrazione”, ha detto infine il Papa rivolgendosi ai seminaristi e ai giovani religiosi. “La preghiera e la meditazione della Parola di Dio siano la lampada che illumina, purifica e guida i vostri passi lungo la via che il Signore ha segnato per voi”. “Fate della celebrazione quotidiana dell’Eucaristia il centro della vostra vita”, ha sollecitato. “Abbracciando la chiamata del Signore a seguirlo in castità, povertà e obbedienza, avete intrapreso il viaggio di un discepolato radicale che vi renderà «segni di contraddizione» per molti dei vostri contemporanei.
La castità per il Regno significa abbracciare una vita dedicata completamente all’amore, un amore che vi rende capaci di dedicare voi stessi senza riserve al servizio di Dio per essere pienamente presenti”. “Il vostro idealismo, la generosità, il tempo e le energie”: questi sono “i veri sacrifici che deponete sull’altare del Signore”, ha ribadito Benedetto XVI, concludendo il suo intervento con un’invocazione a Maria Vergine affinché sostenga la Chiesa in Irlanda.
L’Intervento del Papa sul ruolo e la funzione dei sacerdoti nella Chiesa, in cui ha ribadito la condanna della pedofilia, sta a significare che Benedetto XVI vuole una Chiesa come desiderava San Paolo “santa e immacolata, senza macchia e ruga”. Vuole dei sacerdoti, cioè dei ministri di Dio, degli alter Christus, dei consacrati, puri e casti, che si dedichino solo alla Chiesa, a Gesù crocifisso e risorto e all’evangelizzazione. I sacerdoti pedofili e le nefandezze che compiono contro i minori, devono lasciare il sacerdozio perchè deturpano e feriscono la Chiesa, Corpo Mistico di Cristo. Devono essere ridotti allo stato laicale non dopo anni o, peggio, trasferiti in altre Diocesi (e qui la responsabilità di alcuni vescovi o cardinali è gravissima) ma rassegnare il mandato nelle mani del loro vescovo. La pedofilia è una piaga gravissima fra il clero (anche se riguarda solo il 3-4%) su 400 mila sacerdoti, ma ci vuole “tolleranza zero” per usare un’espressione che oggi va di moda. Questi pedofili pensino alle parole di Gesù sui bambini e pensino al male e alle conseguenze nefaste sulle loro vittime che porteranno delle cicatrici o traumi per tutta la loro vita. Noi non vogliamo giudicare nessuno, ma è chiaro che per questi signori non c’è posto nella Chiesa, non sono dei modelli autorevoli da seguire, non sono delle guide da imitare. E non hanno nulla da dire. Si facciano da parte subito senza creare ulteriori scandali che offendono la dignità umana dei minori e offendono la Chiesa fondata da Cristo. Non a caso, se molti fedeli hanno lasciato e abbandonato la Chiesa, alcune cause sono riconducibili al comportamento profondamente immorale di questi preti pedofili spesso protetti inspiegabilmente da alcuni vescovi. No, nessun odio nei loro confronti, ma compassione si. Ma si rendano conto (anche se sono malati, e la pedofilia è una gravissima malattia psichica!) che restando nelle fila dei sacerdoti o dei vescovi fanno del male rispettivamente: ai minori, a se stessi, e alla Chiesa. La linea dura di Benedetto XVI nei confronti dei preti pedofili è giusta e doverosa e rende giustizia di tante nefandezze e misfatti a cui abbiamo assistito impunemente. La Chiesa ha bisogno di seminaristi e di preti pieni di fede, gioia e di entusiasmo per il loro ministero, ha bisogno di sacerdoti che siano motivati, che si dedichino al loro prossimo con passione amore e disinteresse, che siano orgogliosi e fieri dell’abito che indossano, e che lavorino come operai per la vigna del Signore.

Lo splendore della verità - don Gabriele Amorth

Catechesi di don Gabriele Amorth sull’Enciclica di Giovanni Paolo II “Veritatis Splendor”

Sono venuto con piacere in mezzo a voi per parlarvi della "Splendor Veritatis", lo Splendore della Verità, che è un'Enciclica del Santo Padre, molto importante, perché tratta in blocco della morale cristiana. Oggi trattiamo della vita morale, vista nella sua globalità, in cui risplende la totale bellezza, lo splendore della vita, quando è conforme alla Legge di Dio.L'episodio evangelico da cui trae lo spunto tutta la trattazione è fornito dall'incontro di Gesù con il giovane ricco. Lo troviamo in Mt 19,16-30.Tre domande, a cui seguono tre risposte.
Prima domanda: Maestro buono, che cosa debbo fare per ottenere la vita eterna?
Seconda domanda: Li ho sempre osservati, che cosa mi manca?
Terza domanda: Lui andò via triste e gli apostoli si chiedono: ma chi si salverà?
Ecco, c'è una premessa iniziale: "Maestro buono", su cui Gesù insiste: "Nessuno è buono se non Dio solo". Non rifiuta questo appellativo di "Maestro buono", anzi, il fatto di dirci che solo Dio è buono, è un riconoscimento della sua divinità.Anche il Decalogo ha un'importante premessa: "Io sono il Signore tuo Dio", da cui dipendono i vari comandamenti. Solo riconoscendo Dio come vero Dio, .noi prendiamo sul serio quello che viene dopo: i dieci comandamenti.
"Cosa debbo fare per salvarmi?" chiede quel giovane. È problema da cui nessuno può evadere; e solo Dio può rispondere. Egli vuole la salvezza di tutti, per cui ha scritto le sue leggi in ogni coscienza retta di tutti i popoli, anche dei popoli non cristiani, anche dei popoli pagani; così che tutti possono salvarsi.
Ma spesso gli uomini si rivolgono altrove, si rivolgono al demonio, come hanno fatto i progenitori: e il demonio sa camuffarsi molto bene in mille modi. Si rivolgono a se stessi, erigendosi ad arbitri assoluti del bene e del male, non tenendo conto che la nostra natura è ferita dalla colpa originale. Si rivolgono al mondo, senza tenere conto che, come dice S. Giovanni, tutto quello che c'è nel mondo è concupiscenza degli occhi, cupidigia della ricchezza, concupiscenza della carne, impurità, superbia, della vita, orgoglio, arrivismo, il successo a qualunque costo.
"Siate santi come il Padre vostro celeste, siate misericordiosi come il vostro Padre celeste". "Io sono il modello, vi ho dato l'esempio: come ho fatto io fate anche voi".Prima domanda: Cosa debbo fare per avere la vita eterna? Prima risposta: se vuoi entrare nella vita osserva i comandamenti. I comandamenti sono dati da Dio, non sono inventati dalla Chiesa!Richiamiamo assieme i dieci comandamenti:
Primo: Io sono il Signore Dio tuo, non avrai altro Dio al di fuori di me.
Secondo: Non nominare il nome di Dio invano.
Terzo: Ricordati di santificare le feste.
Quarto: Onora il padre e la madre.
Quinto: Non uccidere.
Sesto: Non commettere atti impuri.
Settimo: Non rubare.
Ottavo: Non dire falsa testimonianza.
Nono: Non desiderare la roba d'altri.
Decimo: Non desiderare la donna d'altri.

Dai dieci Comandamenti è derivata l'antica Alleanza con la promessa di una terra stabile in cui abitare; e con i dieci Comandamenti, perfezionati da Gesù col comandamento della carità, c'è la promessa del Paradiso. Non più solo della terra promessa, ma del Paradiso, la promessa del Cielo. I dieci Comandamenti vanno presi estremamente sul serio.
Dio è un Padre buono che ci ama immensamente, come un papa che dice al suo bambino: "Non toccare quei fili, lì ci passa la corrente ad alta tensione, se tocchi muori". È una proibizione che lede la libertà del figlio? No. Lo mette in guardia da un pericolo. Così i Comandamenti che Dio ci da. Gesù elenca i comandamenti dell'amore e li completa: "Ama il prossimo tuo come te stesso"; poi, verso la fine del suo ministero dirà: "Vi do un comandamento nuovo: amatevi come io vi ho amato". Il metro di misura non è più: come tu ami te stesso, ma: come Dio ama.
"Solo amando il prossimo che si vede, si ama quel Dio che non si vede" dice l'Apostolo Giovanni. Saremo giudicati sull'amore.
Purtroppo il credo di molti è questo: "Credo in Dio, ma non sono praticante": l'avrete sentito dire anche voi. Ma il Vangelo cosa dice? "Non chi dice: Signore, Signore, entrerà nel Regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio". Allora io dico: credere in Dio non serve a niente, se non ci porta ad ubbidire al suoi comandamenti. Non ho mai incontrato un diavolo ateo. Tutti i diavoli credono in Dio. Credono, dice la Bibbia, "credono e tremano" (Gc 2,19). Quando mi chiedono, anche in interviste televisive o giornalistiche: "Padre, non ha mai avuto paura del demonio?". "Io paura del demonio? È lui che ha paura di me!". E non solo con me, anche con voi. Siamo fatti ad immagine di Dio: dobbiamo avere paura del demonio? Col Battesimo siamo diventati tempio della Trinità: dobbiamo aver paura del demonio? "Resistete a Satana - ci dice San Giacomo - e Satana fuggirà da voi" (Gc 4,7).
Passiamo alla seconda domanda. Quel giovane dice: "I comandamenti li ho osservati fin dalla mia giovinezza. Che cosa mi manca?". E Gesù: "Se vuoi essere perfetto va, vendi ciò che hai e dallo ai poveri, ne avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi". È un invito per tutti, naturalmente da vivere secondo il proprio stato. È una rinuncia che va intesa nel senso di dare una preferenza assoluta a Gesù rispetto a qualsiasi altro impegno materiale, qualsiasi altro impegno umano. Dice Gesù: "Chi non rinuncia a quanto possiede non può essere mio discepolo". Tante volte vengono da me persone che non hanno bisogno di esorcismo, hanno solo bisogno di sfogarsi, magari per l'ingiustizia che hanno avuto nella divisione dei beni ereditari. Mai guastarsi il fegato per le cose materiali, anche se si deve sopportare delle ingiustizie.Quel giovane andò via triste... Gesù continua e resta triste anche Lui: "Come è difficile che un ricco si salvi, come è difficile!".Passo alla terza domanda e la fanno i discepoli, sentendo questa frase: "È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago...". Chiedono: "Ma chi allora si potrà salvare?". Gesù risponde: "È impossibile per gli uomini, ma nulla è impossibile a Dio". La ricchezza è tanto bramata, tanto ricercata dal mondo, che ritiene beato chi riesce a guadagnare miliardi. Non è così: è beato chi fa la volontà di Dio, è beato chi è umile, è beato chi ha carità. "Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli" (Mt 5,3). San Paolo ci dice che la cupidigia del denaro, la cupidigia della ricchezza è la radice di tutti i mali.
Il Papa in questa Enciclica, afferma: "Occorre che l'uomo d'oggi si rivolga nuovamente a Cristo per avere da Lui la risposta su ciò che è bene e male. Decidere del bene e del male non spetta all'uomo, ma a Dio".
Ecco un grande errore: esaltare la libertà fino a farne un assoluto; la coscienza individuale decide infallibilmente ciò che è bene e ciò che è male; tutto è lecito purché mi piaccia; sono io arbitro del bene e del male, di decidere se una cosa è buona o cattiva: droga, libertà sessuale, certi spettacoli televisivi... Così si va contro la libertà, ognuno si fa la sua verità, una diversa dall'altra: la vera libertà è legata alla verità. "Se ne mangi, morirai": è la verità che Dio aveva annunciato ad Adamo ed Èva. E il demonio: "No, non è vero che morirai, sarai simile a Dio: è un guadagno!". Certe cose che noi da ragazzi eravamo abituati a chiamare "peccati" ora le chiamano "esperienze". Non hai ancora fatto l'esperienza della droga? Sembra quasi che tu ti debba vergognare. È successo in una classe femminile del liceo classico: un'alunna disse, chiacchierando in un intervallo, che era vergine: una gran risata di presa in giro! Perché sembra al giorno d'oggi che il vizio debba camminare a testa alta, come certe pubblicità, e che la virtù debba vergognarsi. Poi, alla chetichella, una per una, anche le altre a dire: "Che ti credi di essere vergine solo tu? Sono vergine anch'io", di nascosto, sottovoce, che nessuno sentisse o se ne accorgesse. Come è bello essere audaci nel bene! È così bello quando Gesù dice: "A chi mi avrà reso testimonianza davanti agli uomini, io gli renderò testimonianza davanti al Padre mio celeste". Decidere del bene e del male non spetta all'uomo, spetta a Dio.
Il Vaticano II parla con chiarezza: "Norma suprema della vita umana è la Legge divina, eterna (non cambia), oggettiva (non dipende dagli umori delle persone), universale; l'uomo scopre nell'intimo della coscienza una Legge che non è lui a darsi, ma a cui deve ubbidire". La legge di Dio e la libertà umana non sono in contrasto. Dove si incontrano? Nella verità. Ci dice S. Agostino: "Non può esistere carità che sia contraria alla verità". Da qui deriva anche il merito e la colpa. La colpa, se tu vai contro la legge di Dio, il merito se tu la osservi; e da qui dipende il premio o la condanna. A chi ha osservato la legge di Dio: "Venite, benedetti"; a chi non ha osservato la legge di Dio: "Via da me, maledetti al fuoco eterno". San Paolo ha una raccomandazione che io vorrei tanto ricordaste: "Non entreranno nel regno dei cieli gli immorali, gli idolatri, gli adulteri, gli effeminati, i sodomiti, gli avari, gli ubriaconi, i maldicenti, i rapaci" (1 Cor 6,9-10).
Secondo errore: le circostanze valutate individualmente possono esonerare dalla legge generale. Guardate che sempre si possono trovare delle scuse, pensare che ci siano delle circostanze che valuto io di testa mia. "Io sono contrario all'aborto, però nella situazione in cui si trova mia moglie, malandata di salute, non c'è altra soluzione che quella...". "Io sono contrario al divorzio, però nel mio caso particolare, dato i litigi continui, dato che assolutamente è impossibile che torniamo ad andare d'accordo...". Vedete come si cercano le scuse, si creano per violare la legge di Dio. Non andate d'accordo, siete sposati, cercate in tutti i modi di andare d'accordo; e se tutti e due vi sforzate, ci riuscite. Se si è retti, il dialogo dell'uomo con se stesso è questo: "Come mi debbo comportare in questo caso difficile? Che cosa è conforme alla legge di Dio? Che cosa Dio vuole che io faccia in questa situazione?". È un dialogo con Dio. Le leggi che Dio ha scritto nel cuore dell'uomo, se il cuore dell'uomo non si è traviato, sono limpide: il giudizio pratico deve essere conforme alla verità. Chi ha una coscienza retta va avanti bene.
Come ci si fa una coscienza non retta? Per esempio con l'abitudine al peccato. Io non ho paura di uno che pecca, non ho paura di uno che ricade nel peccato; ho paura di uno che giustifica il peccato: allora non c'è più niente da fare. I pregiudizi dell'ambiente, i cattivi esempi possono accecare la coscienza: "Tutti fanno così...". Solo chi è retto e cerca la verità non si lascia deformare la coscienza dalle passioni, dall'ambiente, dal demonio. Come posso farmi una coscienza retta, in modo da capire nella verità ciò che è bene e ciò che è male, nelle circostanze della vita in cui mi trovo? Grande aiuto è la Parola di Dio, e libererà da questo corpo di peccato? La grazia del Signore Gesù" (Rm 7,15-25). Gesù è chiarissimo: con le sole nostre forze, anche se fuggiamo le occasioni, non riusciamo ad evitare il peccato: occorre anche la grazia di Dio.
Riflettiamo sul 6° comandamento, il campo è vastissimo: guardate l'immoralità in cui viviamo, guardate le invenzioni umane come purtroppo sono state usate male. Quando è stata inventata la televisione, Padre Pio era furente e quando gli si diceva: "Ma Padre, è un'invenzione meravigliosa!" lui rispondeva: "Lo so, lo so, è un'invenzione magnifica, ma vedrete che uso se ne farà!". E poi è venuto Internet e guardate che uso se ne fa: è la rovina dei giovani e dei vecchi, dei preti, delle suore e dei frati... Ricordate la preghiera di Gesù nell'orto del Getsemani: "Vigilate e pregate per non cadere in tentazione!". Occorre la vigilanza, la fuga dalle occasioni e occorre anche la grazia di Dio che si ottiene con la preghiera: vigilate e pregate. Se non ci sono entrambe queste condizioni, è impossibile rimanere nella grazia di Dio. Fin dalla colpa originale l'uomo si è ribellato a Dio e ha voluto agire di testa propria, cadendo nel miraggio che gli presentava il tentatore. La Bibbia afferma: "Dio non ha dato a nessuno il permesso di peccare" (Sir 15,20). E ripete Gesù: "II mio giogo è dolce, il mio carico è leggero" (Mt 11,30). Ecco, il fedele risplende di luce divina quando con la sua libertà sceglie la verità. Scegliete sempre la verità e allora la libertà sarà splendente e luminosa.
La Madre della Misericordia, Maria, che ci ha accettati come figli, è segno affascinante di vita morale. Un giorno, durante un esorcismo, ho interrogato il demonio: "Ma perché hai più paura della
Madonna che quando nomino Gesù?". E lui mi ha risposto: "Perché Lui è il Sovrano supremo; io sono più umiliato dall'essere sconfitto da una creatura umana". Allora gli ho chiesto: "Quali sono le qualità di Maria che più ti fanno rabbia, che Più tì umiliano?"."Lei è la più umile di tutte le creature, io sono il più superbo; è la più pura di tutte le creature, io sono il più sozzo; è la più ubbidiente di tutte le creature, io sono il più ribelle". La più umile, la più pura, la più ubbidiente. Un'altra volta ho chiesto: "Dimmi oltre ad essere la più pura, la più umile, la più ubbidiente, qual è la quarta qualità di Maria che più ti umilia?". Rispose: "Sempre mi vince, non è mai stata toccata dalla più piccola ombra di peccato". Guardate come a volte il demonio viene costretto a fare l'apologià di Maria Santissima! Maria è tutta luce, eppure ha condiviso pienamente la condizione umana; è in grado di compatirci, è in grado di ottenere anche per noi di diventare come Lei, piena di Luce divina. Seguiamo Lei e seguendo Lei, anche noi splenderemo di verità.
Alleluia.



(don Gabriel Amorth)

Incontro al Colle don Bosco dell' 11 ottobre 2003

Fonte: “Medjugorje Torino Gennaio Febbraio 2004”


sabato 26 maggio 2012

La mamma sulle orme della Divina maternità - Padre Dolindo Ruotolo

Consapevole che la salvezza delle famiglie dipende oggi, come sempre, principalmente dalle mamme. Padre Dolindo Ruotolo, rivolge al cuore delle mamme l'appello accorato del Signore.

Lette con spirito di umiltà e di fede, queste parole penetrano nel cuore con una dolcezza di una luce che ristora, con la forza di una lama affilata, che toglie quanto va tolto di egoismo e di capriccio dal cuore di ogni donna, perchè sia degno della sua altissima missione d'amore.

La madre è il perno da cui dipende l'equilibrio della famiglia, dalla famiglia, cellula della società, l'equilibrio del mondo. Il mondo di oggi, tanto squinternato, tanto pazzo, e tanto deplorevole in campo morale.

Si levi dunque la mamma a contestare nel bene la società che oggi l'ha buttata giù dal piedistallo, perchè l'ha vista esitante nel suo cammino, sfiduciata nella sua missione; l'ha vista diventare una povera donna, ignara della sua grande vocazione d'amore, intristita e chiusa in un egoismo che l'ha resa infelice.

Ecco solo la serva del Signore 
All'altare che ti consacra sposa, prima di donare la tua adesione al Sacramento che ti unisce allo sposo, offriti alla Volontà di Dio.
Dì al tuo Signore il fiat incondizionato a quanto Egli vorrà da te, sulla via che hai scelta.
E il tuo matrimonio, nell'eco del tuo fiat di Maria, sarà come un contratto di amore fra Cielo e terra, sarà una nota di armonia nel motivo divino della Redenzione.

Ed il Verbo si fece carne
Maria, Vergine purissima, per virtù dello Spirito Santo, diede a Gesù il corpo reale della sua umanità. Tu, nei tuoi figlioli, o buona mamma, generi, per così dire, il corpo mistico di Gesù.
Per la generazione del corpo reale di Gesù fu necessaria la verginale purezza di Maria, per la nascita del suo corpo mistico, non occorrerà forse in te una preparazione d'innocenza e purezza?

L'anima mia glorifica il Signore 
Nella gioia di Maria, Madre tua, sia la tua gioia di sposa e di mamma.
Maria esultò perché l'anima sua glorificava il Signore. Nel riflesso di Lei, la luce dello Spirito Santo illuminerà la tua vita e nella tua casa regnerà il Signore perché tu, così, sarai glorificazione di Dio.
Non tradire la tua vita: le gioia della grazia si muterebbe in te e nella tua famiglia nella disperata tristezza del peccato, regno di desolazione e di morte.

Una spada trapasserà la mia anima
Oh, come spesso l'anima tua, buona mamma, conosce la trafittura del dolore!
Volgi allora il tuo sguardo a Maria, madre dolente, invocala e chiamala in tuo soccorso! Ella ti sosterrà, ti sarà di conforto e, nella luce della passione del suo Gesù, vissuta da Lei nel martirio del cuore, trasformerà le tue lacrime in perle preziosissime.

Non hanno vinto
O non sai tu che la madonna è mediatrice di grazie?
Ricorri a Lei, anima cara, in ogni necessità della tua vita; a Lei che ottenne da Gesù il primo dei suoi miracoli.
E le anime che, nella tu casa, sono lontane da Dio, quasi idrie vuote, si riempiranno del vino generoso della Grazia.

Ecco la Madre tua!
E la Madonna fu depositaria fedele del cuore di Dio e fu mamma dell'umanità.
Come non potrà ascoltare le tue preghiere?
Come non accoglierà le tue lacrime, Essa che fu madre ai piedi della Croce? Oh, da allora, Maria è rimasta sempre accanto all'umanità sofferente!


(Padre Dolindo Ruotolo)
(1882-1970) Servo di Dio


Decidersi per Cristo è dare senso all’esistenza

"Cari ragazzi, la questione più grave, la questione decisiva, la questione vera di quest’ultimo scorcio del secondo millennio, è la questione di Gesù Cristo. È o non è risorto, è o non è in questo momento realmente, fisicamente, corporalmente vivo? È o non è il Salvatore necessario di tutti gli uomini? È o non è il Figlio proprio e unico di Dio, il solo che ha potuto dire: "Chi ha visto me, ha visto il Padre" (Gv 14,9)?
Non ci sono risposte intermedie: a queste domande si risponde o con un sì o con un no. La logica qui non consente ambiguità o compromessi. E, a seconda della risposta, tutto cambia. Quando si tratta di noi, delle nostre idee, delle nostre iniziative, delle nostre organizzazioni, è giusto essere comprensivi, accoglienti, pronti a collaborare con tutti, capaci di apprezzare quanto di positivo si incontra nel pensiero e nell’agire degli altri, anche dei più lontani. Difatti Gesù ci ha detto: "Chi non è contro di voi, è per voi" (Lc 9,50). Ma quando si tratta di lui, dell’Unigenito del Padre che è morto per noi ed è risorto, bisogna decidersi. Ce lo ha insegnato lui stesso con una delle sue frasi taglienti: "Chi non è con me, è contro di me; e chi non raccoglie con me, disperde" (Mt 12,30). Ma la questione di Cristo appare oggi annebbiata dalla confusione che avvolge un po’ tutti: confusione religiosa, confusione ecclesiale, confusione ideologica. C’è chi identifica il dovere del dialogo, della tolleranza, anzi della cortesia verso tutti con la rinuncia a cercare, a conoscere, a difendere la verità. C’è chi scambia la benevolenza che dobbiamo avere per tutti gli uomini e il desiderio che tutti arrivino alla salvezza, con la disponibilità comoda e deplorevole a lasciare che tutti restino tranquillamente nelle tenebre e nell’ombra della morte" (cf Lc 1,79). E c’è chi, non volendo assumersi la responsabilità e l’impegno di decidere, si rifugia nel relativismo (che ritiene che tutte le convinzioni siano interscambiabili, come i posti sull’autobus) e si persuade che si possa scegliere a piacimento tra una religione e l’altra, e addirittura tra la verità e l’errore, così come si sceglie tra l’andare in vacanza al mare e l’andare in montagna. Gesù ha detto: "Chi non è con me, è contro di me": dunque o gli si dice di sì o gli si dice di no. Entrando nella Città Santa, Gesù si è messo volontariamente nelle mani dei suoi nemici. Oggi egli corre il pericolo di un’altra disavventura. Molti lo esaltano e dicono di stare con lui; ma poi gli cambiano le parole in bocca e gli fanno dire quello che vogliono loro. Quante volte veniamo a sapere di gente, magari anche colta e famosa, che impavidamente dichiara: "Secondo me, Cristo ha detto così; secondo me Cristo ha fatto cosà"; senza nemmeno prendersi la briga di controllare sui testi e sui dati storici. Ma il Vangelo non è un "secondo me": è un "secondo lui".
C’è un mezzo molto semplice per conoscere il pensiero autentico di Gesù; ed è quello di prendere il libro dei vangeli e di leggerlo. Subito ci si avvede che praticamente a ogni pagina egli parla soprattutto di due argomenti: il suo Regno (che è il "Regno di Dio") e il Padre suo (che è anche il Padre nostro). Prima di tutto il "regno".
Nei tempi moderni i re diventano sempre più rari e sempre meno rilevanti nella vicenda delle nazioni. Questo ci aiuta a renderci conto più agevolmente che uno solo davvero regna in senso assoluto.
Su questo punto Gesù non è stato ambiguo o reticente. Anche di fronte al rappresentante dell’imperatore romano, che si riteneva l’unico sovrano del mondo, non ha esitato ad affermare la sua regalità: "Pilato gli disse: Dunque tu sei re? Rispose Gesù: Tu lo dici: io sono re; per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità" (Gv 18,37). Anche noi abbiamo stasera reso testimonianza alla verità e abbiamo manifestato la nostra certezza che l’universo ha un solo Signore. Non ha – come qualcuno sembra pensare – un "consiglio di reggenza", formato dalle varie divinità e dai vari fondatori di religione.
La prima lettera ai Corinti ci ha conservato la professione di fede della prima comunità cristiana, che dice proprio così: "Anche se vi sono molti così detti dèi sia nel cielo sia sulla terra, e molti signori, noi abbiamo un solo Dio, il Padre, dal quale tutto proviene e noi siamo finalizzati a lui; e un solo Signore Gesù Cristo, in virtù del quale esistono tutte le cose, e noi esistiamo per mezzo di lui" (cf 1 Cor 8,5–6).
Per questa fede, quei nostri antichi fratelli hanno versato il loro sangue nel martirio.
L’altro grande tema dei discorsi del nostro unico Salvatore è il Padre. "Il Padre vi ama" (cf Gv 16,27). Dall’alba dell’umanità non era mai risonata parola più bella e consolante di questa: Gesù la pronuncia nell’ultima cena, alla vigilia di morire per noi. Ed è come la sintesi di tutto il suo Vangelo. È la più breve e la più elementare delle frasi; ma racchiude in sé ogni luminosa e necessaria certezza.
Il Padre ci ama, non dimentichiamolo mai. Quando arriveranno i momenti difficili e saremo tentati di disanimarci; quando ci sentiremo soli e trascurati da tutti; quando ci soffocherà l’indifferenza o l’ostilità di chi ci sta attorno, ricordiamoci che il Padre ci ama, e il suo amore è in grado di farci superare ogni difficile passo.
Celebrare la Pasqua in fondo vuol dire riscoprire che in un mondo che tanto spesso ci appare dominato dall’egoismo, dall’odio, dal male, c’è una sorgente misteriosa e potente d’amore, che è sempre attiva.
"Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna" (Gv 3,16). Questo è nella sostanza l’evento di salvezza che ci accingiamo a rivivere nei prossimi giorni. L’augurio pasquale più vero è che ci sia dato di rispondere all’amore con l’amore: con l’amore autentico, con l’amore che si dona, con l’amore che sa anche sacrificarsi.
Perché – ed è una delle prime e più belle parole del magistero di Giovanni Paolo II – l’uomo non può vivere senza amore."

 Cardinale Giacomo Biffi, "Redemptor Hominis" 10

venerdì 25 maggio 2012

La bandiera europea ispirata alla Medaglia Miracolosa

Che sia una di quelle ironiche «astuzie della Storia» di cui parlava Hegel? Di certo, il caso è curioso. In effetti, giovedì 10 luglio, a Bruxelles, con solenne cerimonia è stata presentata la bozza definitiva della Costituzione d'Europa.
E' quella nel cui preambolo non si è fatto il nome del Cristianesimo, provocando le ben note polemiche e la protesta della Santa Sede. Ma questa stessa Costituzione, nel definire i propri simboli, ribadisce solennemente che la bandiera europea è azzurra con dodici stelle disposte a cerchio.


Ebbene: sia i colori, che i simboli, che la loro disposizione in tondo, vengono direttamente dalla devozione mariana, sono un segno esplicito di omaggio alla Vergine. Le stelle, in effetti, sono quelle dell'Apocalisse al dodicesimo capitolo: «Nel cielo apparve poi un segno grandioso: una Donna vestita di sole con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle». Quella Donna misteriosa, per la tradizione cristiana, è la madre di Gesù. Anche i colori derivano da quel culto: l'azzurro del cielo e il bianco della purezza verginale. Nel disegno originario, infatti, le stelle erano d'argento e solo in seguito hanno preso il colore dell'oro.
Insomma: anche se ben pochi lo sanno, la bandiera che sventola su tutti gli edifici pubblici dell'Unione (e il cerchio di stelle che sovrasta l'iniziale dello Stato sulle targhe di ogni automobile europea) sono l'invenzione di un pittore che si ispirò alla sua fervente devozione mariana.
E' una storia di cui circolano versioni diverse, ma che abbiamo ricostruito con esattezza già nel 1995, in un'inchiesta per il mensile di Famiglia cristiana, Jesus . La vicenda, dunque, inizia nel 1949 quando, a Strasburgo, fu istituito un primo «Consiglio d'Europa», un organismo poco più che simbolico e privo di poteri politici effettivi, incaricato di «porre le basi per un’ auspicata federazione del Continente».

L'anno dopo, anche per giustificare con qualche iniziativa la sua esistenza, quel Consiglio bandì un concorso d'idee, aperto a tutti gli artisti europei, per una bandiera comune. Alla gara partecipò pure Arsène Heitz, un allora giovane e poco noto designer che al tempo della nostra inchiesta era ancora vivo e lucido, pur se ultra novantenne. Heitz, come moltissimi cattolici, portava al collo la cosiddetta «Medaglia Miracolosa», coniata in seguito alle visioni, nel 1830, a Parigi, di santa Catherine Labouré. Questa religiosa rivelò di avere avuto incarico dalla Madonna stessa di far coniare e di diffondere una medaglia dove campeggiassero le dodici stelle dell'Apocalisse e l'invocazione: «Maria, concepita senza peccato, prega per noi che ricorriamo a te». La devozione si diffuse a tal punto nell'intero mondo cattolico da fare di quella «Medaglia Miracolosa» uno degli oggetti più diffusi, con molte centinaia di milioni di esemplari. Ne aveva al collo una di latta e legata con uno spago anche santa Bernadette Soubirous quando, l'11 febbraio del 1858, ebbe la prima apparizione della Signora, che apparve vestita proprio di bianco e di azzurro. Ebbene, Arsène Heitz non era soltanto uno degli innumerevoli cattolici ad avere su di sé quella Medaglia nata da un'apparizione, ma nutriva una speciale venerazione per l'Immacolata. Dunque, pensò di costruire il suo disegno con le stelle disposte in circolo, come nella Medaglia, su uno sfondo di azzurro mariano. Il bozzetto, con sua sorpresa, vinse il concorso, la cui commissione giudicatrice era presieduta da un belga di religione ebraica, responsabile dell'ufficio stampa del Consiglio, Paul M. G. Lévy, che non conosceva le origini del simbolo, ma fu probabilmente colpito positivamente dai colori. In effetti, l'azzurro e il bianco (le stelle, lo dicevamo, non erano gialle ma bianche nel bozzetto originale) erano i colori della bandiera del neonato Stato d'Israele. Quel vessillo sventolò la prima volta nel 1891, a Boston, sulla sede della «Società Educativa Israelitica» e si ispirava allo scialle a strisce usato dagli ebrei per la preghiera. Nel 1897, alla Conferenza di Basilea, fu adottato come simbolo dell'Organizzazione Sionista Mondiale, divenendo poi nel 1948 la bandiera della repubblica di Israele. In una prospettiva di fede è felicemente simbolica questa unione di richiami cristiani ed ebraici: la donna di Nazareth, in effetti, è la «Figlia di Sion» per eccellenza, è il legame tra Antico e Nuovo Testamento, è colei nel cui corpo si realizza l'attesa messianica. Anche il numero delle stelle sembra collegare strettamente le due fedi: dodici sono i figli di Giacobbe e le tribù di Israele e dodici gli apostoli di Gesù. Dunque, il giudeo-cristianesimo che ha costruito il Continente unito in uno stendardo.Sta di fatto che alcuni anni dopo la conclusione del concorso d'idee, nel 1955, il bozzetto di Heitz fu adottato ufficialmente come bandiera della nuova Europa.
Tra l'altro, a conferma dell'ispirazione biblica e al contempo devozionale del simbolo, il pittore riuscì a far passare una sua tesi, che fu fatta propria dal Consiglio d'Europa. Ci furono critiche, infatti, visto che gli Stati membri erano all'epoca soltanto sei: perché, allora, dodici stelle? La nuova bandiera non doveva rifarsi al sistema della Old Glory, lo stendardo degli Usa, dove ad ogni Stato federato corrisponde una stella?Arsène Heitz riuscì a convincere i responsabili del Consiglio: pur non rivelando la fonte religiosa della sua ispirazione per non creare contrasti, sostenne che il dodici era, per la sapienza antica, «un simbolo di pienezza» e non doveva essere mutato neanche se i membri avessero superato quel numero. Come difatti avvenne e come ora è stato stabilito definitivamente dalla nuova Costituzione.
Quel numero di astri che, profetizza l'Apocalisse, fanno corona sul capo della «Donna vestita di sole» non sarà mai mutato.Per finire con un particolare che può essere motivo di riflessione per qualche credente: la seduta solenne durante la quale la bandiera fu adottata si tenne, lo dicevamo, nel 1955, in un giorno non scelto appositamente ma determinato solo dagli impegni politici dei capi di Stato. Quel giorno, però, era un 8 dicembre, quando cioè la Chiesa celebra la festa della Immacolata Concezione, la realtà di fede prefigurata da quella Medaglia cui la bandiera era ispirata. Un caso, certo, per molti. Ma forse, per altri, il segno discreto ma preciso di una realtà «altra», in cui ha un significato che per almeno mille anni, sino alla lacerazione della Riforma, proprio Maria sia stata venerata da tutto il Continente come «Regina d'Europa».

Di Vittorio Messori - Corriere della sera 14 luglio 2003

I sacramentali…..questi sconosciuti

La Santa Chiesa, ha istituito per nostra maggior salute anche i Sacramentali. Che cosa sono esattamente?

Lo spiega molto bene il documento Sacrosanctum Concilium del Vaticano II: “Sono segni sacri per mezzo dei quali, con una certa imitazione dei sacramenti, […] vengono ottenuti effetti soprattutto spirituali. Per mezzo di essi gli uomini vengono disposti a ricevere l’effetto principale dei sacramenti e vengono santificate le varie circostanze della vita” (SC 60). Tra i sacramentali ricordiamo in particolare le benedizioni, le consacrazioni, i riti di professione religiosa e di rinnovazione dei voti, i riti delle esequie, gli esorcismi; ma “si possono aggiungere, se la necessità lo richiede, anche nuovi sacramentali.” (SC 79). Il Codice di Diritto Canonico precisa che “solo la Sede Apostolica può costituire nuovi sacramentali, abolirne alcuni o modificarli.” (can 1167). A differenza dei sacramenti, quindi, che sono tutti direttamente istituiti da Cristo e il cui numero è invariabile nel tempo, e che sono ineliminabili fondamenti della vita cristiana, i sacramentali possono invece variare di numero e di natura, in quanto istituiti dalla Chiesa, sebbene con riferimento alle azioni di Cristo e in imitazione dei suoi gesti di salvezza. Sottolinea il Catechismo: “Essi sono istituiti dalla Chiesa per la santificazione di alcuni ministeri ecclesiastici, di alcuni stati di vita, di circostanze molto varie della vita cristiana, così come di cose utili all’uomo. Secondo le decisioni pastorali dei vescovi, possono anche rispondere ai bisogni, alla cultura e alla storia propri del popolo cristiano di una regione o di un’epoca. Comportano sempre una preghiera, spesso accompagnata da un determinato segno, come l’imposizione della mano, il segno della croce, l’aspersione con l’acqua benedetta (che richiama il Battesimo)” (CCC 1668). I sacramentali coinvolgono dunque persone o cose di varia natura; le benedizioni per esempio possono riguardare degli oggetti, oppure una chiesa, un altare, gli oli santi o le campane, o possono investire un abate o un’abbadessa all’inizio del loro mandato, dei catecumeni ancora non battezzati, e finanche dei non cattolici (cfr CDC can 1170).

I sacramentali derivano dal sacerdozio battesimale: ogni battezzato è chiamato a essere una benedizione e a benedire (cfr CCC 1669; Gn 12,2; Lc 6,28; Rm 12,14; 1Pt 3,9). Anche i laici sono quindi coinvolti: è sempre il Concilio a ricordarcelo: “Si provveda che alcuni sacramentali, almeno in particolari circostanze e a giudizio dell’ordinario, possano essere amministrati da laici dotati delle qualità adeguate” (SC 79). E il Catechismo arriva a precisare: “anche i laici possono presiedere alcune benedizioni” (CCC 1669; cfr CDC can 1168); perlomeno quelle che non riguardano la vita ecclesiale e sacramentale (la cui presidenza è affidata al ministro ordinato). Un giovane, per esempio, può recitare una formula di consacrazione della sua vita a Dio, come promessa di perenne conversione; gli abitanti di una cittadina possono adunarsi per celebrare un atto di speciale affidamento della loro città a Maria; un padre di famiglia può benedire i suoi figli o il pane sulla tavola o la sua dimora o gli oggetti che vi sono in essa; in fondo è sempre Dio che benedice.
“Ai fedeli ben disposti è dato di santificare quasi tutti gli avvenimenti della vita per mezzo della grazia divina che fluisce dal Mistero pasquale della Passione, Morte e Risurrezione di Cristo, Mistero dal quale derivano la loro efficacia tutti i sacramenti e i sacramentali; e così ogni uso onesto delle cose materiali può essere indirizzato alla santificazione dell’uomo e alla lode di Dio” (SC 61; CCC 1670).

giovedì 24 maggio 2012

“La Vergine ti aiuterà sempre a compiere la Volontà di Dio”


Non si può condurre una vita pura senza l'aiuto divino. Dio vuole la nostra umiltà, vuole che chiediamo il suo aiuto, attraverso la Madre nostra e sua. Devi dire alla Vergine, proprio adesso, nella solitudine piena di compagnia del tuo cuore, parlando senza rumore di parole: Madre mia, questo mio povero cuore qualche volta si ribella... ...Ma se tu mi aiuti... — E ti aiuterà, affinché tu lo custodisca puro e prosegua per il cammino a cui Dio ti ha chiamato: la Vergine ti aiuterà sempre a compiere la Volontà di Dio. (Forgia, 315)

Non si può vivere una vita limpida senza l'aiuto divino. Dio vuole che siamo umili e chiediamo il suo aiuto. Devi supplicare con fiducia la Vergine, ora, nella solitudine piena di compagnia del tuo cuore, senza suono di parole: «Madre mia, questo povero cuore si ribella scioccamente... Se tu non mi proteggi...». Lei ti aiuterà a conservarlo puro e a percorrere il cammino che Dio ha preparato per te.


Figli miei, ci vuole umiltà, umiltà. Impariamo sul serio a essere umili. Per custodire l'Amore è necessario essere prudenti, vigilare con cura e non lasciarsi dominare dal timore. Tra gli autori classici di spiritualità, ve ne sono molti che paragonano il demonio a un cane arrabbiato, tenuto alla catena: se non ci avviciniamo, non ci morderà, anche se ringhia di continuo. Se coltivate nelle vostre anime l'umiltà, sicuramente eviterete le occasioni, reagirete col coraggio di fuggire; e cercherete ogni giorno l'aiuto del Cielo, per avanzare con garbo su un sentiero da innamorati. (Amici di Dio, 180)


Benedetto XVI: "Il cristianesimo è la religione della fiducia non della paura"

Nell'udienza di mercoledì 23 maggio 2012, il Papa ha riflettuto sul tema della ''paternità di Dio", in rapporto al mondo attuale nel quale "la crisi della parternità può allontanare dal Signore"

Gli uomini d'oggi devono imparare a non sentire Dio come un estraneo ma come un padre e quindi “invocarlo con confidenza”; ma si tratta di un passaggio difficile in un tempo come il nostro, in cui spesso non si è abituati a conoscere nella vita quotidiana una figura paterna che sia veramente presente e positiva.

A denunciare come le incertezze della società contemporanea abbiano un effetto diretto sulla crescita e la trasmissione della fede è stato questa mattina papa Benedetto XVI. Nella catechesi della sua udienza generale del mercoledì, il pontefice si è soffermato sul tema della “paternità di Dio”.
L'uomo, ha infatti spiegato papa Ratzinger, deve infatti seguire l'insegnamento di Gesù che invita a rivolgersi a Dio “con i termini affettuosi dei figli”, chiamandolo “Abbà, Padre”. “Forse - ha osservato il pontefice davanti a circa 20mila pellegrini che riempivano un'assolata piazza San Pietro – l’uomo d’oggi non percepisce la bellezza, la grandezza e la consolazione profonda contenute nella parola ‘padre’ con cui possiamo rivolgerci a Dio nella preghiera, perché la figura paterna spesso oggi non è sufficientemente presente, anche spesso non è sufficientemente positiva nella vita quotidiana”.

L'assenza del padre nella vita del bambino “è un grande problema del nostro tempo”, ha aggiunto papa Benedetto XVI, perché rende “difficile capire nella sua profondità che cosa vuol dire che Dio è Padre per noi” e in questo modo la distanza tra l'uomo e Dio sembra incolmabile e opprimente.
Invece, ha osservato il papa, il cristiano può rivolgersi a Dio con la “fiducia” dei bambini, con quella “relazione filiale analoga a quella di Gesù”. Ma per farlo, ha aggiunto, è necessario che sia lo Spirito Santo, il “grande maestro della preghiera”, a insegnargli come parlare. Il cristianesimo, infatti, “non è una religione della paura, ma della fiducia e dell'amore al Padre che ci ama”.

In questo senso, lo Spirito Santo apre le porte dell’anima dell’uomo e lo aiuta a comprendere quell’amore che “purifica i nostri desideri, i nostri atteggiamenti segnati dalla chiusura, dall’autosufficienza, dall’egoismo tipici dell’uomo vecchio”.
In quanto figli, ha aggiunto ancora papa Ratziner, noi uomini davanti agli occhi di Dio “non siamo esseri anonimi e impersonali, ma abbiamo un nome”. Per questo, ha concluso, “quando ci rivolgiamo al Padre nella nostra stanza interiore, nel silenzio e nel raccoglimento, non siamo mai soli. Chi parla con Dio non è solo”.

Fonte:  Città del Vaticano  - Alessandro Speciale