mercoledì 23 maggio 2012

Rosario Meditato con il Cardinale Angelo Scola - 10 maggio 2012


Arcidiocesi di Milano

cammino in preparazione al VII Incontro mondiale delle famiglie

«Erano perseveranti e concordi nella preghiera,

insieme con Maria, la Madre di Gesù» (At 1,14)

Rosario meditato con l’Arcivescovo

Duomo di Milano, 10 maggio 2012

 Meditazione dell’Arcivescovo S.E.R. Card. Angelo Scola
 
1.      Il santo Rosario: immedesimarsi nei Misteri cristiani

   Siamo convenuti da tutta la Diocesi davanti alla Vergine, in questo mese a Lei dedicato, con tutta la nostra umanità (e quella di tutti i fratelli uomini) bisognosa e gemente, spesso smarrita e tentata di lasciarsi cadere le braccia. Eppure indomabile nella speranza, come ci hanno detto le commoventi parole dell’Alma Redemptoris Mater, scritte mille anni fa da Ermanno lo Storpio e messe in musica da Palestrina: «Succurre cadenti, surgere qui curat, populo: Soccorri il tuo popolo, così incline a cadere e allo stesso tempo desideroso di risorgere».

Col santo Rosario, questa sera, abbiamo percorso un cammino insieme a Maria. Lo abbiamo compiuto contemplando i Misteri della vita pubblica di Gesù, «luce del mondo» (Gv 8,12) (I Mistero). Di questo itinerario, scandito dal Padre Nostro e dalle Ave Maria, vorrei fissare due tratti che brillano nell’umanità immacolata della Vergine: il suo amore materno e la sua gioia. Immedesimandoci con essi, saremo condotti alla sorgente stessa della Luce che è venuta ad illuminare il mondo (cf Gv 1,9. Quale miglior preparazione all’ormai vicinissimo VII Incontro Mondiale delle Famiglie, impreziosito dalla straordinaria presenza di Benedetto XVI?

Nel commento al III Mistero, l’Annuncio del Regno di Dio e l’invito alla conversione, è stato citato un folgorante passaggio della Deus caritas est in cui si parla della Madonna: «Maria nella Parola di Dio è veramente a casa sua, ne esce e vi rientra con naturalezza. Ella parla e pensa con la Parola di Dio; la Parola di Dio diventa parola sua, e la sua parola nasce dalla Parola di Dio». Viene qui indicato l’atteggiamento della immedesimazione con cui dobbiamo accostarci, con fedele regolarità, all’Eucaristia e alla Parola di Dio. E la “ripetizione” esigita dalla fedeltà lungi dall’essere fonte di noiosa abitudine è esaltazione della nostra libertà di creature finite. Solo progressivamente, in un movimento a spirale, possiamo penetrare un poco i santi Misteri. La preghiera semplice e profonda del santo Rosario, col suo ritmo insistito, ci educa a questa immedesimazione. Raccomando la pratica del Rosario quotidiano. Recitiamolo anche a frammenti mentre andiamo al lavoro, o una decina insieme in famiglia o prima di dormire. Partecipiamo alla recita comunitaria del santo Rosario che si svolge tutti i giorni nelle nostre parrocchie e comunità.

2. L’amore materno di Maria

«Maria è madre perché ha generato nella carne Gesù; lo è perché ha aderito totalmente alla volontà del Padre». Così il Papa nel commento alla Trasfigurazione (IV Mistero) ci ha spiegato l’origine umana della divina maternità della Vergine. E Péguy, con la semplicità e l’immediatezza del linguaggio poetico, ce lo ripete: «[Maria, la Madre], Colei che è con noi perché il Signore è con lei». Maria è Madre in quanto riconosce, accetta e fa spazio nella sua vita al Padre, allo Spirito e al Figlio. Una eco di questa parentela singolare vive all’interno della famiglia umana nel rapporto dello sposo con la sposa e in quello tra genitori e figli.

«Con il mite coraggio del suo "sì", la Vergine ci ha liberati non da un nemico terreno, ma dall’antico avversario, - abbiamo ascoltato ancora nel commento di Benedetto XVI al Battesimo di Gesù (I Mistero) - dando un corpo umano a Colui che gli avrebbe schiacciato la testa una volta per sempre». Dalla fede di Maria ha avuto inizio la nostra liberazione (salvezza).

Il “mite coraggio del sì” al disegno provvidenziale di Dio. La storia e il presente del nostro popolo documentano in tantissime donne, madri e spose, in tantissimi uomini, padri e sposi, in figli e figlie, in tantissime famiglie, cosa significhi questo “mite coraggio del sì”. È un sì, che esprime la fede e l’umanità compiuta del credente. Un sì alla vita, attraverso la generazione e l’educazione dei figli, anche responsabilmente numerosi; un sì al lavoro e all’impegno quotidiano per edificare la propria dimora e la città di tutti; un sì gratuito alla condivisione dei bisogni, a partire da quelli più radicali, facendosi carico delle istanze di giustizia e inverandole nella carità. Mi permetto ricordare che tutti dobbiamo partecipare alla seconda fase del Fondo Famiglia/Lavoro.

Un carattere dell’amore materno di Maria, particolarmente urgente per il nostro tempo, è la sua assoluta gratuità. Maria nulla pretende per sé, non afferma la sua volontà, ma sempre quella di un Altro, di Lui si fida e a Lui si affida: così papa Benedetto ha commentato il miracolo di Cana (II Mistero). «Maria rimette tutto al giudizio del SignoreQuesto è il suo permanente atteggiamento di fondo. E così ci insegna a pregare: non voler affermare di fronte a Dio la nostra volontà e i nostri desideri, per quanto importanti, per quanto ragionevoli possano apparirci, ma portarli davanti a Lui e lasciare a Lui di decidere ciò che intende fare. … dandogli fiducia nella convinzione che la sua risposta, qualunque essa sia, sarà il nostro, il mio vero bene».

Nell’umile, quotidiana preghiera di domanda mettiamo ai piedi del Signore, con l’intercessione di Maria, gioie, dolori, pene, bisogno, desideri… ma lasciamo decidere a Lui ciò che intende fare.

3. «Causa nostrae laetitiae»

La Chiesa ci insegna ad invocare Maria come Causa nostrae laetitiae. In questo tempo pasquale, in particolare, preghiamo scandendo la giornata con il Laetare e i ripetuti alleluia del Regina coeli. In Maria vogliamo, questa sera, scoprire la sorgente della gioia piena.

Essa nasce dal dono totale di sé. La gioia emana dal cuore dell’uomo come profumo dell’amore vero. I cristiani ne hanno fatto precisa esperienza fin dai primi tempi, come ricorda san Paolo agli anziani di Efeso citando una parola di Gesù non riportata nei Vangeli: «Vi è più gioia nel dare che nel ricevere» (At 20,35). Ed è proprio così, perché il dono di sé compie fino in fondo la persona. Un dono di sé che non teme di giungere fino al sacrificio. Chiunque ama sul serio lo sa bene: il sacrificio è una “necessità strana” perché appartiene all’amore. Istintivamente chi ama vorrebbe evitare ogni prova all’amato e vorrebbe egli stesso stare sempre nella luce senza ombre dell’amore. Invece la legge del sacrificio è ineludibile: inganna chi sostiene il contrario, convincendo i nostri giovani che il desiderio sia incompatibile con il compito, che volere si opponga a dovere.

Il Santo Padre, commentando l’Istituzione dell’Eucaristia (V Mistero), afferma: «La Vergine Madre ci indica la via per la nostra oblazione pura e santa nelle mani del Padre… Con Lei e come Lei siamo liberi per essere santi; liberi per essere poveri, casti e obbedienti; … liberi per portare all’odierna società Gesù morto e risorto, che rimane con noi sino alla fine dei secoli e a tutti si dona nella Santissima Eucaristia». E non lo dice solo ai sacerdoti e ai consacrati. O, meglio, lo dice a loro perché lo testimonino a tutti.

Rivolgiamoci quindi a Maria madre della nostra gioia con intensa fiducia, chiedendo una speciale intercessione per tutte le famiglie.

Nessun commento: